storia 
                  
                Do you remember Nicola Sacco? 
                  di Luigi Botta 
                    
                Uno storico scopre che l'anarchico pugliese 
                  sbarcò negli USA nel 1909, un anno dopo della data finora 
                  conosciuta. Sullo sfondo, storie di povertà ed emigrazione 
                  e soprattutto la drammatica vicenda che quasi 20 anni dopo lo 
                  avrebbe portato sulla sedia elettrica con Bartolomeo Vanzetti. 
                 
                 
                  Prima di lasciare il porto di 
                  Le Havre per compiere la traversata atlantica e raggiungere 
                  New York, Bartolomeo Vanzetti acquistò una cartolina 
                  sulla quale campeggiava imponente la figura del transatlantico 
                  «La Provence», da lui utilizzato da lì a 
                  poco per il lungo viaggio in mare. La spedì a casa, per 
                  ricordare, semmai fosse stato il caso, ch'egli era in partenza. 
                  A Villafalletto, dove arrivò la missiva, qualcuno annotò, 
                  al margine basso dell'immagine, una data, «15 giugno 1908», 
                  che ufficializzò di fatto, per tutti, il momento in cui 
                  il giovane «Bart» lasciava l'Europa ed affrontava 
                  l'America nella speranza di un'esistenza nuova, più felice, 
                  meno umiliante, libera e democratica. 
                  Mai nessuno mise in dubbio tale data. L'arrivo ad Ellis Island 
                  il 19 dello stesso mese venne però codificato, com'era 
                  consuetudine consolidata con tutti gli immigrati, dalla compilazione 
                  della scheda personale nella quale si certificavano i dati di 
                  chi era appena sbarcato e si decideva, dopo una visita medica, 
                  se concedergli l'accesso a New York o ricaricarlo sulla prima 
                  motonave in partenza e rispedirlo in Italia. La selezione era 
                  tosta. Per Vanzetti non ci furono problemi. La scheda in questione 
                  documenta però, in modo inequivocabile, che «La 
                  Provence» era partita dal più importante porto 
                  francese il 13 giugno, due giorni prima dell'annotazione riportata 
                  sulla cartolina, che, quindi, era approssimativa ed errata.
                
 
                   
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                    Una veduta del porto di Boston, con la sua baia, all'inizio del Novecento 
(Courtesy Boston Public Library, Print Department, Fairchild Aerial Survey)  | 
                   
                 
                 Ferdinando Sacco, quando partì da Napoli, forte forse 
                  del fatto che viaggiava col fratello Sabino, di sette anni più 
                  anziano di lui -e queste incombenze non potevano non essere 
                  di competenza di chi aveva l'età maggiore- non si sognò 
                  di mandare a casa alcuna cartolina. La distanza tra il paese 
                  d'origine ed il porto partenopeo era inferiore rispetto a quella 
                  esistente tra Villafalletto e Le Havre (Vanzetti aveva impiegato 
                  quattro giorni di treno ad arrivare) e così, di fatto, 
                  poteva anche sembrare inopportuno ricorrere all'invio di un 
                  messaggio per documentare la partenza, che avveniva appena il 
                  giorno dopo l'addio ai propri cari. Ferdinando e Sabino partirono. 
                  Non ha importanza quando. E arrivarono. Dopo una settimana e 
                  qualche giorno. Quasi due. 
                  La questione divenne però significativa oltre un decennio 
                  dopo, quando i due anarchici accusati della rapina e del duplice 
                  omicidio di South Braintree furono al centro di una vastissima 
                  campagna di mobilitazione che, nata con Aldino Felicani ed il 
                  Comitato di difesa sorto a Boston, stava cominciando ad interessare 
                  il mondo intero. Era il 1920. Vanzetti era da poco stato condannato 
                  per la grassazione di Bridgewater e per entrambi stava prospettandosi 
                  l'apertura del processo per l'altra rapina, quella che avrebbe 
                  poi determinato la sorte dei medesimi. Il Comitato chiese, tanto 
                  a Sacco quanto a Vanzetti, di mettere insieme un po' di notizie 
                  sulla loro vita, quella italiana, in famiglia, i primi lavori, 
                  il viaggio, e poi l'impatto con gli Stati Uniti, le difficoltà 
                  d'ambientazione, la precarietà occupazionale, le amicizie, 
                  la nuova famiglia e tutto il resto. Bisognava informare gli 
                  italiani d'America e gli americani che la campagna orchestrata 
                  dal ministro della giustizia Mitchell Palmer contro i diversi, 
                  contro gli immigrati, contro gli anarchici  e nello specifico 
                  contro i due italiani rinchiusi nel carcere di Charlestown, 
                  diventati capri espiatori  altro non era che una caccia alle 
                  streghe combattuta contro oneste persone che avevano sino a 
                  quel momento vissuto in modo corretto e trasparente. Dallo scritto 
                  tutto ciò doveva venir fuori con puntualità e 
                  chiarezza. L'unica colpa che i due potevano avere, al limite, 
                  era quella di non pensarla come Palmer e come la borghesia conservatrice 
                  che dominava gli Usa.
                 
