| Tra feuilleton e pregiudizi  Per rendersi conto di come lanarchismo 
                  e il movimento anarchico venissero percepiti a livello popolare, 
                  nei loro primi anni di vita, può risultare utile, a volte 
                  passare anche attraverso la chiave di lettura del romanzo dappendice, 
                  un genere letterario che, sul finire dellottocento, ebbe 
                  straordinaria fortuna editoriale. Spesso infatti il feuilleton, una sorta di vero e proprio strumento 
                  educativo di massa, era efficacemente in grado di prestare attenzione, 
                  pur sotto i panni della narrazione di fantasia, alle tematiche 
                  sociali del momento. E pertanto non raramente ci si poteva imbattere 
                  in storie tenebrose e a forti tinte che, per eccitare limmaginazione 
                  del lettore, trovavano il proprio soggetto in fatti e personaggi 
                  legati alle attività della «setta» anarchica 
                  di cui parlavano.
 Maestra riconosciuta di questo genere fu la celeberrima Carolina 
                  Invernizio, piemontese di nascita e di formazione (Voghera 1858 
                   Cuneo 1916), che durante la propria prolifica e fortunatissima 
                  carriera giunse a scrivere oltre cento romanzi dappendice, 
                  fra cui gli «immortali» Il bacio di una morta 
                  e La vendetta di una pazza. Non poteva mancare, in tanta 
                  abbondanza, anche un volume sul movimento anarchico, e infatti 
                  fra i numerosi titoli brilla quello, estremamente promettente, 
                  de Il figlio dellanarchico. Scritto sicuramente 
                  nellultimo scorcio dellottocento (ledizione 
                  in mio possesso è una ristampa del 1931 e non ho trovato 
                  quella originale, ma sono sicuro di escludere che Umberto I 
                  fosse già stato ucciso da Bresci), questo romanzone di 
                  quattrocento pagine ci permette di comprendere quali e quanti 
                  fossero i pregiudizi (e i giudizi) che circondavano lanarchismo 
                  dellepoca, e come, soprattutto, se ne combattessero le 
                  pericolosissime idee di trasformazione sociale, violenta e risolutrice, 
                  contrastandone non tanto i postulati di redenzione sociale (comuni 
                  anche al socialismo e in un certo senso fatti propri dalla stessa 
                  Invernizio), bensì i mezzi violenti, rozzi e «sanguinari» 
                  con i quali si identificava la sua attività.
 La letteratura dellottocento è stata definita come 
                  una letteratura «tutta legata al processo dellaffermarsi 
                  della borghesia», e in effetti anche nellInvernizio 
                  ritroviamo per intero i capisaldi teorici di quella classe. 
                  Consapevole della propria funzione educatrice, lautrice 
                  è molto attenta a presentare tali postulati non solo 
                  nel loro aspetto funzionale al processo di accumulazione capitalista 
                  in atto (quindi profitto, creazione di ricchezza, legittimità 
                  dello sfruttamento del lavoro salariato, ecc.) ma anche nella 
                  veste di valori «altri», moralmente nobili ed apparentemente 
                  estranei allegoismo borghese.
 Ed ecco allora il problema di una maggiore giustizia sociale 
                  che attenui le tensioni esistenti, ecco il rifiuto delle vecchie 
                  pratiche filantropiche della nobiltà, ecco la necessità 
                  di fornire ai «poveri» non la solita carità, 
                  ma lopportunità di vendere la propria forza lavoro 
                  al buon capitalista. In poche parole, il processo di formazione 
                  del proletariato moderno, in una commovente comunità 
                  di intenti fra datori di lavoro e prestatori dopera. In 
                  questa logica di compromesso sociale (non a caso lettrici e 
                  lettori dellInvernizio non sono solo le buone dame e le 
                  signorine della nascente borghesia, ma anche, e soprattutto, 
                  sartine, lavandaie, fantesche, portinaie, operaie e marmittoni) 
                  il nemico da combattere e neutralizzare è chi si oppone 
                  a questo riformistico patto di pacificazione fra sfruttati e 
                  sfruttatori e combatte il capitale sul terreno rivoluzionario 
                  ed espropriatore.
