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  Udienza USPI da Bergoglio/ Un'infelice iniziativa
 Nel colophon di ogni numero (in genere a pag. 7), dove sono indicati i dati “di legge” della rivista, si trova anche la specificazione che “A” è aderente all'USPI, un'associazione “di categoria” tra le testate periodiche. L'USPI si occupa, tra l'altro, delle tariffe postali e di problemi della categoria. Recentemente si è occupata di altro. E noi, educatamente, abbiamo scritto loro una lettera.  
 Spettabile Unione Stampa Periodica Italiana,sono Paolo Finzi, redattore del mensile “A” rivista anarchica dalla sua fondazione (1971), iscritta all'USPI da molti anni.
 Abbiamo ricevuto via e-mail una circolare e, stamattina, addirittura la telefonata di una vostra gentile incaricata per segnalarci che l'USPI ha organizzato, con l'associazione della stampa cattolica, un'udienza il 16 dicembre p.v. con il signor Jorge Bergoglio, capo di stato dello Stato del Vaticano. La vostra incaricata ci ha gentilmente segnalato che i posti sono limitati.
 Non ci risulta che in passato l'USPI abbia organizzato analoghi incontri con capi di stato stranieri, ma solo incontri e convegni di categoria, legati alla professione, alle tecnologie, al mercato, al digitale, ecc... Come è nella natura dell'USPI.
 Chiunque ritenga di incontrare il papa può liberamente farlo, ci mancherebbe, ma un'associazione di “categoria” come l'USPI, foss'anche composta al 99% da cattolici, a nostro avviso dovrebbe astenersi da qualsiasi attività “di parte”.
 Noi riteniamo che una delle poche cose di cui serenamente non si sente la mancanza in Italia sia la presenza (e la parola) del papa, quotidianamente riportata da tutti i mass-media. Dell'argomento ci siamo occupati recentemente, in un dossier uscito lo scorso maggio sul n. 416 (maggio 2017) della nostra rivista. Ne allego la copertina.
 Nel protestare per questa infelice iniziativa dell'USPI, porgiamo i nostri distinti saluti.
 per la redazione di “A” rivista anarchicaPaolo Finzi
   Memoria condivisa?/ No, grazie 
 Vorrei segnalare un “fatto” di cui non so quanti si siano accorti. Anche in una situazione di evidente e rassegnata palude ideale, ancora c'è qualche cosa di assolutamente insopportabile. Passi persino la superficiale banalizzazione di ogni idea e di ogni posizione, perdoniamo pure l'ignoranza... ma a tutto c'è un limite!
 Durante la trasmissione “Agorà” di lunedì 18 settembre 2017, sul terzo canale della Rai, a proposito della polemica sulla richiesta di commemorazione, fastidiosamente “ecumenica”, dei caduti partigiani e dei morti repubblichini, un giornalista in collegamento dal Cimitero Monumentale di Milano, ha liquidato come “opposte tifoserie”, l'ANPI che, indignata, protestava e i neofascisti che facevano gazzarra.
 C'è da inorridire di fronte alla confusione tra il derby Inter/Milan e il confronto tra la Lotta di Liberazione e la Repubblica Sociale Italiana. Nessuno s'è accorto? Nessuno s'è indignato? Neppure Concita De Gregorio, presente in studio? Quel giornalista, di cui non ricordo il nome, ne è proprio convinto?
 Non so come sia andata a finire, mi rimane però il dubbio che avesse ragione, alla fine, il grande Gaber, che se fosse stato Dio avrebbe maledetto “i giornalisti e specialmente tutti che certamente non sono brave persone e dove cogli, cogli sempre bene”.
 Ciao.
 Sergio SaggiVillanova di Bagnacavallo (Ra)
 
