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                     Setola 
                    di Maiale  
                     
                    Setola di Maiale: un nome buffo, ruvido, che solletica e punge 
                    l'attenzione e non si dimentica facilmente. Avevo sentito 
                    che con questo nome collettivo un gruppo aperto e instabile 
                    di musicisti era riuscito a organizzare la registrazione di 
                    proprie libere improvvisazioni (in solo e in differenti formazioni 
                    e situazioni) e anche di composizioni sonore più strutturate, 
                    operando nella più totale libertà creativa e gestionale.  
                    Bene o male tutta la faccenda è tenuta in piedi dall'ostinazione 
                    di Stefano Giust, che continua a suonare ed organizzare concerti 
                    e scambi riuscendo così a trasformare nel tempo di una manciata 
                    di anni questa non-organizzazione in un bel catalogo di materiali, 
                    ricco di una cinquantina di titoli diffusi secondo la più 
                    estrema accezione di "autogestione" -non da tutti condivisa 
                    però- e cioè assolutamente al di fuori del giro commerciale 
                    dei negozi. Queste musiche, va detto subito, non sono in vendita: 
                    sembra quindi che l'unico modo per ascoltarle sia il contatto 
                    diretto, magari approfittando delle rarissime occasioni in 
                    cui questi musicisti riescono ad incontrarsi ed esibirsi dal 
                    vivo.  
                    Setola di Maiale non è l'unico gruppo di musicisti/improvvisatori 
                    in Italia che ha scelto la via dell'autogestione totale per 
                    difendersi da contaminazioni culturali ed ideologiche nefaste: 
                    è ovvio che ce ne sono anche altri, ma non sono riuscito a 
                    contattarli (dico per ora, almeno). Ecco un problema, mio 
                    come di molti altri: come fare a sapere che certe musiche 
                    esistono, che certe persone suonano, che certi eventi accadono? 
                     
                    La mancanza di contatti diretti con Setola (e con Snowdonia 
                    e Fringes, di cui scriverò più avanti) è stata risolta grazie 
                    ad alcuni interventi scritti sulle musiche sotterranee pubblicati 
                    da Blow Up, una ex-fanzine toscana cresciuta e diventata una 
                    regolare rivista mensile distribuita nelle edicole. Essa si 
                    occupa (con le grosse dosi di entusiasmo tipiche delle fanzine 
                    e senza dare segni espliciti di asservimento) di una gamma 
                    di musiche esagerata, che va da certo mainstream rock ai demotapes 
                    casalinghi, con una attenzione particolare alla galassia delle 
                    etichette indipendenti. Sono un paio di centinaia di recensioni 
                    e segnalazioni ogni mese e, va detto, non tutte superficiali. 
                     
                    Blow Up spesso pubblica nomi ed indirizzi per prendere i contatti 
                    diretti con i musicisti: è una bella cosa, in questi mesi 
                    ne ho approfittato e mi sono dato da fare con il telefono, 
                    la posta elettronica e quella tradizionale. Del resto, avevo 
                    fatto esattamente così anche vent'anni fa: dietro alla copertina 
                    di "Stations" dei Crass c'era stampato il loro indirizzo, 
                    allora avevo scritto una lettera sperando che ci fosse sul 
                    serio qualcuno dall'altra parte, sperando soprattutto che 
                    non fosse un altro stupido scherzo, una presa in giro come 
                    tante. Quella volta ha funzionato. Anche stavolta non è andata 
                    male.  
                    Stefano Giust vive vicino a Pordenone e pesta sui tamburi 
                    e sopra altri oggetti con lo scopo di tirarne fuori il rumore 
                    della propria fantasia. Mica impresa facile: e infatti pesta 
                    duro, Stefano, e pesta "strano" (adesso si usa dire "in maniera 
                    non ortodossa", è un'espressione che in giro piace e che tutto 
                    sommato è corretta e non scontenta nessuno).  
                    Pestava durissimo e strano anche in passato, col trio chitarra/basso/batteria 
                    Le Bambine, lontani anni luce dai Cream e dai Police e anche 
                    dai Fugazi, un album "Carni a metà prezzo" nel '93 tremendo 
                    ed inclassificabile (esercizio per i vivisezionatori: elencare 
                    nel più breve tempo possibile almeno cinquanta influenze, 
                    e solo nel primo brano del disco).  
                    Insomma, un giorno gli ho scritto, curioso di ascoltare il 
                    suono delle setole del maiale. Ho ricevuto pochi giorni dopo 
                    un pacco gigantesco: un sacco di materiale che tuttora -dopo 
                    tre mesi- non sono riuscito ad ascoltare completamente... 
                     
