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                    |   Locandina dell'evento. Grafica Cristina Francese  | 
                   
                   
				 
				incontri 
                 
                  Massenzatico (Reggio Emilia) 30 settembre - 1/2 
                  ottobre 2016 
                  Circolo ARCI “Le cucine del popolo” 
                 
                Le cucine dell'amore 
                  
                di Joe Scaltriti / foto di Fabio Dolci 
                
                Tre giorni di amore, anarchia, gnocco, esodati, relazioni, bambine e bambini, musica, la Cuoca Rosso-Nera, libri, poesia, svizzeri, fraternità, amicizia, Malatesta, il barone rosso della Lunigiana, poster, dibattiti, viagra e altre cento cose. 
                 
                  Riuscita e partecipata la settima edizione delle Cucine del 
                  Popolo, in quel di Massenzatico dedicata, come già sapranno 
                  i lettori di A, al non scontato argomento delle Cucine dell'Amore. 
                   
                  Avevamo discusso nei due anni precedenti sul tema e alla 
                  fine del confronto, grazie anche all'importante contributo di 
                  Alberto Capatti, studioso della gastronomia, abbiamo scelto 
                  questo tema dedicato su tre direzioni: erotico, affettivo e 
                  solidale. 
                  
                  
                  
                   
                  Locandine. 
                  Grafica Cristina Francese 
                 Tanto per favorire pensieri e pance venerdì 30 settembre 
                  si sono aperti i lavori con una felice combinazione a base di 
                  aperitivo con prodotti locali, un vero e proprio rinfresco propiziatorio, 
                  con gli ospiti internazionali e la relazione di Pietro Bevilacqua, 
                  studioso di storia enogastronomica, su Veronelli negli anni 
                  '50. La relazione ha esplorato il rapporto tra l'opera del Veronelli 
                  e quel periodo di profonda mutazione delle abitudini alimentari, 
                  legato al diverso modo di produzione oramai pienamente agricolo-industriale 
                  e di distribuzione con i primi supermercati, dimostrando come 
                  il gastronomo bergamasco non si tirò indietro davanti 
                  alle sfide imposte dai tempi, anzi. Hanno portato i loro saluti 
                  Federico Amico, presidente regionale dell'ARCI e Daniele Catellani, 
                  presidente provinciale, ribadendo il forte sostegno dell'associazione 
                  al lavoro delle Cucine.  
                  
                  
                  
                  Performance 
                  degli Spavaldi dell'affetto 
                 Dopodiché è avvenuta la vera e propria apertura 
                  del Convegno, con il brillante intervento di Carla Chelo, giornalista, 
                  che ha parlato del rapporto tra fame, gastronomia e cambiamenti 
                  sociali dal dopoguerra a oggi. Per concludere in bellezza la 
                  giornata si è proceduto con l'immancabile cena curata 
                  dal Barone Rosso della Lunigiana: pasta al pesto e frittata 
                  campagnola; con l'intervento di Pietro Braglia, del Coordinamento 
                  Lavoratori Esodati di Reggio Emilia, perché le Cucine 
                  del Popolo sono primariamente un evento dal profondo valore 
                  mutualistico; infine si è chiuso con le note di Fabio 
                  Bonvicini e Francesco Benozzo che hanno proposto il loro concerto 
                  “Gli amori difficili”: un percorso etnomusicale 
                  che parte da canti e sonate rinascimentali per andare fino al 
                  milleottocento, con il un filo conduttore costituito da canzoni 
                  d'amore che non sono canzonette, bensì espressioni politiche 
                  e sociali dei loro tempi. 
                  
                  Banchetto 
                  di produzioni naturali 
                 E arriviamo al sabato. Per iniziare: colazione a base di 
                  “zabaione della mamma”, nuova trovata della Cuoca 
                  Rosso-Nera, che stimola i sensi al pari delle madeleines di 
                  Proust. A seguire un partecipato incontro con Paolo Pasi, giornalista 
                  e scrittore, che ha presentato il suo libro Cupidix e ci ha 
                  parlato e cantato del rapporto tra contemporaneità e 
                  amore. 
                  
