scuola 
                  
                    
                Lo spirito del gregge 
                
                   
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                Qualche giorno fa, con uno studente 
                  particolarmente insistente, mi sono esibita nella spiegazione 
                  semplificata di alcune regole di funzionamento stabilite dal 
                  corso di laurea. Pacatamente, ho esposto la normativa che in 
                  teoria tutti noi docenti dovremmo applicare, per consenso comune 
                  e nella sede in cui lavoro, e che corrisponde ad alcune elementari 
                  logiche di funzionamento. Lo studente, occhio tondo da Heidi, 
                  mi ha ascoltato con cristallina pazienza e poi ha commentato: 
                  “Sì, ho capito, ma non mi potrebbe fare una cortesia?”. 
                  Era sincero, convinto e sereno nell'applicazione di una consuetudine 
                  d'uso che ora ritengo tipicamente italiana. C'è la legge 
                  (normativa, regola di funzionamento, criterio di funzionamento, 
                  bugiardino, istruzione per l'uso e chi più ne ha più 
                  ne metta). E poi c'è la cortesia, ovvero: “Scusi, 
                  capo, ma non potrebbe violare la legge per farmi un favore?” 
                  Questa non è percepita, neanche dai più giovani, 
                  come la violazione di un parametro istituzionale: si tratta 
                  di un piacere, un aiutino, una umanissima condiscendenza che 
                  si concede... perché? Per simpatia, presumo. O per demagogia. 
                  O non so per quale altro maledettissimo motivo. Fatto sta che 
                  l'idea che una procedura pensata per far funzionare la comunità 
                  possa venire davvero applicata è una convinzione 
                  che predispone a serie patologie psichiatriche. 
                  Qui scripta manent: nel senso che rimangono scritti, 
                  fatalmente dissociati dal quotidiano. Non ho una mania per le 
                  regole, altrimenti non starei qui a scrivere questa Guida Apache. 
                  Ma dispongo di un genetico rispetto delle libertà degli 
                  altri, e per non pestarsi i piedi a vicenda, qualche consuetudine 
                  normata occorre che ci sia. Tuttavia sempre più spesso, 
                  in ambito educativo (ma non solo) mi accade di notare una caratteristica 
                  tipica dell'ego italiano: vi è una relazione non lineare 
                  tra norma scritta e comportamento. Piuttosto questa relazione 
                  si configura come un percorso accidentato, i cui cunicoli e 
                  avvitamenti sono determinati dalla “cortesia”. Tanto 
                  per sgombrare il campo da malintesi, lo studente non aveva intenzione 
                  di corrompermi: non è una questione di mazzette. Mi ha 
                  chiesto una cortesia. E quando ho tentato di spiegare che non 
                  si trattava di cortesia ma di una violazione della norma, lui 
                  ha replicato, sempre più sorpreso: “Ma guardi che 
                  le fanno tutti. Le cortesie, cioè”. 
                  Lo spirito delle greggi, appunto. Che è il contrario 
                  di un mondo libero. 
                  Adoro la libertà. Penso sia il bene più prezioso. 
                  Penso che se faccio il mestiere che ho scelto, il motivo è 
                  proprio quello: insegnare/imparare quel genere di libertà 
                  che è consapevolezza. Questo non ha niente a che fare 
                  col fatto che io mi rifiuti di mettere in pratica questo genere 
                  di cortesie. Perché quel che penso è che esse 
                  siano il peggiore degli imbrogli. Penso che cortesie siano anche 
                  quelle che si scambiano certi signori molto più potenti 
                  di me, che per cortesia si regalano vacanze premio, si assegnano 
                  appalti tra di loro, si attribuiscono cariche che in un mondo 
                  normale, e per normale buon senso, dovrebbero essere loro interdette 
                  per legge. Ma per cortesia, si ritrovano a gestire cortesemente, 
                  e malamente, questioni di grande delicatezza e importanza. Penso 
                  che forse è per cortesia che la scuola è sempre 
                  stata governata da ministri che non ci avevano mai messo piede, 
                  nella scuola medesima. E penso che forse è per questo 
                  che un tipo molto potente di recente si è esibito, nella 
                  spiegazione di un'ennesima sconclusionata revisione del quadro 
                  orario degli insegnanti, nella sofisticata teoria del bastone 
                  e della carota. Un vero genio. È lo stesso signore che 
                  prende due stipendi al mese, ma ci ha fatto la cortesia di rinunciare 
                  a terzo. Però siccome gli insegnanti rubano lo stipendio 
                  – uno, per carità. Ma lo rubano – allora 
                  bisogna educarli. Bastone e carota. 
                  E in casi particolarmente complessi e renitenti alla rieducazione, 
                  all'insegnante insubordinato spunteranno le orecchie d'asino; 
                  poi, progressivamente, il malcapitato si trasformerà 
                  in una marionetta. Collodi non era mica un narratore di storie, 
                  ma un pedagogista d'avanguardia. 
                  In tutto questo complicato pasticcio, in questa selva di norme 
                  aggrovigliate dalle quali tentiamo di salvarci solo affermando 
                  che non sono norme, l'etica è il gioiello perduto. E 
                  l'umanità. Siamo animaletti, e come gli animaletti non 
                  abbiamo un'etica, ma solo un comportamento. 
                  Oggi sono venuti in casa operai per controllare i caloriferi. 
                  Il mio era l'ultimo appartamento dello stabile. Ho offerto loro 
                  un caffè. Hanno accettato, sorridendo: “Ci fa proprio 
                  una cortesia”. Per un attimo, mi è venuta voglia 
                  di sequestrare caffè e tazzine e di barricarmi in casa. 
                   
                  Nicoletta Vallorani   |