| Changes in forms of work and 
                  of community and domestic life must be understood and planned 
                  in relation to each other» [(«I cambiamenti nelle 
                  forme di lavoro e di comunità e di vita domestica devono 
                  essere interpretati e pianificati in relazione fra di loro») 
                  International Network for Urban Research and Action, Principi 
                  dellINURA, 1991].  «
 Dobbiamo restituire alla città le sue 
                  funzioni materne e vitali, le attività autonome e le 
                  associazioni simbiotiche che per lungo tempo sono state trascurate 
                  o soffocate. Essa, infatti, dovrebbe essere un organo damore, 
                  e la migliore economia urbana è la cura e la cultura 
                  degli uomini» [(Lewis Munford, La città nella 
                  storia. Dalla corte alla città invisibile, III volume, 
                  Bompiani, Milano, 1977, pag. 711 (ed. originale 1961)].  «
The best that I can offer is an invitation to 
                  a conversation about the hard work of tangible social transformation 
                  that has as its objective the construction of a far more egalitarian, 
                  openly democratic and creatively transformative society than 
                  that is evident today, coupled with the analytic recognition 
                  that this cannot be achieved within the existing social framework 
                  of production, consumption and urbanisation
» [(«
Il 
                  meglio che posso offrire è un invito ad una discussione 
                  sul duro lavoro di una trasformazione sociale concreta che ha 
                  come suo obiettivo la costruzione di una società ben 
                  più egualitaria, apertamente democratica e creativamente 
                  trasformatrice, di quanto sia oggi, insieme al riconoscimento 
                  analitico che questo non può essere ottenuto allinterno 
                  della struttura sociale esistente di produzione, consumo ed 
                  urbanizzazione
») Harvey, 1999:270].  Lo scopo dei movimenti di emancipazione is to rearrange 
                  relations of power and to bring a society into being that lives 
                  at peace with itself and its environment, in which subalternity 
                  has been eradicated, and which is striving for always greater 
                  justice, care and community. In the movement toward such society, 
                  there must be a joining of feminist and planning epistemologies 
                  and practice [(«è di riorganizzare le relazioni 
                  di potere e di creare una società che viva in pace con 
                  sé stessa e il suo ambiente, in cui la subalternità 
                  sia sradicata, e che si sforzi di ottenere una sempre maggiore 
                  giustizia, cura e comunità. Nel muoversi verso questa 
                  società, ci deve essere ununione fra le epistemologie 
                  e le pratiche femministe e della pianificazione») Friedmann,1992:43]. 
                  «
 Stiamo costruendo alternative, utilizzando modi 
                  creativi per promuoverle. Stiamo costruendo unampia alleanza 
                  a partire dalle nostre lotte e dalla resistenza a un sistema 
                  che è fondato sul patriarcato, il razzismo e la violenza, 
                  che privilegia gli interessi del capitale sui bisogni e le aspirazioni 
                  dei popoli
» (2° punto delle Carta di Porto Alegre 
                  2002).
 Questo contributo si pone nellambito della discussione 
                  interna ai movimenti sociali e di quella relativa alla proposta 
                  di Carta dei nuovi municipi elaborata dal Laboratorio per la 
                  progettazione ecologica degli insediamenti coordinato da Alberto 
                  Magnaghi e del Cantiere dei nuovi municipi.        
  Produrre e riprodurre 
 Oggi, nellambito delle pratiche e delle teorie per il 
                  «nuovo mondo in costruzione», il problema di cosa, 
                  come, quanto, dove, per chi e per che cosa produrre è 
                  una questione cruciale, patrimonio di tanti movimenti che hanno 
                  smesso di pensare che il lavoro salariato possa limitarsi a 
                  una posizione puramente rivendicativa, estranea ai fini della 
                  produzione. Tuttavia questa posizione assume un reale valore 
                  per la trasformazione societaria solo se viene messa in relazione 
                  con la riproduzione individuale e sociale: intendendo con questo 
                  termine la produzione e il mantenimento della vita in tutte 
                  le sue espressioni: individuali, sociali, culturali, artistiche 
                  e la cura delle persone. Una delle forme che la riproduzione ha assunto nelle nostre 
                  società, è il lavoro domestico svolto nel privato, 
                  cioè lattività di mantenimento quotidiano 
                  della casa e cura dei componenti il nucleo familiare, tradizionalmente 
                  delegata alle donne e non retribuita. La riproduzione coinvolge 
                  un insieme di funzioni che sono cruciali per il nostro benessere 
                  e che nelle nostre società sono spesso ancora considerate 
                  acriticamente un compito femminile, come la cura dei bambini, 
                  degli anziani e dei disabili, il sostegno psicologico ed emotivo, 
                  la preparazione di pasti, la pulizia e la gestione dellabitazione, 
                  lassolvimento di compiti amministrativi e burocratici 
                  legati alla casa. Lorganizzazione ed i ritmi del lavoro 
                  retribuito sono strutturati come se ogni lavoratore avesse una 
                  moglie a casa, sebbene il lavoro femminile sia in crescita, 
                  creando contraddizioni sociali che per il momento pesano in 
                  gran parte sulle donne.
