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                  Che schifo!(maledetti bastardi)
 Odiosi ritardi non trovi tempo sull’uscio soffice un bacio
 quotidiano amore ti penso
 correndo d’affanno in ufficio
 solito caffè… che schifo!
 Ancora ritardi la metro e dire con scatto deciso
 li semini tutti indietro
 ma la porta sul viso
 ti lascia basito…che schifo!
 Soltanto ritardi non fai altro ora ti sei proprio rotto
 e ne prendi un altro e un altro
 percorso non più sotto
 il cielo fortuna non è… così schifo!
 A piedi ritardi quel poco di più lontano un breve cammino
 fra gente rapita dallo stupido gioco
 assieme li vuole per tanto vicino
 un odore d’ascelle… che schifo!
 Sempre ritardi la vita soltanto un attimo perfino
 infernale scoppio d’improvviso finita!
 Fumanti macerie un caldo mattino
 fra i tanti numerosi petardi… che schifo!
 Maledetti bastardi.   Jules 
                  Èlysard
     “In tanti ad esser nessuno…”
 In tanti ad esser nessuno la voce nascosta nel fumo
 grigiore urbano di camere fitte
 attento ad evitare probabili bizze
 taciuti motivi trattengono dure risse.
 Fantasmi corporei nell’universo spazio quotidiano lavoro di merda, uno strazio,
 per tutti speranza un domani migliore
 che l’oggi – si sa – son tante le ore
 ancor più dir umiliato sissignore.
 Ombratili percorsi d’incontri cittadini seduti accanto distanti destini
 invisibili allo sguardo distratto
 un arabo, una nera, un mulatto
 non certo un uomo, una donna, un coatto.
 Spaventati ignoti clandestini pagati diversi padroni ai confini
 fra forze dell’ordine e luridi scafisti
 la colpa d’esser presunti terroristi:
 la lingua, il credo, lo sguardo, non capisti?
 Celati desideri d’amori labili lontani o vicini sicuramente palpabili
 sogni per non morire soli e affranti
 in terra straniera semplici emigranti
 dal sud del mondo…si è in tanti.
 In tanti ad esser nessuno Mustafà, Aisha, Maria, Bruno…
  Jules Èlysard
     “Ni Dieu, ni 
                  César,ni tribun...”
 È la storia de L’Internazionale 
                  (Non più servi, non più signori, 
                  Cesare Bermani, Ed. Elleu Multimedia, Roma, 2005, pp. 108, euro 
                  9,00), il canto rivoluzionario più conosciuto del novecento, 
                  l’inno che ha accompagnato i più importanti eventi 
                  storici del secolo passato: dalle lotte dei lavoratori per migliorare 
                  le condizioni di vita alle proteste per gli eccidi delle polizie 
                  e dei militari nelle piazze e nelle campagne, dall’opposizione 
                  contro le guerre ai tumulti per la conquista di un pezzo di 
                  pane in più, dalle rivoluzioni liberatrici all’affossamento 
                  delle stesse ad opera delle nuove classi al potere in nome e 
                  per conto del “proletariato”! Quegli eventi che 
                  hanno avuto come soggetto il popolo lavoratore, il proletariato, 
                  la classe operaia (come direbbero i marxisti); gli esclusi, 
                  i diseredati, i miseri, gli schiavi, i sofferenti della terra, 
                  i derelitti e senza pane (come direbbero gli anarchici); i dannati 
                  della terra, i forzati della fame, la folla schiava (come direbbe 
                  – ed ha scritto! – Eugène Pottier, autore 
                  dell’inno). Eventi che si sono succeduti, tumultuosamente, 
                  in ogni angolo della terra, a partire dalla Comune di Parigi 
                  (marzo 1871) fino ai giorni nostri. È la prima volta che in Italia viene data alle stampe 
                  una monografia sull’Inno con ampi cenni biografici sull’autore 
                  ed è la prima volta che, così compiutamente, ci 
                  viene fornita una minuziosa ricostruzione storica della travagliata 
                  e controversa questione su chi, invece, ha musicato la poesia 
                  di E. Pottier.
 Ma andiamo con ordine.
 Cesare Bermani ci fa conoscere innanzitutto il poeta, il cantore, 
                  quell’Eugène Pottier frequentatore di circoli rivoluzionari 
                  repubblicani già dal 1832 per poi approdare a quelli 
                  socialisti e fourieristi nel 1848, anno in cui partecipa alle 
                  rivoluzioni di gennaio e giugno: è in questo periodo, 
                  frequentando anche i locali dove venivano declamate poesie e 
                  canzoni, che inizia a comporre canti di propaganda a sfondo 
                  politico-sociale stampati e diffusi su fogli volanti.
