dossier America 
                  Latina. 1 
                  
                Lettera dal Sud America 
                  
                del Laboratorio libertario (Montevideo) 
                    Al recente Incontro internazionale di Saint-Imier (agosto 2012) è stata presentata questa relazione sulla situazione in America Latina. Ne pubblichiamo ampi stralci. 
                 
                (...) 
                  Questa sinistra non ha potuto 
                  conquistare il potere politico con le armi, suo obiettivo strategico; 
                  ma lo ha ottenuto decenni dopo, dopo anni di carcere, di morti 
                  e di desaparecidos, grazie a processi elettorali e complicate, 
                  e a volte contraddittorie, alleanze politiche, eticamente impossibili 
                  da concepire, e spiegate generalmente con la pragmatica argomentazione 
                  secondo la quale “l'unione fa la forza”. 
                   
                  Questa sinistra che gestisce il potere politico, fedele alle 
                  linee economiche del capitalismo globale, non è capace 
                  di fare autocritica riguardo la sua trascorsa militanza, l'uso 
                  e la strumentalizzazione dei movimenti di base in accordo con 
                  i propri interessi di partito, già che ha gerarchizzato 
                  e separato il politico dal sociale e ha debilitato i movimenti 
                  privandoli dei loro migliori militanti, reclutati nell'apparato 
                  militare. Ebbene sì, ha costruito un apparato militare, 
                  con tutto quello che questo vuole dire, per opporlo a un altro 
                  apparato, all'esercito e alle forze repressive dello Stato. 
                  Un'istituzione contro l'altra, concepite con le stesse forme 
                  e le medesime gerarchie. Erano talmente uguali che, in alcuni 
                  paesi, le forze della guerriglia sono andate a integrare l'esercito 
                  nazionale. 
                  Questa posizione ha permesso agli ideologi, che oggi cercano 
                  di giustificare il terrorismo di Stato, di elaborare la “teoria 
                  degli opposti estremismi”. E in questa teoria degli opposti 
                  estremismi oggi è coinvolta molta gente, perché 
                  i militanti che non facevano parte di queste organizzazioni, 
                  i simpatizzanti, i sindacalisti, i padri, le madri, gli amici 
                  e i semplici cittadini, hanno subito anche loro il carcere, 
                  la tortura, la desaparición e perfino la morte, 
                  e sono stati definiti cittadini di serie B e di serie C, non 
                  veniva permesso loro di studiare o di lavorare; oggi però, 
                  se non si hanno fatto parte di nessuna organizzazione, non vengono 
                  riconosciute loro le conseguenze di quanto hanno vissuto; c'è 
                  una legge che con tutti i suoi difetti è in fondo riparatoria, 
                  che rende lo Stato responsabile del terrorismo, ma lascia fuori 
                  chi è stato imprigionato in quell'immenso carcere che 
                  era il paese durante la dittatura, senza poter lavorare, studiare 
                  o incontrarsi. Ci stiamo riferendo al caso dell'Uruguay. Se 
                  ci soffermiamo sull'Uruguay, è necessario ricordare che 
                  molta gente sta ancora lottando per i diritti umani (riferiti 
                  a quell'epoca), per la verità, per la giustizia. Rimane 
                  ancora molto da fare, l'impunità continua a prosperare 
                  sotto il sole, qualche militare d'alto rango è stato 
                  arrestato (in carceri VIP, riservati esclusivamente a loro), 
                  ma molti altri continuano a camminare in mezzo a noi, come se 
                  non fossero responsabili di nulla, e non si è riusciti 
                  sapere nient'altro, come e dove sono scomparsi i compagni, perché 
                  loro, arrestati o a piede libero che siano, non parlano, nonostante 
                  sappiano bene cosa è successo. E la colpa non è 
                  loro, ma delle autorità a cui rispondevano, ergo ci sono 
                  responsabilità nell'attuale governo. 
                   
                  Negli ultimi tempi questa stessa sinistra è stata sconfitta 
                  alle elezioni da genocidi dell'estrema destra, come nel caso 
                  del Guatemala, mentre nel Salvador il Fronte Farabundo Martí 
                  ha perso la maggioranza parlamentare contro un partito dell'estrema 
                  destra noto per il suo fascismo. 
                   
                  In Cile ha vinto la destra, e i sostenitori di Pinochet sono 
                  tornati al potere sotto mentite spoglie. Quando si promuove 
                  come un aspetto della presunta democrazia l'alternanza al potere, 
                  in realtà ci si sta ingannando, perché si retrocede 
                  a processi più autoritari, preservando sempre il sistema 
                  capitalista. In questo modo non si portano avanti cambiamenti 
                  profondi ed è impossibile trasformare la società. 
                   