 Malgrado le attività riproduttive siano essenziali per 
                  ogni società, la teoria economica, ma anche lanalisi 
                  politica, le ha per lungo tempo lasciate in ombra. Privilegiare 
                  nelle analisi e nelle proposte la produzione rispetto alla riproduzione, 
                  ha significato non affrontare lo sfruttamento e le discriminazioni 
                  alle quali sono soggette le donne: una condizione già 
                  presente nelle società pre-industriali, che il capitalismo 
                  nelle sue diverse fasi, compresa quella post-fordista e globalizzata, 
                  ha utilizzato e rifunzionalizzato per il proprio profitto. Tuttavia 
                  spesso anche chi si è occupato di riproduzione ha escluso 
                  in modo ideologico il lavoro domestico dalle sue analisi: la 
                  teoria urbana ricostruita negli anni settanta attorno al concetto 
                  di consumo collettivo, ha incluso i servizi offerti dallo stato 
                  sociale in alcuni contesti, come la casa, il trasporto e i servizi 
                  sanitari che sostengono la riproduzione sociale degli individui, 
                  e non quei beni e servizi offerti nellabitazione attraverso 
                  il lavoro domestico, in modo tale da escludere il ruolo economico 
                  e sociale della famiglia e del patriarcato.
 Per molti aspetti lattività riproduttiva è 
                  tuttora invisibile, interpretata come un ruolo naturale femminile, 
                  e non compare nei calcoli economici, se non come sottrazione 
                  di tempo per il lavoro «produttivo» retribuito o 
                  come monetizzazione del tutto teorica, che non mette in discussione 
                  la gratuità e limposizione dei ruoli di genere.
 Mentre gestazione e parto, in altri termini la produzione della 
                  vita, sono indubitabilmente una competenza femminile, lattribuzione 
                  alle donne del lavoro domestico è un prodotto di relazioni 
                  sociali patriarcali che in parte permangono ancora nella nostra 
                  società, seppure in modo differenziato in base a classe 
                  e cultura di appartenenza. Questo sfruttamento delle donne, 
                  che ha comportato un notevole risparmio economico per lintera 
                  società, è stato messo profondamente in discussione 
                  dalle trasformazioni sociali generate dai movimenti femministi 
                  negli ultimi 30 anni.
 Il lavoro domestico ha acquistato visibilità grazie al 
                  lavoro teorico ed alle rivendicazioni dei movimenti delle donne, 
                  che hanno messo in discussione la sua attribuzione per obbligo 
                  al genere femminile, la sua gratuità e la svalutazione 
                  di cui è stato oggetto. Il femminismo non ha solo criticato 
                  i ruoli di genere eterodiretti ed imposti: ha anche sottolineato 
                  la centralità sociale delle «attività di 
                  produzione e mantenimento della vita» e ha osservato come 
                  la loro invisibilità e sottovalutazione corrispondesse 
                  alla subordinazione delle donne nelle nostre società. 
                  È stato il movimento femminista ad analizzare lo stretto 
                  intreccio fra produzione e riproduzione, fra ruolo delle donne 
                  e sistema economico-sociale, a smascherare i rapporti di potere 
                  propri della famiglia tradizionale e a denunciare i residui 
                  immondi delluso e del controllo patriarcale della capacità 
                  riproduttiva femminile, sancito dalle religioni, con il corpo 
                  delle donne ridotto a contenitore e oggetto.
 
  I cambiamenti nei ruoli di genere e le città 
 Il movimento delle donne in Italia e allestero ha evidenziato 
                  limportanza della lotta politica relativa agli ambiti 
                  del personale e della riproduzione. Si tratta di 
                  modificare le relazioni sociali e contemporaneamente le strutture 
                  spazio-temporali esistenti. Gli spazi urbani europeo ed americano, seppure presentino tipologie 
                  edilizie ed organizzazioni spaziali differenti, sono strutturati 
                  principalmente in relazione alla famiglia nucleare, caratterizzata 
                  da ruoli di genere dicotomici, e in particolare dallassegnazione 
                  alle donne del lavoro riproduttivo non retribuito, svalorizzato 
                  e non considerato una vera occupazione quanto piuttosto unattività 
                  «naturale» da svolgersi per amore: le 
                  strutture spazio-temporali e leconomia fanno ancora affidamento 
                  in gran parte sul lavoro riproduttivo non retribuito.
 Altre culture ed idee di società, caratterizzate da ipotesi 
                  di una diversa organizzazione della vita quotidiana, si scontrano 
                  con strutture urbane spazio temporali rigide, costruite in base 
                  allipotesi ideologica che i rapporti sociali propri della 
                  famiglia nucleare, fossero gli unici possibili, perché 
                  naturali, e quindi immodificabili. Al contrario 
                  attualmente stanno avvenendo profondi cambiamenti nei ruoli 
                  di genere, che influiscono sul processo di urbanizzazione e 
                  si esprimono in una domanda di servizi alla persona che, in 
                  una situazione di riduzione dello stato sociale, talvolta provocano 
                  lingresso del mercato capitalistico nella loro offerta, 
                  con effetti di esclusione.
