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  Curioso. 
                  Abituata a commemorare ad ogni ultimo numero dell'anno l'accoppiata 
                  12/15 dicembre 1969, giunta alla conclusione del 1980 (11° 
                  anniversario della strage di piazza Fontana e dell'assassinio 
                  in questura del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli), nel 
                  consueto Ai lettori di “A” 88 (dicembre 1980/gennaio 
                  1981) la redazione quasi si scusa di essersi sottratta al solito 
                  ricordo. Osserva che dopo tanti anni la questione era stata 
                  fatta propria da una buona parte dell'opinione pubblica. Quindi, 
                  pur confermando la volontà anche individuale dei redattori 
                  e delle redattrici di non dimenticare né Pino – 
                  che era stato amico fraterno e compagno del settore più 
                  anziano della redazione (dai 30 anni in su) –, si rimandava 
                  ad altra occasione il riproporre quelle vicende pur fondamentali 
                  (non solo nella storia “privata” del movimento anarchico). (Ri)leggendo i vecchi numeri di “A”, a volte fa 
                  impressione notare quanto certe situazioni si ripetano. “Ci 
                  mancava solo il terremoto”, si legge nell'articolo di 
                  apertura. “Come se la vita di quelle genti da sempre povere, 
                  fottute, dimenticate non fosse già abbastanza difficile”. 
                  37 anni dopo lo stesso incipit potrebbe aprire le nostre riflessioni 
                  su Amatrice e dintorni. E anche il titolo di quell'articolo 
                  (“la catastrofe stato”) è sempre valido.
 Luciano Lanza si occupa della corruzione (“il palazzo 
                  e i polli”), Gianfranco Marelli (con lo pseudonimo di 
                  Jules Elisard) della “nuova frontiera del colono Ronald” 
                  (Reagan, allora presidente degli USA, vagamente rassomigliante 
                  – in politica – all'attuale Donald). Interessante 
                  lo scritto sulla Sardegna “sardi=banditi?” di Ugo 
                  Dessy, scrittore e attivista molto noto nell'isola per il suo 
                  impegno antimilitarista e “anticolonialista”, politicamente 
                  un po' libertario, un po' radicale, un po' sardista, un po' 
                  nonviolento.
 Avraham Yassour, anarchico israeliano, vede pubblicata in questo 
                  numero la sua relazione a un convegno di studi sulle utopie 
                  e le comuni, tenutosi negli USA a Omaha, Nebraska. Al centro 
                  del suo scritto, una storia critica dei kibbutz, la grande esperienza 
                  significativa di segno socialista, libertario, autogestionario 
                  che oggi è marginale, ma allora era ancora in auge e 
                  rappresentava una delle poche esperienze concrete, durate decenni, 
                  con tutti i propri limiti, anche dato il contesto bellico che 
                  caratterizzava la società israeliana.
 Piero Flecchia, intellettuale libertario torinese, in quegli 
                  anni valido e stimolante collaboratore di “A”, scrive 
                  tre belle pagine (“il culto del crimine”) sul comunismo 
                  di stato: recentemente abbiamo pubblicato sue considerazioni 
                  su stato e mafia. Fili che non si interrompono, sensibilità 
                  che si confrontano, anche nella distanza e nelle distanze.
 “Ulisse si è fermato a Bova” è lo 
                  scritto congiunto di Leo Candela (di Bova Marina) e di Bruno 
                  Traclò (di Bova Superiore). Siamo in provincia di Reggio 
                  Calabria e gli autori sono due “greci” di Calabria. 
                  Noi che abbiamo da sempre forti legami militanti e affettivi 
                  con gli anarchici “arbresh” (albanesi) di Spezzano 
                  Albanese, altra zona della Calabria, ci ritroviamo a nostro 
                  agio con le “minoranze” presenti in Italia, le lingue 
                  tagliate, i dialetti.
 Dicevamo prima comuni e comunità: una bella intervista 
                  con due di Comunidad – Silvia Ribeiro e Ruben Prieto – 
                  realizzata per “A”. Una comunità di decine 
                  di anarchici, allora esuli dall'Uruguay, rifugiati prevalentemente 
                  in Svezia. Carla Cacianti, del (romano) Gruppo Artigiano Ricerche 
                  Visive, quello di “Segno Libero” e di Ferro Piludu, 
                  ne raccoglie le testimonianze.
 Lo spazio stringe. Un lungo dossier sulla cooperativa (romana) 
                  Bravetta '80, 13 pagine, è realizzato da Stefano 
                  Fabbri d'Errico, in quegli anni nostro collaboratore, poi fondatore 
                  e storico segretario di Unicobas (sindacato della scuola). Al 
                  centro del suo dossier e delle attività di quella cooperativa: 
                  la droga.
 Due lettere (una di Chiara Gazzola, sull'aborto: anche lei scrive 
                  ancora su “A”), l'elenco delle librerie, una presentazione 
                  della rivista teorica anarchica Volontà, gli avvisi, 
                  i fondi neri. E in quarta di copertina una presa in giro di 
                  Enrico Berlinguer, segretario del PCI.
  
 
                  Errata corrige. Nella scorsa puntata abbiamo recensito il 
                  n. 87 di “A”, ma abbiamo erroneamente scritto che 
                  si trattava del mese di ottobre 1980. Invece di trattava del 
                  numero di novembre 1980. Ce ne scusiamo con le lettrici e i 
                  lettori. |