                  Aggiungiamo poi questa situazione ai colpi di Stato appoggiati 
                  dall'impero, come nel caso dell'Honduras, e ora del Paraguay. 
                  Con un popolo che per un certo periodo ha resistito, come in 
                  Honduras, mentre in Paraguay si è vista una resistenza 
                  solitaria, sempre la solita resistenza solitaria, quella dei 
                  contadini e degli indigeni. In Paraguay gli USA stanno già 
                  installando basi militari, che l'Argentina ha ritirato nel Chaco.
                 
                   Dopo 
                   le dittature 
                  La novità di questi ultimi decenni, dopo l'ecatombe 
                  dei governi militari che hanno applicato la “dottrina 
                  della sicurezza nazionale” per provare a impiantare un 
                  nuovo ordine economico, è stata l'esplosione in America 
                  Latina di inaspettati, svariati e imprevedibili movimenti sociali. 
                  Alcuni di questi hanno resistito agli aggiustamenti neoliberali 
                  e al taglio delle libertà pubbliche. Queste resistenze, 
                  inoltre, hanno reso più difficile l'applicazione dei 
                  piani di ristrutturazione capitalistica e hanno delegittimato 
                  il cosiddetto “pensiero unico”. Hanno aperto delle 
                  brecce attraverso le quali sono sorte nuove forme di pensare 
                  e di cambiare il mondo. 
                   
                  I movimenti sono riusciti a far retrocedere le privatizzazioni, 
                  hanno fatto cadere diversi presidenti e, nel caso boliviano, 
                  hanno dato vita ad azioni insurrezionali che avrebbero potuto 
                  portare a forme organizzative appoggiate di autogoverno, radicate 
                  nelle comunità e nell'autogestione. 
                   
                  Negli ultimi anni questi movimenti, che hanno avuto un ruolo 
                  sociale importante come le organizzazioni sociali sopravvissute 
                  alle dittature militari, hanno affrontato delle difficoltà, 
                  hanno perso spazi d'intervento, sono stati messi da parte e 
                  in alcuni casi subordinati o cooptati dai nuovi governi. Non 
                  tutto però è andato perduto; quanto è avvenuto 
                  è penetrato in profondità, ci sono stati cambiamenti 
                  che hanno aperto nuove strade, si sono creati nuovi modi di 
                  agire, nuove sensibilità, etc. 
                   
                  Non ci sono governi “buoni” che appoggiano e che 
                  siano favorevoli ai movimenti sociali che si battono per la 
                  propria libertà, che costruiscono autonomamente il proprio 
                  senso della vita, che lottano per l'emancipazione sociale. Questo, 
                  indubbiamente, non vuol dire che non ci sia nessuna differenza 
                  tra un governo e l'altro: una dittatura o un governo di destra 
                  non sono la stessa cosa di un governo progressista o di “sinistra”. 
                  In definitiva però i governi e gli Stati non si possono 
                  permettere l'esistenza di realtà che non controllano 
                  o non gestiscono, realtà che stiano al di fuori, che 
                  si pongano da una parte. 
                  È bene ricordare che la situazione dell'America Latina 
                  rientra nella stessa instabilità in cui si trova il capitalismo 
                  globale. Invasioni, truppe d'occupazione, militarizzazione dei 
                  territori ricchi di materie prime strategiche, come il petrolio, 
                  l'acqua, i generi alimentari (il Paraguay, la triplice frontiera 
                  tra l'Argentina, il Paraguay e il Brasile, il “Piano Colombia”), 
                  pressioni di diverso tipo e perfino la possibilità di 
                  una riformulazione delle frontiere come è avvenuto nell'ex 
                  Jugoslavia, sono temi all'ordine del giorno e possono fare affidamento 
                  sulla struttura logistica degli Stati Uniti e sulle forze di 
                  repressione “nazionali”. La destra continua a cercare 
                  di riprendersi i governi perduti, –si veda ad esempio 
                  l'offensiva dell'oligarchia agraria in Argentina, i tentativi 
                  separatisti in Bolivia, e quanto menzionavamo prima a proposito 
                  dei golpe dell'Honduras e del Paraguay–, stanno sperimentando 
                  nuove forme d'azione. La novità, un modello non condannato 
                  dagli USA, è un colpo di Stato che non è un colpo 
                  di Stato, tutto rimane all'interno della difesa costituzionale. 
                  A noi uruguaiani ricorda il governo di Pacheco, tra il 1968 
                  e il 1971, definito una dittatura costituzionale (...) 
                   