 Stanno emergendo altri rapporti sociali, rispetto a quelli propri 
                  della famiglia nucleare, che domandano altre strutture e stanno 
                  già trasformando le città quando sono espressi 
                  da soggetti che per il loro reddito richiamano lattenzione 
                  del mercato. Basti pensare ai residence o ai condomini di lusso 
                  per singoli o coppie, con spazi comuni e con servizi di pulizia 
                  inclusi; ai servizi di cura di bambini ed anziani a pagamento; 
                  al lavoro di pulizia a pagamento svolto in gran parte da donne 
                  (spesso immigrate); al sostegno emotivo ricercato negli studi 
                  di psicologi e psicoanalisti; a club privati e palestre; oppure 
                  al mix funzionale che supera la separazione fra quartiere residenziale 
                  e luogo di lavoro, corrispondente ai ruoli dicotomici di maschio 
                  percettore di reddito e donna casalinga, per consentire percorsi 
                  casa-lavoro-servizi più ingarbugliati e disordinati di 
                  quelli prevedibili con la separazione dei compiti.
 Le attività riproduttive sono sempre più assolte 
                  attraverso un intricato intreccio fra il diventare merci o servizi 
                  prodotti dal mercato capitalistico e rimanere un compito svolto 
                  per amore o solidarietà. Esiste una contraddizione 
                  fra lingiustizia di un lavoro non retribuito assegnato 
                  dai ruoli di genere dicotomici come un dovere, e il valore, 
                  per alcuni dei compiti riproduttivi, di essere tenuti fuori 
                  dalla razionalità del sistema di produzione capitalistico. 
                  Alcune delle attività riproduttive coinvolgono relazioni 
                  sociali ed attività che per essere pienamente assolte 
                  devono rimanere esterne ai meccanismi del profitto. Contemporaneamente 
                  il cambiamento è frenato dalla consistente riduzione 
                  delle politiche dello stato sociale e dalle politiche volte 
                  a preservare la famiglia, che molto spesso producono 
                  una riaffermazione delle relazioni patriarcali di potere e dei 
                  ruoli di genere.
 I movimenti delle donne hanno elaborato numerose proposte di 
                  soluzione e di superamento dei ruoli di genere propri del lavoro 
                  domestico e di cura delle persone, fra cui la riduzione dellorario 
                  di lavoro, con la liberazione di tempo da utilizzare per la 
                  riproduzione, sia per gli uomini che per le donne, oppure una 
                  condivisione del lavoro riproduttivo già sperimentato 
                  in vario modo nelle case collettive, oppure la rivendicazione 
                  di un insieme di servizi sociali che possono essere diffusi 
                  nella città e non situati solo nel raggio del quartiere.
 Tuttavia il superamento della discriminazione contro le donne 
                  e dei ruoli di genere stereotipi richiede una ristrutturazione 
                  urbana (spazio-temporale) complessiva che consenta lo sviluppo 
                  di un nuovo tipo di relazioni sociali.
 La centralità della riproduzione nel definire progetti 
                  di trasformazione sociale ed urbana risiede nella convinzione 
                  che la produzione ed il mantenimento della vita prevalga per 
                  importanza, nel determinare la qualità dellambiente 
                  costruito, sulla produzione ed il consumo di beni e servizi. 
                  Il lavoro produttivo dovrebbe essere concettualizzato come sostegno 
                  e complemento al lavoro per il mantenimento della vita piuttosto 
                  del contrario (Sandercock, 1990).
 Le attività riproduttive sociali, che stanno 
                  a cavallo fra il pubblico e il privato e sono capaci di generare 
                  qualità cruciali per la riqualificazione urbana e territoriale, 
                  vanno riorganizzate in relazione alle modifiche strutturali 
                  subite dalla famiglia nucleare e dai ruoli di genere. Tali attività 
                  sono costrette, in relazione ai mutamenti in corso, a cercare 
                  espletamento oltre lo spazio privato e a ridefinire le proprie 
                  modalità di svolgimento. La contraddizione fra il voler 
                  far emergere alcune di queste attività dallo sfruttamento 
                  del lavoro non retribuito ed il valore sociale consentito dallestraneità 
                  al mercato capitalistico, può essere risolta attraverso 
                  la creazione di una economia non capitalista. Lofferta 
                  di mercato capitalistica non è allaltezza del compito 
                  perché oltre ad essere alienante e spersonalizzata, è 
                  selettiva e discriminante e, privilegiando soprattutto lobiettivo 
                  del profitto, esclude i soggetti non solvibili. A seconda delle 
                  specificità di ognuna delle attività, si può 
                  ipotizzare che lassolvimento di alcune di esse sia condiviso 
                  da tutti i soggetti nel privato, altre è auspicabile 
                  siano autogestite collettivamente, mentre altre è opportuno 
                  siano offerte come servizi erogati dalla società nel 
                  suo complesso.
