|  
                   
                  Lula o non Lula 
                   
                Il Brasile di Lula è una specie di laboratorio. L’elezione 
                  dell’ex sindacalista, leader del Pt (Partito dei lavoratori), 
                  in un paese a lungo dominato dai militari e da un’oligarchia 
                  sottomessa ai grandi poteri internazionali, ha suscitato grandi 
                  speranze nelle sinistre antiliberiste. Il compito di Lula è 
                  improbo e il suo governo si è già attirato molte 
                  critiche dai suoi stessi sostenitori. Lo accusano d’essere 
                  moderato in economia, di rimandare i tempi d’attuazione 
                  della riforma agraria, d’essere troppo incline al compromesso. 
                  Il Movimento dei Sem Terra ha interrotto la ‘tregua’ 
                  concessa all’indomani delle elezioni e ha ripreso le sue 
                  campagne di occupazione dei latifondi. Il presidente risponde 
                  di avere bisogno di tempo, d’essere costretto a salvare 
                  il paese, indebitato oltremisura, dalla bancarotta, e quindi 
                  obbligato a sostenere una politica economica di risanamento. 
                  Intanto ha varato il «Piano fame zero» per sollevare 
                  dalla povertà assoluta 44 milioni di connazionali, ha 
                  guidato l’opposizione del Gruppo dei 23 al vertice Wto 
                  di Cancun e sta impostando una nuova, coraggiosa politica estera, 
                  con relazioni in Africa e coi paesi arabi e il rilancio del 
                  progetto Mercosur, in alleanza con la nuova Argentina.  
                  La prima fase del governo Lula è densa di dubbi e di 
                  ombre, ma anche ricca di suggestioni e di progetti: perciò 
                  il Brasile è un autentico laboratorio, e non solo per 
                  l’azione e le scelte del primo governo di sinistra della 
                  sua storia.  
                  Il ribollente Brasile degli anni Duemila è il capofila 
                  mondiale di un altro esperimento seguito con attenzione dagli 
                  antiliberisti di tutto il mondo: la costruzione di reti di economia 
                  solidale. Lo snodo è cruciale, perché la contestazione 
                  al «sistema» e alle crescenti ingiustizie sociali 
                  si è sviluppata in tutto il mondo; gli avversari della 
                  globalizzazione neoliberista hanno ben argomentato negli ultimi 
                  anni le loro ragioni, tuttavia manca ancora la proposta di un 
                  modello alternativo, o almeno l’indicazione di un percorso 
                  possibile. Perciò è così importante immaginare 
                  – e cominciare a costruire – spezzoni di un’altra 
                  economia. Il tema è spesso snobbato dagli stessi militanti 
                  dei movimenti antiliberisti e in particolare dalle correnti 
                  che si rifanno alla tradizione storico-politica marxista. Eppure 
                  è una questione vitale. Come immaginiamo un’economia 
                  non capitalistica? È davvero possibile costruirla? Da 
                  dove si comincia?  
                  Il Brasile è un paese capofila perché vi è 
                  sorta la «Rete di socioeconomia solidaria», la più 
                  estesa esperienza di economia alternativa oggi esistente al 
                  mondo. Reti analoghe sono diffuse in altri Paesi del Cono Sud, 
                  soprattutto in Cile e nell’Argentina rovinata dalla sua 
                  cieca adesione alle dottrine della Banca Mondiale. La «socioeconomia 
                  solidaria» ruota attorno al concetto di «bem-vivir», 
                  il benessere sociale e soggettivo da raggiungere attribuendo 
                  alla collaborazione solidale il ruolo di modo di produzione 
                  dominante. L’economia solidale contrappone collaborazione 
                  e solidarietà ai principi ‘liberali’ dell’individualismo 
                  e della competizione; la difesa dell’ambiente allo sfruttamento 
                  delle risorse; la riduzione dell’orario di lavoro e il 
                  risparmio interno alla logica dello sfruttamento e dell’accumulazione 
                  di capitali. L’economia solidale è concepita come 
                  una rete, fatta di cellule autonome in stretto contatto fra 
                  loro: ognuna rafforza l’altra e favorisce l’aggregazione 
                  di cellule nuove. Tutte operano nella logica del «bem-vivir», 
                  favoriscono l’occupazione e la libera iniziativa solidale. 
                  Nelle reti, la distanza fra produzione e consumo s’accorcia, 
                  le cellule si nutrono reciprocamente. Una cooperativa che produce 
                  conserve, acquisterà la frutta dai contadini inclusi 
                  nella rete; i contadini riceveranno prestiti dalla ‘banca 