                    I movimenti 
                  sociali
                  In tutta l'America latina i governi precedenti avevano applicato 
                  le ricette neoliberali con gravi conseguenze, che hanno gettato 
                  ampi settori della popolazione nella miseria più atroce. 
                  I più poveri non hanno potuto fare altro che imparare 
                  a organizzare la propria sopravvivenza per continuare a vivere. 
                  Ma sono riusciti anche a organizzare la propria ribellione esprimendosi 
                  in importanti movimenti in tutto il continente, come ad esempio 
                  il “caracazo” in Venezuela, gli zapatisti in México, 
                  gli indigeni in Ecuador, i coltivatori di coca e i “guerras 
                  del agua y del gas” in Bolivia, i Sem Terra in Brasile, 
                  i “piqueteros” e quelli delle fabbriche rimesse 
                  in funzione in Argentina, il movimento mapuche in Cile. 
                  Ultimamente i popoli amazzonici del Perù si stanno mobilitando 
                  contro l'applicazione del Trattato del Libero Commercio con 
                  gli Stati Uniti destinato a favorire la commercializzazione 
                  della terra e delle sue risorse a favore delle corporazioni 
                  transnazionali. 
                   
                  Alcuni pensano che l'esistenza di questi governi di sinistra 
                  con maggior sensibilità sociale dia alle classi deboli 
                  la possibilità di consolidarsi e di ottenere conquiste 
                  fino ad oggi mai raggiunte con i governi di destra. Questo può 
                  essere vero a breve termine, ma alla lunga tutti i governi, 
                  compresi quelli che vogliono perseguire una migliore ridistribuzione 
                  sociale, tendono inevitabilmente a strumentalizzare, conquistare 
                  e istituzionalizzare i movimenti di base. Le politiche sociali 
                  dei nuovi modi di governare hanno una maggiore capacità 
                  di trascinare dietro di sé i movimenti, impadronendosi 
                  delle loro bandiere e facendo proprie alcune delle loro rivendicazioni. 
                  Sbarcano con i loro funzionari e tecnici sociali, molti dei 
                  quali sono militanti del sociale, e compiono sondaggi, contano, 
                  registrano, neutralizzano e controllano. Ma soprattutto spingono 
                  un nuovo stile di lavoro sociale, in cui stimolano organizzazioni 
                  sociali consociative ed “autonome”. Le spronano 
                  ad agire all'interno dello Stato, riconoscendo loro una rappresentazione 
                  istituzionale, cooptando così i movimenti che passano 
                  a definire questi governi come “popolari”. 
                   
                  I nuovi modi di governare hanno bisogno di controllare i movimenti, 
                  poiché sono creatori di incertezza sociale dato che con 
                  le loro rivendicazioni mettono in dubbio la natura e la struttura 
                  degli Stati in ricostruzione e spaventano gli investitori.
                 
                   Nuove 
                  forme di sviluppo,  mega imprenditorialità 
                   e traffico di droga 
                  Bisogna evidenziare che i nuovi governi progressisti sorti 
                  negli ultimi tempi in America latina (alcuni dei quali sono 
                  già stati cambiati con governi di destra) hanno preso 
                  a modello di sviluppo economico l'estrazione delle risorse naturali, 
                  come il petrolio, il gas, i minerali, quelli vecchi e altri 
                  di nuovi, la cellulosa con grandi piantagioni di alberi, che 
                  attaccano l'agricoltura, depredando il medio ambiente e la natura. 
                  Anche se questo avviene da sempre, la domanda oggi è 
                  ancora maggiore e quindi l'estrazione di suddette risorse è 
                  molto superiore a prima; inoltre vengono utilizzate nuove tecnologie 
                  per ottenere una rendita maggiore, e i progetti sono enormi, 
                  con tutto quello che questo implica. 
                   
                  Tutto ciò ha dato vita a movimenti di resistenza nei 
                  confronti di suddetto modello, che sorgono in difesa della terra 
                  in cui abitano, (da cui vengono espulsi e dislocati in luoghi 
                  in cui non hanno risorse per sopravvivere, facendo in modo che 
                  alla lunga intere civiltà scompaiano), dell'acqua che 
                  in un modo o nell'altro viene sempre contaminata dalla suddetta 
                  produzione, quando non definitivamente prosciugata, e del medio 
                  ambiente, risorse non rinnovabili che hanno un impatto diretto 
                  con la sopravvivenza della comunità e dell'intero pianeta. 
                  Questi movimenti, con una visione più profonda e non 
                  meramente economica, hanno messo in dubbio la logica del modello. 
                   