 Il tipo di domanda sociale che emerge oggi, indica la necessità 
                  di costruire reti e strutture spaziotemporali per la socializzazione 
                  e riproduzione che travalichino lo spazio residenziale. I problemi 
                  della riproduzione e della vita quotidiana non possono essere 
                  risolti nel ristretto e limitato spazio abitativo e residenziale: 
                  possiamo immaginare abitazioni per forme di convivenza differenti 
                  dalla famiglia nucleare stereotipa, di cui esistono esempi, 
                  tuttavia è lintera città (e il sistema economico) 
                  a doversi trasformare per accogliere, in modo proprio e collettivo, 
                  funzioni che avvenivano e ancora avvengono nel privato dellalloggio 
                  e flussi di persone che sono sempre meno strutturati dalla dicotomia 
                  dei ruoli di genere. Dobbiamo aprire le nostre aree urbane alla 
                  razionalità delle relazioni sociali che tendono ad avere 
                  una scala più vasta che copre lintera area metropolitana 
                  e talvolta è vasta come il globo.
  Pianificazione territoriale e istanze femministe 
 Secondo Leonie Sandercock (1990) il lavoro teorico sulla pianificazione 
                  deve fondarsi sul bisogno per la produzione ed il mantenimento 
                  della vita piuttosto che sulla produzione e consumo di beni 
                  e servizi (Sandercock,1990:85). Il lavoro che sostiene la vita 
                  svolto dalle donne è intensivo e non retribuito economicamente; 
                  esiste in potenza la possibilità di sviluppare teorie 
                  di pianificazione e di buona forma urbana, dove il lavoro tradizionale 
                  delle donne di mantenimento della vita assuma un ruolo centrale 
                  (Sandercock, 1990:85). Il lavoro produttivo può essere 
                  considerato di supporto e di complemento del lavoro riproduttivo, 
                  più che essere sostenuto da esso. La rivendicazione dellimportanza 
                  di questo tipo di attività non è in alcun modo 
                  legato ad una proposta di mantenimento del compito da parte 
                  delle donne, al contrario esso dovrebbe essere condiviso dai 
                  due generi. John Friedmann nel delineare gli elementi di una pratica di 
                  pianificazione radicale o di opposizione sostiene che deve iniziare 
                  dal ricentrare la politica della comunità sulleconomia 
                  dei nuclei abitativi (household). Questo permetterebbe ai pianificatori 
                  di fare i conti con lintera economia, che comprende relazioni 
                  sia di mercato che non di mercato, e con la divisione sessuale 
                  del lavoro, spostando lattenzione dal consumo collettivo 
                  alla produzione della vita. Questa prospettiva enfatizza il 
                  bisogno di liberare tempo disponibile dal dominio del privato 
                  alla sfera pubblica. Friedmann rispetto alla economia dei nuclei 
                  abitativi specifica tre compiti della pratica radicale (Friedmann,1987): 
                  decolonizzazione come abbandono del consumismo; democratizzazione 
                  che significa diritti eguali fra adulti nelle decisioni del 
                  nucleo; auto-appropriazione di potere (empowerment) collettiva 
                  che significa che è solo attraverso linterazione 
                  con altri nuclei, specialmente ma non solo a livello di quartiere, 
                  che lappropriazione di potere (empowerment) da parte dei 
                  nuclei è possibile. Friedmann sostiene che il pianificatore 
                  radicale non può lavorare con individui isolati ma deve 
                  lavorare con famiglie e nuclei abitativi in una comunità 
                  politica organizzata. Friedmann in questa proposta è 
                  a giudizio di Sandercock (1990:74) molto in sintonia con le 
                  teorie femministe.
 John Friedmann (1992) sottolinea come la dimensione del potere 
                  sia una preoccupazione cruciale della pratica femminista: i 
                  processi emancipatori richiedono unappropriazione di potere 
                  psicologico e politico da parte delle donne situate nelle loro 
                  specifiche situazioni; lemancipazione necessita di essere 
                  guidata da una visione alternativa della buona società 
                  dalla quale il potere di dominare gli altri sia assente, e in 
                  cui differenze ed eguaglianza possano coesistere; perché 
                  lemancipazione abbia successo le abitudini di potere maschili 
                  devono infrangersi, conducendo verso nuovi tipi di nucleo abitativo, 
                  verso un superamento della divisione del lavoro per genere, 
                  verso unorganizzazione sociale che riconosca sia alle 
                  donne che agli uomini una vita autonoma, senza, al tempo stesso 
                  sacrificare quello che condividono fra loro: la vita in famiglia, 
                  in comunità e nello stato (Friedmann,1992:40).
 Gilligan (1982;1988) rivendica una conoscenza morale che si 
                  fondi sulla relazione di cura. Questa teorica intende contrastare 
                  con unetica di cura, letica della giustizia, dove 
                  duri giudizi sono statuiti nei riguardi del giusto ed ingiusto. 