                  etica’ locale, che raccoglierà risparmio fra i 
                  membri della rete e nella comunità locale e a sua volta 
                  finanzierà una lavanderia ecologica, una piccola industria 
                  tessile gestita con criteri democratici, qualche famiglia di 
                  allevatori e lo spaccio popolare… Tutti – i membri 
                  della cooperativa, i contadini, gli operai dell’industria 
                  tessile e così via – sceglieranno il ‘loro’ 
                  spaccio popolare, la ‘loro’ lavanderia ecologica, 
                  le ‘loro’ conserve: la collaborazione garantisce 
                  la vita equilibrata di tutti. La rete si sviluppa aggregando 
                  altre cellule: artigiani, contadini, piccoli imprenditori possono 
                  associarsi; la logica del ‘bem-vivir’ garantisce 
                  sostegno reciproco e protezione. La rete stessa può promuovere 
                  nuove iniziative solidali, al fine di allargare i suoi confini 
                  e quindi il numero degli occupati e in generale dei partecipanti 
                  all’economia di solidarietà. In questo modo è 
                  possibile diversificare prodotti e servizi e migliorare la qualità 
                  della vita di tutti.  
                  Queste reti sono in espansione. Hanno avuto un impulso importante 
                  dalla crisi del sistema di produzione dominante: i crac finanziari, 
                  la disoccupazione crescente, le diseguaglianze sempre più 
                  vistose hanno alimentato la nascita di piccoli e grandi esperimenti, 
                  dal Cile al Brasile fino all’Argentina, dove si stanno 
                  affermando interessanti esperienze di autogestione di fabbriche 
                  fallite e sistemi di scambio non monetario. Lo stesso «Progetto 
                  fame zero» sostenuto da Lula s’ispira alla logica 
                  dell’economia solidale alimentata dal microcredito: si 
                  ‘investe’ sulle famiglie e sulla loro capacità 
                  di auto organizzarsi in collaborazione col vicinato, il quartiere, 
                  il villaggio. Tutti questi esperimenti si rifanno a una visione 
                  non autoritaria dei rapporti sociali.  
                  Euclides André Mance, filosofo ed economista brasiliano, 
                  nel suo recente libro «La rivoluzione delle reti» 
                  (Emi, 2003) vede in questa dinamica un processo che «sovverte 
                  i rapporti di produzione del capitalismo» e può 
                  arrivare a sostituire il capitalismo stesso. Il principio di 
                  solidarietà, il lavoro in rete, l’autogestione 
                  e il rifiuto del consumismo sono gli architravi di questo embrione 
                  di economia alternativa. In Brasile come in Argentina, paesi 
                  ‘capitalistici’ alle prese coi peggiori guasti prodotti 
                  dal capitalismo – ipersfruttamento delle risorse naturali, 
                  concentrazione dei poteri e delle ricchezze in poche mani, impoverimento 
                  dei ceti popolari, addirittura diffusione della fame – 
                  la costruzione di ‘nuove economie’ è un’esigenza 
                  vitale per ampie fasce della popolazione. Oggi il contesto politico 
                  e culturale, dall’ascesa al potere di Lula allo choc seguito 
                  al crollo argentino del dicembre 2001, favoriscono questi esperimenti. 
                  In Europa non avviene altrettanto, ma chi vuole combattere il 
                  sistema neoliberista e immaginare una società diversa, 
                  avrebbe il dovere di cominciare a costruire qualcosa. Al Forum 
                  sociale europeo di Parigi (novembre 2003) è stata allestita 
                  un’intera ‘cittadella’ dell’economia 
                  solidale: un buon segno, dopo le ‘omissioni’ notate 
                  a Firenze come a Porto Alegre. In Europa stanno crescendo esperienze 
                  promettenti, dalla microfinanza al commercio equo e solidale, 
                  fino alla nascita dei primi “distretti di economia solidale”, 
                  sostenuti in Italia dalla Rete di Lilliput. Sono esperimenti 
                  e percorsi con una forte connotazione politica: propongono una 
                  visione del mondo e dei rapporti sociali radicalmente nuova, 
                  un’idea alternativa di società. E soprattutto dimostrano 
                  che si può – anzi si deve – agire subito, 
                  senza attendere chissà quale rigenerazione universale, 
                  costruendo pezzo per pezzo, attraverso allargamenti continui, 
                  un’economia sociale anticapitalistica. In Brasile, Lula 
                  o non Lula, ci stanno provando seriamente, in Europa siamo solo 
                  ai primi passi ma il progetto è convincente e meriterebbe 
                  di attirare maggiori energie.  
                  
