|     
                  Ricordando Maria Gabriella Pitotto 
                Domenica 13 febbraio è mancata Gabriella Pitotto. Nata 
                  a Chiavari il 5 agosto 1943 è stata, a partire dalla 
                  fine degli anni sessanta frequentatrice dei circoli e dei gruppi 
                  anarchici del genovesato, dal vecchio circolo di Vico Vegetti 
                  al Circolo Ferrer del Chiappazzo. Negli ultimi anni ha frequentato 
                  assiduamente la Biblioteca Libertaria F. Ferrer di Piazza Embriaci, 
                  partecipando a tutte le sue attività. Grande appassionata 
                  di musica e di De André, aveva rapporti d’amicizia 
                  con i cantautori genovesi vecchi e nuovi. Discreta, ma attenta 
                  partecipante alle riunioni della Biblioteca, impegnata nella 
                  diffusione della nostra stampa (in particolare di “A”), 
                  ottima cuoca (sopratutto di dolci), dotata di grande umanità, 
                  Gabriella ci ha lasciato all’improvviso, stroncata da 
                  una malattia inesorabile della quale non ha mai parlato. Ci 
                  ha lasciato un grande vuoto. Ciao Gabriella.
                   
                  Guido Barroero 
                 
                   
                  
                  Rompere l’indifferenza 
                Riportiamo il seguente comunicato in solidarietà con 
                  Franco La Cecla: 
                 L’amico e antropologo Franco La Cecla è stato 
                  arrestato il 15 dicembre 2004 all’aeroporto di Parigi 
                  ed è ora in attesa di giudizio.  
                  In partenza per il Senegal, La Cecla ha rifiutato il ruolo di 
                  spettatore e complice silenzioso del rimpatrio di un cittadino 
                  congolese sans papiers. Sull’aereo il cittadino disperato, 
                  piange, cerca di alzarsi. Gli agenti gli sbattono la faccia 
                  contro il sedile, gli prendono la testa e gliela premono per 
                  terra, gli infilano un guanto in bocca per farlo tacere.  
                  Davanti alla scena una ragazza piange, un altro viaggiatore 
                  grida “basta!”, altri protestano, La Cecla e altri 
                  due chiedono di scendere… i passeggeri li applaudono. 
                  La Cecla afferma: “le scene che ho visto sull’aereo 
                  sono terribili. Eseguire i rimpatri con i voli di linea significa 
                  costringere i civili a collaborare e ad assistere a tutto quel 
                  dolore. Io non sono tenuto a farlo”. Il comandante, sollecitato 
                  dalle proteste sui modi di trattare lo straniero decide di farlo 
                  scendere assieme alla scorta. L’accusa contro La Cecla 
                  è di “aver ritardato la partenza del volo… 
                  incitando i passeggeri a far sbarcare una persona non ammessa 
                  sul territorio nazionale francese e la sua scorta, contravvenendo 
                  alle regole di sicurezza e alle procedure di decollo”. 
                  La Cecla rischia 5 anni di carcere.  
                  
                   
                 
                   
                   
                  Ora basta! 
                Il 14 febbraio 2005 il tribunale di Desio ha condannato per 
                  calunnia il giornalista Stefano Rizzi autore di un articolo 
                  apparso sul “Il Giornale nuovo del Piemonte” nel 
                  luglio del 2002.  
                  L’articolo in questione intitolato: In una cascina 
                  dell’Alessandrino i piani degli anarchici per l’anniversario 
                  del G8 prendeva spunto da un pranzo di sottoscrizione per 
                  il settimanale anarchico “Umanità Nova” organizzato 
                  nella casa dei compagni Urbano e Giuseppina presso Rivalta Bormida 
                  (AL) .  
                  A questo pranzo conviviale parteciparono numerosi compagni provenienti 
                  da diverse località Italiane; questa iniziativa ha dato 
                  peraltro un consistente contributo finanziario al nostro giornale. 
                   