                  Secondo Gilligan, le cui conclusioni sono fondate su una ricerca 
                  empirica estensiva, letica di cura che privilegia i modi 
                  contestuali di conoscere e contiene una preferenza implicita 
                  per la solidarietà sulla individualità, è 
                  più tipica delle donne che degli uomini. Questo non implica 
                  lessenzialismo o gli stereotipi perché le differenze 
                  evidenziate sono radicate in una costruzione sociale specifica 
                  di un tempo e di uno spazio. Friedmann è convinto che 
                  Gilligan e le sue collaboratrici contribuiscano alla tradizione 
                  della pianificazione radicale dando voce ai contorni morali 
                  di una buona società in cui unetica 
                  della cura e della solidarietà con le sofferenze degli 
                  altri, attutisca gli impulsi avidi di guadagno delleconomia 
                  individualistica e competitiva (Ruddick,1989; Friedmann, 1992). 
                  Secondo Friedmann quei contorni morali sono parte di una visione 
                  utopica verso la quale dirigere i nostri sforzi (Friedmann:1992:42).
 Friedmann (1987; 1992) sottolinea che la tradizione radicale 
                  di pianificazione in tutti i suoi diversi filoni si occupa di 
                  progetti di emancipazione e che è pianificare nella e 
                  per la società civile specialmente in riferimento a quei 
                  settori che sono stati silenziosi e sommersi. Le donne non sono 
                  il solo gruppo cui è stato sottratto il potere: ci sono 
                  i lavoratori, le persone di colore, gli esiliati etnici, i contadini 
                  di sussistenza e tutti loro premono, sebbene non sempre in modo 
                  militante, per la loro liberazione dalla subalternità. 
                  Le lotte che coinvolgono la resistenza di gruppi subalterni 
                  deve essere sostenuta da loro stessi. Lo scopo dei movimenti 
                  di emancipazione is to rearrange relations of power and 
                  to bring a society into being that lives at peace with itself 
                  and its environment, in which subalternity has been eradicated, 
                  and which is striving for always greater justice, care and community. 
                  In the movement toward such society, there must be a joining 
                  of feminist and planning epistemologies and practice («è 
                  di riorganizzare le relazioni di potere e di creare una società 
                  che viva in pace con sé stessa e il suo ambiente, in 
                  cui la subalternità sia sradicata, e che si sforzi di 
                  ottenere una sempre maggiore giustizia, cura e comunità. 
                  Nel muoversi verso questa società, ci deve essere una 
                  unione fra le epistemologie e le pratiche femministe e della 
                  pianificazione») (Friedmann,1992:43).
 
  Cosa produrre e per chi? 
 Tutto questo ci induce a pensare che il problema di cosa produrre 
                  se messo in relazione con le attività riproduttive apra 
                  delle contraddizioni centrali e offra indicazioni per un cambiamento 
                  sostanziale. A ben guardare la dicotomia fra produzione e riproduzione ammette 
                  che la produzione non riguardi la risposta ai bisogni e la qualità 
                  della vita di tutti, ma sia piuttosto guidata da altre logiche. 
                  Le lotte degli anni settanta per ottenere la casa, i servizi 
                  sociali (alcuni dei quali andavano nella direzione di socializzare 
                  alcuni compiti del lavoro domestico), i trasporti, per «riprendersi 
                  la città», indicavano come tutto ciò che 
                  non produce profitto, perché risponde a bisogni di soggetti 
                  e gruppi sociali non solvibili o con scarsa capacità 
                  di spesa, è strutturalmente escluso dalla produzione 
                  capitalistica di beni e servizi: valica il confine della produzione 
                  e diventa «riproduzione della forza lavoro» di cui 
                  si deve occupare qualcun altro. Lideale per il sistema 
                  è che il «servizio» sia offerto gratuitamente 
                  come per tanto tempo è avvenuto per il lavoro domestico 
                  assolto dalle donne. Per questo la riproduzione è stata 
                  nel migliore dei casi un compito dello stato sociale, almeno 
                  per quegli aspetti che sono stati inclusi nellofferta 
                  dei servizi pubblici in risposta alle rivendicazioni dei movimenti 
                  sociali. Va osservato che in questo modo lo stato si limita 
                  a consentire che la produzione capitalistica si perpetui malgrado 
                  la sua razionalità antisociale e distruttiva e così 
                  facendo non tocca e non governa la produzione, ma crea le condizioni 
                  perché possa avvenire malgrado essa non risolva i bisogni 
                  sociali fondamentali. Vista da unaltra angolatura si tratta 
                  di una minima ridistribuzione di quanto è stato socialmente 
                  prodotto. Tuttavia oggi perfino le politiche dello stato sociale 
                  sono messe in discussione attraverso le privatizzazioni di servizi, 
                  risorse e beni pubblici, mentre il sistema capitalistico e lorganizzazione 
                  delle aziende, malgrado i loro evidenti limiti, vengono assunti 
                  come modello dagli enti pubblici. Acqua ed energia diventano 
                  le rinnovate fonti del profitto. La fiducia nel neo-liberismo 
                  è tale che vengono addirittura privatizzati settori di 
                  governo della cosa pubblica.