  Tra i tanti testi è degno di nota quel “Propaganda 
                  delle canzoni” che rappresenta, all’epoca, il suo 
                  manifesto politico: In tempo di pace, l’esercito è 
                  una morsa / Nelle mani di chi governa, / Per serrare la gogna 
                  al collo / Del popolo senza giberne. / ... Aderisce all’Internazionale 
                  e nel 1870 organizza una Camera del lavoro con 500 membri aderenti 
                  anch’essi all’Internazionale, è uno strenuo 
                  antimilitarista, oltre che pacifista; partecipa attivamente 
                  alla Comune di Parigi nel marzo 1871 ed alla sua caduta viene 
                  ricercato e condannato a morte in contumacia ma riesce ad espatriare 
                  rifugiandosi prima in Belgio e poi a Londra e negli Stati Uniti 
                  dove soggiornerà sette anni continuando il suo impegno 
                  sociale. Rientra in Francia nel 1880, in seguito all’amnistia, 
                  e con lui ritornano dalla Caledonia centinaia di rivoluzionari 
                  deportati dopo la Comune. Pottier scrive una prima versione 
                  del testo poetico L’Internazionale nel 1870, 
                  rimaneggiandolo soprattutto nel 1876-77 ma sarà pubblicato 
                  per la prima volta solo nel 1887 nella raccolta “Chants 
                  rèvolutionnaires”, stampato in 1.500 copie qualche 
                  mese prima della scomparsa dell’autore. “Muore il 
                  6 novembre 1887. Seimila persone seguono, il giorno dopo, il 
                  suo funerale (tra gli oratori, per gli anarchici, Luisa Michel), 
                  la polizia interviene perchè non sopporta la bandiera 
                  rossa dietro al feretro ma dovette cedere, di fronte alla protesta 
                  di quei vecchi cospiratori ex galeotti, ex garibaldini, poeti 
                  e ribelli, che conducevano al finale riposo la salma di tanto 
                  battagliero militante” (1).
 Ma se Eugène Pottier è l’autore del testo, 
                  chi è l’autore della musica?
 Pierre e Adolphe Degeyter sono due fratelli appartenenti al 
                  Partito Operaio Francese nella città di Lille, fanno 
                  parte della banda musicale, soprattutto Pierre scrive canti 
                  sociali su arie di canti preesistenti, diffusi attraverso fogli 
                  volanti: fondamentalmente i due fratelli sono dei cantastorie 
                  ambulanti.
 Nel giugno 1888, Pierre viene invitato dal responsabile del 
                  partito a leggere la raccolta di poesie di Pottier (stampata 
                  l’anno precedente) per musicare qualche testo ed arricchire 
                  il patrimonio bandistico di cui è importante elemento; 
                  ed è così che compone e firma la musica de L’Internazionale 
                  col solo cognome per evitare rappresaglie, anche se questa precauzione 
                  non è stata sufficiente ad occultarlo come autore (viene 
                  infatti licenziato e non troverà mai più un lavoro): 
                  l’inno viene, dunque, eseguito per la prima volta a Lille 
                  il 23 giugno 1888 ed è un successo clamoroso, L’Internazionale 
                  con parole e musica viene pubblicata subito in 6.000 esemplari 
                  e diventa anche un buon affare economico nei primi anni del 
                  novecento per i diritti d’autore pur se Pierre si è 
                  sempre rifiutato di iscriversi alla Società degli Autori 
                  e Compositori.
 Ci penserà il responsabile del Partito Operaio a complicare 
                  le cose iscrivendo Adolphe al posto di Pierre alla Società 
                  degli autori ed incamerando così i diritti d’autore 
                  dopo aver fatto firmare ad Adolphe un documento di cessione 
                  di tutti i diritti a suo favore; questo soprattutto a seguito 
                  di una spaccatura interna al partito che vede Pierre allontanarsene 
                  per altri ambiti politici sempre nella sinistra. Inizia così 
                  una tormentosa vicenda giudiziaria che dal 1904 si trascina 
                  fino al 1922 allorchè una corte sentenzia che autore 
                  della musica de L’Internazionale è Pierre 
                  Degeyter e non Adolphe, anche perchè quest’ultimo 
                  prima di morire scrive una lettera raccontando la pura verità, 
                  compreso il raggiro effettuato dal suo responsabile di partito, 
                  allora sindaco, a cui era sottomesso in qualità di suo 
                  datore di lavoro.
 Ma al di là delle miserie umane e partitiche per ingrossare 
                  le casse attraverso i “diritti” (?) d’autore, 
                  l’inno comincia ad essere conosciuto in Francia solo nell’ultimo 
                  decennio dell’ottocento e nei primi del novecento, prendendo 
                  il posto de La Marsigliese – diventato nel frattempo 
                  l’inno ufficiale del nuovo potere dopo la rivoluzione 
                  francese e perdendo automaticamente la sua carica rivoluzionaria 
                  originaria – nel cuore delle masse sfruttate e viene cantato 
                  sia dai socialisti che dagli anarchici, pur se l’idea 
                  è che L’Internazionale non è che 
                  la continuazione proletaria de La Marsigliese.