                  Lorenzo Guadagnucci 
                  
                Le 
                  edizioni Malatempora hanno recentemente pubblicato un libro 
                  del giovane scrittore anarchico genovese Marco Sommariva sul 
                  presidente brasiliano Lula 
                  
                  
                  Convegno Malatesta a Napoli 
                   
                Il convegno tenutosi a Napoli il 5, 6 e 7 dicembre scorsi, 
                  nella ricorrenza dei 150 anni dalla nascita di Errico Malatesta, 
                  aveva in origine il semplice obiettivo di costituire una celebrazione 
                  dell’identità storica del Movimento Anarchico, 
                  attraverso la riflessione sulla sua figura più rappresentativa. 
                  Il fatto che il convegno si sia svolto in uno dei palazzi storici 
                  più prestigiosi di Napoli (Palazzo dello Spagnuolo), 
                  e con la collaborazione di una nota Fondazione culturale, è 
                  stata la ovvia conseguenza di questa messa in evidenza dell’eredità 
                  storica di cui il Movimento Anarchico è detentore.  
                  Nell’organizzare il convegno ci si è però 
                  dovuti confrontare con i diversi percorsi che questa identità 
                  storica del Movimento Anarchico ha assunto, attraverso esperienze 
                  e sedimentazioni, che spesso hanno cristallizzato sia le legittime 
                  distinzioni che le relative polemiche.  
                  Nel corso dei mesi che sono stati necessari all’organizzazione 
                  del convegno, è stato inevitabile incappare anche nello 
                  strascico di queste polemiche. D’altro canto, abbiamo 
                  potuto notare che, nonostante tutto, la partecipazione non si 
                  è fatta desiderare; anche compagni che non si sono sentiti 
                  di assicurare la loro partecipazione, hanno comunque collaborato 
                  in vari modi alla riuscita del convegno.  
                  I tre giorni dei lavori hanno visto una viva partecipazione 
                  del movimento locale, ma anche della città nel suo insieme. 
                  Il convegno ha riscosso generale interesse e attenzione, senza 
                  però che ciò fornisse l’occasione per provocazioni 
                  degli apparati adibiti a tale scopo. Il clima è stato 
                  al tempo stesso festoso e riflessivo, consapevole dell’importanza 
                  della materia che si stava trattando. La figura di Malatesta, 
                  dalle relazioni e dal dibattito, è emersa non solo e 
                  non tanto nella sua attualità, ma soprattutto nel segno 
                  che ha impresso alla storia del movimento operaio internazionale 
                  ed anche alla storia d’Italia. Tale riflessione ha costituito 
                  l’elemento che ha reso tutti i compagni più consapevoli 
                  del loro ruolo storico all’interno del conflitto sociale. 
                 