                    Nota a margine: perché mentire? Moglie a parte, devo condividere 
                    lo spazio vitale/sonoro di casa con le nostre due figlie, 
                    e non posso certo costringere due bambine di sette e otto 
                    anni alle asperità della musica improvvisata senza il rischio 
                    reale di un intervento del telefono azzurro!  
                    Chiusa parentesi. Gli ho telefonato poi, a Stefano, chiedendogli 
                    se faceva davvero sul serio, ma sapevo già la risposta e ci 
                    siamo messi a ridere tutt'e due. Abbiamo parlato di cose serie 
                    come l'apertura mentale -sempre ridendo- e di cose non meno 
                    serie come i nostri esperimenti sonori giovanili in cantina 
                    e le nostre doppie vite (entrambi condividiamo il destino 
                    di impiegati-per-forza, e facciamo fatica a staccare del tutto 
                    i contatti con il mondo di Utopia...).  
                    La prima cosa che mi ha colpito, e che è stata una costante 
                    negli ascolti dei lavori di Stefano, è la sua altalenanza 
                    o forse la sua indecisione tra una certa attitudine seria 
                    e il divertimento più spontaneo e fragoroso. Mi sembra anche 
                    che sia consapevole delle proprie abilità strumentistiche 
                    e che ne faccia un saggio uso, senza cortocircuitare con la 
                    testa e sconfinare nel virtuosismo fine a sè stesso. In altre 
                    parole non dimostra paura di esporsi, e meno che meno di prendersi 
                    in giro.  
                    Per realizzare "Ripercuotere", un doppio cd di solo-drumming, 
                    ha ritagliato una selezione da una maratona di dieci ore di 
                    improvvisazione libera notturna che lo ha visto unico protagonista. 
                    I titoli dei diversi frammenti riconducono all'effettiva ispirazione 
                    del momento, oppure glieli ha appiccicati in seguito (ma lui 
                    non dice quali, lasciando decidere noi). Dopo lo sberleffo, 
                    l'autore si ricompone dichiarando che questo è un tribute 
                    album dedicato ai batteristi e percussionisti che si sono 
                    dedicati all'esplorazione del suono...  
                    Nel cd "Musiche delle circostanze" Stefano ha raccolto semi-improvvisazioni 
                    realizzate con campionature di vibrafono e xilofono, che vi 
                    potrei descrivere come più vicine a una sorta di Steve Reich 
                    punk ed incazzato (o febbricitante, meglio) che ai Double 
                    Image. Un atteggiamento tutt'altro che virtuosistico, ve l'assicuro, 
                    nonostante la patina di compostezza ed il rigorosissimo packaging 
                    della confezione (caratteristica del resto comune all'intera 
                    produzione dell'etichetta: copertine e catalogo hanno un'impostazione 
                    grafica essenziale e decisamente sul serioso).  
                    Tornando a Stefano Giust l'eclettico, il suo "Margini di riciclo" 
                    è invece realizzato con un comune impianto stereo casalingo, 
                    assemblando e sovrapponendo (o meglio, riciclando) pezzetti 
                    di suono provenienti dalle varie sorgenti tradizionali (radio, 
                    registratore, giradischi) agendo sul selettore dell'amplificatore. 
                    Tra le note di copertina Stefano confessa: "...È stato divertente 
                    per me cercare di liberare questo strumento dall'idea che 
                    lo vuole asettico e sterile, capace cioè della sola riproduzione 
                    di musica precomposta, e per questo non-creativo...", e ci 
                    invita esplicitamente a ripetere l'esperienza.  
                    E, continuando a rovistare nel catalogo, ecco il 2cd "Gbur" 
                    (ho letto da qualche parte, probabilmente su Blow Up, che 
                    significa "cafone" in polacco) che raccoglie improvvisazioni 
                    di sei musicisti tra cui Ivan Pilat dell'Orbitale Trio e Dominik 
                    Gawara, polacco trapiantato a Torino e unico indiziato come 
                    autore del titolo, anche lui iperattivo in giri di registrazioni 
                    e sessions sotterranee. È musica che va dappertutto perché 
                    non c'è una sola direzione da percorrere.  
                    Per altre cose non saprei al momento dare indicazioni: come 
                    è stato detto grande parte di queste registrazioni è stata 
                    fatta senza altro scopo che per documentazione personale, 
                    e sospetto che il loro significato e senso d'esistenza risieda 
                    in quel momento di illuminazione che si è accesa nella testa 
                    degli autori nell'istante stesso in cui questi suoni sono 
                    nati.  
                    Sono musiche libere per nascita e struttura, per convincimento 
                    e (perché no?) per maleducazione. Se vi piacciono le cose 
                    carine ed addomesticate, tenetevi ben lontani da questi suoni, 
                    da questi rumori. Via da questa zona oscura e libera. Alcune 
                    copie dell'album delle Bambine sono disponibili (offerta libera) 
                    nella lista di Musica per A.  
                     
