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                 Messico: non siamo venuti a dirti  
                  che cosa fare,  
                  né a condurti da nessuna parte.  
                  Siamo venuti a chiederti umilmente,  
                  rispettosamente, che ci aiuti.  
                  Che non permetta che torni  
                  ad albeggiare senza che questa  
                  bandiera abbia un posto degno  
                  per noi che siamo il colore della terra.  
                dallo Zócalo di Città del Messico  
                  CCRI – Comando Generale dell’EZLN  
                  Messico, marzo 2001  
                  (traduzione del comitato Chiapas «Maribel» – 
                  Bergamo)  
                 
                    
                  Anarchia e Chiapas  
                Anarchia come concetto o come pratica politica vissuta ogni 
                  giorno? Nel caso specifico qui analizzato, voglio scrivere di 
                  anarchia come sviluppo di forme di convivenza affermatesi dal 
                  basso, alternative al potere imposto e in perenne stato di rebeldia, 
                  ovvero resistenza ad oltranza, nei confronti di chi vorrebbe 
                  restaurare un sistema di dominio sui popoli indigeni liberatisi 
                  attraverso la lotta zapatista.  
                  Mi riferisco all’anarchia come comune denominatore, sul 
                  quale possiamo iniziare a rapportarci tutti quanti al fine di 
                  trovare quell’unità di intenti che si rafforza 
                  proprio nell’eterogeneità delle proposte politiche 
                  nelle diverse realtà sociali. La parola compagno come 
                  indelebile marchio che rende forti nel disagio e pronti a vivere 
                  la rebeldia come istinto di sopravvivenza.  
                  Questi interrogativi e tentativi di risposta rappresentano il 
                  filo conduttore della ricerca politica e sociale che l’associazione 
                  Paviainseriea (1), attiva da anni nello 
                  sviluppo sociale e culturale della comunità pavese, si 
                  è riproposta attraverso la realizzazione di un gemellaggio 
                  con una struttura di base (Municipio Autonomo 1° de Enero) 
                  del movimento rivoluzionario zapatista. Al ritorno in Italia, 
                  abbiamo riportato con noi queste sensazioni incrostate sotto 
                  i nostri stivali color del fango di Chiapas.  
                  In questo breve resoconto del viaggio appena concluso, vorremmo 
                  manifestare a tutti i lettori le necessità di aiuto internazionale 
                  a queste comunità ribelli allargando il tema fino a coinvolgere 
                  una più generale discussione sugli importanti temi sociali 
                  e politici sollevati dalla rivolta zapatista del 1994.  
                  Per chi non fosse familiare con la situazione chiapaneca, mi 
                  sembra importante fornire qualche indicazione generale per inquadrare 
                  la situazione sociale e politica.  
                  
                Escuelita Autonoma 
                  
                  Paese di rivoluzioni e contraddizioni 
                  (2)  
                La rivoluzione messicana del 1917 e i seguenti sviluppi politici 
                  non portarono ad un redistribuzione delle terre in Chiapas, 
                  a differenza di quanto successo in altri stati messicani caratterizzati 
                  da una parziale applicazione di questo strumento, cosicché 
                  poche famiglie latifondiste (terratenientes) hanno 
                  mantenuto da sempre la proprietà della terra più 
                  fertile e con essa anche dei contadini che la lavorano (peones 
                  acasillados). Va comunque rilevato che la Costituzione 
                  messicana del 1917 (articolo 21) sanciva che le terre pubbliche 
                  erano inalienabili: questo costituiva una relativa protezione 
                  nei confronti degli indigeni che coltivavano la terra statale, 
                  ovvero le terre marginali a bassa resa, in forma collettiva. 
                   
                  L’ineguaglianza sociale costituisce una delle caratteristiche 
                  di base della società messicana, profondamente divisa 
                  tra un’élite bianca con caratteristiche 
                  socio-economiche comparabili alla media europea ed una fetta 
                  consistente di poveri emarginati che vivono al di sotto del 
                  livello di sussistenza. Nello stato del Chiapas, questa polarizzazione 
                  estrema assume caratteri di emergenza sanitaria, educativa, 
                  sociale ed economica a causa del completo isolamento culturale 
                  e sociale delle popolazioni indigene locali e dell’economia 
                  basata sul latifondo e sullo sfruttamento delle cospicue risorse 
                  naturali da parte delle multinazionali.  
                  È sufficiente una gita da turista con autobus di prima 
                  classe attraverso gli stupefacenti scenari montani del Chiapas 
                  per accorgersi della realtà drammatica delle popolazioni 
                  indigene. Non occorre snocciolare una sequela infinita di indici 
                  di sottosviluppo per dimostrare come la situazione economico-sociale 
                  del Chiapas non sia migliorata significativamente negli ultimi 
                  decenni. Gli studi dell’organizzazione indipendente messicana 
                  «Centro de Investigación para el Desarrollo» 
                  dimostrano che tuttora «il Chiapas è uno degli 
                  Stati appartenenti alla Federazione Messicana dove si hanno 
                  le peggiori condizioni per la salute: le abitazioni non offrono 
                  alcuna protezione contro i fattori di rischio derivanti dalle 
                  condizioni ambientali; la carenza di spazio non permette di 
                  isolare gli ammalati ed evitare la trasmissione di malattie 
                  infettive; la totale mancanza di acqua potabile ed un sistema 
                  fognario inefficiente non permettono di raggiungere le condizioni 
                  minime di igiene» (3).  
                  Il Chiapas è geograficamente posizionato in una zona 
                  di rilevante importanza strategica, sia per il Messico che per 
                  gli Stati Uniti, in quanto costituisce il corridoio naturale 
                  verso L’America Centrale. È inoltre ricco di risorse 
                  naturali (petrolio, uranio, legno, carbone, acqua) e fornisce 
                  oltre la metà del fabbisogno messicano di energia elettrica; 
                  tuttavia, paradossalmente, la maggior parte delle comunità 
                  contadine di questo Stato non sono rifornite di elettricità. 
                  Sintetizziamo sull’argomento citando l’autorevole 
                  settimanale liberista The Economist: «la ricchezza [del 
                  Chiapas] ha avuto la tendenza a finire direttamente nei forzieri 
                  del Governo o nelle tasche dei latifondisti» (4). 
                 
