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                 Avevo sentito parlare degli Uíwa, "un popolo che non vuole 
                  essere venduto", da padre Javier Giraldo, il gesuita che da 
                  anni si batte per difendere i diritti dei poveri e delle minoranze 
                  in Colombia.  
                  Grazie all'incontro organizzato a Padova dall'Associazione Giacomo 
                  Turra ho potuto incontrare Roberto Afanador Cobaria, Cabildo 
                  Uíwa e rappresentante di questo popolo che viveva su quei territori 
                  da molto prima dell'arrivo dei conquistadores. Naturalmente 
                  il caso Uíwa è analogo a quello di molte altre popolazioni del 
                  continente sudamericano che rischiano di scomparire insieme 
                  all'ambiente naturale distrutto dalle perforazioni petrolifere, 
                  dalla deforestazione, dalla biopirateria operata dalle multinazionali. 
                 
                 Qual é attualmente la situazione degli Indios della Colombia? 
                   
                   
                  In Colombia le comunità indigene sono relativamente numerose. 
                  Alcune si trovano nel nord ovest, verso il Pacifico, altre nel 
                  nord. Nell'Amazzonia colombiana si contano circa 60 popoli, 
                  anche se esigui numericamente. Un gruppo etnico distinto vive 
                  nell'isola di San Andrei. In 29 dipartimenti su 30 sono presenti 
                  gli indigeni.  
                  Complessivamente si contano 85 etnie e 64 lingue distinte. Purtroppo 
                  alcuni gruppi hanno subìto una vera e propria decimazione e 
                  in qualche caso non superano le mille unità. Gli Uíwa attualmente 
                  sono cinquemila.  
                   
                  Che tipo di riconoscimento hanno queste realtà indigene da 
                  parte delle istituzioni colombiane?  
                   
                  La Colombia è un paese multietnico e pluriculturale. Formalmente 
                  tutte le diverse espressioni culturali sono riconosciute dalla 
                  Costituzione: indigeni, neri, zingari sono riconosciuti come 
                  gruppi etnici significativi. Per quanto ci riguarda soltanto 
                  da pochi anni siamo stati riconosciuti come gruppi etnico specifico. 
                  Questo naturalmente sulla carta. Ancora oggi nelle scuole si 
                  insegna a sei milioni di studenti che praticamente gli Indios 
                  non esistono.  
                   
                  Della Colombia si parla spesso come di un paese perennemente 
                  in guerra?  
                   
                  In Colombia ci sono stati più di centocinquant'anni di guerra 
                  civile. Anche in questo momento c'è una guerra non dichiarata 
                  tra destra e sinistra. In pratica la sinistra occupa il sud, 
                  la destra il nord della Colombia. I tentativi di normalizzare 
                  la situazione del paese si sono scontrati con l'eliminazione 
                  di migliaia di sindacalisti, di difensori dei Diritti Umani, 
                  di Indios , di insegnanti.  
                  Negli ultimi quattro anni una media di una uccisione ogni nove 
                  ore. Tutte le vittime sono state assassinate o fatte sparire 
                  nella totale impunità. Vi sono molti esiliati, molti dissidenti 
                  hanno dovuto rifugiarsi all'estero. Questa in sintesi è la realtà 
                  odierna della Colombia.  
                   
                  In questo contesto è facile immaginare che i più colpiti 
                  siano soprattutto gli autoctoni, gli Indios?  
                   
                  R. Chi risente maggiormente della repressione sono appunto le 
                  comunità indigene. Ricordo che gli 85 popoli indigeni di cui 
                  parlavo sono quelli sopravvissuti a cinque secoli di guerre 
                  e persecuzioni, sia militari che politiche e culturali. Altre 
                  popolazioni sono state completamente sterminate. In molti casi 
                  c'è stata una paurosa decimazione. Un'etnia per esempio è attualmente 
                  rappresentata soltanto da 1224 persone e quindi rischia di estinguersi 
                  nel giro di pochi anni.  
                   