                    Contatti:  
                    Setola di Maiale c/o Stefano Giust, via del Porto 7/19 33080 
                    Porcia PN.  
                    e-mail: debecom@tin.it. 
                   
                    
                    
                    
                    Lingam  
                   Del giro di Setola di Maiale qualche tempo fa è andata in 
                    orbita la scheggia impazzita di nome Lingam. Il trio ha la 
                    propria base tra Venezia e Padova, e nella più bella tradizione 
                    setolense, non si fa intrappolare nè come struttura/gruppo 
                    (esistono anche i Lingam 2, più elastici come formazione e 
                    più orientati all'improvvisazione) nè in stereotipi di genere: 
                    un immaginario archivista avrebbe del filo da torcere nel 
                    catalogare il loro cd: non è jazz, non è musica d'avanguardia, 
                    non è rock...  
                    Su un giornale qualcuno ha scritto che suonano del "progressive 
                    anarchico": niente male come idea, non l'avevo mai sentita 
                    una cosa così e mi piacerebbe tornarci sopra, una volta o 
                    l'altra...  
                    I tre sono Michele Brieda (tastiere varie ed aggeggi elettronici), 
                    Giorgio Brugnone (basso, già di passaggio veloce su queste 
                    pagine qualche anno fa con i compagni di viaggio Spirosfera, 
                    un gruppo interessante ma sfortunato) e Sergio Cacherano Staropoli 
                    (chitarre ed altro).  
                    Il cd dei Lingam "Musica per un film immaginario" (pubblicato 
                    in collaborazione con la ReR inglese, e spero che questo possa 
                    favorirne la circolazione) è un buon compromesso tra cose 
                    composte e cose improvvisate, e si presta ottimamente alla 
                    vivisezione dei kritici, i quali per descriverla hanno decretato 
                    che questa musica è influenzata da Art Bears (i primi) ed 
                    Henry Cow dell'ultimo periodo, Magma, King Crimson, dal Fred 
                    Frith del periodo Ralph e... Troppo, decisamente troppo. E 
                    sbagliato, decisamente sbagliato: Lingam suona come Lingam, 
                    ed è tutta musica nuova.  
                    Curiosi, oltre che i suoni, sono gli abbinamenti/mescolamenti 
                    con i testi: sforbiciamenti di Samuel Beckett e Jacques Prevert, 
                    Louise Petts dei B-Shops for the Poor, Arthur Rimbaud e T. 
                    S. Eliot citati con gusto ed un certo rispetto, e che anzi 
                    si arricchiscono della complessità dell'intreccio sonoro. 
                    Un album da scoprire con fame di suono, e che potrebbe aiutare 
                    la cicatrizzazione delle ferite lasciate dagli scomparsi rockrumoristi 
                    Gi-Napajo e Detriti, anche se seppellirne il ricordo è impresa 
                    impossibile.  
                     