                  
                  Cronistoria di una sollevazione popolare 
                  (5)  
                Il primo atto pubblico della rivolta zapatista risale al gennaio 
                  1994, quando i guerriglieri dell’EZLN (Ejército 
                  Zapatista de Liberación Nacional), difensori delle 
                  popolazioni Indigene discendenti degli antichi Maya, occuparono 
                  brevemente sette città nello stato sudorientale del Chiapas 
                  tra le quali la città più importante dello Stato: 
                  San Cristóbal de las Casas.  
                  La causa scatenante della rivolta va ricercata nelle condizioni 
                  di arretratezza economica, sociale e politica che caratterizza 
                  i popoli originari (indigeni) dell’area e causata da secoli 
                  di sopraffazioni e ingiustizie da parte delle classi dominanti 
                  bianche. La ratifica del trattato di libero commercio tra Messico, 
                  Canada e gli Stati Uniti (NAFTA) (6) 
                  e la riforma della Costituzione per quanto attiene alla possibilità 
                  di alienazione delle terre statali ha costituito il colpo di 
                  grazia del potere neoliberista nei confronti delle popolazioni 
                  indigene.  
                  Nell’editoriale del giornale rivoluzionario El Despertador 
                  Mexicano, gli zapatisti dichiararono le loro motivazioni: 
                  «abbiamo fatto richieste per centinaia di anni credendo 
                  alle promesse che mai si sono realizzate, e sempre ci hanno 
                  detto di essere pazienti e che dovevamo attendere tempi migliori. 
                  Ci hanno raccomandato prudenza e ci hanno promesso che il futuro 
                  sarebbe stato migliore. Ebbene, abbiamo verificato che non è 
                  così, tutto procede allo stesso modo o peggio rispetto 
                  ai tempi dei nostri nonni e dei nostri padri. Il nostro popolo 
                  continua a morire di fame e di malattie curabili, sopraffatti 
                  dall’ignoranza, dall’analfabetismo e dalla mancanza 
                  di cultura. E abbiamo capito che se noi non combattiamo i nostri 
                  figli continueranno a vivere in questo modo. E questo non sarebbe 
                  giusto» (7).  
                  I ribelli dell’EZLN dimostrarono precocemente una capacità 
                  di dialogo non comune sia con il governo federale che con l’opinione 
                  pubblica messicana ed internazionale. Parve subito chiaro che 
                  non si trattava soltanto di un gruppo armato e che la conquista 
                  militare del potere non era il principale interesse della comandancia 
                  zapatista. Si intravedeva che l’obiettivo degli insurgientes 
                  era eminentemente politico: il riconoscimento del diritto delle 
                  popolazioni indigene ad una vita dignitosa e all’autogoverno 
                  delle proprie terre ancestrali.  
                  È di fondamentale importanza sottolineare che l’EZLN 
                  evitò di perseguire una strategia di vendetta violenta 
                  sulle autorità vessatrici ed evidenziò l’esigenza 
                  di un dialogo aperto e paritario con le Istituzioni al fine 
                  di pervenire all’obiettivo politico dell’autogoverno 
                  delle comunità. Con questa strategia, gli insorti si 
                  conquistarono immediatamente l’appoggio convinto delle 
                  avanguardie culturali e sociali sia messicane che internazionali 
                  che si strinsero a difesa delle posizioni politiche dell’EZLN. 
                  Di conseguenza, dopo un iniziale intervento armato ordinato 
                  dal Governo attraverso l’invasione del Chiapas da parte 
                  di un cospicuo contingente dell’Esercito Federale con 
                  i conseguenti morti e feriti da entrambe le parti, l’intervento 
                  di quella che fu definita come la società civile contribuì 
                  a fermare l’iniziale e violentissima repressione operata 
                  dalle decine di migliaia di soldati inviati dal Presidente messicano 
                  dell’epoca, Carlos Salinas de Gortari, a soffocare la 
                  ribellione.  
                  La storia successiva è stata caratterizzata dall’atteggiamento 
                  ambiguo del governo che da un lato negoziava e stringeva accordi 
                  con l’EZLN e dall’altra parte procedeva con le provocazioni 
                  violente sui municipi autonomi creati dalle comunità 
                  zapatiste sul territorio controllato dall’EZLN. L’esempio 
                  più eclatante è rappresentato dal non rispetto 
                  da parte del governo degli accordi di San Andrés (8) 
                  riguardanti i diritti dei popoli indigeni. Nel dicembre del 
                  1997, in seguito al massacro di 45 indigeni (15 bambini, 21 
                  donne e 9 uomini) da parte di gruppi paramilitari filogovernativi 
                  appoggiati dall’esercito federale, la situazione peggiorò 
                  notevolmente ed i colloqui di pace subirono un’ulteriore 
                  battuta d’arresto. Tuttavia, grazie alla mobilitazione 
                  di molte personalità in Messico e all’estero, che 
                  si opposero all’atteggiamento del governo e dell’esercito 
                  federale, si riuscì a convincere il governo del PRI (Partido 
                  Rivolucionario Istitucional) (9) 
                  a perseguire da quel momento in poi una repressione relativamente 
                  più nascosta definita «guerra a bassa intensità». 
                   
                  La politica di repressione del governo, tesa a perpetuare la 
                  miseria ed il silenzio degli indigeni attraverso l’occupazione 
                  militare dello stato e l’appoggio a bande paramilitari 
                  di tendenza reazionaria, intese fiaccare la resistenza dell’EZLN 
                  evitando di incorrere nel biasimo dell’opinione pubblica 
                  internazionale. Nel 1998 la "Commissione Civile Internazionale 
                  di Osservazione per i Diritti Umani" scriveva: “lo 
                  stato del Chiapas vive in questi momenti le conseguenze di una 
                  situazione di profonda scomposizione politica e di preoccupante 
                  destrutturazione sociale. A tutti i livelli si comprende come 
                  le strutture istituzionali siano incapaci di assicurare la presenza 
                  dello stato di diritto e come la società chiapaneca, 
                  specialmente le comunità indigene, soffrano le conseguenze 
                  di una situazione generalizzata di violenza e impunità”. 
                  Un secondo documento della Commissione, datato 1999, fotografa 
                  una situazione ulteriormente peggiorata.  
                  Nel luglio del 2000, l’elezione di Vicente Fox alla presidenza 
                  messicana (10) fece rinascere le speranze 
                  per una soluzione pacifica del conflitto. Il Presidente Fox 
                  promise di mettere fine radicalmente alle politiche repressive 
                  del governo precedente del PRI e di favorire una soluzione di 
                  lungo periodo alle problematiche dei popoli indigeni del Chiapas. 
                  Purtroppo, queste soluzioni non sono state trovate e le élites 
                  politiche, sociali ed economiche messicane ed internazionali 
                  continuano a resistere all’idea di dignità indigena. 
                   