 Anche in Italia l’inno di Pottier viene conosciuto e diffuso 
                  grazie soprattutto ad una effimera traduzione (ancor oggi cantato 
                  e riprodotto) scelta dal giornale satirico “L’Asino” 
                  nel 1901, a seguito di un concorso organizzato dallo stesso 
                  giornale. Non si conosce ancora con certezza chi si nasconda 
                  dietro lo pseudonimo di Bergeret (il giornalista Ettore Marroni, 
                  oppure Umberto Zanni come scrive Spartacus Picenus?), sta di 
                  fatto che la pessima traduzione del testo francese, definita 
                  un minestrone insipido, viene fortemente criticata dai sindacalisti 
                  rivoluzionari nel 1910 (2).
 Già nel 1903 su “Il Pensiero”, una delle 
                  più prestigiose riviste anarchiche fondato da Luigi Fabbri 
                  e Pietro Gori, si affaccia in Italia il dibattito iniziato in 
                  Francia sul tema dei due canti rivoluzionari più conosciuti 
                  (La Marsigliese e L’Internazionale): 
                  “La Marsigliese, questo vecchio canto di odio e di vendetta 
                  popolare contro i tiranni, non ha ormai più alcuna efficacia: 
                  ha fatto il suo tempo...Tutt’al più non ci resta 
                  che constatare l’idiotismo degli imperatori e dei re che 
                  sentono, senza capirle, parole come quelle dell’inno di 
                  Rouget de l’Isle, o, se no, bisogna che i tiranni ed i 
                  despoti abbiano molta filosofia, per non curarsi di quanto, 
                  in ogni strofa, c’è che direttamente li riguarda...I 
                  reazionari possono ormai usare ed abusare di questo canto nazionale 
                  che fu già del popolo, come oggi lo è L’Internazionale. 
                  Da molto tempo noi non cantiamo più La Marsigliese; 
                  da molto tempo è finito il suo effetto rivoluzionario 
                  e s’è spento l’entusiasmo che destava.
 Questo inno, che fu proscritto dai due Napoleone e dai re della 
                  restaurazione, adesso non serve più, in Francia, che 
                  come decorazione nelle cerimonie militari e ufficiali del governo!... 
                  Così oggidì L’Internazionale è 
                  l’espressione esatta di ciò che il popolo vuole 
                  e aspetta.” (3). Alcuni decenni 
                  dopo, nel 1974, Pier Carlo Masini in una corrispondenza con 
                  Gianni Bosio, giudica la traduzione italiana de L’Internazionale 
                  un “...tradimento letterario e politico, un volgare adattamento 
                  opportunistico delle parole e delle idee di Pottier all’epoca 
                  della seconda Internazionale...” (4). 
                  È forse per questo che Franco Fortini ha scritto negli 
                  anni settanta un nuovo testo Sull’aria dell’Internazionale 
                  preferito in alcuni settori della sinistra rivoluzionaria. Sta 
                  di fatto che anche in Italia in ambito anarchico (dal 1914 e 
                  dopo il secondo conflitto) viene diffusa una traduzione de L’Internazionale 
                  più vicina al testo originale francese e con diversi 
                  titoli: L’Internazionale, Su sofferenti! 
                  e Germinal.
 Di notevole interesse il fatto che negli anni venti del novecento 
                  numerosi canzonieri anarchici – ed ognuno con numerosissime 
                  riedizioni – pubblicati in America e diffusissimi tra 
                  gli emigranti, riproducono L’Internazionale col 
                  titolo di Germinal!
 Anche Arturo Toscanini, notoriamente antifascista ed amico dell’anarchico 
                  Armando Borghi (ambedue esuli in America durante il regime fascista), 
                  ha orchestrato L’Internazionale nel 1943 alla 
                  NBC di New York.
 Destino: proprio in coincidenza del compleanno del dittatore 
                  russo (Stalin), che in quel momento decide di abolire L’Internazionale 
                  come inno ufficiale di Russia. “Meglio tardi che mai” 
                  per dirla con A. Borghi, il quale ha narrato su “L’Adunata 
                  dei Refrattari” del concerto e del desiderio di A. Toscanini 
                  di saperne di più sia sul comunardo E. Pottier, che sul 
                  testo.
 E proprio su Pottier e su L’Internazionale il 
                  Borghi effettuerà una ricerca che entusiasmerà 
                  il Maestro, pubblicata sulle colonne de “L’Adunata”: 
                  “...Andammo alle Fonti dell’Internazionale. Le trovammo 
                  nelle fonti del socialismo, dell’anarchismo. L’Internazionale 
                  come poesia, si sviluppava coll’Internazionale come dottrina, 
                  come rivolta sociale...” (5) 
                  .