                    Contatti:  
                    Lingam c/o Michele Brieda, via Monte Cervino 10 30030 Cazzago 
                    di Pianiga VE.  
                    
                    
                    Fringes 
                   Certe musiche non sono adatte al clamore, non richiedono 
                    applausi, nè consenso, nè denaro per esistere. Certe musiche 
                    non si lasciano ascoltare da tutti, non funzionano alla radio 
                    nè alla tv nè nei giornali patinati. Certe musiche non hanno 
                    funzione di sonnifero sociale.  
                    Fringes è un'altra zona per nulla illuminata dal sole della 
                    fama e della fortuna commerciale. Storia vecchia, direte voi: 
                    il buio è la solita sfiga degli indipendenti. Non è vero: 
                    qui non ci si lamenta perché non c'è il pubblico, perché non 
                    ci sono gli spazi, perché nessuno dà soldi. Qui non ci si 
                    lamenta e basta. Per tutte queste musiche e per tutte queste 
                    persone si è trattato di una scelta precisa: questione di 
                    carattere, di ragionamenti e di gusti.  
                    Giuseppe Ielasi vive a Monza, ed ama da sempre l'immersione 
                    in certe sonorità non proprio facili: ama tuffarsi nel suono 
                    della sua chitarra riuscendo a modificarlo, a stravolgerlo, 
                    a farlo inabissare e volare in alto. Non l'ho mai incontrato 
                    di persona, Giuseppe però tempo fa l'avevo sentito suonare 
                    in una cassetta che qualcuno mi ha passato (forse Sergio Amadori 
                    del Circa) e mi ritrovo in un gruppo di discussione via e-mail 
                    in cui c'è anche il suo recapito nella lista dei destinatari 
                    dei messaggi. Avevo già sentito parlare di lui come chitarrista 
                    "strano", e anche sapevo della sua attività di organizzatore 
                    di concerti (sempre orientati sulla lunghezza d'onda dei suoi 
                    gusti musicali): Fringes è sia il nome dell'etichetta discografica 
                    da lui fondata che il nome collettivo delle performances, 
                    appunto i Fringes Festival, che ogni tanto riescono a sciogliere 
                    lo smog che si respira a Milano e dintorni.  
                    Come dicevo poco fa, non c'è giro di soldi, né si fa tutto 
                    questo per arricchirsi. I concerti sono rari e le occasioni 
                    per suonare insieme si inventano nelle stanze di casa; i cd 
                    si stampano in poche copie non perché si desidera offrire 
                    ragione di vita a qualche amico collezionista quanto perché 
                    piccolo è il numero delle persone che si riescono verosimilmente 
                    a raggiungere.  
                    Dal catalogo di Fringes segnalo tre titoli, diversissimi come 
                    direzione sonora ma tutti ugualmente interessanti e stimolanti. 
                    Sono anche oggetti bellissimi da vedere e da toccare, realizzazioni 
                    grafiche inconsuete, davvero un buon mix tra semplicità e 
                    ricercatezza.  
                    Il primo cd raccoglie alcune improvvisazioni registrate nel 
                    salotto di casa Ielasi a cui hanno partecipato, oltre al padrone 
                    di casa, altri tre improvvisatori: Renato Rinaldi, Domenico 
                    Sciajno e Gino Robair. Era il 15 maggio del 1998 e questa 
                    data è finita nel titolo dell'album. Un po' oscuro come lavoro, 
                    nuvoloso e quasi incombente come il cielo che si raggruma 
                    prima del temporale. Non è stato facile per me arrivare alla 
                    fine, lo ammetto: Ielasi 1 Pandin 0. Ma loro erano in quattro 
                    e picchiavano sodo.  
                    Il secondo è La macchina che moltiplica A per tre ed 
                    è opera del gruppo Melgun: composizioni più strutturate ma 
                    ancora lontane dall'essere imprigionate in una qualsiasi forma 
                    sonora conosciuta. A tratti sembra la registrazione di una 
                    specie di performance teatrale (e bisogna lavorare di fantasia 
                    per riuscire a tenere il passo con queste storie veloci e 
                    sfuggenti), altre sezioni strumentali sono invece più descrittive 
                    ed emotive.  
                    Il terzo e più recente cd offre la testimonianza che i contrabbassi 
                    sanno volare: Broken bridge di Domenico Sciajno è contemporaneamente 
                    difficile ed avvincente, ostico ed affascinante. Dei tre cd 
                    è quello che mi ha colpito ed emozionato maggiormente, ma 
                    forse è perché amo il contrabbasso in maniera particolare, 
                    e Domenico dà prova in questo suo lavoro tutto in solitudine 
                    di grande talento e sensibilità.  
                    Come per le realizzazioni di Setola, mi è difficile descrivere 
                    tutto questo in termini tradizionali: anche queste sono musiche 
                    nate senza lo scopo di essere catturate, spesso senza il presupposto 
                    di essere diffuse e non certo per essere commercializzate. 
                     
