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 Dal carcere di Massama/Quei pranzi di Ferragosto (senza carne né vino)
 In questo numero lascio spazio nella mia rubrica al compagno Mario Trudu, uno dei più vecchi ergastolani, con più anni di carcere fatti e con il lontano fine pena 31 dicembre 9.999. In carcere non c'è niente di buono. Il carcere non può fare bene. Il carcere ti rende solo più cattivo. E ti prepara a esserlo sempre di più per il futuro. E di solito gli ergastolani sono cadaveri vivi in attesa di morire, ma Mario è diverso da tanti altri perché lui continua a lottare e a scrivere, vivo fra i morti. Carmelo Musumeci  Buon giorno Signori della rivista “A”, oggi pur essendo uno dei più vecchi galeotti di questo 
                  stato, eviterò di parlarvi come mia abitudine di carcere, 
                  della sua gestione, difficile da capire, almeno per me, di condanne, 
                  di condanne ostative, di ergastolo, di ergastolo ostativo, di 
                  giustizia, di ingiustizia, tutti argomenti forti, sempre dibattiti, 
                  ma mai ascoltati.
 Oggi ho deciso di mettere da parte questi argomenti, anche perché 
                  come dissi altre volte per parlare di queste cose in maniera 
                  chiara e completa dovrei avere a disposizione tanto, tanto tempo. 
                  Dovrei essere immortale, ma non lo sono.
 Per questo ho deciso di parlare di cose meno complicate, diciamo 
                  pure più “allegre”. Voglio parlarvi di feste, 
                  magari di uno dei 38 Natali passati qui dentro, di una delle 
                  tante Pasque, di un Ferragosto.
 Voi direte: ma l'argomento è sempre la galera! State 
                  tranquilli questo è un raccontino simpatico. Ecco, vi 
                  parlerò di un dei tanti ferragosto passati tra le ingarbugliate 
                  maglie dello stato italiano. Me ne viene in mente uno in particolare. 
                  Un ferragosto anemico, anemico nel senso che a tavola mancava 
                  il rosso della carne, e perché no il rosso di un bicchiere 
                  di vino. Di rosso quel giorno c'era solo quello del malsano 
                  pomì.
 Ora Signori, se avete la pazienza di seguirmi vi racconto del 
                  perché in questi posti succedono spessissime volte cose 
                  stupide.
 
  Quando 
                  successe il fatto che sto per raccontarvi, una volta alla settimana 
                  ci veniva permesso di comprare al sopravvitto alcune cose fra 
                  le quali la carne, e un giorno stabilito alla settimana ci venivano 
                  consegnate. Quell'anno quel “miserabile ferragosto”, 
                  si è permesso di cadere due giorni prima di quel giorno 
                  stabilito, e, qui nasce il problema... avrebbero dovuto anticipare 
                  la consegna della spesa di due giorni. Un bel “casino”, 
                  per gli addetti a quel manicomio... Non si poteva fare!? Mica 
                  potevano scomodarsi ad anticiparci la spesa!? Mah... Siamo matti?! Io penso che molte persone al posto del cuore hanno un blocco 
                  di marmo, e come dissi davanti a un Tribunale di Sorveglianza, 
                  introducendo il discorso da affrontare: “Spero di non 
                  trovarmi davanti a delle persone che al posto del cuore hanno 
                  un blocco di marmo, o una codina”, e notando un po' di 
                  perplessità, aggiunsi: “Forse molti di voi non 
                  sanno cos'è una “codina”. Spiego.
 Una codina è quella parte della pianta che sta sottoterra, 
                  scura, tutta deforme, brutta, con le radici aggrovigliate in 
                  mille distorte forme, e la puoi battere, la puoi colpire con 
                  un piccone quanto ti pare, ma non la vedrai mai sanguinare, 
                  non la vedrai mai lacrimare, anche se fa parte del regno dei 
                  viventi, per il fatto che anche lei nasce, cresce e muore. Ma 
                  per sanguinare e lacrimare deve essere anche umana, e non lo 
                  è...” (e l'effetto dell'ordinanza di quella udienza 
                  fu che mi concessero un mese di avvicinamento colloquio al carcere 
                  di Nuoro).
 Molte persone con cui ho avuto a che fare negli ultimi 40 anni, 
                  sono come quella “codina”, mancano di umanità. 
                  Eppure sono persone libere, alla sera rientrano a casa dalla 
                  loro famiglia, dai loro figli... Dovrebbe esistere anche il 
                  fattore 'rispetto' per le nostre famiglie, che nei periodi di 
                  festa con tanto sacrificio, e tanto amore, tramite il colloquio 
                  ci portano quanto di più buono le loro possibilità 
                  economiche permettono. E se fosse subentrato il fattore umano, 
                  per quelle feste avrebbero potuto concederci di mettere in frigo 
                  il mangiare del giorno del colloquio (cosa che negli altri giorni 
                  non ci permettono), e avremo potuto passare un ferragosto non 
                  anemico, ma con a tavola il rosso della carne portata dai nostri 
                  cari. Ma questo non è stato possibile, e per questo motivo 
                  di rosso il giorno c'era rimasto soltanto quello dell'ira.
 Oggi vi ho parlato di un ferragosto particolare, dei suoi colori 
                  che non c'erano, ma non pensiate che nella mia lunga carcerazione 
                  sia solo questo giorno “degno” di essere ricordato. 
                  Eh no! Almeno altri due meritano di essere citati: quello del 
                  1979 e quello del 1987, accomunati dallo stesso lutto, perché 
                  tutti e due li ho vissuti durante un isolamento totale durato 
                  più di un anno.