                  D. Come si organizza allora la resistenza dei popoli indigeni, 
                  come reagite al genocidio, ai tentativi ricorrenti di scacciarvi 
                  dalla vostra terra?  
                  R. Gli indigeni non hanno mai smesso di lottare. In un contesto 
                  di rispetto per i Diritti Umani noi ci appelliamo ai principi 
                  di dignità, di uguaglianza, di fratellanza che dovrebbero essere 
                  alla base del mondo attuale e che sono sanciti dalle nazioni 
                  Unite. Questi diritti dovrebbero essere garantiti anche per 
                  gli indigeni, anche per coloro che sono stati sconfitti. Gli 
                  Uíwa lottano e continueranno a lottare rivendicando l'inalienabilità 
                  dello spazio aereo, del suolo e del sottosuolo della loro terra. 
                  Da quando, circa quattrocento anni fa, alcuni dei nostri predecessori 
                  si suicidarono in massa per protestare contro la distruzione 
                  della terra operata dai colonizzatori, gli Uíwa non hanno mai 
                  smesso di resistere.  
                   
                  Storicamente non sono mancati in America Latina tentativi 
                  di tutelare i diritti degli Indios (penso agli esperimenti dei 
                  Gesuiti resi noti dal film ("Mission"). Cosa rimane di tutto 
                  questo?  
                   
                  Ancora nel 1500 Fra Bartolomeo de las Casas, primo vescovo dell'America, 
                  cercò di difendere gli Indios dalla cupidigia dei suoi compatrioti 
                  attraverso leggi fatte per tutelare e garantire i diritti fondamentali 
                  degli indigeni. Si crearono sui loro territori istituzioni giuridiche 
                  denominate reservas, encomiendas, resguardos. Alcuni resguardos 
                  furono istituiti dalla corona spagnola, altri dalla Repubblica 
                  e altri ancora sono stati istituiti in questi anni sulle terre 
                  abitate dagli Indios.  
                   
                  Quale fu il ruolo di Simon Bolivar, eroe nazionale della 
                  Colombia?  
                   
                  Va riconosciuto che Simon Bolivar si preoccupò della sorte degli 
                  indigeni, anche perché erano quelli che si erano sempre opposti 
                  agli spagnoli. Emise quindi decreti che dovevano proteggere 
                  gli Indios.  
                  Non bisogna però dimenticare che in Colombia c'è una lotta interna, 
                  iniziata 170 anni fa, per il controllo, per il possesso della 
                  terra. Anche se si presenta come uno scontro tra partiti (liberali 
                  e conservatori) non è una lotta ideologica.Uno dei momenti decisivi 
                  di questa lotta per il possesso della terra risale al 1850, 
                  anno in cui venne promulgata una legge per disconoscere, abolire 
                  i resguardos. Ma per ottenere questo era necessario eliminare 
                  gli Indios, assassinandoli o trasformandoli in "desplazados" 
                  (profughi interni). In questo modo ebbe inizio una vera e propria 
                  guerra civile per il controllo della terra.  
                   
                  Potresti spiegarci più ampiamente cosa sono i resguardos? 
                    
                   
                  I resguardos hanno caratteristiche particolari, anche sul piano 
                  politico. Sono territori che dovrebbero corrispondere alla patria 
                  ancestrale degli Indios e sono inalienabili, non ipotecabili. 
                   
                  Dal 1889 erano inseriti nella Costituzione. Nella legislazione 
                  del 1991 vengono nominato i dipartimenti, i distretti, i municipi 
                  e i territori indigeni, ma non i resguardos e questo crea una 
                  contraddizione tra la legge e la Costituzione. Noi lottiamo 
                  per il rispetto di quelli già esistenti e per la formazione 
                  di nuovi. Da un certo punto di vista sono piccoli stati dentro 
                  lo stato. In ognuno di essi sono vigenti le leggi e le consuetudini 
                  dei popoli che ci vivono. In proposito esiste una precisa sentenza 
                  giuridica che riconosce come legge quello che noi decidiamo: 
                  questo può avvenire nel rispetto della Costituzione che è pluriculturale 
                  e plurietnica. In Colombia ci sono gruppi etnici che regolano 
                  autonomamente da migliaia di anni la loro vita. Lo stesso fanno 
                  con l'educazione dei figli e con le pratiche mediche tradizionali. 
                  Questo nostro modo di vivere è un ostacolo oggettivo per lo 
                  sviluppo del capitale privato e anche per lo stato colombiano 
                  che non ha il pieno controllo delle popolazioni e delle risorse 
                  naturali. Non dimentichiamo che attualmente gli indigeni occupano 
                  il 25% di tutto il territorio nazionale.  
                   