                    Il significato di tutto questo? A me vengono in mente i vecchi 
                    esploratori, che osavano sfidare non tanto le terre sconosciute 
                    quanto la mentalità comune: il lavoro di Fringes è appunto 
                    una sfida nello spostare lontano il confine della musica conosciuta, 
                    i musicisti armati di creatività, fantasia ed incoscienza. 
                     
                    Quella di Giuseppe, di Domenico e di tutti gli altri improvvisatori 
                    è una guerra neanche tanto immaginaria contro le barriere 
                    mentali ed il pregiudizio, una guerra che va combattuta ogni 
                    giorno per non affogare nel silenzio o, peggio, nell'oceano 
                    della musica da consumare.  
                    Alcune copie di questi cd sono disponibili nella lista di 
                    Musica per A.  
                     
                    Contatti: Fringes c/o Giuseppe Ielasi,  
                    via A. Volta 6 20052 Monza MI.  
                    e-mail: giielasi@tin.it. 
                   
                    
                    
                    Snowdonia  
                   I cd di Snowdonia sono un altro caso a parte perché delle 
                    più note scatolette con dentro i consueti pezzetti rotondi 
                    di plastica d'argento che contengono musica digitale condividono 
                    solo le forme geometriche: dentro c'è cibo difficile per le 
                    orecchie. Cibo che non è sempre digeribile, oppure socialmente 
                    accettabile; d'altra parte un "normalissimo" menu standard 
                    offerto da McDonald offende 13 religioni e il 61% della popolazione 
                    mondiale... (fonte: Colors, 1994).  
                    Torniamo alla musica: ogni tanto (e questa è una di quelle 
                    volte) si incontrano certi musicisti strani che danno vita 
                    ed energia a quel mondo a parte che tantissimi giornalisti 
                    musicali, incapaci di sintonizzarsi oppure poco disposti ad 
                    usare le orecchie e il cuore, hanno chiamato antimusica, musica/contro, 
                    non-musica... o non hanno definito affatto, semplicemente 
                    lasciandola fuori delle pagine ufficiali della musica ufficiale 
                    e facendo finta che non esista.  
                    Snowdonia è un nome conosciuto nei nostri giri marginali fin 
                    dai tempi delle fanzine combattenti degli anni Ottanta: era 
                    appunto un osservatorio cartaceo sul sottobosco musicale indipendente 
                    durato una manciata di numeri, nato da un'idea e tenuto in 
                    vita dalla testardaggine di Marco Pustianaz.  
                    Dopo un po' di tempo e qualche sbandamento, il progetto è 
                    stato preso in mano da Cinzia La Fauci, che ha trasferito 
                    la base operativa di Snowdonia da Torino a Messina e ha saputo 
                    trasformare la fanzine in etichetta discografica mantenendone 
                    inalterato l'amore sconfinato per le musiche piccine, diverse, 
                    strane, sottili.  
                    Snowdonia è diversa da Setola e da Fringes, sia come terreno 
                    di gioco (ci si muove in territori sonori più pop-olari e 
                    spesso-ma-non-necessariamente secondo forme musicali più semplici 
                    all'ascolto) che come strategie di diffusione (i titoli di 
                    Snowdonia sono distribuiti tramite Audioglobe di Firenze, 
                    hanno quindi una diffusione commerciale che però, come potrete 
                    rendervi conto tra poco, non compromette in alcun modo l'integrità 
                    artistica/politica/creativa di ciascuna realizzazione).  
                    Appena un paio di righe fa parlavo di gioco, e penso sia questa 
                    una delle caratteristiche fondamentali di Snowdonia: nonostante 