  Valdengo, poi Godenval 
 Per comprendere meglio, credo sia necessario fornire una succinta 
                  trama (per quanto possibile in un racconto pieno di colpi di 
                  scena) de Il figlio dellanarchico. Roberto, legittimo figlio primogenito del marchese di Valdengo 
                  ma osteggiato dal padre per essere nato da una misera contadina 
                  (sposata dal marchese non si sa perché) emigra in America 
                  dove, in odio alle umiliazioni subite e sotto linfluenza 
                  dei fratelli della madre, si associa alla «setta» 
                  anarchica. Operaio tessile a Paterson (ove svolge segretamente 
                  la sua terribile e misteriosa propaganda) sposa Floriana, la 
                  figlia del proprietario della fabbrica, alla quale nasconderà 
                  la sua appartenenza alla setta.
 Durante il viaggio di nozze in Italia Roberto comincia a pentirsi 
                  e si confessa a Floriana, la quale, terrorizzata dallavere 
                  un anarchico per marito (anarchico e assassino sono pressoché 
                  sinonimi), minaccia di denunciarlo. In un provvidenziale disastro 
                  ferroviario viene creduto morto e Floriana, in stato di vedovanza, 
                  diventa marchesa di Valdengo. Accolta dai fratelli del marito, 
                  Bice e Paolo, benvoluti e ricchi figli di secondo letto del 
                  defunto marchese, dà alla luce Ruggero. Viene allora 
                  assunta come governante linglese Berta (che altri non 
                  è che Roberto travestito) che resterà in casa 
                  Valdengo per vari motivi: la gelosia e lamore per Floriana, 
                  laffetto per linnocente «figlio dellanarchico» 
                  Ruggero, il desiderio di riprendersi misteriosissime carte che, 
                  se scoperte, decreterebbero la fine della setta. Tali carte 
                  furono infatti raccolte da Floriana dopo lincidente ferroviario 
                  e ora, per rispetto della memoria del marito e per paura del 
                  loro contenuto, le custodisce senza chiedersi cosa nascondano 
                  (del resto nessuno, per tutto il racconto, saprà mai 
                  che diabolico complotto queste benedette carte celassero mai). 
                  Al tempo stesso Roberto è ricercato dai feroci e sanguinari 
                  ex compagni che lo accusano di aver tradito la causa e, in un 
                  susseguirsi di minacce e colpi di scena, ritrova a Torino una 
                  ex amante di Paterson, la volgare e malvagia Tamira, e il tremendo 
                  Gildo, abominevole e pericolosissimo anarchico disposto a tutto.
 Per sbarazzarsi dei loro ricatti, e anche del suo passato, senza 
                  ombra di rimorso li denuncia alla polizia. Finalmente, poi, 
                  in casa di Floriana e alla presenza del fratello Paolo, avviene 
                  il riconoscimento. Roberto, confessata la colpa di essere stato 
                  anarchico e rinnegando il proprio feroce (?) passato (essendo 
                  lui il protagonista, non gli viene comunque addebitato alcun 
                  delitto specifico), decide di abbandonare Floriana per liberarla 
                  della sua presenza. Ma Tamira, quella notte stessa, aggredisce 
                  alle spalle la marchesa per rapire, senza riuscirvi, il piccolo 
                  Ruggero; e di questo sarà incolpato linnocente 
                  Roberto che si rifugia da Anselmo, un ex anarchico che è 
                  impazzito dopo aver perso la famiglia e che ora vive come un 
                  eremita. Anselmo, nella sua follia, non trovando altro modo 
                  per farlo, ha deciso di raggiungere i suoi cari facendosi saltare 
                  in aria e Roberto approfitta della tremenda esplosione della 
                  casa per farsi credere morto e scomparire.
 Floriana, vedova una seconda volta dello stesso marito, sposa 
                  Paolo. Ruggero, conscio di essere «il figlio dellanarchico», 
                  espia le colpe del padre, ma anche ne sublima gli ideali, diventando 
                  il nobilissimo medico dei poveri, un vero e proprio apostolo. 