 Eppure i limiti del sistema di produzione capitalistico sono 
                  evidenti. Le dinamiche fra domanda ed offerta sono sottoposte 
                  alla condizione di creare profitto, che impedisce strutturalmente 
                  una risposta ai bisogni di tutti. Come spiegare gli enormi costi 
                  sopportati dai produttori di beni e servizi per la pubblicità, 
                  che ci ruba tempo quando guardiamo la televisione o ascoltiamo 
                  la radio e occlude la nostra vista con cartelloni e insegne, 
                  se non con il fatto che non si sta rispondendo ai bisogni di 
                  tutti ma si sta producendo solo per il profitto, al di là 
                  e prima dei nostri bisogni e della nostra creatività? 
                  Basti pensare al ruolo centrale oggi delle produzioni di lusso. 
                  Di fatto troviamo beni e servizi sul mercato che rispondono 
                  ai nostri bisogni, solo a condizione che limpresa produttrice 
                  ne tragga profitto. Le nicchie di mercato sfruttano perfino 
                  invenzioni dalla creatività sociale autogestita per intercettare 
                  sempre nuovi bisogni, basta che paghino. Meglio ancora se la 
                  merce si consuma in fretta come un viaggio, uno spettacolo, 
                  un evento.
 Se poi pensiamo chi e come ha prodotto quello che usiamo smascheriamo 
                  la grettezza della produzione capitalista: iper-sfruttamento 
                  della manodopera, distruzione delle risorse di tutti per il 
                  profitto di pochi. I meccanismi della domanda e dellofferta 
                  sono inficiati dalla relazione con la capacità di spesa 
                  che non ha nessuna relazione con leffettivo bisogno. E 
                  che dire delle scarse capacità creative del mercato, 
                  della sua inefficienza, dello spreco e dissipazione di risorse, 
                  di capacità e di creatività che genera sistematicamente? 
                  Invece di andare dritto a quello che dovrebbe essere lo scopo 
                  di una economia, rispondere ai molteplici bisogni sociali in 
                  modo universalistico, il sistema capitalistico dissipa enormi 
                  quantità di risorse collettive e di capacità umane 
                  per lasciare la maggioranza dellumanità nella miseria.
 Il nostro problema non è la produzione di ricchezza, 
                  la valorizzazione economica, la crescita e lo sviluppo limitato 
                  solo dalla riproducibilità ambientale, quanto piuttosto 
                  creare una economia non capitalista in grado di offrire beni 
                  e servizi che garantiscano qualità sociale ed ambientale 
                  per tutti, insieme alle condizioni per il libero sviluppo delle 
                  identità di ognuno. E per farlo non si tratta di produrre 
                  dosi di merci e servizi crescenti, dai quali la stragrande maggioranza 
                  degli abitanti del pianeta sono strutturalmente esclusi, ma 
                  di creare le condizioni perché a tutti sia garantito 
                  quello che gli serve per vivere: risorse naturali: acqua, aria, 
                  suolo (non inquinati); beni mobili e immobili, di uso privato 
                  e/o collettivo; infrastrutture e servizi a rete; istruzione, 
                  socialità, cura e solidarietà; le condizioni per 
                  sviluppare la creatività sociale ed individuale di ognuno. 
                  Quanto di quello che ci occorre saranno «servizi» 
                  o «reti di relazione, cura e solidarietà», 
                  che non lasciano segni tangibili se non il nostro benessere 
                  individuale e collettivo e la nostra felicità, e quanto 
                  beni mobili o immobili, dipenderà dai bisogni, quelli 
                  uguali e quelli differenti, di ognuno, messi in relazione con 
                  le condizioni e i limiti di riproducibilità del territorio 
                  e dellambiente. La qualità ambientale e la riproducibilità 
                  del territorio non sono opposte ai bisogni umani ma sono uno 
                  dei bisogni umani rivendicato da tanti movimenti e comitati: 
                  lottare contro un inceneritore, contro linquinamento elettromagnetico, 
                  contro gli organismi geneticamente modificati, contro la distruzione 
                  e linquinamento ambientale, lottare per un altro mondo 
                  possibile con una altro modo di produrre e riprodurre, significa 
                  avere la consapevolezza che il rispetto dellambiente è 
                  anche il rispetto per la nostra salute, solo chi lucra sullo 
                  sperpero di queste risorse la vede come una limitazione. Non 
                  si può supplire a errori strutturali del sistema di produzione 
                  capitalista, legati al primato del profitto su tutto il resto, 
                  come linquinamento, leffetto serra, la produzione 
                  di residui e di imballaggi non smaltibili, limpronta ecologica 
                  smisurata, la mancata chiusura dei cicli delle acque e dei rifiuti, 
                  generando ulteriori inquinamenti e «protesi tecnologiche», 
                  come le definisce Magnaghi.