                  Dietro al monito della crescita economica, dell'attrazione degli 
                  investitori e della promozione delle esportazioni, i governi 
                  dell'America latina sostengono, afferma Eduardo Gudynas, che 
                  “lo Stato capta parte di quella ricchezza per mantenere 
                  sé stesso e finanziare programmi di lotta contro la povertà”. 
                  Afferma il sociologo che “la sinistra al governo non sa 
                  che farsene dei temi ambientali”, e finisce per interpretarli 
                  in maniera contraria, e non si spinge oltre alle vaghe allusioni 
                  alla questione ecologica e riesce perfino a interpretare erroneamente 
                  la Pacha Mama, che diventa un ostacolo per la crescita economica 
                  e, pertanto, “un freno per la riproduzione dell'apparato 
                  statale e dell'assistenzialismo economico a chi ne ha più 
                  bisogno”. Assistenzialismo che rende i governi sempre 
                  più dipendenti dall'esportazione delle materie prime. 
                  E queste politiche assistenzialiste riproducono la dipendenza 
                  e la distribuzione diseguale dei beni. 
                   
                  In America latina il modello estrattivo patrocinato dai governi 
                  di sinistra e di destra è definito da Raúl Zibechi 
                  come “appropriazione diretta o indiretta dei beni comuni 
                  per trasformarli in merce”. 
                   
                  Come afferma Tadeu Breda, “con alcune minime caratteristiche 
                  che cambiano da paese a paese, è sempre più chiaro 
                  che i governi della 'nuova sinistra' e le loro politiche del 
                  neo-sviluppo non riescono a correggere le disuguaglianze più 
                  profonde presenti nella nostra società. Non offrono reali 
                  alternative di sviluppo e di benessere. Per questa ragione, 
                  i popoli si stanno organizzando e stanno alzando sempre più 
                  la voce. È necessario ascoltarli”. 
                   
                  Un altro tema che dobbiamo affrontare, se si parla di alternative 
                  e di resistenza, è il narcotraffico e le sue conseguenze 
                  che riguardano tutta l'America, con governi fortemente implicati 
                  come quello di Uribe, e i suoi diversi strati, che come sempre 
                  vanno a detrimento dei ceti più vulnerabili della società. 
                  Quando si compiono analisi politiche, questo è un tema 
                  che non viene realmente affrontato, perché distoglie 
                  l'attenzione da altri argomenti e perché non si sa bene 
                  come farlo. In realtà è un problema che riguarda 
                  anche il mercato e il capitale, ma che tocca in modo allarmante 
                  i giovani, e riproduce molta violenza, sia per chi vive direttamente 
                  questo problema e per la sua famiglia, sia quando è preso 
                  come pretesto per riflettere sulla violenza di stato con tutta 
                  la sua forza, ma anche a proposito dei narcotrafficanti, e il 
                  Messico ne è un esempio. 
                   
                  Il Messico e gli USA sono implicati in una guerra non solo perché 
                  sono Stati confinanti ma per accordi geopolitici e militari 
                  come ad esempio l'iniziativa Merica (un accordo stipulato tra 
                  Bush e Calderón nel 2007) nella quale gli Stati Uniti 
                  in tre anni hanno investito 1.400 milioni di dollari. 
                   
                  A partire da questa guerra il Messico è un paese completamente 
                  militarizzato e para-militarizzato, che, secondo le stime del 
                  governo, dal 2010 al settembre 2011, ha visto arrivare a 47?500 
                  il numero delle vittime, incluso un migliaio di bambini, cifra 
                  a cui devono aggiungersi le diverse migliaia di scomparsi. Con 
                  il pretesto di questa guerra contro il narcotraffico si copre 
                  la repressione dei movimenti popolari di resistenza. 
                  Ci è arrivata qualche testimonianza di esperienze nella 
                  selva colombiana delle comunità che vivono, – da 
                  notare la contraddizione –, in lotta con la violenza. 
                  Queste popolazioni si sostengono con quello che loro stesse 
                  producono, e alcuni vanno a lavorare in altri paesi. Lì 
                  non entra nessuno che appoggi la guerriglia, che abbia contatti 
                  con i narcos o con i militari. In queste comunità si 
                  verificano di frequente persecuzioni e assassinii, sia per mano 
                  dei narcos che dei militari. La loro vita è molto dura, 
                  in contatto permanente con la morte. Sono il pretesto per giustificare 
                  mattanze che generalmente avvengono da parte dell'esercito. 
                  Sono i falsi positivi per i quali familiari e comunità 
                  hanno marciato in diverse opportunità, denunciando da 
                  molto tempo quanto sta avvenendo. 
                   