                   
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                    La cartolina che Bartolomeo Vanzetti invia alla famiglia prima di salpare dal porto di Le Havre per New York il giorno 13 giugno 1908  (Istituto Storico della Resistenza, Cuneo, 
Fondo Bartolomeo Vanzetti)  | 
                   
                 
                   Due 
                  storie parallele 
                  Il primo a consegnare il testo fu Nicola-Ferdinando, che lo 
                  vide pubblicato sul numero di dicembre 1920 de «L'Agitazione», 
                  giornale anarchico al quale faceva riferimento il Comitato. 
                  La grandissima tiratura -ad occuparsi della stampa era la tipografia 
                  dello stesso Felicani-, la diffusione capillare tra gli immigrati 
                  e le classi operaie, il riutilizzo delle notizie da parte della 
                  stampa americana ed internazionale, anche quella quotidiana, 
                  rese molto popolare questa toccante testimonianza. Le notizie 
                  su Vanzetti comparvero nei numeri di gennaio e febbraio 1921 
                  del medesimo giornale (integrate, avrebbero poi composto l'ossatura, 
                  nel 1924, del volumetto «The Story of A Proletarian Life» 
                  nelle traduzioni di Eugene Lyons ed Upton Sinclair). Vanzetti 
                  descrisse le sue vicende con estrema precisione; Sacco si lasciò 
                  prendere la mano e in alcuni tratti concesse un po' più 
                  di spazio all'immaginazione del lettore. Il racconto delle due 
                  storie parallele doveva essere molto convincente e stimolare 
                  gli americani ad unirsi nella lotta e a concedere al Comitato 
                  un contributo in denaro per la causa. Il costo dell'avvocato 
                  James M. Graham, prima, e di Fred H. Moore, poi, era particolarmente 
                  elevato. 
                  Sacco introdusse le sue vicende giovanili di Capitanata con 
                  buona favella ed in modo sbrigativo licenziò il passaggio 
                  tra l'Europa ed il nuovo Continente. Usò, senza approfondire, 
                  un categorico e sintetico «venni in America nel 1908». 
                  Non aggiunse altro. Né il mese, né il porto di 
                  partenza o d'arrivo, né il giorno del suo viaggio. Cosicché, 
                  dal 1920 ad oggi, per tutti, indistintamente e nella fiducia 
                  delle di lui parole, la data della sua emigrazione venne genericamente 
                  fatta coincidere con il 1908. Non aveva importanza il mese. 
                  Qualcuno, rimettendosi in modo troppo cieco nella fiducia di 
                  una ricerca affidata agli elenchi degli sbarchi ad Ellis Island, 
                  arrivò diversamente ad affermare che Nicola (ma all'epoca 
                  del viaggio era ancora Ferdinando!) era sbarcato il 2 maggio 
                  1913 (ignorando che in quell'anno era già sposato e da 
                  tempo lavorava alla «Milford Shoe Company»!). Qualcun 
                  altro segnalò (nel 2007, in occasione dell'ottantesimo 
                  anniversario dell'esecuzione), come annotazione a margine della 
                  scheda di sbarco, ch'egli aveva viaggiato sulla «Principe 
                  di Piemonte», si era imbarcato a Napoli, era morto in 
                  «August 23, 1927 (executed in Charlestown, Massachusetts)» 
                  e che «He worked in a shoe factory in Stoughton, Massachusetts». 
                  Cose che messe lì, c'entravano men che niente! In effetti, 
                  però, un Nicola Sacco, insieme ad altri 21 suoi concittadini 
                  di Torremaggiore, sbarcò quel giorno, ma era tutta un'altra 
                  cosa, probabilmente neanche un parente.
                 