                  Ma ai due giornalisti del “Il giornale nuovo del Piemonte” 
                  (una giornalista si è dissociata durante la fase processuale) 
                  questa meritoria iniziativa non deve essere stata di particolare 
                  gradimento!  
                  Nell’articolaccio la numerosa presenza degli anarchici 
                  veniva interpretata come una riunione clandestina finalizzata 
                  alla preparazione di una manifestazione violenta che pochi giorni 
                  dopo si sarebbe svolta a Genova per l’anniversario della 
                  morte di Carlo Giuliani.  
                  Questo “condimento” giornalistico (non certo insolito 
                  nei riguardi del movimento anarchico!) preparato con cura sarebbe 
                  servito probabilmente per una montatura nei confronti di compagni 
                  (e di un’area del movimento anarchico) da sempre impegnati 
                  in numerose lotte sociali.  
                  Nei giorni successivi all’uscita dell’articolo infamante 
                  i compagni organizzatori della sottoscrizione ribadivano con 
                  articoli e trasmissioni radio la reale finalità dell’iniziativa 
                  (annunciata da tempo su “Umanità Nova”). 
                   
                  Contemporaneamente i compagni Urbano e Giuseppina denunciavano 
                  alla questura di Alessandria i giornalisti del “Il Giornale 
                  nuovo del Piemonte”.  
                  Nei tre anni trascorsi fino alla conclusione della vicenda giudiziaria, 
                  l’abitazione dei due compagni è stata oggetto di 
                  costanti controlli, di vere e proprie ronde automobilistiche 
                  effettuate in vari momenti del giorno e della notte.  
                  Queste operazioni intimidatorie (compreso l’insolito furto 
                  avvenuto il 12/12/2004) non hanno certo bloccato la volontà 
                  di Urbano e Giusi di proseguire la lotta per demolire la calunniosa 
                  “teoria” giornalistica.  
                  La favorevole conclusione della vicenda giudiziaria è 
                  l’esito di una denuncia di controinformazione riguardante 
                  il percorso di lotta di un compagno, Urbano, da innumerevoli 
                  anni impegnato in importanti lotte sociali.  
                  Dal Cile di Allende a quello di Pinochet (con la drammatica 
                  detenzione nei campi di concentramento, l’assassinio da 
                  parte dei militari fascisti di uno dei suoi fratelli), dalle 
                  lotte nell’Italia degli anni ’70 a quelle degli 
                  anni ’80 contro le “industrie di morte” (Farmoplant 
                  di Massa Carrara e ACNA di Cengio), dalla creazione di associazioni 
                  autogestite di immigrati alla battaglia con il Comitato dei 
                  lavoratori Cileni esiliati contro i crimini di Pinochet e la 
                  memoria degli antifascisti assassinati dalla dittatura.  
                  Bisogna ricordare che a metà degli anni ’90 il 
                  governo di sinistra ha negato a Urbano la cittadinanza italiana 
                  (che a tutt’oggi non ha) perchè è stato 
                  ritenuto individuo socialmente pericoloso in quanto anarchico 
                  (come recita una nota riservata del Ministero degli Interni, 
                  in seguito divulgata).  
                  L’anarchismo sociale di Urbano è quello di molti 
                  compagni impegnati quotidianamente sul posto di lavoro, nelle 
                  piazze e in tutti gli spazi della vita pubblica.  
                  L’anarchismo che attraverso la pratica autogestionaria 
                  lotta con decisione per una società di liberi e uguali: 
                  senza stati, senza capitali, senza eserciti e senza polizie. 
                   
                  La vittoria di Urbano, esule cileno, demolisce clamorosamente 
                  una maldestra operazione del potere per screditare e discriminare 
                  la presenza sociale dell’anarchismo.  
                  Un anarchismo costantemente in crescita nel mondo.  
                  La vittoria di Urbano e Giusi è una vittoria di tutti 
                  noi!  
                  