                  Anche se la Colombia è il paese che da più anni 
                  subisce questa problematica, il Messico non ha avuto nessun 
                  tipo di controllo, e nelle popolazioni di frontiera con gli 
                  USA, dove il traffico è molto intenso, gli assassinii, 
                  il terrore e i massacri sono il pane quotidiano. 
                   
                  Il problema c'è anche per paesi come il nostro, nonostante 
                  siano più piccoli, che fanno i conti con un consumo del 
                  residuo della coca che contiene elementi corrosivi come i diluenti, 
                  essendo così più economica. In Argentina viene 
                  chiamata “paco” e qui in Uruguay “pasta base”. 
                  Questo traffico è preso come pretesto di repressione 
                  massiccia nei quartieri che in Uruguay vengono chiamati “mega 
                  operativi”, giustificando così la violenza sui 
                  giovani, e si attribuiscono ai minori tutte le cause della delinquenza, 
                  senza vedere le vere ragioni profonde e ricorrenti. Si è 
                  arrivati a sostenere pertanto di abbassare l'età dell'impunibilità, 
                  e rendere complice una popolazione spaventata di questi attacchi 
                  ai giovani, ai minori e agli esclusi. 
                   
                  Una scommessa per riflettere e ripensarci con autonomia e con 
                  un pensiero critico, di fronte a una difficoltà abbastanza 
                  nuova. Nonostante il tema della “sicurezza” non 
                  sia nuovo, gli agenti scatenatori sono gli stessi di sempre: 
                  fame, esclusione, dipendenza del sapere e del pensiero, ma le 
                  conseguenze sono decisamente più nuove.
                 
                   I 
                  bassifondi  che si muovono 
                  I movimenti dei popoli nativi o degli indigeni sono sicuramente 
                  uno dei tratti più evidenti di questi tempi. Forse stanno 
                  portando avanti il processo di decolonizzazione che in questi 
                  paesi non è mai stato portato a termine. In Ecuador, 
                  in Colombia e in Perù si sono scontrati duramente con 
                  le transnazionali del petrolio. 
                  In Cile e in Argentina i mapuche hanno resistito alle 
                  imprese del legname e della cellulosa. In Cile il governo della 
                  socialista Bachelet li ha duramente criminalizzati grazie alla 
                  Legge contro il terrorismo (emanata da Pinochet). Il movimento 
                  di lotta del popolo mapuche si batte contro le multinazionali 
                  che si impadroniscono delle terre indigene per sviluppare affari 
                  in campo agricolo, e combatte per l'autonomia e la gestione 
                  comunitaria del territorio, senza l'ingerenza dello Stato cileno. 
                   
                  In Bolivia la lotta per l'acqua e per il gas e per la nazionalizzazione 
                  degli idrocarburi ha visto in prima fila le comunità 
                  indigene e contadine quando nell'ottobre del 2003 hanno fatto 
                  cadere il governo e quando, tra il maggio e il giugno del 2005, 
                  si sono trovate a un passo dal far destituire il presidente 
                  Eduardo Rodríguez e organizzare un autogoverno; Evo Morales 
                  e il suo partito, il MAS (Movimiento al Socialismo), 
                  hanno negoziato e ottenuto che il movimento insorgente concedesse 
                  una tregua al governo, aprendo nuovamente la via elettorale 
                  che ha portato l'aymará Evo Morales alla presidenza 
                  della Bolivia. Rivendicare la nazionalizzazione del gas e del 
                  petrolio, imporre la sovranità su queste industrie organizzate 
                  secondo il modello centralizzato statale, significa far entrare 
                  un'altra volta il parlamentarismo e lo Stato come interlocutori 
                  validi nel conflitto. 
                   
                  In Ecuador i popoli nativi promuovono uno stato multiculturale 
                  e multirazziale. Nel caso dell'Ecuador, già in passato 
                  i popoli indigeni avevano stretto alleanze in questo senso con 
                  i partiti e i candidati governo che poi li hanno traditi. Forse 
                  è possibile la costruzione di un nuovo Stato in cui riescano 
                  a entrare le culture indigene, sempre che non si metta in discussione 
                  il mercato capitalista. 
                   