  Produrre per riprodurre 
 Si tratta di ricentrare le attività umane sulla qualità 
                  della vita e sul libero sviluppo delle potenzialità di 
                  ognuno. Nella «nuova società in costruzione» il lavoro 
                  riproduttivo deve essere socializzato e diventare un lavoro 
                  assunto da tutta la collettività e contemporaneamente 
                  va riconosciuta la sua centralità. Occorre infatti operare 
                  un ribaltamento: la riproduzione non deve più essere 
                  la mera condizione per permettere la produzione di beni e servizi 
                  come avviene nel sistema capitalistico, in cui, semplificando, 
                  il lavoratore/la lavoratrice deve riprodursi cioè mangiare, 
                  dormire, ottenere sostegno affettivo, svagarsi solo nella misura 
                  in cui gli/le serve per poter lavorare il giorno dopo e le donne 
                  devono produrre nuova forza lavoro e spesso occuparsi della 
                  riproduzione del lavoratore. Al contrario il lavoro riproduttivo, 
                  in altre parole la «produzione e il mantenimento della 
                  vita» in tutte le sue espressioni (individuali, sociali, 
                  culturali, artistiche) ed il benessere e la cura delle persone 
                  (fra cui anziani e bambini) dovrebbero assumere un ruolo centrale, 
                  mentre la produzione di beni e servizi dovrebbe assolvere il 
                  compito di sostenere e completare le attività riproduttive. 
                  La produzione di beni e servizi non dovrebbe più essere 
                  guidata dalla possibilità di produrre profitto (che richiede 
                  di rispondere solo ai bisogni di chi è in grado di pagare, 
                  e per esempio privilegia le produzioni di lusso rispetto ad 
                  altre più basilari ma rivolte a chi non è solvibile), 
                  quanto piuttosto realizzare quei beni e servizi necessari alla 
                  vita di tutti.
 La riproduzione individuale e sociale è un settore fondamentale 
                  per ogni società. Solo operando questo ribaltamento, 
                  produrre per riprodurre invece di riprodurre per produrre, si 
                  può pensare di costruire una società che ponga 
                  al centro le persone e non le merci. È questo il settore 
                  che andrebbe sensibilmente ampliato in una nuova società.
 Contemporaneamente mentre si sottolinea la centralità 
                  di questo settore è necessario affermare che le attività 
                  di cura devono essere assunte da tutti, socialmente, e non più 
                  assegnate in gran parte per obbligo alle donne. I ruoli di genere 
                  legati al lavoro domestico non hanno nulla a che fare con la 
                  differenza di genere. Affrontare il nodo del lavoro domestico 
                  e riproduttivo, svalutato malgrado la sua rilevanza sociale 
                  e non retribuito, ma svolto «per amore», è 
                  un modo per affrontare concretamente le discriminazioni di genere.
 Al centro del nuovo mondo non ci deve essere solo la cura del 
                  territorio, ma soprattutto la cura delle persone.
  Marvi Maggio International Network for Urban Research and Action (www.inura.org)
 
                   
                    |  Bibliografia 
 J. 
                        Friedmann, Planning in the Public Domain: from Knowledge 
                        to Action, Princeton U.P., Princeton, 1987. J. Friedmann, Feminist and Planning Theories: The 
                        Epistemological Connection, Planning Theory, 
                        7-8, 1992.
 C. Gilligan, In a Different Voice, Harvard University, 
                        Cambridge, 1982.
 C. Gilligan et al., Mapping the Moral Domain: a Contribution 
                        of Womens Thinking to Psycological Theory and Education,Harvard 
                        U.P., Cambridge, 1988.
 D. Harvey, The Condition of Postmodernity, Basil 
                        Blackwell, London, 1990.
 D. Harvey, «Cities or urbanization?», City, 
                        n. 1-2, 1995.
 D. Harvey, Justice, Nature & the Geography of Difference, 
                        Blackwell Publisher, Oxford, 1996.
 D. Harvey, «Frontiers of Insurgent Planning», 
                        Plurimondi, 1, 2, 1999, pag. 270.
 D. Hayden, The Grand Domestic Revolution: a History 
                        of Feminist Designs for American Homes, Neighbourhood 
                        and Cities, W.W. Norton, New York, 1981.
 B. Hooper, «The Poem of Male Desire: Female Bodies, 
                        Modernity and Paris, Capital of Nineteenth Century», 
                        Planning Theory, n. 13, 1995.
 Laboratorio di Progettazione Ecologica degli Insediamenti, 
                        «La Carta del Nuovo Municipio», Carta. 
                        Amanacco su Porto Alegre.
 M. Maggio, La nuova utenza: partecipazione e recupero 
                        nelledilizia residenziale pubblica dei Paesi Bassi, 
                        Edilizia Popolare, n. 191, anno XXXII, luglio-agosto 
                        1986, pagg. 33-59.
 M. Maggio, La sperimentazione tipologica, labitazione 
                        collettiva ed interna in Cecoslovacchia, Appunti 
                        di politica territoriale, n. 3 (nuova serie), dicembre 
                        1989, pagg. 30-36.