                    il supporto tecnologico digitale e serioso, la mentalità e 
                    l'atteggiamento comune dei musicisti snowdoniani sembra quello 
                    dei ragazzini che registrano le loro cassette in camera da 
                    letto, frullando tutte le influenze e quello che entra nelle 
                    orecchie e sognando di inventare la canzone perfetta.  
                    Gli snowdoniani sono anonimi ed irriconoscibili a prima vista, 
                    si nascondono ovunque e prediligono i margini e le zone d'ombra 
                    della scena rock italiana. Sembra quasi che aspettino il colpo 
                    di culo o il superenalotto, come è successo all'anonimo snowdoniano 
                    Giustino di Gregorio che ha visto ristampato il suo "Sprut" 
                    (originariamente stampato in casa in sole 500 copie, una faticaccia 
                    a confezionarle e diffonderle...) dall'etichetta iper-trendy 
                    Tzadik.  
                    Un'altra caratteristica di Snowdonia sono le compilation internazionali 
                    a tema: dentro c'è di tutto, letteralmente e musicalmente 
                    parlando, e non scherzo.  
                    Prendiamo la raccolta "Snowdoniani baccelloni invadono Megaton 
                    4", fantascientifica già nel titolo e nelle dimensioni, due 
                    cd stracarichi di musica pop jazz lounge lasciata marcire 
                    al sole, quindi immaginatevi il risultato. Elenco solo qualche 
                    italiano tra i partecipanti: il collettivo Timet e gli Anatrofobia 
                    (che di solito si muovono in ambienti, come dire, più ben 
                    vestiti, più seri, più jazz, e che qui lasciano scoprire di 
                    sè lati sonori nascosti e curiosi), i Parts (rock industriale, 
                    si potrebbe dire, ma è un'etichetta che gli va stretta), il 
                    rumorista inascoltabile Daniele Brusaschetto (ho sentito che 
                    le sue performances fanno con il pubblico lo stesso effetto 
                    che l'Autan fa con le zanzare, ma forse è una cattiveria gratuita)... 
                     
                    E segnalo un'altra e più recente raccolta, "Atomic milk throwers", 
                    nelle intenzioni "una porno compilation" che offre nella stessa 
                    confezione racconti biostimolatori e ritagli grafici di riviste 
                    del settore oltre che un cd con dentro in ordine sparso Starfuckers 
                    e Day and Taxi (il superserioso trio di Christoph Gallio), 
                    Maisie e Chris Carter (quello dei Throbbing Gristle), Trespassers 
                    W e Gianni Gebbia, Arto Lindsay e lo Scavenger Quartet. Vale 
                    a dire una miscela inaudita di quanto più concettualmente 
                    distante possa esistere sulla faccia del mondo sonoro contemporaneo. 
                     
                    Dimenticavo: ecco un'altra caratteristica di Snowdonia. Le 
                    collaborazioni con altre piccole etichette discografiche, 
                    una cosa che succede poco di frequente e anzi è pratica decisamente 
                    controcorrente. Un esempio concreto: frutto di collaborazione 
                    tra Snowdonia e la microscopica indie milanese Bar La Muerte 
                    è l'album delle Allun, sono tutte ragazze e sono la cosa più 
                    intelligente che gli anticorpi mentali della specie umana 
                    abbiano generato per contrastare l'abominio delle Spice Girls 
                    e delle donne rock ufficiali. Sono coraggiose, le Allun, e 
                    sinceramente terribili. E, meglio di tutto, non assomigliano 
                    a nessuno. Bisogna farsi coraggio ed ascoltare, e basta.  
                    Snowdonia ha offerto alcune copie della pornoraccolta "Atomic 
                    milk throwers" ed altri titoli sparsi dal proprio catalogo 
                    come sostegno alla nostra rivista (vedi Musica per A).  
                     