                  Il subcomandante Marcos (11) ha saputo 
                  convincere, almeno in parte, i moderni mezzi di informazione 
                  a fungere da cassa di risonanza mondiale del movimento legato 
                  ai diritti dei popoli indigeni del Chiapas. Nella primavera 
                  del 2001, gli zapatisti hanno organizzato la Marcia per la Dignità 
                  Indigena, durata due settimane con partenza dal Chiapas e conclusione 
                  a Città del Messico. La Marcia si è conclusa con 
                  una manifestazione nella piazza principale di Città del 
                  Messico (lo Zócalo) di fronte ad oltre 250.000 persone. 
                   
                  In assenza di chiare garanzie del rispetto degli accordi pregressi, 
                  Marcos ha accuratamente evitato di incontrare il Presidente 
                  Fox che, nell’occasione, è apparso più interessato 
                  alla foto ricordo, quindi allo sfruttamento pubblicitario dell’iniziativa 
                  di pace che non all’appoggio delle richieste zapatiste. 
                  La Comandante zapatista Esther, durante il suo discorso tenuto 
                  presso il Congresso (parlamento federale) messicano, ha successivamente 
                  sollecitato l’approvazione della legge per i diritti dei 
                  popoli indigeni, da lungo tempo prevista in base agli accordi 
                  di San Andrés. Purtroppo, il Congresso ha poi approvato 
                  una riforma rimaneggiata in molti punti e non rispondente agli 
                  accordi iniziali, perdendo l’occasione di risolvere finalmente 
                  una questione di diritti umani che pesa sullo sviluppo del paese 
                  e che avrebbe potuto costituire un segnale di civiltà 
                  per il mondo intero.  
                  La legge, originariamente, avrebbe dovuto concedere alle comunità 
                  indigene un’autonomia limitata, nonché l’autogoverno 
                  ed il controllo della terra sulla quale queste popolazioni vivono 
                  da secoli, ma la versione approvata svuota questi concetti di 
                  molti significati pratici. Anche gli osservatori di chiara impronta 
                  liberista della rivista «The Economist» riconoscono 
                  che i conservatori del PAN e del PRI, responsabili degli emendamenti 
                  alla legge, «hanno sostenuto che la legge avrebbe danneggiato 
                  l’unità del paese [anche se] in privato ammettono 
                  di aver temuto che [la legge] potesse danneggiare gli interessi 
                  dei boss locali e dei proprietari terrieri, in particolare negli 
                  stati meridionali, nei quali le dispute sulla proprietà 
                  della terra sono comuni» (12). 
                   
                  Il 29 aprile del 2001 la comandancia general del EZLN 
                  prende atto del fatto che «la riforma costituzionale sui 
                  diritti e la cultura indigeni, recentemente approvata dal Congresso 
                  dell’Unione, […] non risponde in assoluto alle domande 
                  dei popoli indios del Messico, del Congresso Nazionale Indigeno, 
                  dell’EZLN, né della società civile nazionale 
                  e internazionale che si è mobilitata nei fatti recenti. 
                  […] La detta riforma tradisce gli accordi di San Andrés 
                  e […] rappresenta una grave offesa ai popoli indios, alla 
                  società civile nazionale ed internazionale e all’opinione 
                  pubblica, poiché disprezza la mobilitazione ed il consenso 
                  senza precedenti che la lotta indigena ha raggiunto in questi 
                  tempi» (13). Gli zapatisti hanno 
                  quindi scelto di interrompere i contatti con il governo e di 
                  ritornare alla resistenza ed alla ribellione tra le montagne 
                  della Selva Lacandona.  
                  
                  
                  Il Chiapas oggi (14) 
                 
                Le informazioni che arrivano in occidente sono poche e, non 
                  a caso, distorte. La situazione in Chiapas è tutt’oggi 
                  caratterizzata dalla presenza dell’esercito (sebbene in 
                  misura ridotta rispetto al passato) e di formazioni paramilitari 
                  di disturbo appoggiate dai settori più retrivi della 
                  società messicana (in primis i terratenientes 
                  ovvero i latifondisti), tuttora non disarmate e attive nella 
                  repressione violenta nei confronti degli indigeni. Il governo 
                  ha perseguito una strategia di divisione delle comunità 
                  indigene attraverso corruzione, favoritismi, progetti di aiuto 
                  economico alle comunità più docili dal punto di 
                  vista politico.  
                  I rifugiati che hanno dovuto lasciare le proprie case nel corso 
                  della guerra sono circa 15.000, dei quali soltanto 1.400 sono 
                  tornati alle proprie case (15). La causa 
                  principale del fallimento degli «accordi di riconciliazione», 
                  promossi dal governo e indirizzati al ritorno dei profughi, 
                  è da ricercare nella totale assenza di leggi che prevedano 
                  il risarcimento dei danni e la persecuzione dei colpevoli di 
                  violenze e furti.  
                  Al fine di giungere ad una soluzione definitiva del conflitto, 
                  la «Commissione Civile Internazionale di Osservazione 
                  per i Diritti Umani» aveva raccomandato al governo messicano 
                  di accettare le tre rivendicazioni che l’EZLN proponeva 
                  come condizioni fondamentali per riavviare i colloqui di pace: 
                   
                  • rispetto del progetto di riforma costituzionale della 
                  Commissione Parlamentare COCOPA;  
                  • liberazione di tutti i prigionieri politici zapatisti 
                  senza che si producano ulteriori arresti che possano complicare 
                  la situazione;  
                  • ritiro dell’esercito nelle posizioni precedenti 
                  alla guerra.  
                  La risposta delle Istituzioni messicane in relazione a queste 
                  richieste è stata quasi totalmente negativa. Nuovi gruppi 
                  paramilitari nascono con il preciso scopo di allontanare gli 
                  indigeni dalla resistenza zapatista (con la forza o attraverso 
                  la corruzione) con il coinvolgimento diretto o indiretto dei 
                  maggiori partiti messicani e degli organi di governo locale 
                  e federale. Nel 2002, la Suprema Corte de Justicia de la 
                  Nación ha considerato non accettabili i 330 ricorsi, 
                  presentati da diversi municipi indigeni di vari Stati del Messico, 
                  contro la nuova legge costituzionale sui diritti dei popoli 
                  indigeni approvata l’anno precedente (16). 
                  I primi segnali dai partiti maggiori, PAN e PRI, sono di assoluta 
                  indisponibilità a rivedere la legge (truffa) sui diritti 
                  degli indigeni, sebbene ci siano alcuni deputati sensibili a 
                  questi problemi soprattutto tra le file dei partiti di sinistra 
                  che pure sulla questione hanno sempre mantenuto una posizione 
                  ambigua (primo fra tutti il PRD) (17). 
                   