                  In ciò affiancato dal misterioso scienziato tedesco Godenval 
                  e dalla di lui figlia Fede. Fidanzatosi alla cugina Lalà, 
                  ma vedendone laristocratica incapacità di comprendere 
                  la nobiltà della sua missione, rompe il fidanzamento, 
                  e in più si innamora di Fede. Al tempo stesso salva dalla 
                  morte per fame e miseria la bella Daniela e relativa, numerosa 
                  famiglia, gente onesta buttata sul lastrico dalla malvagità 
                  del caporeparto (mai che la colpa sia del padrone, sono sempre 
                  i colleghi o i superiori a fare i prepotenti!).
 Ovviamente Daniela si innamora di Ruggero, ma poi, compresa 
                  limpossibilità del proprio amore, ripiega sul suo 
                  assistente dottor Jacopo, in fin dei conti altrettanto generoso 
                  ed onesto anche se non altrettanto bello e ricco e soprattutto 
                  non «figlio dellanarchico». Daniela, casualmente, 
                  viene a conoscenza di un complotto di Gildo, vero mostro di 
                  malvagità ed abiezione e pervicace nel suo odio contro 
                  i ricchi, il quale, pur essendo stato beneficato da Ruggero, 
                  vuole ucciderlo per vendicarsi del tradimento del padre. Daniela 
                  informa Godenval, che si reca allappuntamento mortale 
                  al posto di Ruggero. Si fa riconoscere da Gildo come Roberto 
                  di Valdengo e, dopo un drammatico colloquio, nel corso del quale 
                  giustifica il proprio antico tradimento come atto riparatore 
                  della propria passata malvagità, si ha uno scambio di 
                  colpi. Gildo muore e Godenval è gravemente ferito. In 
                  punto di morte fa promettere a Ruggero che sposerà Fede 
                  e gli rivela la vera storia della ragazza.
 Fede è sua figlia adottiva, perché in realtà 
                  anchessa è figlia di un anarchico redento, che 
                  in Francia ha ucciso il capofficina che gli insidiava la bellissima 
                  moglie Leni; avendo mantenuto il segreto del vero motivo della 
                  sua aggressione per salvaguardare lonore della moglie, 
                  al processo non gode di nessuna attenuante, e viene così 
                  mandato alla ghigliottina come feroce anarchico. Poi lo scienziato 
                  consegna a Ruggero un diario nel quale rivela la sua storia, 
                  di come lui sia in realtà Roberto marchese di Val-den-go 
                  e non Go-den-val, e di come si sia purificato dal proprio anarchismo 
                  soccorrendo i poveri e rifugiandosi nella fede. Immancabile 
                  il lieto fine con Ruggero che non partecipa a nessuno il tremendo 
                  segreto di cui è depositario, e sposa, in perfetta letizia, 
                  la perfetta Fede. I figli degli anarchici possono così, 
                  metaforicamente, iniziare una nuova vita dopo la tragica espiazione 
                  dei padri.
  Quelli buoni e quelli cattivi 
 Il ritratto in piedi contenuto in questo romanzo? Non vedo 
                  un singolo ritratto, non trovo un personaggio la cui biografia 
                  possa richiamare la fantasiosa figura del protagonista. Anche 
                  se, indubbiamente, lInvernizio, con tutta labilità 
                  del suo mestiere, ha descritto un tipo di anarchico quale veniva 
                  effettivamente percepito da un certo sentire, comune a larghi 
                  strati della società dellepoca, pur tuttavia risalta 
                  troppo la strumentalità delle sue intenzioni, per accettare 
                  una plausibile identificazione con una figura reale. Piuttosto, 
                  a mo di «riparazione», vedo un ritratto collettivo, 
                  un ritratto degli anarchici, di tutti gli anarchici italiani 
                  dellepoca. Di quelli «buoni» e di quelli «cattivi», 
                  degli espropriatori e degli umanitari, degli organizzatori e 
                  degli individualisti, degli irregolari ai margini di una società 
                  che li respinge e degli associati nelle organizzazioni dei lavoratori, 
                  degli anarchici coatti alle isole e di quelli rimasti nelle 
                  fabbriche e nelle officine artigiane, degli anarchici costretti 
                  a portare la loro miseria oltreoceano e di quanti ancora la 
                  soffrono nelle cittadine del centro Italia, degli anarchici 
                  col cuore «pieno di fiele» per le persecuzioni subite 
                  e degli anarchici il cui primo sentimento resta lamore 
                  per lumanità, degli anarchici che danno la vita 
                  nellestremo gesto riparatore e degli anarchici che resistono 
                  nel fuoco della repressione.   Massimo Ortalli
 
 Uno dei capidel partito anarchico
 di Carolina Invernizio
 
 (
) Quindi proseguì:  Mia madre è morta quando compivo i sette anni 
                  e mi ricordo che le sue ultime parole furono: Vendicami 
                  di tutti questi nobili e ricchi che ci hanno calpestati, che 
                  ci disprezzano: vendica te stesso. Allora ero troppo piccino 
                  per comprendere il significato di quelle parole; ma più 
                  tardi risonarono sinistramente nel mio cervello, ebbero uneco 
                  nel mio cuore. E mi sono vendicato! 