                  FAI di Alessandria, 
                  USI di Alessandria, 
                  Comitato dei lavoratori cileni esiliati  
                 
                   
                   
                  Spartaco”, una bandiera centenaria  
                Sabato 19 febbraio si è tenuto presso lo spazio sociale 
                  Kronstadt l’iniziativa per il centenario della bandiera 
                  “Spartaco” cucita intorno al 1905 dalle donne di 
                  Santa Croce, un quartiere di Reggio Emilia. È stata l’occasione 
                  per noi di inaugurare una nuova bandiera che ci accompagnerà 
                  nelle lotte a venire e che sarà il vessillo per le, speriamo 
                  numerose e intelligenti, generazioni future. Una sorta di mandato 
                  per noi e per quanti ci accompagneranno in questo percorso, 
                  con gioia e solidarietà.  
                  C’è stato chi ci ha fatto notare che la bellissima 
                  nuova bandiera esposta al circolo sulla parete di fronte a quella 
                  in cui primeggiava la centenaria, è stata “stranamente”, 
                  per chi parlava, ricamata da un compagno e non da una compagna 
                  come se la cosa fosse significativa dei tempi che corrono. Ovviamente 
                  chi parlava era un visitatore uomo e osservava divertito il 
                  fatto.  
                  
                  La nuova bandiera è stata ricamata a mano in tutte le 
                  sue parti da un bravissimo compagno che ha dedicato mesi del 
                  suo tempo e molta pazienza alla sua realizzazione lavorando 
                  con telaio, ago e filo.  
                  Le due bandiere si fronteggiavano nel circolo una di fronte 
                  all’altra per sottolineare il passaggio storico, il lascito 
                  culturale e politico dall’una all’altra.  
                  Chi scrive ritiene che sia molto interessante il fatto che sia 
                  stato un uomo a farla. Bello e interessante. Anche se in un 
                  certo senso casuale: ha avuto il tempo e soprattutto ha le capacità 
                  per un lavoro così bello. Un segno dei tempi o forse 
                  soprattutto un segno di quanto gli anarchici credano nella interscambiabilità 
                  dei ruoli, nella stupidita di divisioni sessiste. Marco d’altra 
                  parte ci ha dimostrato di essere un bravissimo cuoco, un bravissimo 
                  sarto e un brillante osservatore della realtà politica 
                  e sociale che viviamo e a lui e al suo impegno siamo davvero 
                  tutte/i grate/i.  
                  L’evento è stato associato alla presentazione del 
                  libro Il canto anarchico in Italia nell’ottocento e nel 
                  novecento svoltosi nel tardo pomeriggio grazie alla presenza 
                  degli autori, Franco Schirone e Santo Catanuto. Ci siamo lasciati 
                  trasportare dall’excursus storico di Franco che ci ha 
                  illustrato attraverso gli aneddoti legati alla canzone popolare 
                  alcuni dei passaggi più salienti della storia del movimento 
                  anarchico. Storia spesso sconosciuta e bistrattata dalla storiografia 
                  ufficiale che, come molti di noi ben sanno, è storia 
                  di vincitori e prevaricatori. Santo riproduceva praticamente 
                  le canzoni che meglio illustravano i vari passaggi, così 
                  in quei momenti era un po’ come tuffarsi in quel passato 
                  e riviverne le emozioni e gli ideali che sono giunti fino a 
                  noi grazie anche a quelle produzioni considerate minori nella 
                  cultura che erano le canzoni e che invece diventavano metodo 
                  di propaganda, divertimento e a volte dileggio contro un potere 
                  incapace per mancanza di fantasia di impedirne la circolazione. 
                 
                  
                  Dopo la presentazione abbiamo dato il via ai festeggiamenti 
                  veri e propri con un aperitivo e quindi la cena, a base di buonissime 
                  lasagne, ottimo erbazzone, e deliziosa zuppa inglese cucinati 
                  da Marco, accolto da un meritato applauso. Il tutto innaffiato 
                  da abbondante lambrusco, anche della mitica uva Fogarina. (quella 
                  della canzone, tanto per rimanere in tema!).  
                  Cantare storie è un modo per far circolare le idee e 
                  per tenere viva la memoria, è un modo per denunciare, 
                  per solidarizzare e per socializzare, così, alla fine 
                  del pasto, felici e rifocillati ma non ancora stanchi, Santo 
                  e un compagno locale hanno continuato suonare accompagnati dai 
                  partecipanti, perché come cantava De André “…se 
                  la gente sa e lo sa che sai suonare, suonare ti tocca…”. 
                 
                  
                  Monia 
                  FAI reggiana 
                 |