| ricordando Amedeo Bertolo 
 Brindiam, brindiam... 
 di Mimmo Pucciarelli 
 
 Il padre che ha perso giovane. Un punto di riferimento ideologico. Un esempio di militanza anarchica. 
                  Ripensando ad Amedeo scomparso un anno fa, un anarchico salernitano, 
                  attivo da oltre 40 anni a Lyon, ricostruisce il suo ruolo nella 
                  propria vita. E pensa a quell'orto...
                   
                     
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                      | Venezia, Incontro internazionale anarchico, 1984 - In un momento serale di festa e canto,Amedeo Bertolo (al centro), con alla sua sinistra Mimmo Pucciarelli, autore di questo scritto.
 Alla destra di Amedeo, un po' tagliato, c'è il padre di Anarchik, Roberto Ambrosoli
 |  Ognuno di noi si incammina per delle strade che non ha inventato 
                  da solo. Ci sono state sempre delle altre persone che hanno 
                  iniziato a costruire un sentiero nel quale un giorno ci si ritrova 
                  quasi per incanto, o perlomeno inaspettatamente. Poi, consapevoli 
                  di aver trovato la “giusta direzione”, da anarchici, 
                  si continua a lavorare giorno dopo giorno affinché quella 
                  direzione, che l'Idea ci fa intravedere sia arricchita dalla 
                  nostra modesta contribuzione.Basterebbe questa semplice premessa per ricordare cosa ha rappresentato 
                  Amedeo nella mia vita.
 Sono rimasto orfano di padre a quindici anni. A soli quarant'anni 
                  infatti moriva per una cirrosi epatica. Non era un esempio per 
                  me e mio fratello, ma era nostro padre, e quando mi comprava 
                  una gassosa, o mi diceva di stare attento a come spendere i 
                  soldi, oppure mi guardava con quegli occhi tristi di una persona 
                  che avrebbe voluto vivere in un mondo migliore, allora mi sentivo 
                  veramente suo figlio. Certo di lui mi è rimasto 
                  anche quest'ultima sua frase: va t taglia li capidd ca m par 
                  nu r-cchion (vai a tagliarti i capelli che rassomigli a un frocio).
 A sedici anni (siamo nel 1970) già disegnavo sui diari 
                  di scuola l'A cerchiata e vi consegnavo i primi segnali di insubordinazione 
                  contro il direttore del Collegio Pascoli ad Eboli “che, 
                  scrivevo allora, bisognerebbe far saltare in aria con delle 
                  bombe” e lo riscopro ora, cinquant'anni dopo, con stupore. 
                  Forse furono queste cose che mi spinsero, insieme a due o tre 
                  giovani del posto, a scrivere a Ragusa per avere degli opuscoli, 
                  e a Milano per avere delle riviste. Sempre tra i ricordi di 
                  quegli anni, c'è il primo “vero” anarchico 
                  che mi fu segnalato da un mio amico mentre passeggiavamo sul 
                  lungomare di Salerno, nella persona di Giovanni Marini.
 
                   
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                    | Venezia, Incontro internazionale anarchico,1984 - Amedeo Bertolo
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 Tracce di anarchismo Insomma da quegli anni roventi, ma per me solo perché 
                  ero giovanissimo e il mio entusiasmo toccava le stelle, entrai 
                  piano piano nel movimento anarchico, per non dire nella famiglia 
                  degli anarchici. Alla fine del liceo mi iscrissi alla facoltà 
                  di psicologia a Roma, ma seguii solo la prima lezione, poi andai 
                  all'università solo per vendere Umanità Nova, 
                  A “la rivista anarchia” e i pochi libri che 
                  potevo trasportare in una valigia di cartone.In realtà passavo il resto del tempo in via dei Taurini, 
                  con i Rossi che si occupavano della redazione del “nostro” 
                  settimanale. Devo dire che anche loro, quando mi presentai la 
                  prima volta in redazione, con il mio look da hyppie mi dissero: 
                  ma qui bisognerà tagliere un po' i capelli... Io li ascoltai, 
                  tanto per me la cosa più importante era fare qualcosa 
                  per l'Idea. Purtroppo in un brutto incidente i Rossi morirono. 
                  Ai funerali, incontrai tra gli altri Gemma Failla e qualche 
                  mese dopo approdai nella “capitale” dell'anarchismo 
                  italiano: Carrara. La tipografia Il seme, il Germinal, Alfonso 
                  Failla, eccetera, eccetera.
 A dire il vero non ricordo precisamente quando incontrai per 
                  la prima volta Amedeo. Forse a capodanno del 1975, alle Cinque 
                  terre insieme a Rossella Di Leo, Luciano Lanza, Fausta Bizzozzero, 
                  Gemma, sua sorella Aurora e Paolo Finzi.
 