 
  Australia/ 
                  Quel giornalista iraniano di origini curde 
 C'è un giornalista iraniano di origine curde ingiustamente 
                  detenuto da quattro anni in una delle carceri della Papua Nuova 
                  Guinea, e in pochi ne parlano. Behrouz Boochani, è recluso 
                  – insieme ad altri ottocento uomini – sull'isola 
                  di Manu, e tramite i suoi profili Facebook e Twitter riesce 
                  a denunciare gli abusi che sono costretti a subire quotidianamente 
                  i migranti. Sono sette mesi che seguo assiduamente il profilo 
                  di Behrouz: appena ho scoperto che la sua pagina personale era 
                  attiva e costantemente aggiornata, gli ho inviato la richiesta 
                  e mi ha accettato. Mi sono annotato i suoi post, ho salvato 
                  le foto che ha condiviso, e gli ho fatto alcune domande. Dopo 
                  un'ulteriore documentazione ho deciso poi di raccontare la sua 
                  storia.
 Behrouz Boochani è nato a Ilam, città del Kurdistan 
                  iraniano, nel 1983. È un giornalista indipendente che 
                  ha fondato una rivista socioculturale, Werya.
 Nel febbraio 2013, mentre Behrouz si trovava a Teheran, i guardiani 
                  della rivoluzione sono entrati nella redazione arrestando tutti 
                  i componenti presenti.
 Dopo tre mesi di latitanza – nel maggio del 2013 – 
                  decise di fuggire in Australia, convinto che lo avrebbero accolto 
                  come rifugiato politico per la particolare attenzione ai diritti 
                  umani. A luglio, mentre viaggiava su un barcone con altri 75 
                  migranti, viene arrestato dalla marina australiana e portato 
                  nel centro di identificazione di Christmas island, dove fa richiesta 
                  di asilo politico.
 Proprio in quei giorni il governo laburista di Kevin Rudd aveva 
                  deciso un importante cambiamento riguardo alla politica di accoglienza 
                  dell'Australia; politica tanto elogiata dall'estrema destra 
                  europea, in primis dalla leader del Front National – Marine 
                  Le Pen. Secondo le nuove direttive, in vigore dal 19 luglio 
                  2013, i profughi che arrivavano via mare dovevano essere smistati: 
                  gli uomini in Papua Nuova Guinea, donne e bambini a Nauru. Soltanto 
                  lì avrebbero potuto avanzare la richiesta di asilo politico. 
                  I detenuti provengono principalmente da Africa, Asia e Medio 
                  Oriente: in particolare da Iran, Iraq, Sri lanka, Afghanistan, 
                  Sudan e Nepal.
 La Papua Nuova Guinea è un paese rurale, molto povero 
                  e con un alto tasso di criminalità. I rapporti con la 
                  popolazione locale sono molto complicati, e Boochani non li 
                  biasima dal momento che “anche loro sono vittime di questa 
                  politica, e il governo non ha chiesto il loro parere. L'isola 
                  ha un'economia fragile ed è scarsamente popolata: ecco 
                  perché la vedono come una sorta di invasione”. 
                  La tensione è alta, tant'è che nel febbraio 2014 
                  la polizia ha fatto irruzione nel centro di detenzione con al 
                  seguito alcuni abitanti del posto armati di coltelli e bastoni, 
                  e hanno aggredito i migranti. In seguito a questi disordini 
                  ha perso la vita un suo connazionale poco più che ventenne.
 Tra i detenuti vi sono anche alcuni uomini costretti a fuggire 
                  dal paese d'origine a causa del proprio orientamento sessuale, 
                  per poi approdare in Australia, convinti di poter godere di 
                  una maggiore libertà. Ora invece sono detenuti in Papua 
                  Nuova Guinea, dove l'omosessualità è un crimine 
                  e si rischia una pena detentiva di quasi 15 anni.
 Behrouz, nel dicembre 2016, ha denunciato – oltre i vari 
                  soprusi che devono subire ogni giorno i migranti – anche 
                  le pessime condizioni sanitarie, puntando il dito contro l'azienda 
                  che ne è responsabile all'interno del campo, l'Ihms. 
                  Di conseguenza sono scoppiati disordini durante una protesta 
                  dei detenuti in cui ha perso poi la vita un ragazzo sudanese, 
                  la vigilia di Natale dell'anno scorso.
 Sta lavorando a un romanzo e – in collaborazione con un 
                  regista olandese – a un documentario, girato interamente 
                  col suo cellulare, intitolato “Chauka, per favore dicci 
                  che ore sono”. (Chauka è il nome dell'unità 
                  di isolamento del campo)
 Le foto e i messaggi che posta il giornalista curdo sui suoi 
                  profili sono le uniche informazioni che giungono al mondo esterno, 
                  ma pare che comunque non possa scrivere tutto quel che vuole. 
                  Non ha una rete Wifi, ma si connette grazie alle continue donazioni 
                  che gli vengono fatte da chi lo sostiene. Il suo smartphone 
                  è stato sequestrato ben due volte ed ha dovuto barattarne 
                  nuovamente un altro di nascosto. Ogni detenuto ha diritto a 
                  '25 punti' ogni settimane, da spendere allo spaccio del campo: 
                  solitamente si comprano le sigarette, che sono la merce più 
                  facile da scambiare con gli uomini del posto. Boochani, che 
                  inizialmente lavorava nell'anonimato, ora pubblica frequentemente 
                  aggiornamenti e foto delle condizioni in cui vivono e delle 
                  violenze subite dai profughi – dentro e fuori dal campo 
                  – catturando così l'attenzione dei media internazionali. 
                  A ben poco ha portato invece lo sciopero della fame durato due 
                  settimane e intrapreso con altri detenuti per denunciare le 
                  precarie condizioni in cui sono costretti a vivere.
 Vive in una tenda con altre quaranta persone, in mezzo allo 
                  sporco, dove dormire è quasi impossibile.
 