                  Acqua 
                  d'orcio 
                 Nella sezione invenzioni, esperimenti e laboratori ci sono 
                  stati vari assaggi di ottimo olio sicilano e una fumata collettiva 
                  di guseder. E poi il pranzo: pasta al cinghiale e pasta vegetariana, 
                  arrosti, insalate e melanzane al forno. 
                  Nel pomeriggio si entra nel vivo del convegno di studi storici 
                  per approfondire le tematiche del convegno con le seguenti le 
                  relazioni: 
                  La cucina dell'amore, tenuta da Silvia Fabbi; Cucina Afrodisiaca 
                  e viagra, di Alberto Capatti; Emigrazione, Amore e Gastronomia 
                  di Isabelle Felici; Una cucchiaiata e un passo indietro di Alfredo 
                  Gonzales. 
                  
                  Performance 
                  Fluxus di Philip Corner 
                 E poi siamo passati direttamente al Veglione Rosso, che 
                  con il suo menù socialista del 1906 è stato uno 
                  degli eventi centrali della tre giorni, con duecentocinquanta 
                  commensali riuniti nel Teatro Artigiano: antipasti, cappelletti 
                  in brodo, bolliti e salse di campagna, zuppa inglese e la solita 
                  alternativa vegana, il tutto condito da abbondante Lambrusco 
                  rosso vivo. Per l'occasione le cuoche di Massenzatico hanno 
                  preparato 70 kg di cappelletti fatti a mano. 
                  
                  Alessio 
                  Lega (voce, chitarra), Guido Baldoni (fisarmonica), 
                  Rocco Marchi (percussioni), Francesca Baccolini (contrabbasso) 
                  Concerto di Francesco Benozzo e Fabio Bonvicini 
                 Come consuetidine per la rubrica “Avvisi & Ricordi” 
                  abbiamo ricordato Gino Veronelli, Libereso Guglielmi, Edoardo 
                  Sanguineti e avvisato i convenuti che il prossimo convegno, 
                  nel 2018, sarà dedicato alle cucine dei popoli con cuochi 
                  internazionali e piatti da tutto il mondo. 
                  A seguire l'esilarante perfomance di Stefano Enea Virgilio Raspini 
                  con lo “Sputnik del sentimento”: rilettura ironica 
                  della sovietica corsa allo spazio (con protagonisti emiliani 
                  innamorati del PCI). 
                  Poi: recital d'amore per soprano e chitarra classica con 
                  Hernan Diego Loza e Daniela Veronesi. 
                  Per chiudere la serata degustazione del tonificante latte 
                  d'amore, antica ricetta indiana. 
                  
                  La 
                  Cuoca Rosso-Nera in azione 
                 Domenica, giorno da santificare per alcuni e da degustare 
                  per altri: di nuovo zabaione della mamma con marsala e laboratori: 
                  di nuovo olio e guseder, ma anche aceto balsamico, liquori proletari 
                  e, bicchiere forte, acqua d'orcio: antica e tradizionale bevanda 
                  reggiana a base di liquirizia di cui, per la prima volta dopo 
                  oltre trent'anni, riproponiamo la ricetta originale. Sempre 
                  in mattinata incontro con Stefano Scansani, direttore della 
                  Gazzetta di Reggio, che ha parlato a lungo di amori e disamori 
                  del mangiare reggiano, evidenziando le caratteristiche enogastronomiche 
                  della nostra terra. 
                  Pranzo internazionale: cucina gitana, emiliana e falafel. 
                  Grande spazio hanno avuto le cuoche sinti che hanno proposto 
                  tagliatelle e riso alla gallina, carne alla griglia con verdure 
                  e altri piatti tipici gitani. Poi interessante incontro con 
                  Maurizio Maggiani sugli amori degli anarchici.  
                  
                  Il 
                  pubblico durante i Dialoghi sull'amore 
                 Alle ore diciotto l'atteso incontro sul tema “Amore 
                  e dintorni” con i giornalisti Armando Torno, Carlo Gallo 
                  e con il filosofo Gianni Vattimo: si è pervenuti alla 
                  conclusione che sull'amore non si può pervenire a conclusione. 
                  A seguire spettacolo Fluxus con Brindisi della Libertà 
                  – Contemporary Folklore e performance PH2 con Philip Corner, 
                  storico esponente del movimento artistico, e Phoebe Neville, 
                  grande coreografa e ballerina, che ha coinvolto il numeroso 
                  pubblico. 
                  Per chiudere: gnoccata sociale con salumi genuini e grana 
                  di vacca rossa e bel concerto di Alessio Lega, Rocco Marchi, 
                  Francesca Baccolini e Guido Baldoni. Repertorio anarchico e 
                  sociale, canzoni di Alessio Lega e, infine, canto dell'Internazionale, 
                  come la tradizione delle Cucine vuole. 
                  Erano presenti il Barone Rosso della Lunigiana, il gruppo 
                  di pedagogia libertaria, il Mago Nux, la Cuoca Rosso-Nera, gli 
                  Svizzeri e l'immancabile Cecio con la sua fantastica assistente 
                  Veruska che con la sua tenuta osè ha incantato grandi 
                  e piccini. E sopratutto tanti compagni e compagne che vogliamo 
                  ringraziare e abbracciare per la loro straordinaria partecipazione. 
                  