 Roberto si tacque, come affranto.
 Il treno si era fermato in quel momento a Finalmarina, ed era 
                  subito ripartito.
 Floriana guardava suo marito con una specie di ansia, aveva 
                  indietreggiato alquanto.
  Hai commesso qualche delitto?  domandò.
  No;  rispose Roberto divenendo ancora più 
                  pallido, ma con accento forte, risoluto, alzando fieramente 
                  la testa  però appartengo ad una società 
                  che vuole la distruzione, la morte di tutti i ricchi, i potenti: 
                  sono uno dei capi del partito anarchico
 Floriana gettò un grido di spavento, ebbe un gesto disperato.
  Tu? Tu?  gridò.
  Sì, io, io! Ecco ciò che ti ho nascosto 
                  e che ora ti rivelo. Floriana, mia Floriana, vorrai tu respingermi 
                  per questo? Ah! Tu non sai le lotte che ho dovuto sostenere 
                  nella prima giovinezza contro il babbo, che mi aveva rinnegato 
                  oltraggiando la memoria di mia madre; mi aveva respinto come 
                  un appestato da quella società in cui pure avevo diritto 
                  di entrare e mi considerava come un intruso, un ribelle. Tu 
                  non puoi immaginare ciò che ho sofferto, allorché 
                  mio padre, passato a seconde nozze con una giovane nobile e 
                  ricca, mi scacciò di casa come un bastardo, sebbene portassi 
                  il suo nome e fossi il suo erede. E quando, lui morto, mi presentai 
                  per avere la parte che mi spettava, trovai che egli aveva disposto 
                  delle sue sostanze in modo da non lasciarmene che una piccolissima 
                  parte, alla quale rinunziai, maledicendo colui che non aveva 
                  saputo perdonarmi di essere nato da una povera contadina, chegli 
                  stesso si era compiaciuto di sedurre. Da quel momento presi 
                  in odio i ricchi e i potenti: divenni anarchico. 
  Ed io fui pure uno strumento delle tue vili vendette, 
                  io che appartengo alla società ricca che tu odii?  
                  esclamò Floriana col volto animato da unenergia 
                  sublime, da una grande esaltazione.
  No, Floriana, no; quando mi incontrai in te, non pensai 
                  che ad amarti, come ti amo sempre.
  Basta,  interruppe con un gesto di disprezzo e 
                  quasi di sfida Floriana  basta; ogni tua parola damore 
                  sarebbe adesso una ingiuria per me. Ti avrei perdonato se tu 
                  avessi commesso un delitto per difendere lonore di tua 
                  madre e il tuo, ma non posso perdonarti davermi fatta 
                  la compagna di
un vile assassino!
 
   Con profondavenerazione
 di Carolina Invernizio
 
 I fratelli di sua madre erano due operai rozzi, energici, esaltati, 
                  che non potevano perdonare al marchese lumiliazione loro 
                  fatta subire, la morte della povera sorella. Essi si erano impiegati in una conceria a Nuova York, ma conducevano 
                  una vita assai meschina, dovendo mantenere il vecchio padre, 
                  ormai impotente al lavoro.