                  Nel frattempo, l’iniziativa politica degli zapatisti rimane 
                  di alto profilo e conferma la tradizione radicale e autenticamente 
                  popolare di questo movimento che guarda il mondo dal basso con 
                  gli occhi delle comunità in lotta.  
                  Il tradimento degli Accordi di San Andrés ha portato 
                  l’EZLN a sospendere totalmente qualsiasi contatto con 
                  il governo federale messicano ed i partiti politici e ad intraprendere 
                  una strategia diversa da quella del negoziato con le forze politiche. 
                  Come molto lucidamente analizzato da Gustavo Castro Soto dell’ONG 
                  chiapaneca CIEPAC in un recente articolo, l’EZLN ha deciso 
                  che nei territori ribelli saranno applicati per le vie di fatto 
                  gli Accordi di San Andrés, sottolineando così 
                  i due assi centrali nella loro strategia: Resistenza e Ribellione. 
                  «L’unica strada che ci hanno lasciato è quella 
                  di organizzarci con resistenza e ribellione», ha affermato 
                  il Comandante Tacho. Per il Comandante David «Con la nostra 
                  lotta, resistenza e ribellione desideriamo dare un piccolo contributo 
                  alla lotta più grande contro il neoliberismo e la globalizzazione 
                  della morte che minaccia tutta l’umanità». 
                  Dunque si apre un’altra strada per i popoli indigeni: 
                  la via dei fatti. Gli zapatisti hanno scelto di rafforzare la 
                  loro ultima trincea, di rivolgersi in basso, ai piedi, alla 
                  terra come base fondamentale dell’autonomia per germinare 
                  dal basso un nuovo cammino. Per l’EZLN la strategia si 
                  concentra «nell’esercitare il nostro diritto nella 
                  pratica, quale giusta strada che devono percorrere i popoli 
                  indigeni del Messico» (18).  
                  Durante una festa aperta alla società civile nazionale 
                  ed internazionale il 9 Agosto presso Oventik, municipio de San 
                  Andrés Sacam`chén de los Pobres, di fronte a decine 
                  di migliaia di persone i rappresentanti del CCRI-Comandancia 
                  General dell’EZLN hanno spiegato al mondo che i 27 
                  Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ) si raggrupperanno 
                  su basi geografiche intorno a cinque Caracoles (letteralmente 
                  mulinelli) di nuova costituzione (19). 
                   
                  Dal punto di vista pratico, i Caracoles sono una riorganizzazione 
                  del territorio zapatista. Ad ogni Caracol corrisponde una precisa 
                  zona geografica comprendente vari municipi autonomi ribelli 
                  zapatisti. Ognuno di questi municipi continua a governarsi in 
                  piena autonomia amministrando la giustizia, la salute, l’educazione, 
                  la terra, il lavoro, l’alimentazione, l’informazione, 
                  la cultura e il transito locale. Vengono eletti dai Municipi 
                  1 o 2 loro rappresentanti all’interno della Giunta del 
                  Buon Governo. Infatti ad ogni Caracol corrisponde una Giunta 
                  del Buon Governo (acronimo messicano JBG) con funzioni di coordinamento 
                  verso l’interno e verso l’esterno (20). 
                   
                  Verso l’interno con i seguenti compiti:  
                  • riequilibrio dello sviluppo fra i municipi e fra le 
                  comunità all’interno di ogni Municipio;  
                  • mediazione nei conflitti fra Municipi Autonomi e fra 
                  questi e quelli governativi;  
                  • verifica e indagini sulle denunce per violazioni dei 
                  diritti umani da parte dei Municipi Autonomi;  
                  • vigilanza e rispetto delle leggi dei Municipi Autonomi 
                  Ribelli Zapatisti.  
                  Verso l’esterno con i seguenti compiti:  
                  • rapporti con la società civile nazionale ed internazionale 
                  (visite, progetti, accampamenti di pace, ricerche, ecc.);  
                  • partecipazione a manifestazioni ed eventi (in coordinamento 
                  con il CCRI dell’EZLN);  
                  • verifica, indagini e denuncia delle violazioni dei diritti 
                  umani nei confronti di comunità e di Municipi Autonomi. 
                   
                  Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno vigila perché 
                  le giunte rispettino il principio zapatista del «comandare 
                  obbedendo». L’Esercito Zapatista di Liberazione 
                  Nazionale, attraverso il suo portavoce Marcos, in occasione 
                  della formazione delle Giunte, spiega al popolo quali saranno 
                  gli importanti cambiamenti nei rapporti tra l’EZLN e i 
                  governi autonomi zapatisti: «da questo momento non sarò 
                  più portavoce dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti. 
                  Questi hanno già chi può parlare, e bene, per 
                  loro. Nel mio ruolo di comandante militare delle truppe zapatiste, 
                  vi comunico che a partire da questo momento i Consigli Autonomi 
                  non potranno ricorrere alle forze miliziane per il lavori di 
                  governo. Dovranno pertanto sforzarsi di fare come dovrebbero 
                  fare tutti i buoni governi, cioè ricorrere alla ragione 
                  e non alla forza per governare. Gli eserciti si devono usare 
                  per difendere e non per governare. Il lavoro di un esercito 
                  non è quello del poliziotto o di agente del Pubblico 
                  Ministero. Di conseguenza, come vi verrà comunicato dai 
                  nostri comandanti, verranno ritirati tutti i posti di blocco 
                  e di controllo che al comando delle autorità autonome 
                  le nostre forze mantenevano su sentieri e strade, così 
                  come la riscossione di tasse a privati. […] Continua ad 
                  essere nostro lavoro e nostro dovere proteggere le comunità 
                  dalle aggressioni del mal governo, dei paramilitari e di tutti 
                  quelli che vogliono far loro del male. Per questo siamo nati, 
                  per questo viviamo e per questo siamo disposti a morire» 
                  (21).  
                  Con la formazione delle Giunte, «i governi municipali 
                  acquisiscono una proiezione regionale che tenta di rafforzarli 
                  attraverso una politica regionale, e nel contempo obbliga tali 
                  governi ad esercitare la propria funzione pubblica in accordo 
                  a principi di moralità. […] Così, questo 
                  processo di creazione di nuove forme di governo indigene, contraddice 
                  l’idea formalista e positivista che le istituzioni politiche 
                  possono esistere solo quando esista un processo giuridico formale 
                  di creazione in accordo con le regole generate all’interno 
                  del chiuso ambito giuridico. Come possiamo vedere, se il diritto 
                  non ha la capacità, in un dato momento storico, di creare 
                  le istituzione che la società domanda, la stessa società 
                  può avanzare nella costituzione delle proprie nuove strutture 
                  politiche e spesso ciò creerà uno scontro con 
                  l’ordine vigente. A seconda della forza delle due parti 
                  (lo Stato ed il movimento sociale), successivamente inizierà 
                  o meno il suo riconoscimento giuridico formale. Ciò significa 
                  che la lotta politica dei popoli indigeni non può esser 
                  limitata al riconoscimento giuridico dei loro diritti, ma alla 
                  creazione delle istituzioni politiche che permettano ad essi 
                  una vita buona, in accordo con la propria cultura ed adeguata 
                  al mondo di oggi (22).  
                  