 Qui 'totale' vuol dire privato di tutto. Al mio fianco il giorno 
                  c'era soltanto l'aria che respiravo, ma pure quella arrivava 
                  a fatica visto che la mia finestra era quasi murata del tutto 
                  perché era a bocca di lupo. Alle volte, avendo sentito 
                  in televisione la gente dire 'crepi il lupo', anch'io ogni tanto 
                  tra me dicevo: “crepi il lupo”. Sperando che esplodesse 
                  quel muro e mi facesse passare più aria in modo da poter 
                  respirare normalmente. Ma quel bastardo di lupo non è 
                  mai crepato, e nemmeno credo sia mai 'esploso' colui che aveva 
                  progettato le bocche di lupo.
 Ecco che quel giorno a Buon Cammino (carcere di Cagliari) arriva 
                  l'ora di pranzo. Era il 15 agosto 1979. Preparo il tavolo che 
                  non c'era (meno male che sono abituato a vivere le cose in modo 
                  virtuale), al suo posto c'era una mensolina ad angolo incastrata 
                  fra un muro e l'altro, la sua ampiezza non permetteva di mettere 
                  due piatti insieme e, per non farmi mancare niente, il cesso 
                  era situato di fianco a me, senza nessun riparo intorno, che 
                  potesse evitarmi quella “splendida” e vomitevole 
                  vista. Che bello il water... bianco, tranne che all'interno.
 Ecco che arrivano le “portate”: pasta al sugo bella 
                  rossa, un'insalata di pomodori e una fettina ai ferri. Assaggio 
                  la pasta che per staccare un pezzo da un altro ci voleva un 
                  piccone o il tritolo, ma ero abituato a questo, quindi niente 
                  paura... come sempre l'ho tagliata a pezzi e chiudendo gli occhi 
                  cercavo di immaginare che stessi mangiando pasta a forno tagliata 
                  a cubetti, veramente buona...
 Arriva il momento della fettina. Dio mio! Come avrei potuto 
                  tagliarla, se anche i coltelli di plastica che mi passavano 
                  erano senza dentatura... Era come se prima di darmeli li sfregassero 
                  nel muro, forse avevano paura che mi sarei tagliato le vene 
                  suicidandomi (e per di più di un anno di isolamento è 
                  stato sempre così, si vede che si fornivano sempre dalla 
                  stessa ditta).
 Questo mi porta alla mente un altro episodio simile successo 
                  24 anni dopo nel carcere di Spoleto, sempre in isolamento. Sarà 
                  che sapevano che amavo stare da solo e ogni tanto mi venivano 
                  incontro dandomi un po' di isolamento, che bravi!! Ma questo 
                  episodio non cadeva di ferragosto, beh... Ve lo racconto anche 
                  se è un doppione dell'episodio che vi ho appena raccontato... 
                  Maledetti doppioni!! Le cose brutte si ripetono sempre...
 Ne parlai a un mio caro amico, il Professor Matteo Guidi, che 
                  vive a Barcellona, ma frequentemente viene in Italia perché 
                  insegna all'Università di Urbino. L'amico mi chiese di 
                  scrivergli una relazione su cosa comportava l'isolamento. E 
                  così fra le altre cose gli raccontai anche questo episodio. 
                  Come ho sempre detto a me piace la solitudine, mi nutre delle 
                  cose più belle e inimmaginabili...
 Ma quel giorno, arrivata l'ora di mettere mano al secondo che 
                  era una fettina, vi giuro che desiderai con tutto il cuore di 
                  essere in compagnia di almeno altre tre persone, per averla 
                  vinta su quel pezzo di carne. Provai in tutti i modi a tagliarla 
                  ma senza riuscirci... Come dissi in quella relazione, se avessi 
                  avuto a portata di mano la caffettiera moka (che mi avevano 
                  tolto perché ero isolato, ma tanto non avrei potuto farmi 
                  il caffè che nemmeno quello e tutto il resto potevo avere...), 
                  avrei preso la fettina l'avrei appoggiata sul termosifone e 
                  l'avrei massacrata di colpi per ammorbidirla un po'. Ma la fame 
                  era tanta, avendomi proibito di avere del mangiare in cella 
                  diverso dal vitto che passava l'amministrazione... e alla fine 
                  presi la fettina e la ingoiai intera come avrebbe fatto un cane, 
                  un serpente.
 La paura era tanta: rigida com'era pensavo che si sarebbe ribellata 
                  e da un momento all'altro si sarebbe aperto uno squarcio nella 
                  mia pancia schizzando fuori andando a sbattere sul soffitto! 
                  Finito quel lussuoso pasto non sparecchiai nemmeno, mi buttai 
                  sulla branda, poggiai le mani sullo stomaco e non lo persi di 
                  vista per un bel po'. Vi assicuro non è successo niente, 
                  meno male che a quei tempi ero di stomaco sano e forte.
 Magari un altro giorno vi parlerò del ferragosto del 
                  1987.
 Concludo, se non vi ho parlato di cose più serie (anche 
                  se per me quanto raccontato è più che serio) è 
                  perché consapevole che uno nella mia posizione può 
                  dire qualsiasi cosa, ma a causa del nostro passato tutto viene 
                  annullato, abbrutito. Ogni cosa viene vista come cosa detta 
                  da una persona arrogante, presuntuosa, ma io penso che sia il 
                  modo di vedere, di certe persone carenti di civiltà e 
                  di saggezza.
  Mario TruduCarcere di Massama (Or)
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