 Non pertanto accolsero il nipote con amorevolezza, né 
                  volevano accettare da lui il biglietto da mille franchi, che 
                  Roberto aveva creduto bene di offrir loro.
 È denaro di quellassassino di tuo padre  
                  dissero con aria feroce in un terribile accesso dodio 
                  e di diffidenza.
  No, rassicuratevi;  rispose Roberto  nulla 
                  di quanto ho indosso appartiene a mio padre. Questo denaro mi 
                  venne lasciato dallo Stregone, il solo amico che io abbia avuto 
                  fin qui.
 E parlò di lui con profonda venerazione.
 Roberto avrebbe voluto entrare egli pure come lavorante nella 
                  fabbrica degli zii, ma essi non acconsentirono.
  Tu sei troppo istruito per diventare un conciatore; continua 
                  a studiare; fra due anni, finiti i nostri primi impegni, noi 
                  ci recheremo a Paterson, in unaltra grandiosa fabbrica, 
                  che stanno impiantando, di prodotti chimici: noi siamo già 
                  fra gli operai inscritti, ed allora potrai metterti con noi; 
                  ma ad un patto.
  Qualunque sia, io laccetto.
  Tu non sarai più qui lerede del marchese 
                  Valdengo: sputerai sul nome di tuo padre e porterai il nostro, 
                  che è pur quello della tua povera mamma.
  Accetto volentieri. 
 Ed infatti egli andò a Paterson, inscritto sotto il nome 
                  di Roverto Cavalero, ma finirono col chiamarlo tutti il Biondino, 
                  perché aveva i capelli color delloro ed era bianco 
                  e gentile come una fanciulla.
 Gli zii di Roberto erano ascritti al partito anarchico ed essi 
                  istruirono per i primi il nipote, e cercarono di radicare in 
                  lui lodio contro i ricchi ed i potenti.
  Vedi come ci trattano noi poveri diavoli,  dicevano 
                   e non vuoi che abbiamo a prenderci una rivincita su loro? 
                  Vedrai, vedrai
 un giorno, tutti questi potenti, questi 
                  tiranni spariranno dal mondo; per essi ci vuole il ferro, il 
                  piombo, la dinamite, e un giorno saremo noi che prenderemo il 
                  loro posto; noi che regneremo, e la povera plebe starà 
                  meglio dora, non avrà da emigrare fuori dItalia 
                  per trovarsi un pane.
 Quei due contadini erano due poveri esaltati, che vedevano solo 
                  nella distruzione il mezzo di conquistare i loro diritti, il 
                  loro posto nel mondo.
 Non pensavano che colla violenza non si giunge mai a nulla, 
                  e tutto ricade a proprio danno; non comprendevano che la prima 
                  sorgente della rigenerazione di un popolo è lonestà 
                  ed il lavoro! Non sapevano che coloro i quali giungono alla 
                  mèta coi raggiri, con la disonestà o con i delitti, 
                  sono i primi ad essere detestati e maledetti da tutti, e il 
                  loro potere presto sinfrange e non rimane di essi che 
                  una memoria esecrata!
   Quella povera 
                  gente di Carolina Invernizio
 Il Biondo aveva viaggiato molto per la sua propaganda; 
                  ma egli aveva un aspetto così nobile e gentile, sapeva 
                  così affascinare che nessuno sospettava di lui; gli operai 
                  che lo conoscevano, e appartenevano allo stesso partito, si 
                  sarebbero guardati bene dal dimostrarlo. Quando passava fra 
                  loro visitando una fabbrica, discorrendo coi capi, gli bastava 
                  uno sguardo di quei suoi occhi luminosi od una parola per farsi 
                  intendere. Al ritorno a Paterson da uno dei suoi viaggi, trovò che 
                  gli era morto il nonno ed uno degli zii, e che la sua compagna 
                  Tamira aveva abbandonata la sua casa, il partito, del quale 
                  era stata affiliata ardente e pericolosa, per fuggire col clown 
                  di una Compagnia equestre, lasciando una lettera in cui minacciava 
                  di denunziar tutti se lavessero seguita o perseguitata.