                  
                  Aspetti di un movimento che si distingue  
                Il movimento zapatista dichiara di essere un «esercito 
                  di pace», formato da guerrieri che non credono nelle armi 
                  (23). Queste sono impugnate soltanto 
                  per difendere i territori presidiati sia dall’esercito 
                  che da commandos paramilitari sovvenzionati dai latifondisti 
                  ma per la verità la resistenza delle comunità 
                  ha sempre assunto, fino ad oggi, caratteri di resistenza passiva 
                  e non violenta. Attraverso questa strategia basata sull’iniziativa 
                  politica, gli zapatisti si sono assicurati oggi uno status quo 
                  nel quale sostanzialmente le comunità, organizzate nei 
                  Municipi Autonomi, convivono come forme tollerate di autogoverno 
                  con i municipi ufficiali.  
                  Questo è un movimento di liberazione nazionale che ha 
                  saputo distinguersi nettamente dai movimenti di guerriglia attivi 
                  in altre zone del mondo. Basta analizzare l’espressione: 
                  «ci siamo fatti soldati perché non ci siano più 
                  soldati» o quando affermano di «comandare obbedendo». 
                  Nella cosmovisione indigena l’obbedienza non è 
                  rivolta a nessuno se non al popolo al quale orgogliosamente 
                  appartengono (24) e per questo motivo 
                  nelle zone controllate dall’EZLN si leggono cartelli con 
                  la scritta: «qui comanda il popolo e il governo ubbidisce». 
                   
                  La stessa organizzazione militare dell’EZLN è basata 
                  su un’inversione di sovranità rispetto ai movimenti 
                  guerriglieri tradizionali. Si tratta innanzitutto di un esercito 
                  quasi totalmente costituito da indigeni con un gruppo di comando 
                  politico, il CCRI ovvero il Comité Clandestino Revolucionario 
                  Indígena, ma anche militare costituito da rappresentanti 
                  indigeni eletti dalle Comunità. «All’apice 
                  stanno le comunità che, in assemblea, nominano i loro 
                  comandanti. L’immagine del comandante guerrigliero perde 
                  ogni idealizzazione quando si conosce personalmente qualche 
                  comandante dell’EZLN. La comandante Trini, per esempio, 
                  è una donna tojolabal di sessantadue anni che vive nella 
                  sua comunità, svolge i lavori quotidiani […] indossa 
                  i tipici vestiti delle indigene, è grassa e porta sandali 
                  oppure va scalza. […] La divisione dei ruoli nell’EZLN 
                  appare abbastanza netta. Il contatto con le comunità 
                  viene tenuto dai membri del CCRI, organo formato esclusivamente 
                  da indigeni eletti dalle loro comunità, che hanno l’incarico 
                  di comandanti e al quale non può appartenere Marcos in 
                  quanto meticcio» (25). Il CCRI 
                  rappresenta quindi la Comandancia General dell’EZLN 
                  e Marcos, con il ruolo di subcomandante, agisce da portavoce 
                  e comandante operativo delle operazioni militari. Le comunità 
                  vengono comunque consultate in occasione di ogni decisione di 
                  natura strategica.  
                  Marcos dice che le sue armi sono «la parola, la memoria 
                  e il sogno» (26). Il sub Comandante 
                  Marcos parla per metafore, utilizzando un linguaggio nuovo e 
                  capace di arrivare direttamente al cuore della società 
                  civile. È un linguaggio fatto di metafore e poesia. Una 
                  poesia per il popolo e del popolo, un linguaggio capace di risvegliare 
                  valori quali orgoglio, onore, dignità, fierezza e coraggio 
                  (27). Gli zapatisti dichiarano costantemente 
                  di non essere interessati al potere, ma unicamente al riconoscimento 
                  dei diritti umani e civili degli indigeni.  
                  
                Manifestazione zapatista allo 
                  Zocalo 
                Il gemellaggio di Paviainseriea (28) 
                 
                Nella prima settimana di novembre 2003, insieme a Valentina 
                  Negri, in qualità di rappresentanti di paviainseriea, 
                  siamo giunti a Morelia, sede del caracol competente 
                  per territorio per incontrare la Giunta del Buon Governo a cui 
                  fa capo il Municipio Autonomo 1° de Enero (29) 
                  con cui l’associazione paviainseriea è gemellata. 
                  La JBG Torbellino de Nuestras Palabras è composta 
                  di 14 rappresentanti dei 7 municipi autonomi della zona, eletti 
                  tra i membri dei consigli municipali zapatisti di ogni municipio. 
                   