                   
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                    | Milano 2010 - Amedeo Bertolo |  
 Come dei fratelli maggiori Andavo verso i miei ventun anni. Avevo conosciuto già 
                  tanti anarchici a Roma e a Carrara, ma i milanesi mi impressionarono. 
                  Erano dei giovani adulti, degli intellettuali, seri, e parlavano 
                  dell'Idea con lo stesso piacere con il quale mangiavano e bevevano 
                  i cibi prelibati che ci furono serviti quella sera. Ma non solo 
                  ne parlavano con piacere, ma con entusiasmo, con fervore e poi 
                  con intelligenza. Quella che avevo già notato nei primi 
                  numeri di “A” rivista. Vedermi seduto a fianco a 
                  queste persone mi faceva sentire come uno di loro, anche se 
                  non credo che quel giorno io abbia detto molto. Li vedevo come 
                  dei fratelli maggiori, e devo dire in special modo Amedeo, che 
                  aveva nello sguardo qualcosa di forte che forse quella sera 
                  non riuscii a interpretare.Fu con il passar del tempo, attraverso Interrogations 
                  di cui facemmo una riunione proprio qui a Lyon, dove nel frattempo 
                  ero partito per non far il militare, i convegni che i “milanesi” 
                  organizzavano, le pubblicazioni dell'Antistato, Volontà, 
                  e più tardi Elèuthera che capii quello che mi 
                  trasmetteva lo sguardo di Amedeo. Da una parte quella parte 
                  del militante, dell'uomo di azione che oggi definisco, per quanto 
                  mi riguarda, anche rigida perché guarda forse più 
                  all'obiettivo che ai mezzi. Insomma quella filosofia dell'anarchismo 
                  che per anni ho chiamato “classico” che pensava 
                  ad andare avanti con concetti, metodi organizzativi che a parola 
                  sembravano libertari, ma che nei fatti, spesso, riproducevano 
                  lo stesso funzionamento, in piccolo, delle altre organizzazioni 
                  politiche. Insomma una visione verticale che continuava a considerare 
                  che ci fossero dei compagni e compagne (quando c'erano) di base 
                  e gli altri, più esperti, più seri, più 
                  coscienti che si ritrovavano a parlare sui palchi in piazza 
                  o dietro le tavole riservate agli intellettuali nelle sale universitarie.
 
                   
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                    | Lago di Como, novembre 1988 - Amedeo Bertolo e Murray Bookchin |   Insomma Amedeo, con tutta la sua storia che poi mi raccontò 
                  diversi anni dopo, in certi momenti mi sembrava di vederlo come 
                  un miliziano della CNT a indicare quello che bisognava o si 
                  poteva fare. Ma Amedeo era ben altro. Era quell'intellettuale 
                  che con pacatezza, riservatezza, ma con una lucidità 
                  incredibile riusciva a farci capire tante cose, a spingerci 
                  a cercare nella cultura contemporanea quelle tracce di anarchismo 
                  che avrebbero potuto aiutarci ad andare avanti, sempre avanti 
                  per... l'Idea.In questo, finalmente, Amedeo è diventato, ai miei occhi, 
                  non solo un fratello maggiore, ma un padre. E proprio seguendo 
                  questa sua traccia che mi sono lanciato a mia volta con i compagni, 
                  e le rare compagne di Lyon, nell'avventura che per me è 
                  stata parallela a quella che seguivano i milanesi con A rivista 
                  anarchica, e le edizioni, ripeto prima con l'Antistato e 
                  poi con Elèuthera. In effetti ho iniziato a partecipare 
                  appena arrivato a Lyon a Irl (Informations et réflexions 
                  libertaires) e poi insieme ad un piccolo gruppo di persone 
                  abbiamo fondato l'Atelier de création libertaire. Seguendo 
                  sempre le orme degli amici di Milano ci siamo impegnati anche 
                  noi a organizzare convegni, dibattiti e altre iniziative rivolte 
                  a cercare di far uscire dal buco dell'Anarchia storica quello 
                  che abbiamo definito “quasi di comune accordo” un 
                  anarchismo contemporaneo. Quest'idea nasceva sia dalle discussioni 
                  che avevamo nell'area libertaria che passava da Milano a Lyon 
                  en passant da Ginevra, Parigi, Barcellona, e gli Stati 
                  Uniti d'America e con Amedeo che era sempre un punto di riferimento 
                  per tutti noi. Diciamo che lo era, sicuramente per me, in quanto 
                  vedevo in lui, come l'ho già detto, sia il militante 
                  “storico”, che l'intellettuale che ragiona e che 
                  non ripete le lezioni imparate a memoria, o che si lascia trascinare 
                  dalle opinioni che le ideologie racchiudono in correnti, che 
                  oggi diremmo formattate.
 La rivista “Interrogations” per un certo periodo 
                  mi sembrò esprimere il meglio di questa nuova avventura 
                  culturale libertaria contemporanea, che poi riprese in Francia 
                  con la pubblicazione di “Réfractions”.
 