 Sebbene Roberto non lamasse, quel tradimento lo colpì 
                  più crudelmente della morte dei suoi, e mostrò 
                  in quelloccasione maggior forza danimo, che si poteva 
                  supporre, e che molti scambiarono per indifferenza.
 Egli diede freddamente degli ordini perché Tamira venisse 
                  ricercata, e punita in modo da servire desempio alle altre 
                  compagne degli anarchici. Roberto si sarebbe incaricato egli 
                  stesso di quellesecuzione, se non avesse avuto in quel 
                  momento da occuparsi di ben più gravi incarichi.
 Nessuno ebbe il minimo dubbio che egli fosse tormentato da un 
                  gran dolore: i suoi occhi rimasero asciutti: nessuna parola 
                  amara gli uscì dalle labbra.
 Tamira non venne ritrovata.
 Il clown col quale era fuggita non faceva più parte di 
                  quella Compagnia equestre: nessuno seppe dare contezza di lei.
 La misteriosa scomparsa mise il partito in grande agitazione. 
                  Tamira conosceva molti segreti del biondo, e poteva riuscire 
                  pericolosa a lui ed ad altri affiliati.
 Era certo, che se avessero potuto trovarla, non sarebbe uscita 
                  viva dalle loro mani.
 Trascorse un anno. Siccome nulla era avvenuto di nuovo, finirono 
                  per dimenticare la traditrice o almeno attesero con pazienza 
                  listante di poterne trarre vendetta.
 Il biondo era stato incaricato di unimportantissima e 
                  delicata missione per lItalia; egli portava seco la trama 
                  di un complotto che doveva scoppiare al momento opportuno.
 Ma prima dimbarcarsi per lItalia doveva passare 
                  da Nuova York per intendersi con diversi capi del partito operaio, 
                  dove voleva fare nuovi proseliti.
 Tutta quella povera gente che dal lavoro ritraeva appena il 
                  mezzo per vivere si abbandonava con ardore alle nuove teorie, 
                  che promettevano loro un intiero rivolgimento della società, 
                  il trionfo del povero sul ricco ed il potente.
 Essi non avevano forse neppure coscienza di ciò che volesse 
                  esprimere la parola anarchia, molti erano tuttavia 
                  bravi operai, onesti padri di famiglia, ma la speranza di un 
                  avvenire migliore, in cui essi sarebbero divenuti padroni, li 
                  inebbriava.
   Gildo batté 
                  gli occhidi Carolina Invernizio
 Gildo batté gli occhi, e sogghignò: Perché allora  rispose con voce sibilante, beffarda 
                   ha abbandonata la nostra giusta causa, è fuggito 
                  portando seco valori e carte compromettenti, carte che gli servirono 
                  per tradire i suoi compagni, fra i quali cero anchio? 
                   Un subito pallore coperse il volto di Ruggero, ma il 
                  suo sguardo si fissò tranquillo sul miserabile, che gli 
                  stava dinanzi.
  Te lo dirò io il perché;  rispose 
                  freddamente senza alcuna violenza  mio padre era in fondo, 
                  un uomo onesto, che le sventure avevano traviato. Mentre inneggiava 
                  al comunismo, incitava agli scioperi, alle sommosse, alle rivoluzioni, 
                  la sua coscienza si ribellava contro di lui e gli mostrava che 
                  per voler redimere i popoli, non vè alcun bisogno 
                  di adoperare la violenza, né di fomentare nelle masse 
                  delle idee sovversive. Le parole di una donna, di una santa, 
                  finirono per aprirgli gli occhi e convincerlo: egli ritrovò 
                  la fede perduta, comprese gli errori, le infamie di coloro che 
                  gli avevano per i primi assassinata lanima, il suo delitto 
                  nellaver cercato dinfondere le stesse malvage passioni 
                  in uomini innocenti. Mio padre era ricco del suo e non ebbe 
                  bisogno di toccare alcun valore a lui affidato. I valori che 
                  egli aveva indosso, quando fu creduto morto e che rimasero a 
                  mia madre, erano proprio suoi, erano il frutto del suo ingegno; 
                  e nessuno di quei valori furono toccati da me né da mia 
                  madre, ma furono intieramente destinati a scopo di beneficenza. 