                  Presentiamo quindi la nostra associazione alla Giunta tentando 
                  di spiegare come Paviainseriea, pur con risorse limitate, abbia 
                  operato un coinvolgimento della cittadinanza pavese attraverso 
                  un movimento «dal basso» ossia con un coinvolgimento 
                  diretto delle persone che da semplici spettatrici diventano 
                  protagoniste delle attività. Le precedenti raccolte fondi 
                  a favore del Chiapas, oltre ad aver sensibilizzato ed avvicinato 
                  la città alla causa zapatista, grazie soprattutto agli 
                  interventi ed ai filmati proiettati durante le serate, hanno 
                  inoltre consentito di raccogliere fino ad oggi 3.500, inviati 
                  successivamente al MA Primero de Enero e utilizzati per l’acquisto 
                  di materiale didattico e sanitario per le scuole autonome del 
                  Municipio. Viene inoltre sottolineato come la nostra disponibilità 
                  di risorse da inviare ai nostri fratelli e sorelle zapatiste 
                  sia strutturalmente legata alla raccolta di fondi presso la 
                  cittadinanza, essendo Paviainseriea una struttura «di 
                  base» sostanzialmente autofinanziata e priva di contributi 
                  pubblici. Concludiamo poi sottolineando che la nostra presenza 
                  (ovviamente autofinanziata attraverso i nostri risparmi privati) 
                  vuole essere un ulteriore passo per rafforzare la relazione 
                  con i compagni indigeni e per meglio comprendere quale sia il 
                  metodo migliore per lavorare insieme in futuro.  
                  I compagni delle JBG ringraziano la nostra associazione che, 
                  con il suo contributo, unisce il suo granello di sabbia a quello 
                  di altri per appoggiare la causa zapatista. Viene sottolineato 
                  poi che i nostri contributi dovranno essere d’ora in poi 
                  indirizzati direttamente alla Giunta che determinerà 
                  quelli che sono i progetti più urgenti all’interno 
                  della regione di competenza, trattenendo una quota del 10% utilizzata 
                  per le esigenze di coordinamento tra i diversi Municipi e la 
                  Giunta stessa. Viene comunque specificato che la destinazione 
                  dei fondi raccolti sarà comunque preferenzialmente destinata 
                  al Municipio gemellato, a patto che tale destinazione non costituisca 
                  una violazione del principio fondamentale di sviluppo equilibrato 
                  di tutte le comunità. La Giunta è stata costituita 
                  proprio per dar voce a tutti i compagni zapatisti, anche a chi 
                  è più isolato a causa del proprio insediamento 
                  sulle montagne, e decidere quindi quali sono le necessità 
                  impellenti a cui rivolgere in primis gli appoggi. Ogni forma 
                  di aiuto consente al popolo indigeno di auto-sostenersi senza 
                  l’appoggio governativo.  
                  Nella nostra successiva permanenza presso le diverse Comunità 
                  decentrate (30) componenti il Municipio 
                  Autonomo 1° de Enero, abbiamo avuto modo di incontrare tutta 
                  la popolazione (donne, uomini e bambini) attraverso le assemblee 
                  di base indette in ogni Comunità al fine di incontrarci. 
                  Nelle assemblee, dopo l’iniziale preghiera (31), 
                  l’inno messicano, l’inno zapatista e l’inno 
                  dell’educazione zapatista ci vengono illustrate le necessità 
                  che sono molteplici: presidi medici, materiale scolastico, elettricità 
                  ed acqua potabile, risorse ancora in gran parte carenti nella 
                  zona.  
                  Malgrado le difficoltà affrontate delle comunità 
                  zapatiste rimangano enormi, quando chiediamo ai compagni, che 
                  cosa hanno guadagnato con questa lotta ci rispondono senza esitazioni: 
                  «Ora non abbiamo più padroni, i nostri figli vanno 
                  a scuola e mangiamo tre volte al giorno». È vero 
                  che i tre pasti giornalieri sono costituiti quasi esclusivamente 
                  da fagioli, uova con pomodoro e tortillas di mais ma, in effetti, 
                  quelle elencate ci sembrano ottime ragioni per lottare.  
                  Affrontiamo poi con diversi compagni del Consiglio municipale 
                  un altro argomento scottante e di sicuro interesse per il pubblico 
                  italiano: il rifiuto degli aiuti che tutte le comunità 
                  zapatiste oppongono ai governi statale e federale. La risposta 
                  è univoca e convinta: i governi hanno dimostrato una 
                  totale indisponibilità a rispettare gli accordi politici 
                  conclusi nel decennio scorso con gli zapatisti (32) 
                  per cui la strada del dialogo è a questo punto conclusa 
                  senza risultato e occorre realizzare la vera autonomia. Ovviamente, 
                  la vera autonomia consiste nel resistere al tentativo governativo 
                  di comprare il consenso politico attraverso aiuti che nascondono 
                  una volontà di controllo e dominio da parte delle autorità. 
                   
                  Prima della partenza veniamo infine salutati da tutti i compagni 
                  che scherzano sul fatto che dopo un’altra giornata passata 
                  in montagna siamo totalmente ricoperti di fango: queste battute 
                  ci forniscono l’alibi per andarcene in bellezza solennemente 
                  dichiarando di non volerci lavare gli scarponi per poter portare 
                  con noi in Italia il fango di Chiapas. La figura retorica funziona 
                  soltanto dopo la traduzione spagnolo-tzeltal (33) 
                  e l’avventura si chiude nella speranza di poter tenere 
                  fede alle promesse fatte.  
                  