 M. Maggio, Amsterdam. Rinnovare con la gente, 
                        Costruire, n. 85, giugno 1990, pagg. 76-77.
 M. Maggio, Interventi integrati e complessi di riuso 
                        con fini sociali nelle aree di trasformazione urbana, 
                        Archivio di Studi Urbani e Regionali, A.XXV, n. 
                        50, 1994, pagg. 29-59.
 M. Maggio, Trasformazione urbana e partecipazione. 
                        Il caso di Toronto, Appunti di politica territoriale, 
                        n. 5 nuova serie, 1995, pagg. 24-44.
 M. Maggio, Nuovi scenari urbani fra primo e terzo 
                        mondo, Urbanistica PVS, n. 3, luglio 1995, 
                        pagg. 7-14.
 M. Maggio, Wilhelmina Gasthuis: un ospedale di Amsterdam 
                        trasformato dagli abitanti in comunità di case 
                        e di luoghi collettivi, I confini della città. 
                        Ricerche e Progetti negli spazi del sociale, 21, Fondazione 
                        Michelucci, Regione Toscana, Angelo Pontecorboli editore, 
                        Firenze, periodico trimestrale, anno, IV, n. 8, dicembre 
                        1996, pagg. 21-22.
 M. Maggio, Lintroduzione della categoria di 
                        genere nella teoria e nella prassi della geografia urbana 
                        e della pianificazione, Archivio di Studi Urbani 
                        e Regionali, n. 56, 1996, pagg. 37-62.
 M. Maggio, Obiettivi, condizioni di efficacia ed 
                        effetti socialmente differenziati: esempi di trasformazione 
                        urbana a Toronto, Archivio di Studi Urbani e 
                        Regionali, n. 57, 1996, pagg. 111-139.
 M. Maggio, La categoria di genere nellanalisi 
                        territoriale fra stereotipi ideologici e processi sociali, 
                        vol. 2, AISRe, XVIII Conferenza Italiana di Scienze 
                        Regionali Europa e Mediterraneo, pre-print, Palermo, 
                        Anteprima, 1997, pagg. 629-649.
 M. Maggio, Una proposta di uso delle risorse locali. 
                        Exodus: luso della forza lavoro e delle aree dismesse 
                        dalleconomia capitalistica per creare spazi di vita 
                        fondati sui valori comunitari, sulla cooperazione e sulla 
                        condivisione, Appunti di politica territoriale, 
                        n. 7 nuova serie, 1997, pagg. 111-115.
 M. Maggio, Strumenti interpretativi del processo 
                        di urbanizzazione, Urbanistica PVS, n. 16, 
                        settembre 1997, pagg. 3-7.
 M. Maggio, «Possible Urban World. La VII Conferenza 
                        dellInternational Network for Urban Research and 
                        Action», Archivio di Studi Urbani e Regionali, 
                        n. 63, 1998, pagg. 211-217.
 M. Maggio, «Spaces and time for reproduction», 
                        in Diverse City, report from INURAs 8 th 
                        annual meeting Toronto, 15 Bullettin, december 1998.
 M. Maggio, «Oltre la residenza e lambito locale: 
                        gli spazi pubblici di livello urbano per le reti di relazione 
                        sociali autogestite» in AA.VV., I futuri della 
                        città. Mutamenti, nuovi soggetti e progetti, 
                        Franco Angeli, Milano, 1999.
 A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, 
                        Torino, 2000.
 A. Magnaghi, «Come è possibile democratizzare 
                        la democrazia», Carta, n. 4 anno IV, 2002, 
                        pagg. 60-63.
 D. Massey, Space, Place and Gender, University 
                        of Minnesota Press, Minneapolis, 1994.
 S. Ruddick, Maternal Thinking: Toward a Politics of 
                        Peace, Ballantine, New York, 1989.
 L. Sandercock, A. Forsyth, «Gender: a new agenda 
                        for planning theory», Planning Theory, n. 
                        4, 1990.
 G. Paba, R. Paloscia, «Community planning stories 
                        and experiences in Florence», Plurimondi: An 
                        International Forum for Research and Debate on Human Settlements, 
                        n. 2, 1999, pp. 253-266.
 G. Paba, «Quel valore aggiunto del territorio», 
                        Bollettino del Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione 
                        del Territorio, Università degli Studi di Firenze, 
                        Firenze, n. 1-2, 2000, pagg. 44-48.
 G. Paba, «I cantieri sociali per la ricostruzione 
                        della città», in A. Magnaghi, a cura di, 
                        Il territorio degli abitanti, Dunod, Milano, 1998.
 G. Paba, «Contested Places. Racconti e geografie 
                        di unaltra Firenze», Florence Insurgent 
                        City, 2002 (in corso di pubblicazione).
 K. Simonsen, D.Vaiou, «Womens Lives and the 
                        Making of the City. Experience from North 
                        and South of Europe», Intenational 
                        Journal of Urban and Regional Research, 1996.
 |  |