                  In Bolivia gli aymará propongono l'autogoverno 
                  delle comunità, rivendicano la costruzione della “nazione 
                  aymará” contrapponendola all'idea di conquistare 
                  lo Stato. 
                   
                  Da diversi mesi anche i popoli nativi dell'Amazzonia peruviana 
                  difendono i loro territori e la loro maniera di vivere mobilitandosi 
                  contro i governi neoliberali per arrestare la mano predatrice 
                  della borghesia nativa e transnazionale, che non dubita nemmeno 
                  un momento quando si tratta di sfruttare le ricchezze degli 
                  idrocarburi e dei minerali, anche se questo vuol dire distruggere 
                  intere comunità e il “polmone dell'umanità”, 
                  tutto in nome del Trattato del Libero Commercio e del progresso. 
                   
                  In Argentina il movimento piquetero è stato debilitato 
                  ed è stato inserito in gran parte nelle politiche governative 
                  del governo di Néstor Kirchner. Tuttavia, alcuni settori 
                  piqueteros, le fabbriche autogestite, le assemblee dei 
                  cittadini, continuano ad affermare i propri legami e a costruire 
                  autonomamente la propria vita, producendo e commercializzando 
                  in un modo diverso, autogestito, subendo permanentemente le 
                  aggressioni dello Stato e del capitale. Organizzazioni sociali 
                  e assemblee comunali stanno portando avanti movimenti di resistenza 
                  contro il mega sistema di estrazione minerario in difesa della 
                  vita e del medio ambiente. 
                   
                  Il chavismo in Venezuela è un movimento promosso 
                  dal governo e ha come massimo leader il proprio presidente. 
                  Questo rappresenta il suo maggior limite fin dalla nascita, 
                  un cordone ombelicale che lo unisce fortemente allo Stato. “La 
                  gente deve prendere il potere”, questo è il motto 
                  di Chávez, secondo quanto scrive entusiasta il libertario 
                  statunitense Michael Albert. Ma che significato può avere 
                  una simile proposta quando viene offerta da chi esercita realmente 
                  il potere, la stessa persona che costruisce il partito unico 
                  PSU (Partido Socialista Único), per dirigere i 
                  destini della “rivoluzione bolivariana”, e di cui 
                  è il massimo leader? Un potere popolare programmato dall'alto 
                  dai funzionari del governo può solo servire a rafforzare 
                  il potere dei funzionari, di Chávez e dello Stato. È 
                  che il socialismo del XXI secolo si ispira a quel miraggio chiamato 
                  socialismo cubano: “Il potere ha bisogno di ridurre la 
                  nostra forza d'intervento proprio per esercitare il suo potere 
                  su di noi”. Non c'è modo migliore per far perdere 
                  la potenzialità d'azione ai movimenti che integrarli 
                  nello spazio del governo, istituzionalizzando le nuove forme 
                  di partecipazione nate tra la base del chavismo. 
                   
                  Chávez ha voluto affermare il suo potere, non il potere 
                  popolare, attraverso un referendum boicottato dallo stesso movimento 
                  chavista. Per questo è necessario operare una 
                  distinzione tra Chávez e il movimento che lo appoggia. 
                   
                  I Sem Terra del Brasile, legati nel momento della loro nascita 
                  alle comunità ecclesiastiche e politicamente al PT (Partido 
                  dos Trabalhadores), oggi hanno preso parzialmente le distanze 
                  dal partito di Lula per le posizioni discordanti riguardo la 
                  riforma agraria e la coltivazione degli organismi transgenetici. 
                  Il Movimento Sem Terra è sicuramente uno dei più 
                  potenti dell'America Latina, ma è anche il più 
                  strutturato e il più verticale. Forse questo deriva dall'aver 
                  unito le posizioni della Chiesa progressista con quelle di una 
                  sinistra marxista piuttosto ortodossa, che aspira alla costruzione 
                  di uno stato popolare. 
                  Un movimento molto combattivo e con una base molto partecipativa 
                  negli accampamenti e nelle occupazioni di terra, ma che smette 
                  di esserlo man mano che sale nella struttura, dato che si regge 
                  sul centralismo democratico. 
                   
                  In questo periodo il movimento zapatista è stato quello 
                  ad aver avuto maggior influenza sul movimento libertario e anche 
                  quello che più ha inciso nella ricerca di un cambiamento 
                  nel pensiero emancipatore in America latina. Tuttavia, nell'ultima 
                  fase, gli zapatisti hanno smesso di guardare verso il basso 
                  come avevano fatto finora, per attraversare il Messico, ma lo 
                  hanno fatto guardando in basso a sinistra. Ciò li colloca 
                  in uno spazio politico, quello della sinistra radicale, più 
                  o meno ortodossa e leninista, in cui vengono reiterate le politiche 
                  che gli stessi zapatisti hanno criticato nel tempo. Inoltre, 
                  trovarsi non in basso ma in basso a sinistra, vuol dire continuare 
                  ad avere una categoria vincolata alla forma Stato che serve 
                  alla sua riproduzione. 
                   