                Valentina Negri 
                  
                  Perché appoggiare lo zapatismo  
                A mio avviso ci troviamo innanzi ad un fondamentale fronte 
                  di lotta contro l’ingiustizia globalizzata forse addirittura 
                  avvicinabile alla situazione creatasi sul fronte spagnolo nel 
                  1936.  
                  Appoggiare agli zapatisti non è un problema umanitario 
                  ma politico: se gli zapatisti vincono, allora la speranza in 
                  un mondo migliore per tutti i popoli del mondo potrà 
                  faticosamente sopravvivere. Se questi gruppi di indigeni ribelli 
                  perdessero, questa sconfitta potrebbe avere ripercussioni drammatiche 
                  su tutti i movimenti che si ribellano ai dettami della politica 
                  neoliberista e ritardare di decenni la lotta contro l’ingiustizia 
                  in tutto il mondo.  
                  Alla completa assenza di appoggi da parte della comunità 
                  politica internazionale (34), per ovvie 
                  ragioni di opportunità, si aggiunge il quasi totale disinteresse 
                  da parte del mondo della cooperazione internazionale, a causa 
                  dell’indisponibilità degli zapatisti a tollerare 
                  i compromessi tipici di questo tipo di intervento (35). 
                  Di conseguenza, gli appoggi disponibili sono estremamente ridotti 
                  e, per questa ragione, riteniamo che occorra una mobilitazione 
                  generale di tutte le strutture libertarie in Italia (36) 
                  per aiutare questi compagni.  
                  Va sottolineato che l’aiuto a queste forme di resistenza, 
                  così come ve lo stiamo proponendo, si caratterizza per 
                  l’assenza di forme d’intermediazione o di direzione 
                  da parte del benefattore, così come la completa assenza 
                  di costi amministrativi per la gestione degli aiuti. Le risorse 
                  che raccogliamo vengono inviate direttamente dal nostro conto 
                  corrente ai referenti degli organi politici controllati dalle 
                  comunità (e cioè il conto corrente della competente 
                  Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo prevedono 
                  la completa autonomia decisionale delle comunità beneficiarie 
                  attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi Autonomi 
                  e Consigli di Comunità)Va sottolineato che l’aiuto 
                  a queste forme di resistenza, così come ve lo stiamo 
                  proponendo, si caratterizza per l’assenza di forme d’intermediazione 
                  o di direzione da parte del benefattore, così come la 
                  completa assenza di costi amministrativi per la gestione degli 
                  aiuti. Le risorse che raccogliamo vengono inviate direttamente 
                  dal nostro conto corrente ai referenti degli organi politici 
                  controllati dalle comunità (e cioè il conto corrente 
                  della competente Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo 
                  prevedono la completa autonomia decisionale delle comunità 
                  beneficiarie attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi 
                  Autonomi e Consigli di Comunità (37). 
                  Si tratta quindi di un aiuto che può essere verificato 
                  da parte nostra nei suoi risultati pratici, anche attraverso 
                  costanti contatti e visite presso le comunità, ma che 
                  parte in forma completamente incondizionata. Questa scelta deriva 
                  dalla fiducia che riponiamo nella capacità di autogoverno 
                  delle comunità zapatiste (e, in generale, in tutte le 
                  forme di autogoverno).  
                  Per evidenziare ulteriormente le difficoltà che i compagni 
                  affrontano ogni giorno nella lotta contro il potere, siamo appena 
                  stati informati che i compagni della Giunta del Buon Governo 
                  del Caracol di Torbellino de Nuestras Palabras (vedi il resoconto 
                  di viaggio alle pagine precedenti) stanno subendo un attacco 
                  in forze da parte di formazioni legate al PRI. In base al resoconto 
                  dell’importante quotidiano messicano La Jornada, il Sindaco 
                  priista (38) della vicina cittadina di 
                  Altamirano avrebbe minacciato di distruggere le installazioni 
                  zapatiste di Morelia. Sulla base dei dati disponibili, il conflitto 
                  sarebbe originato da motivazioni esclusivamente politiche e 
                  per il momento lo scontro fisico sarebbe stato evitato. Attualmente 
                  sono presenti in zona numerosi esponenti delle forze armate 
                  e di polizia e nulla sappiamo di come si evolverà la 
                  situazione (39).  
                  Per queste motivazioni politiche tutti gli amanti della libertà 
                  si devono attivare per sostenere questa lotta. Sinceramente, 
                  anche osservare i bambini a piedi nudi nel fango che ti guardano 
                  e ti sorridono fa molto UNICEF e può aiutare a scuotere 
                  le coscienze, ma ricordiamoci che la scelta di aiutare questo 
                  popolo in questo momento è soprattutto una scelta politica 
                  alternativa al potere.                  
                  
                  Marco Gastoni 
                  Presidente associazione Paviainseriea 
                  
                Ringraziamenti:  
                  Oltre a ringraziare tutti i compagni zapatisti incontrati 
                  in questi anni in Chiapas e fuori, desidero ringraziare tutte 
                  le associazioni italiane operative sulla questione zapatista 
                  e, in particolare, Sergio di Ya Basta! di Milano. Grazie anche 
                  ad Annamaria del Comitato Maribel di Bergamo e Renza del Comitato 
                  Chiapas Torino per aver diffuso pubblicamente, in tutti questi 
                  anni, le traduzioni dallo spagnolo di tutti i documenti rilevanti 
                  su questo argomento. Senza di loro, probabilmente l’Italia 
                  non sarebbe uno dei paesi più sensibili e attivi su queste 
                  tematiche. Inoltre, volevo indirizzare un ringraziamento particolare 
                  all’inviato del quotidiano messicano «La Jornada», 
                  Hermann Bellinghausen, che ho avuto la fortuna di incontrare 
                  recentemente, per aver fatto conoscere a tutto il mondo le notizie 
                  che giungevano dalla Selva Lacandona fin dal 1994. Last, 
                  but not least, ringrazio moltissimo Valentina Negri e Michele 
                  Zancan e tutti gli altri compagni dell’associazione Paviainseriea 
                  per il supporto fornitomi. 
                  
                
                   
                    Note 
                      1. 
                        Paviainseriea è un’associazione di base d’ispirazione 
                        libertaria che si occupa di organizzare eventi culturali 
                        in appoggio a iniziative sociali rivolte a soggetti svantaggiati, 
                        basandosi sull’attività volontaria e gratuita 
                        di tutti i propri soci e organi rappresentativi. L’associazione 
                        è svincolata da appoggi politici, sostanzialmente 
                        autofinanziata e promuove una strategia di crescita culturale 
                        e sociale dal basso. Per ulteriori informazioni sulle 
                        attività degli ultimi anni ed eventuali contatti 
                        si veda il nostro sito internet: http://www.paviainseriea.it. 
                         
                        2. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo 
                        edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas 
                        di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).  
                        3. Contra la pobreza por una estrategia de política 
                        social di Guillermo Trejo, Claudio Jones (coords.), 
                        1993.  
                        4. «The Economist», 15 Marzo 2001.  
                        5. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo 
                        edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas 
                        di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).  
                        6. North America Free Trade Agreement entrato 
                        in vigore proprio il 1 gennaio 1994.  
                        7. «El Despertador» Mexicano, 1.1.1994.  
                        8. Gli accordi di San Andrés (16 febbraio 1996) 
                        furono firmati dai rappresentanti del potere esecutivo 
                        (governo federale), da una commissione parlamentare (COCOPA 
                        – Comisión de Concordia y Pacificación) 
                        che annoverava rappresentanti di tutti i partiti politici 
                        e dai rappresentanti dell’EZLN e prevedeva il riconoscimento 
                        costituzionale dei diritti e della cultura dei popoli 
                        indigeni.  
                        9. Il PRI ha governato il Messico per 70 anni fino al 
                        2000. Il termine «revolucionario» inserito 
                        nel nome di questo partito è semplicemente un omaggio 
                        di facciata al passato rivoluzionario messicano di Francisco 
                        «Pancho» Villa: in realtà le politiche 
                        del PRI sono sempre state estremamente conservatrici e 
                        hanno favorito l’ulteriore allargamento dell’enorme 
                        disuguaglianza sociale tipica del Messico.  
                        10. Vicente Fox ex alto dirigente della Coca Cola in Messico 
                        guida il PAN (Partido Acción Nacional) e il governo 
                        federale di centro destra.  
                        11. Portavoce e stratega dell’EZLN. Nelle parole 
                        ufficiali dell’EZLN Marcos «nacque 11 anni 
                        fa nella selva Lacandona e da allora ha vissuto, bevuto, 
                        mangiato e dormito insieme a noi, gli indigeni del Chiapas; 
                        Marcos, così come tutti i membri del CCRI (Comité 
                        Clandestino Revolucionario Indígeno), non 
                        sa niente e non è niente se non un rappresentante 
                        in più, insieme al CCRI, degli indigeni del popolo 
                        chiapaneco».  
                        12. «The Economist» (3.5.2001).  
                        13. Comunicato del CCRI-Comandancia general del EZLN 29 
                        aprile 2001.  
                        14. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo 
                        edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas 
                        di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).  
                        15. Fonte «The Economist» (10.1.2002).  
                        16. Vedi paragrafi precedenti.  
                        17. Partido de la Revolución Democrática. 
                         