                   
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                    | Lausanne (Svizzera), ottobre 2004 - Incontro per festeggiare il 60° compleannodi Marianne Enckell del Centro Internazionale per le ricerche sull'Anarchismo. Nella foto
 (da sinistra a destra): Rossella Di Leo, Eduardo Colombo, Amedeo Bertolo, Edy Zarro,
 Marianne Enckell, Gianpiero Bottinelli, Elis Fraccaro, Heloisa Castellano, Alain Thévenet.
 Al centro, seduta: Elettra Sivori (foto di Mimmo Pucciarelli)
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 Con il rigore necessario Oggi Amedeo non c'è più. Durante gli ultimi anni, complice figli, nipoti, attività, stanchezza, parlo della mia, non ci siamo visti moltissimo, anche se è venuto ancora una volta a Lyon al CEDRATS il centro di cui mi occupo dal 1996.Riuscii comunque, grazie a Rossella che “promosse l'iniziativa” 
                  a realizzare una quindicina di anni fa una lunga intervista 
                  con Amedeo che pubblicai nel volume l'Anarchisme en personnes. 
                  Non fu facile, perché il Bertolo non amava parlare di 
                  sé, né di quello che aveva fatto, non voleva mettersi 
                  in primo piano, semmai in primo piano c'era sempre e solo lei: 
                  l'Idea. Quella per la quale si era impegnato intellettualmente 
                  per tutta la vita, quella in cui credeva. Ma qual'era questa 
                  sua Idea?
 Bisognerà riprendere tutti i suoi articoli, ricordarsi dei suoi interventi, cosa che in parte si farà in Francia ed in Italia, per poterla analizzare. Altri lo faranno con il rigore necessario e spero con quell'apertura mentale di cui essa (l'Idea) ha bisogno.
 Paolo Finzi mi ha chiesto di scrivere in novemila battute qualcosa di personale su Amedeo. Per le mille battute che mi restano, dovrei parlare dell'emozione con cui, ad un anno della sua scomparsa, penso ad Amedeo. Qualcuno in fin dei conti che mi ha dato la forza di amare l'Idea, ma di quell'amore che solo l'anarchia, la poesia, il piacere di condividere, quel senso di responsabilità sociale che mi spinge a raccogliere le bottiglie di plastica sui sentieri di montagna, che è li davanti ai miei occhi come un'amante che non accetta la violenza, che non si rassegna davanti alle ingiustizie, ma neanche alle pratiche ottuse e di conquista delle fazioni anarchiche che vogliono imporre questo o quel cammino.
 Amedeo, forse senza accorgersene, mi ha insegnato che la cultura 
                  libertaria è un orto dove possiamo coltivare varie piante 
                  di frutta e legumi e che tutte possono aiutarci a vivere; che 
                  il nostro impegno dovrebbe essere quello di aiutarle a crescere, 
                  senza imporre il colore della nostra Idea, anche perché 
                  esso non è nero ma ha tutti i colori dell'arcobaleno. 
                  Quello che vorrei oggi cantare per questo nostro compagno, il 
                  Bertolo, è che ci ha lasciato una bella eredità. 
                  E allora, brindiamo ancora una volta insieme... sì brindiamo 
                  proprio a questa nostra bella idea!
  Mimmo Pucciarelli 
                   
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                    | Amedeo, di spalle, se ne va. Un disegno diRoberto Ambrosoli, compagno di scuola di Amedeo
 al liceo Berchet di Milano (anni '50) e da allora
 compagni anarchici e amici fraterni
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