                  Hai parlato delle risorse naturali. Mi sembra che spesso 
                  sia questo il nocciolo del problema?  
                   
                  I nostri territori sono ricchi di risorse energetiche e naturali: 
                  rame, oro, nichel, bauxite, uranio, gas, petrolio.  
                  Qui si trovano anche le riserve d'acqua tra le più grandi del 
                  mondo. Inoltre la particolare ricchezza della Colombia in materia 
                  di biodiversità (soprattutto verso il Pacifico) è molto ambita 
                  dai laboratori farmaceutici. Oggi è in atto una politica di 
                  vera e propria pirateria genetica, attraverso la brevettazione 
                  di piante ed animali. Sembra che anche il sangue di alcuni indios 
                  sia stato brevettato dai laboratori degli Stati Uniti.  
                  Attualmente in Colombia operano molti ricercatori delle multinazionali 
                  farmaceutiche per studiare i metodi indigeni di cura delle malattie. 
                  Naturalmente il loro scopo è quello di brevettare piante e terapie 
                  per realizzare profitti, non certo per il bene dell'umanità. 
                  Questo tra l'altro spiega perché attualmente la guerra si diffonde 
                  soprattutto in quei territori: è un modo per allontanare i nativi 
                  che rappresentano un intralcio alle attività delle multinazionali. 
                   
                   
                  Parlavi dei problemi legati alla globalizzazione, a come 
                  si traduca in un disastro per i poveri (per es. i contadini) 
                  mentre i settori sociali benestanti restano tutelati dalle politiche 
                  del governo.  
                   
                  Mi spiego con un esempio. Attualmente la Colombia compra il 
                  mais dagli USA e riesce a percepire solo il 10% in tasse. I 
                  contadini non possono più vendere il loro mais e quindi emigrano 
                  verso le metropoli ad alimentare il sottoproletariato urbano. 
                  Diverso l'atteggiamento verso i latifondisti che allevano bovini. 
                  Per i Colombiani che comprano carne all'estero (per es. dall'Argentina) 
                  le tasse corrispondono al 70%. Quindi con la globalizzazione 
                  i profitti dei latifondisti restano invariati mentre i contadini 
                  vengono mandati in rovina.  
                   
                  Cosa puoi dirci del "Plan Colombia" che, ufficialmente, dovrebbe 
                  servire a risolvere il problema del narcotraffico?  
                  R. Come è noto i gruppi paramilitari di destra sono appoggiati 
                  dal governo. In genere si guardano bene dall'andare a confrontarsi 
                  con i guerriglieri di sinistra. Preferiscono piombare sui villaggi 
                  e uccidere 30-40 persone, terrorizzando gli altri per costringerli 
                  a fuggire. Prima di uccidere i contadini si fanno firmare le 
                  carte con cui la terra viene ceduta. I paramilitari sulle terre 
                  espropriate ai contadini piantano la coca. Da parte sua la guerriglia 
                  pretende una tassa dai narcos e usa il denaro per comprarsi 
                  le armi. La destra al governo si comporta allo stesso modo. 
                  In questo contesto è nato il "Plan Colombia", mai discusso dal 
                  governo colombiano perché era già stato discusso e approvato 
                  dal senato USA. Per questa operazione sono previsti 1600 miliardi 
                  di dollari che serviranno a sostenere le operazioni militari 
                  nel sud del paese controllato dalla guerriglia di sinistra. 
                  Naturalmente i profughi tra i civili si conteranno a decine 
                  di migliaia e l'Ecuador ha già ricevuto finanziamenti cospicui 
                  per accogliere i rifugiati. Il presidente colombiano sta chiedendo 
                  finanziamenti ai paesi europei, anche all'Italia. Per questo 
                  a Roma ci siamo incontrati con il capo del governo e con il 
                  presidente del Senato, spiegando a cosa serviranno in realtà 
                  i finanziamenti. Ci hanno assicurato che l'Italia non intende 
                  finanziare una guerra.  
                   