                        18. Gustavo Castro Soto «Per comprendere l’EZLN» 
                        Chiapas al Día, No. 380 CIEPAC (Center for Economic 
                        and Political Investigations of Community Action, A.C. 
                        ciepac@laneta.apc.org) 
                        CIEPAC Chiapas, Messico 21 ottobre 2003.  
                        19. «Guarda, là nel ruscello si è 
                        formato un mulinello e nel suo centro la luna esegue la 
                        sua danza tremolante. Un mulinello... o un caracol. Dicono 
                        qui che i più antichi affermano che altri ancora 
                        più antichi dicevano che i primi su queste terre 
                        avessero il culto per la figura del caracol. Dicono che 
                        dicono che dicevano che il caracol rappresenta l’ingresso 
                        al cuore, così dicevano i primi a conoscenza. E 
                        dicono che dicono che dicevano che il caracol rappresenta 
                        anche l’uscita dal cuore per camminare nel mondo, 
                        come i primi chiamarono la vita. E non solo, dicono che 
                        dicono che dicevano che con il caracol si chiamava la 
                        collettività affinché la parola scorresse 
                        da uno all’altro e nascesse l’accordo. E dicono 
                        anche che dicono che dicevano che il caracol era d’aiuto 
                        affinché l’udito percepisse anche la parola 
                        più lontana. Questo dicono che dicono che dicevano. 
                        Io non lo so. Io cammino con te mano nella mano e ti mostro 
                        quello che vede il mio udito e ascolta il mio sguardo. 
                        E vedo e sento un caracol, il pu’y, come lo chiamano 
                        nella lingua di qua.» Subcomandante Marcos «Chiapas: 
                        la tredicesima stele Prima Parte: Un Caracol» Traduzione 
                        del Comitato Chiapas di Torino.  
                        20. Sintesi del Comitato Chiapas di Torino.  
                        21. Parole del subcomandante Marcos il 9 agosto presso 
                        Oventik, municipio de San Andrés Sacam`chén 
                        de los Pobres. Traduzione del Comitato Chiapas di Torino. 
                         
                        22. Juan Carlos Martínez «Le giunte del buon 
                        governo: Autonomia e governabilità non statale» 
                        Chiapas al Día, No. 379 CIEPAC (Center for Economic 
                        and Political Investigations of Community Action, A.C. 
                        ciepac@laneta.apc.org) 
                        Chiapas, México 17 ottobre 2003, traduzione di 
                        Luca Martinelli.  
                        23. Resistenza in Chiapas di Elisabetta Tola 
                        e Paolo Figini  
                        24. Id.  
                        25. Raúl Zibechi, Il paradosso zapatista. La 
                        guerriglia antimilitarista in Chiapas, Elèuthera, 
                        1998, p. 57.  
                        26. RadioChango: Marcos e l’epopea degli zapatisti 
                        di Jacques Blanco.  
                        27. Vedi per esempio il discorso allo Zócalo di 
                        Città del Messico.  
                        28. Estratto dall’opuscolo edito dall’associazione 
                        Paviainseriea di Pavia Notizie dal Chiapas: Visita 
                        alla Giunta Del Buon Governo «Corazon Del Arcoiris 
                        De Nuestra Esperanza» e al Municipio Autonomo di 
                        1° de Enero di Valentina Negri e Marco Gastoni, 
                        2003, disponibile su richiesta.  
                        29. 1 Gennaio, in onore del 1 gennaio 1994 inizio della 
                        rivolta zapatista.  
                        30. Nei giorni successivi visitiamo le Comunità 
                        di Patria Nueva, Nuevo Jerusalén e Tierra de Santa 
                        Maria.  
                        31. Gli zapatisti sono in maggioranza cattolici.  
                        32. Si vedano, per esempio, i mai rispettati accordi di 
                        San Andrés del 1996 tra EZLN, Governo Federale 
                        e Congresso.  
                        33. Molti compagni non capiscono e non parlano correttamente 
                        lo spagnolo e si esprimono nella lingua madre di derivazione 
                        maya.  
                        34. L’appoggio politico alle strutture zapatiste 
                        è limitato a pochi gemellaggi promossi da alcune 
                        associazioni e Comuni in gran parte italiani. Per una 
                        visione completa dei (purtroppo pochi) gemellaggi attivi 
                        si veda il sito dell’ONG messicana Enlace Civil 
                        http://www.enlacecivil.org.mx/. 
                         
                        35. Sappiamo bene quante contraddizioni e problematiche 
                        si nascondano nel funzionamento delle politiche di aiuto 
                        economico sviluppate da governi ed associazioni occidentali 
                        nei paesi poveri.  
                        36. Siamo a conoscenza che esistono relazioni tra alcune 
                        organizzazioni libertarie e le comunità zapatiste 
                        e questo appello è ovviamente rivolto a dare supporto 
                        a tutte le iniziative impegnate nel Chiapas.  
                        37. Eventuali aiuti che intendiate inviare in Chiapas 
                        possono essere canalizzati attraverso la nostra associazione, 
                        sul c/c 70475860173 ABI 03069 CAB 11333 (risparmiando 
                        sui costi del bonifico bancario) oppure possono essere 
                        inviati direttamente. Contattate Paviainseriea attraverso 
                        il nostro sito internet http://www.paviainseriea.it 
                        o la redazione di A 
                        e vi forniremo tutti i dettagli su come procedere.  
                        38. Ovvero appartenente al PRI.  
                        39. «La Jornada» 10 dicembre 2003.   | 
                   
                 
                
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