                  Sempre in Messico il movimento indigeno e popolare di Oaxaca 
                  organizzato nell'APPO (Asamblea Popular de los Pueblos de 
                  Oaxaca, Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca) e in un 
                  movimento ancora più ampio, noto come la Comune di Oaxaca, 
                  sono stati i protagonisti della resistenza contro il governatore 
                  Ulises Ruiz, per anni espressione di corruzione e repressione. 
                  Flores Magón, anche lui di Oaxaca, aveva riscontrato 
                  nelle comunità indigene il fondamento delle sue proposte 
                  libertarie. 
                   
                  In Uruguay, i movimenti visibili non sono altro che strutture 
                  verticali, prive di vita. Le forze che in qualche momento furono 
                  presenti in queste strutture, sono state soffocate dai requisiti 
                  della legalità, legalità che gli stessi membri 
                  aderenti hanno accettato correndo dietro alla carota della democrazia 
                  partecipativa e alle facilitazioni promesse dal “progressismo”, 
                  che d'altronde non sono certo gratuite. Queste forze si sono 
                  diluite nei meandri del potere, più occupate a perseguire 
                  approvazioni legali, a integrarsi nel sistema, più che 
                  a costruire le loro proprie realtà. Ma, al di là 
                  degli intenti, l'apparato burocratico dei movimenti sociali 
                  continua a funzionare e a riprodursi per inerzia. 
                  Tuttavia stanno sorgendo altri movimenti di resistenza, (si 
                  definiscono come apartitici: produttori, industria agro-pastorile, 
                  sindacati, studenti, docenti, ricercatori, associazioni di cittadini 
                  e altri gruppi) che si mobilitano contro le mega imprese, le 
                  piantagioni di cellulosa e il sistema di sfruttamento minerario, 
                  che hanno riscontrato un relativo appoggio. 
                   
                  Esiste anche un movimento invisibile, disperso e imprevedibile, 
                  che partendo dalle proprie realtà e dai propri desideri, 
                  persegue quell'autonomia e crea a partire dalla differenza le 
                  realtà che desidera; si fa a carico dell'alimentazione, 
                  dell'istruzione, della sanità, sottraendosi alla legalità 
                  per poter avere un luogo in cui vivere, dove far crescere i 
                  generi alimentari... vivendo giorno dopo giorno l'avventura 
                  (in maggior o minor misura) di costruire insieme quella realtà 
                  che ci renda possibile vivere più sani e liberi. 
                   
                  Fino all'arrivo della sinistra, in Uruguay il sistema sanitario 
                  si articolava in tre maniere: sanità privata (tipo mutuale, 
                  che ai suoi inizi ha avuto una base solida facendosi poi via 
                  via sempre più commerciale), le assicurazioni private 
                  (per le persone facoltose) e la sanità pubblica, poverissima 
                  e per i più indigenti. Le rispettive risorse umane ricevevano 
                  stipendi abissalmente diversi. Con l'arrivo del Frente Amplio 
                  si è instaurato un sistema che pretende di integrare 
                  la sanità privata con quella pubblica, si sostiene con 
                  un'assicurazione che viene scalata dai salari dei lavoratori. 
                  Continua a essere un sistema ingiusto (anche se la sanità 
                  pubblica è un po' migliorata) e si è reso insostenibile; 
                  la popolazione è ricorsa alle strutture private, intasandole, 
                  e queste non hanno migliorato le proprie risorse, né 
                  quelle tecniche né quelle umane, e la sanità pubblica 
                  ha grandi difficoltà, giacché alle sue strutture 
                  non vengono destinate le stesse entrate di denaro che ricevono 
                  quelle private. I lavoratori nelle loro assemblee richiedevano 
                  che la sanità del sistema Stato fosse solamente pubblica, 
                  con uguali condizioni per tutti. Inoltre questo sistema, come 
                  sempre è stato, non ha considerato la salute mentale 
                  e l'assistenza agli anziani (in un paese di geronti). 
                  Oggi la crisi nella sanità si acutizza, aumenta il tasso 
                  di mortalità infantile, gli ospedali pubblici si sono 
                  visti sovraccaricati di persone e si tagliano i letti per mancanza 
                  di personale. 
                   