                   
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                    | Behrouz Boochani(foto di Ashley Gilbertson)
 |   Nell'aprile 2016 la Corte suprema della Papua Nuova Guinea 
                  ha ordinato di chiudere il centro dell'isola di Manu perché 
                  non rispetta i diritti sanciti dalla Costituzione.A novembre dello stesso anno, è stato trovato un accordo 
                  tra gli Usa e l'Australia. Si trattava di uno 'scambio 
                  di migranti': gli Stati Uniti avrebbero accolto 1250 profughi 
                  provenienti da Manu e da Nauru, in cambio dei richiedenti asili 
                  provenienti dall'America Centrale.
 Una volta divenuto Presidente, Donald Trump ha twittato: “Incredibile, 
                  l'amministrazione Obama ha accettato di prendere migliaia di 
                  immigrati illegali dall'Australia. Che stupido accordo!”, 
                  demolendo così la piccola speranza nata tra i migranti 
                  pochi mesi prima. L'accordo precedente, inoltre, si trova in 
                  contrasto con il muslim ban (il decreto sull'immigrazione di 
                  Trump), dal momento che molti profughi appartengono alla lista 
                  dei paesi avversi agli Stati Uniti Per giunta, sull'isola di 
                  Manu e a Nauru, ci sono 1616 profughi. Che ne sarà dei 
                  366 che non rientra negli accordi? Come avverrà la selezione?
 Behrouz Boochani ha già fatto sapere che andrà 
                  in America solo se sarà sicuro di denunciare in tribunale 
                  l'Australia.
 
 In questi giorni è in corso un'altra protesta all'interno 
                  del campo di Manu, e sta durando da più di un mese. Boochani 
                  si fa portavoce dei detenuti e scrive sul suo profilo e invoca 
                  una maggiore attenzione internazionale ai crimini del governo 
                  australiano a Manu e a Nauru: “In questi giorni la crudele 
                  politica australiana è una questione internazionale, 
                  e dovremmo lavorare di più con i media. I giornalisti 
                  nel mondo stanno seguendo la questione e sono certo che se il 
                  governo australiano intende portare i rifugiati con la forza 
                  in Papua Nuova Guinea, sarà un grosso errore politico. 
                  Il mondo sta guardando l'Australia.”
 Nel campo si alternano sentimenti di rabbia, speranza e frustrazione. 
                  L'immobilismo e l'indifferenza delle istituzioni internazionali 
                  è alquanto imbarazzante, mentre nei centri di detenzione 
                  si prova a resiste. Lì dove, come dice Boochani, “la 
                  tortura peggiore tra quelle subite non è quella fisica, 
                  bensì quella del tempo”.
 Tommaso ProverbioMilano
 
 
 
  
                  
                     
                      |  I 
                          nostri fondi neri 
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                          Sottoscrizioni. 
                            Alberto Patania (Arezzo) per versione Pdf, 4,00; Fabrizio 
                            Giulietti (Napoli) 10,00; Annamaria Froia (Vinovo 
                            – To) 10,00: Tony Gei (Piovene Rocchette – 
                            Vi) 20,00; Maurizio Gattamorta (Ravenna) 10,00; Danilo 
                            Sidari (Sydney – Australia) 50,00; Aurora e 
                            Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello e Alfonso 
                            Failla, 500,00; Domenico Gavella (Camerlona – 
                            Ra) 20,00; Rino Bertini (Marti – Pt) 10,00; 
                            uno alla Vetrina dell'Editoria anarchica e libertaria 
                            (Firenze) 5,00; Francesco D'Alessandro (Sesto San 
                            Giovanni – Mi) 636,00; Massimiliano Bonacci 
                            (Bologna) 10,00; Ugo Fortini (Signa – Fi) ricordando 
                            Milena e Gasperina, 30,00; Mirko Piras (Nulvi – 
                            Ss) 20,00. Totale € 
                            1.335,00.
 Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo 
                            anche le quote eccedenti il normale costo dell'abbonamento. 
                            Per esempio, chi ci manda € 50,00 per un abbonamento 
                            normale in Italia (che costa € 40,00) vede registrata 
                            tra le sottoscrizioni la somma di € 10,00.
 Abbonamenti sostenitori. 
                            (quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo 
                            di cento euro). Patrizio Quadernucci (Bobbio – 
                            Pc); Benedetto Di Paola (Prato Perillo di Teggiano 
                            - Sa); Claudio Paderni (Bornato – Bs); Cristina 
                            Muratori (Vicenza). Totale 
                            € 400,00. Da un po' di anni il mitico Maurizio della Gelateria Popolare, che vende uno dei più buoni gelati di Torino, in via Borgo Dora 3, sottoscrive 5 abbonamenti (normali) ad “A”. Stracciatella e anarchia, un'accoppiata geniale. |  |