 Lo stesso Borghi si cimenterà in una traduzione italiana 
                  dell’inno di Pottier, fatta liberamente e senza sacrificarne 
                  lo spirito per la forma “come è sciaguratamente 
                  avvenuto nelle maldestre traduzioni italiane”. Non tutti 
                  conoscono, ed è bene che si sappia, che “L’Adunata 
                  dei Refrattari”, settimanale anarchico in lingua italiana 
                  diffuso tra gli immigrati in America per oltre mezzo secolo, 
                  ha avuto in A. Toscanini un abbonato vitalizio ed in Toscanini 
                  figlio un assiduo collaboratore, durante il periodo dell’esilio, 
                  sui temi della monarchia.
 Nel novecento L’Internazionale diventa, dunque, 
                  l’inno più conosciuto tra le masse sfruttate di 
                  tutti i continenti; viene ripreso da quei regimi che si sono 
                  dichiarati socialisti e pomposamente diffuso persino durante 
                  le esibizioni militariste (sempre “socialiste!”) 
                  e allo stesso tempo intonato dagli oppositori antistalinisti; 
                  viene adottato dal movimento Spartachista, dai sindacalisti 
                  rivoluzionari dell’IWW americana e per la liberazione 
                  di Sacco e Vanzetti, viene cantata in una versione anarchica 
                  durante la rivoluzione spagnola del 1936-39; la Cina invece 
                  studia e utilizza L’Internazionale fino all’ultimo 
                  decennio del novecento, mentre nel corso del sessantotto l’inno 
                  ritorna a nuova vita grazie al movimento di contestazione che 
                  scuote il mondo.
 Ed oggi? Sì, l’inno viene cantato, ma molto meno. 
                  E suscita anche un dubbio: non è che L’Internazionale 
                  abbia già fatto, da tempo, la fine politica de La 
                  Marsigliese, ricordata nelle pagine de “Il Pensiero” 
                  nel 1903?
 Ma, forse, a noi piace interpretarla alla maniera di Armando 
                  Borghi che sessant’anni fa commentava così: “Ma 
                  non è morta, di parricidio, L’Internazionale? 
                  Non è inchiodata pur essa lassù nella croce capovolta, 
                  quale il Cristo su gli altari del Papa? Non è la sua 
                  ora!
 Le guerre rumoreggiano di Inni nazionali e nazionalismi e si 
                  addobbano delle bandiere multicolori, che vanno a zonzo su le 
                  frontiere, in cerca di abissi. E quando un inno che ha marcato 
                  il passo alla rivoluzione, viene assunto in tutela da uno Stato, 
                  allora è Rouget de l’Isle che freme sotterra...Allora 
                  è anche Pottier che piange con lui... Sollevatevi 
                  o dannati della terra! / Sollevatevi o dannati della fame! / 
                  La Ragione tuona nel suo cratere / È l’eruzione 
                  della fine!
 Le appropriazioni indebite sono finite. L’Internazionale 
                  e La Marsigliese tornano al Popolo!” (6).
  Franco Schirone
 Note 
                  
                  A. 
                    Borghi, Eugenio Pottier poeta dell’Internazionale, 
                    in “Volontà”, rivista mensile del movimento 
                    anarchico italiano, Napoli, RL, a. 1, n. 3, 1 settembre 1946 
                    
                  Cfr 
                    G. Pieri, La canzone rivoluzionaria a Parigi, in 
                    “Pagine Libere”, Lugano, 15 dicembre 1910. 
                  G. 
                    Yvetot, La Marsigliese e L’Internazionale, 
                    in “Il Pensiero”, Roma, 10 ottobre 1903, a. 1, 
                    n. 6. 
                  P. 
                    C. Masini, I canti della Prima Internazionale, in 
                    “Movimento Operaio e Socialista”, gennaio-marzo 
                    1974. 
                  Sull’argomento 
                    è utile consultare gli scritti di Armando Borghi pubblicati 
                    in giornali, riviste e libri. Ecco alcuni riferimenti: “L’Adunata 
                    dei Refrattari” del 27 novembre 1943 e del 1 gennaio 
                    1944; Armando Borghi. Un pensatore ed agitatore anarchico, 
                    Pistoia 1988 (volume di oltre 400 pp., con scritti pubblicati 
                    su “L’Adunata…” tra il 1927 ed il 
                    1946); A. Borghi, Mezzo secolo d’Anarchia, 
                    Esi, Napoli; A. Borghi, Eugenio Pottier poeta dell’Internazionale, 
                    cit. 
                  A. 
                    Borghi, 1 gennaio 1944; ora in Armando Borghi. Un pensatore 
                    ed agitatore anarchico, cit. 
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