                  L'istruzione mostra una situazione deplorevole: locali inadeguati, 
                  salari di maestri e professori che non raggiungono i livelli 
                  minimi di sussistenza, i contenuti che non cercano nemmeno di 
                  sviluppare un pensiero critico. Docenti e alunni dell'istruzione, 
                  amministrativi e i pazienti del sistema sanitario continuano 
                  la loro lotta per migliorare i contenuti e le forme. 
                   
                  Sono centinaia di migliaia le case vuote e le masse sono senza 
                  casa. La mancanza di abitazioni è molto grave, non sono 
                  accessibili ai lavoratori e aumentano le baraccopoli. 
                   
                  Si pianifica di abilitare la distribuzione della marihuana nello 
                  Stato e allo stesso tempo si rende possibile l'internamento 
                  compulsivo. 
                   
                    Nuovi 
                  contesti, nuove capacità
                  Uno sguardo critico sui movimenti, sulla loro fragilità, 
                  non implica un giudizio negativo. Poiché da questa fragilità, 
                  dalla crisi di referenti, dalle incertezze nasce quel desiderio 
                  di creazione e di ricerca di nuovi significati per le nostre 
                  vite. 
                   
                  I movimenti non sono puri, sono eterogenei, ibridi, sono un 
                  miscuglio di differenze con diversi tipi di impurità, 
                  ma da questi incontri, da questo meticciato possono nascere 
                  le trasformazioni. Dall'omogeneo, dal puro, nascono solo ripetizioni 
                  autoreferenziali, mai creazioni. 
                   
                  Tuttavia, in America Latina alcuni movimenti di base continuano 
                  a essere intrisi di quella logica leninista, secondo la quale 
                  la politica di partito è un'istanza superiore della politica, 
                  che separa il sociale dal politico, affermando in questo modo 
                  il suo ruolo di cinghia di trasmissione delle decisioni prese 
                  nelle istanze superiori; e quando non è così, 
                  molti di loro non vanno più in là di rivendicazioni 
                  corporative o di pratiche clientelari. 
                   
                  La crisi della rappresentatività e dell'avanguardismo 
                  non sfocia automaticamente nello sviluppo di azioni autonome 
                  e nell'autoorganizzazione. All'interno dei nuovi gruppi della 
                  sinistra radicale, molti rivendicano strumentalmente l'autonomia 
                  degli organismi di base, ma è un'autonomia costruita 
                  al servizio di una strategia di potere. Si gioca con il concetto 
                  di indipendenza di classe e autonomia, confondendo le due cose. 
                  In Uruguay negli anni sessanta e settanta l'indipendenza di 
                  classe significava l'indipendenza dello Stato, dei governi di 
                  turno, e dei partiti borghesi, ma non dei partiti e dei gruppi 
                  di sinistra. E questa è l'autonomia che si cerca di far 
                  passare. 
                   
                  La strategia del potere implica l'unione e qual è il 
                  luogo per eccellenza, secondo questa strategia, dell'unione 
                  politica se non il partito o l'organizzazione politica? 
                   
                  Per i movimenti sociali, non solo quelli che si limitano a fare 
                  richieste allo Stato in una posizione subalterna, ma soprattutto 
                  per quelli che non vogliono rimanere impigliati nelle reti delle 
                  istituzioni statali, sembra chiaro che non si può continuare 
                  a combattere nello stesso modo di prima di questi governi, come 
                  se non fosse successo nulla. 
                   
                  Non è tutto uguale e la situazione attuale, che è 
                  più complessa, rende necessaria l'invenzione di nuove 
                  forme che evitino tanto la cooptazione quanto l'emarginazione 
                  dei movimenti, o sarà che giustamente dobbiamo fomentare 
                  la marginalità stessa, nel senso che stiamo ai margini 
                  di un sistema da cui vogliamo uscire? 
                  È un conteso nuovo che ci sfida e che richiede, a noi 
                  anarchici, di creare di nuovi concetti e pratiche, nuove capacità, 
                  che chiami a raccolta l'allegria della nostra potenza creatrice 
                  ed emancipatrice. 
                   
                  Laboratorio libertario 
                  Montevideo (Uruguay) 
                  Traduzione di Arianna Fiore
                
 Questa relazione riprende in parte il documento 
                  pubblicato su “A” 337 (estate 2008) al quale 
                  rimandiamo per approfondire tematiche e aspetti non presenti 
                  in questi stralci.  |