                  La famiglia Valdengo è abbastanza ricca da parte sua, 
                  e mia madre possiede una sostanza personale così rilevante, 
                  che non vi era bisogno di appropriarsi dei valori appartenenti 
                  alla vostra sètta. Non dovrei dare questi ragguagli ad 
                  un furfante tuo pari, ma voglio farti sapere che hai mentito, 
                  e mentito infamemente, accusando un uomo che ha espiato con 
                  una morte orribile una colpa non sua, e le sue mani rimassero 
                  nette dalle macchie che adesso tu vorresti imprimervi. 
   Accidenti allItalia!di Carolina Invernizio
 Capisci ora che fra te e il mio povero padre non vi può 
                  essere nulla di comune, e che io difenderò sempre dinanzi 
                  a chiunque il suo onore, la sua memoria? I suoi compagni stessi, 
                  quelli in cui le massime perverse non hanno soffocato in cuore 
                  ogni pietà, ebbero parole di compianto per la fine spaventosa 
                  da mio padre stesso cercata. Solo due gli hanno fatto del malo, 
                  lhanno spinto a quellorribile fine: tu e Tamira. 
                  Di lei ho perdute le tracce, ma può darsi che un giorno 
                  la ritrovi, ed abbia occasione di salvarle la vita, come lho 
                  salvata a te.  Gildo alzò le spalle.
  Non vi ringrazio  disse con voce sibilante.  
                  bella vita tirare innanzi sino alla vecchia con le tasche vuote, 
                  senza camicia indosso, e vedendosi sempre girare intorno quelle 
                  cagne di guardie: accidenti allItalia!
  Ma la tua sètta non ti soccorre? I tuoi compagni 
                  non ti vengono in aiuto? Eppure devono avertene date, delle 
                  speranze
E sei stanco di aspettare? E maledici il tuo paese, 
                  del quale, secondo voi, un giorno ne diverrete i padroni, e 
                  tutti potranno avere, senza fatica, senza lavoro, ciò 
                  che più a loro talenta? 
 Gildo si morse le labbra aride, comprendendo lironia di 
                  quelle parole. E rispose debolmente, ma verde dalla collera:
  Quando la torta sarà fatta, io non ci sarò 
                  più a mangiarla! La mia sètta non è ricca, 
                  perché non ruba il denaro di nessuno; una parte dei miei 
                  compagni campa la vita come me, maledicendo ai ricchi, aspettando
e 
                  liberi, per ora, di crepare di freddo e di fame.
  E perché non cercasti nel lavoro un pane onesto 
                  e sicuro? Lozio rende cattivi e fa parer cattivi gli altri. 
                  Vedi, io sono ricchissimo, potrei godere la vita senza far niente
 
                  ed invece, lavoro giorno e notte per rendermi utile allumanità, 
                  per onorare la memoria di mio padre. I maligni occhi di 
                  Gildo ebbero uno sfolgorio.
  Voi siete suo figlio
seguirete le sue teorie.  
                  Il volto di Ruggero si animò di nuovo di quella sublime 
                  espressione, che si trova nei dipinti dei santi ispirati.
  Sì, le seguirò;  rispose con forza 
                   ma soltanto in quello che hanno di nobile ed elevato. 
                  Io non inneggio al comunismo, non predico la distruzione, la 
                  morte, ma vorrei che tutti gli uomini seguissero il socialismo 
                  secondo il Vangelo, si amassero e si aiutassero come fratelli. 
                  Vorrei che il ricco, invece di far pompa delle proprie ricchezze, 
                  che sembrano un insulto alla miseria, si accostasse un po 
                  al popolo, si occupasse con più affetto della classe 
                  operaia, non lilludesse con promesse, che non saranno 
                  mai mantenute, si facesse da essa amare, non invidiare o temere! 
                  Vorrei che tutti lavorassero, poveri e ricchi, perché 
                  il lavoro è il rigeneratore dei popoli, come la fede 
                  è il preservativo delle rivoluzioni e dei delitti.
 I brani sono tratti da: Carolina Invernizio, Il figlio dellanarchico, 
                  Firenze, Adriano Salani, 1930.  
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