                   
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                    La motonave «Romanic» con la quale  Ferdinando Sacco viaggia da Napoli a Boston con una traversata oceanica che dura dal 31 marzo al 12 aprile 1909  | 
                   
                 
                 La ricerca approfondita del manifesto di sbarco (cui ha dato 
                  il proprio indispensabile contributo Laura Nicolini) sul quale 
                  compare il nome di Ferdinando Sacco era destinata a riservare 
                  qualche sorpresa. Contrariamente a quanto comunemente immaginato, 
                  l'anarchico pugliese non toccò il suolo americano ad 
                  Ellis Island bensì a Boston. E, soprattutto, non lo fece 
                  nell'anno ch'egli stesso aveva segnalato, bensì in quello 
                  successivo, nel 1909. Carta canta. 
                  Ferdinando e Sabino arrivarono il 12 aprile, un lunedì. 
                  La motonave «Romanic» della flotta inglese «White 
                  Star» era partita da Napoli quasi due settimane prima. 
                  I due si presentarono al controllo della polizia di Boston insieme 
                  ad un conterraneo. Il primo a dichiararsi fu proprio Ferdinando. 
                  Nell'apposita lista dei passeggeri figura iscritto al foglio 
                  15, numero d'ordine 23. Dichiara di avere diciassette anni, 
                  di saper leggere e scrivere e di aver svolto lavori di campagna 
                  e pertanto essere quella la sua occupazione. Proviene, come 
                  quasi tutti gli altri, dal Sud Italia. Moltissimi arrivano dalla 
                  provincia di Caserta, alcuni da Salerno, Catania, Roma e, naturalmente 
                  -anche se solo in tre-, da Foggia. Ferdinando -alla domanda 
                  «Qual è l'ultima residenza permanente»- segnala 
                  di arrivare da Cercemaggiore, un paese di media montagna in 
                  provincia di Campobasso che dista da Torremaggiore una novantina 
                  di chilometri (Cercemaggiore viene indicato come in provincia 
                  di Foggia: la sua posizione, sul confine tra Campania e Capitanata, 
                  forse trae in inganno il compilatore della scheda). 
                  Anche il fratello Sabino (che ha 25 anni e come Ferdinando è 
                  «farmer lab», addetto alla campagna) dichiara di 
                  arrivare da Cercemaggiore e di aver lasciato nel paese molisano 
                  -così come Ferdinando- il papà Michele. Il documento 
                  registra che sono entrambi «single». Di Cercemaggiore 
                  è pure l'amico che viaggia coi due e si registra in contemporanea 
                  all'autorità portuale (ed è schedato come «married» 
                  con il numero 24). È un certo Matteo Colangelo, che ha 
                  57 anni, è anch'egli stagionale di campagna ed a Cercemaggiore 
                  ad attenderne il ritorno rimane la moglie Rosa. Non sa né 
                  leggere né scrivere. Tutti e tre segnalano di aver avuto 
                  i natali a Torremaggiore e di aver viaggiato in piena autonomia, 
                  provvedendo al viaggio coi denari propri. Comunicano inoltre 
                  di disporre per le loro prime necessità di 12 dollari 
                  a testa.
                 
                   
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                    L'immagine di Marianna «Rose» Sacco con Luigina Vanzetti il giorno  precedente l'esecuzione di Nick e Bart avvenuta il 23 agosto 1927  | 
                   