                   
                  Alcuni compagni di Napoli 
                  
                Errico 
                  Malatesta 
                   
                  
                  Quel pazzo di Vincenzo 
                 
                  Da dove iniziare se tutto ancora non è finito? Dall’idea 
                  di quel pazzo di Vincenzo? Da quegli esaltati che subito gli 
                  hanno dato corda? Da Claudio che immediatamente ha messo a disposizione 
                  gli ampi locali della «Fondazione Morra» quale sede 
                  del Convegno? Da Gianna che ha disegnato logo, locandina e manifesti? 
                  Dalla birra di Gigino, anarcoprodotta per l’occasione? 
                  Da Gaetano e i compagni di «Contropotere» che hanno 
                  curato il sito e la propaganda in Internet (non dimenticando 
                  di ricoprire Napoli di manifesti)? Dalle compagne e compagni 
                  (fra cui molti del «Louise Michel») che – 
                  gastronomicamente parlando – si sono guadagnati sul campo 
                  il ruolo di «batteria armata» della prossima Rivoluzione 
                  napoletana? Dai tanti militanti della Federazione Anarchica 
                  e dei suoi gruppi di Napoli che hanno creduto all’impossibile 
                  contribuendo – insieme a tutti quanti – a realizzare 
                  il possibile e auspicabile successo dell’iniziativa?  
                  Ma è ovvio: dai partecipanti! Ben più di 250, 
                  che dal pomeriggio di venerdì 5 dicembre sino alla fredda 
                  e tempestosa domenica pomeriggio alla vigna di Beppe prospiciente 
                  il Golfo e ‘o Vesuvio hanno dato vita (e che vita!) al 
                  Convegno per i centocinquant’anni dalla nascita di Errico 
                  Malatesta. Un Convegno che non ha mai avuto un attimo di tregua 
                  in quanto alle numerose relazioni seguivano i filmati, ai filmati 
                  le rappresentazioni teatrali, alle rappresentazioni teatrali 
                  i concerti, ai concerti i canti e le tammuriate…  
                  Ora, un «bravo giornalista» dovrebbe relazionare 
                  e render conto del Convegno organizzato dal movimento anarchico 
                  napoletano per raccontare del loro conterraneo Errico Malatesta. 
                  Dovrebbe sintetizzare gli interventi (almeno i più «importanti») 
                  che hanno affrontato i diversi aspetti dell’anarchico 
                  di Santa Maria Capua Vetere, dai più definito «filosofo 
                  dell’azione» per la sua estemporanea praticità 
                  nell’organizzare gli anarchici ed il proletariato rivoluzionario 
                  alla lotta sociale, sindacale, insurrezionale. Dovrebbe parlare 
                  altresì dei relatori: quanti maschi, quanti femmine, 
                  quanti «stranieri». Ma soprattutto dovrebbe dire 
                  chi era l’anarchico Malatesta e chi sono gli anarchici 
                  che hanno organizzato un convegno per discuterne.  
                  In effetti, ci sono stati «bravi giornalisti» che 
                  hanno scritto di Malatesta e dei suoi compagni su Il mattino, 
                  Il corriere del mezzogiorno, La repubblica 
                  e prossimamente Diario. A voi il divertimento di curiosare 
                  fra i «fantasmi» (i simulacri, come direbbe Baudrillard) 
                  che sono prontamente comparsi sui media per l’occasione, 
                  riesumando i cavalieri, le armi e gli amori del desueto repertorio 
                  anarchico; anche se, questa volta, nessun prurito, nessuna nota 
                  di colore, nessuna velina della polizia ha particolarmente offeso 
                  i pezzi di questi «bravi giornalisti».  
                  Ma noi non siamo «bravi giornalisti». Gli anarchici 
                  li conosciamo per come sono e per cosa fanno. Soprattutto li 
                  frequentiamo. E allora peggio per chi non c’è stato 
                  e avrebbe potuto esserci. Ne siamo anche dispiaciuti, ma ch’amma 
                  ‘affà! Potremmo forse riuscire a trasmettere la 
                  gioia di rivedere tanti compagni che non si facevano vivi da 
                  parecchio tempo? Potremmo forse spiegare il calore del Quartiere 
                  Sanità e dei suoi abitanti che durante i due giorni del 
                  Convegno (svoltosi al Palazzo dello Spagnuolo, in via Vergini 
                  al 19) ci hanno «benevolmente ospitato»? Potremmo 
                  forse trasmettere l’affetto di Daniele Sepe, di Anna Redi 
                  e di tanti musici, cantanti e ballerini che hanno «concertato» 
                  insieme a tutti i convenuti? Scusateci: non ne siamo capaci. 
                  Ma una cosa possiamo promettervi: ci stiamo organizzando per 
                  promuovere altri convegni, altre iniziative, altre manifestazioni. 
                  Qui, a Napoli…al SUD!  
                   
                  Gianfranco Marelli  
                P.S.: è probabile che a molti questo «pezzo» 
                  non piaccia. Avrebbero voluto vedervi e leggervi ben altro di 
                  ben più politico, ben più informativo. Niente 
                  paura: andate in coppa a Internét. Troverete tutto quello 
                  che cercate, e anche di più sul sito htpp://www.ecn.org/contropotere/convegno. 
                 
                 |