                  Cosa avverrebbe se il "Plan Colombia" diventasse operativo? 
                   
                   
                  L'unico modo di fare la guerra nel sud sarebbe quello di bombardare 
                  sistematicamente. Nel sud sono localizzate più di cinquanta 
                  etnie indigene e queste popolazioni sarebbero le prime a sparire. 
                  Attualmente la Colombia ha circa quaranta milioni di abitanti 
                  (di cui otto milioni a Bogotà) e ben due milioni sono "desplazad". 
                  Ogni giorno in Colombia ci sono massacri che restano impuniti. 
                  I nomi degli Indios uccisi non vengono nemmeno citati dai giornali. 
                  Se il "Plan Colombia" diventasse operativo avrebbe conseguenze 
                  devastanti ma difficilmente l'opinione pubblica verrebbe adeguatamente 
                  informata.  
                  Perché la battaglia condotta dagli Uíwa contro le multinazionali 
                  del petrolio è così importante?  
                   
                  Se inizia la perforazione e l'estrazione del petrolio nei territori 
                  degli Uíwa, accadrà la stessa cosa in tutta la Colombia. Sarebbe 
                  il via libera per entrare nel NAFTA (insieme a Canada, Usa, 
                  Messico). Una delle clausole imposte al Messico entrando nel 
                  NAFTA era l'eliminazione dell'articolo 27 della Costituzione 
                  sulla tutela delle terre indigene. Se non si tiene conto di 
                  questo non si comprende l'insurrezione zapatista nel Chiapas 
                  del 1 gennaio 1994. Anche in Colombia verrebbe rimessa in discussione 
                  l'inalienabilità dei territori indigeni. Quindi il destino degli 
                  Uíwa è legato a quello di tutte le popolazioni indigene e degli 
                  strati popolari della Colombia.  
                   
                  Recentemente la multinazionale Occidental Petroleum (OXY) 
                  ha ottenuto dal Governo colombiano l'autorizzazione ad estrarre 
                  il petrolio dal territorio dove da sempre vive il popolo Uíwa. 
                  Cosa puoi dirci in proposito?  
                   
                  Il territorio individuato dall'OXY per l'esplorazione petrolifera 
                  rientra sia nel territorio ancestrale degli Uíwa, sia in quello 
                  più limitato del risguardo. Il primo pozzo si aprirà a 500 metri 
                  dal risguardo. In base alla convenzione 169 dell'organizzazione 
                  internazionale del lavoro, valida anche in Colombia, prima di 
                  sfruttare le risorse naturali dovrebbero essere consultati gli 
                  indigeni. Questo nel nostro caso non è mai avvenuto. Nei territori 
                  circostanti vivono contadini che riconoscono agli Uíwa la proprietà 
                  ancestrale della terra. Nel gennaio 2000 ci siamo posti il problema 
                  di come comprare questa terra dai contadini. Da parte loro i 
                  contadini preferirebbero vendere la terra agli Uíwa in modo 
                  da poter continuare a coltivarla ricavandone prodotti. Con i 
                  petrolieri invece sono costretti a vendere e andarsene. Altrimenti 
                  vengono ammazzati.  
                  Appena abbiamo notificato la proprietà di alcune terre che i 
                  contadini ci stanno vendendo, dopo appena otto giorni, il notaio 
                  è stato ammazzato. Su quel delitto nessuno si è ancora preoccupato 
                  di investigare. Per la nostra cultura il petrolio è sacro in 
                  quanto parte della Terra: per noi la Terra è la Madre che ci 
                  ha generati e che ci accoglierà al momento della morte. Sottrarre 
                  il petrolio alla Terra è come togliere il sangue dal corpo di 
                  un essere vivente. Anche la Terra diventerà sterile e tutto 
                  ciò che ha generato è destinato a morire (che non si tratti 
                  soltanto di una metafora lo stanno a dimostrare le devastazioni 
                  ambientali prodotte dai campi petroliferi in tutto il mondo, 
                  dalla Colombia al Delta del Niger ndr). Noi lotteremo fino all'estremo 
                  per la Terra e siamo disposti a difenderla anche con il sacrificio 
                  della nostra vita.  
                   
                  Gianni Sartori 
                  
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