                 
                   Storia 
                  di Rose. Ovvero Marianna 
                  Quando i tre devono dichiarare dove andranno a vivere negli 
                  Stati Uniti, Ferdinando indica la sua meta nella casa del cugino 
                  Antonio Calzone, che si trova in Pleasant street, 19, a Milford. 
                  Matteo Colangelo segnala anch'egli che andrà ad abitare 
                  presso il cugino Giuseppe Tosques (il cognome viene storpiato), 
                  in Lost street, 23, pure lui a Milford. Sabino Sacco, infine, 
                  fa trascrivere che raggiungerà l'abitazione del proprio 
                  «uncle», cioè zio, che è poi sempre 
                  quell'Antonio Calzone che per Ferdinando è il cugino, 
                  in Pleasant street, 19, a Milford. 
                  Posticipata di un anno, dunque, la partenza di Ferdinando (la 
                  lettura del testo pubblicato da «L'Agitazione» lasciava 
                  incertezze proprio sul susseguirsi degli avvenimenti a causa 
                  di quest'errore), curiosa e singolare è la vicenda legata 
                  alla di lui moglie. Quella Rosina Sacco, mamma di Dante e di 
                  Ines, che nelle fotografie d'epoca appare sovente in compagnia 
                  di Luigina Vanzetti alla vigilia dell'esecuzione. Ebbene, interpretata 
                  da Rosanna Fratello nel film di Giuliano Montaldo, quando si 
                  infuria contro il giudice Webster Thayer e sostiene l'innocenza 
                  del marito «Nick», lo fa in dialetto pugliese. Un 
                  dialetto -che compare già nel dramma teatrale messo in 
                  scena da Mino Roli nel 1960- che non solo non ha nulla a che 
                  vedere con quello della Capitanata -così come vorrebbero 
                  i compaesani di Ferdinando- ma non è neppure quello originale 
                  della giovane donna. Rosina, infatti, non è pugliese. 
                  La ricerca conduce da tutt'altra parte d'Italia e le difficoltà 
                  maggiori nella stessa sono rappresentate dal fatto che la donna, 
                  di nome, non si chiama Rosa -o Rosina- ma bensì Marianna. 
                  E di cognome fa Zambelli. La sua storia -e quella della sua 
                  famiglia- è comunque singolare. I suoi genitori, Giuseppe 
                  ed Angela Tivioletti, abitano al 122 di contrada Cittadella 
                  a Lonato del Garda, un paesino al Sud della provincia di Brescia. 
                  Si sposano il 3 febbraio 1890 ed il 9 agosto 1892 la donna dà 
                  alla luce il figlio primogenito, Angelo. Trascorrono tre anni 
                  e nasce Rosina, che per l'anagrafe e per i documenti è 
                  ufficialmente Marianna Teresa Rosa. È il 13 giugno 1895. 
                  L'anno successivo, quando ancora l'infante è troppo piccina 
                  per affrontare un lungo e faticoso viaggio sull'Atlantico, i 
                  genitori lasciano il paese portandosi appresso Angelo, che di 
                  anni ne ha già cinque. Raggiungono gli Stati Uniti e 
                  si insediano stabilmente a Milford, contea di Worchester, Massachusetts. 
                  La piccina viene affidata a qualcuno -i nonni materni muoiono 
                  di lì a un nonnulla e dei nonni paterni nulla si sa-, 
                  che non si conosce bene. In «Merica» nascono altri 
                  figli: Attilio, nel 1898, Adele Teresa, nel 1900, e Amelia, 
                  nel 1902. Marianna è ancor sempre in Italia. Gli Zambelli, 
                  a Milford, abitano al numero 87 di East Main street, una zona 
                  di recente edificazione posta sulla strada principale che conduce 
                  verso il Nord-Est. Loro vicini di casa sono Sebastiano Paghera 
                  ed Egidia Atti. Una coppia anch'essa originaria di Lonato del 
                  Garda. Sono amici, cosa più che naturale. È nel 
                  1906 che la donna, Egidia Atti, deve far rientro in Italia per 
                  motivi familiari. L'occasione è più che propizia. 
                  Al suo rientro negli Usa la vicina di casa degli Zambelli si 
                  porta appresso la piccola Marianna, che nel frattempo ha compiuto 
                  gli undici anni. Per la partenza scelgono il porto di Napoli 
                  ed il 10 ottobre si imbarcano sulla motonave «Romanic». 
                  Arrivano a Boston il 23 ottobre. La scheda di sbarco conferma 
                  per la fanciulla il nome di Marianna ma ne storpia il cognome 
                  in «Urbelli». Il giorno stesso finalmente, dopo 
                  dieci anni, può rivedere i genitori. 
                  Diventa «Rose» -in inglese-, per sempre. La mamma 
                  Angela muore nel 1910. Di lì a poco la ragazza, quindicenne, 
                  conosce Ferdinando. Che sposa il 28 novembre 1912. Poi nasceranno 
                  Dante e Ines; ci saranno i sette lunghi anni di sofferenza del 
                  marito nell'anticamera della morte, l'esecuzione e la vita di 
                  «Rose» si perderà in un silenzio di sofferenza 
                  e di riservatezza che durerà sino alla sua fine. 
                   
                  Luigi Botta
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