                    Contatti:  
                    Snowdonia c/o Cinzia La Fauci, via Cherubini 84 98124 Messina. 
                     
                    e-mail: snowdonia@ctonline.it. 
                    
                  
                    
                    Marco Pandin 
                  
                     
                      |  
                           
                        oFFFest 
                          21ottobre2000  
                        Milano 
                           
                          Centro Sociale Leoncavallo  
                          via Watteau  
                         
                          Come sempre in ambito underground 
                          c'è qualche pazzo furioso che produce dischi semplicemente 
                          per passione, solo per pura dedizione alla musica intesa 
                          come espressione artistica. Perdono quattrini ma continuano 
                          pugnaci in queste loro folli attitudini. oFFFEST è una 
                          specie di rassegna di questa mandria di pazzi furiosi, 
                          e la novità è che ve li potrete beccare tutti in una 
                          sola sera al centro sociale Leoncavallo.  
                          Ecco cosa dicono di loro stessi: "oFFFest è un meeting 
                          di musica indipendente, autorganizzato dalle realtà 
                          (etichette, fanzine, radio etc...) che supportano la 
                          musica underground in Italia. L'obiettivo di questo 
                          festival è incontrarsi, far nascere nuove collaborazioni, 
                          ascoltare buona musica, scambiare dischi e alla fine 
                          fare un po' il punto della situazione sulla musica underground 
                          in Italia. E magari vendere anche qualche disco o fanzine...Ogni 
                          partecipante "ufficiale" sarà presente con un banchetto. 
                          Gli show saranno suddivisi in tre palchi, con musiche 
                          che vanno dall' indie pop alla sperimentazione più oltraggiosa." 
                           
                          Il programma dei concerti, per ora è più o meno suddiviso 
                          così:  
                          PALCO A - Salone.  
                          Dalle h19:15 : Francesco Cusa 666, Cardosanto, Gatto 
                          Ciliegia, Faccions, Starfuckers, Laundrette.  
                          PALCO B - Baretto .  
                          Dalle h19:00: Dono Celeste, Candies, Slacker Monday, 
                          Allun, Madrigali Magri, Nando Meet Corrosion.  
                          PALCO C - Downtown.  
                          Dalle h17:30: Spazio Improvvisazione, Gbur, Ielasi/Rinaldi/Bosetti, 
                          Ricci/Sanna/Andreini, Lo Dev Alm, Alessandro Raina, 
                          Larsen Lombriki.  
                          I partecipanti con banchetto saranno rappresentati dalle 
                          etichette, dalle trasmissioni radio che si occupano 
                          del "settore" e dalle immarcescibili fanzine.  
                          Le etichette sono : A la coque, Bar la Muerte, Bassesfere, 
                          Beware, Burp Pubblications, Cane Andaluso/Microsolco, 
                          Disasters by choice, E:Elettro, Etnagigante, Free Land, 
                          Frigorifero, Fringes, Gammapop, Halley, Homesleep, Lessness, 
                          Mizmaze, Rotor Audio Club, Santeria/Audioglobe, Setola 
                          di Maiale, Snowdonia, Stereosupremo, Surface, Valium, 
                          Vurt, Wallace Records, Zzz.  
                          Le fanzine sono: Aktivirus, Cemento e Vetro, Cyberzone, 
                          Equilibrio precario, Freak out, Itself, Kane, Mood, 
                          MusicBoom, Pecora Nera, Rawart, Rock It.  
                          Le trasmissioni radio: Alternitalia, Good Morning Captain, 
                          Espansuoni, Novaradio, Violent & Funky, Tropici e meridiani, 
                          Tweez, Radio Alternative.0Inutile dire che il programma 
                          potrà essere soggetto a mutamenti, per info più aggiornate 
                          scrivete in posta elettronica all'indirizzo mirko@wallacerecords.com, 
                          oppure telefonate (o inviate un fax) allo 02-90967683. 
                          Potete anche navigare nel sito: www.wallacerecords.com/offfest/index.html. 
                           
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