                 Joe Scaltriti 
                                 
                
                Anarchia e Amore 
                  
                testi di Massimo Ortalli e Paolo Finzi 
                    
                In vista della tre giorni sulle Cucine dell'amore, lo scorso 
                  ottobre a Massenzatico (Reggio Emilia), gli organizzatori hanno 
                  chiesto a Massimo Ortalli (Archivio storico della Federazione 
                  anarchica italiana) e a Paolo Finzi (redattore di “A”), 
                  un testo sulla relazione tra Anarchia e Amore. 
                  Uno scritto essenziale e soprattutto urgente (tempi di consegna: quasi subito). Gli organizzatori ne hanno poi tratto uno scritto di presentazione, unico. Noi pubblichiamo i due scritti originari. 
                 
                  Per l'anarchia, cioè 
                  per se stessi 
                   
                  di Massimo Ortalli 
                   
                  All'amore tuo fanciulla 
                  Ben altro amore io preferia 
                  È un'idea l'amante mia 
                  A cui diedi braccio e cuor 
                  Se tu vuoi fanciulla cara  
                  Noi laggiù combatteremo 
                  E nel dì che vinceremo 
                  Braccia e cuore a te darò 
                   
                  Amor ritiene unti gli affetti naturali 
                  e non domanda riti né lacci coniugali 
                  noi dai profan mercati distor vogliam gli amori 
                  e sindaci e curati ci chiamano malfattori 
                   
                  Or son vent'anni rinchiuso in questa cella 
                  dimenticato da colei che io amo ancor 
                  se ci ripenso io perdo la favella 
                  oh nel pensare a quel mio soave amor 
                   
                  Ecco, è nei versi di questi tre differenti canti, che 
                  gli anarchici parlano di amore. O meglio, di amori, perché 
                  pur essendo lo stesso il sentimento che si evoca in questi versi, 
                  sono ben differenti le modalità, le espressioni, l'intensità 
                  con le quali l'emozione dell'amore viene a prendere corpo: c'è 
                  l'amore eroico e sconfinato che antepone alla personale gioia 
                  di una felicità corrisposta l'amore profondo e universale 
                  per l'idea; c'è l'amore sbattuto in faccia agli obblighi 
                  sociali, indifferente alle convenzioni e alle leggi e proprio 
                  per questo amore vero e naturale; e c'è l'amore perduto, 
                  abbandonato, disperso nell'esilio e nel carcere, là dove 
                  la repressione e la violenza del potere hanno confinato chi 
                  ancora vorrebbe amare. Sono questi gli amori anarchici, 
                  capaci di contenere nelle loro intensità espressive, 
                  apparentemente così distanti ma in effetti identiche, 
                  tanto di quello spirito interiore con il quale si manifesta 
                  la singolarità dell'idea. O meglio, dell'ideale. 
                Tra cuore e cervello tra sensi e pensiero 
                Ben altro amore io preferia dice il poeta, ed appare 
                  evidente che, se così effettivamente è, così, 
                  altrettanto effettivamente non è. E non può essere, 
                  perché l'amore per l'umanità oppressa e conculcata, 
                  che spinge l'anarchico a dare braccia e cuor è 
                  anche l'amore per la vita, l'amore per la felicità che 
                  deve concretizzarsi tanto nell'afflato sociale e nella lotta 
                  per l'emancipazione e la libertà, quanto nel trasporto 
                  affettivo per l'amata. E infatti, nell'attesa del gran giorno, 
                  nell'attesa del dì che vinceremo, c'è anche 
                  l'attesa – e la fondata speranza – di un amore carnale, 
                  reale, che solo allora potrà finalmente realizzarsi. 
                  La realizzazione nello stesso momento, con la stessa intensa 
                  aspettativa, di un intreccio fra cuore e cervello, fra sensi 
                  e pensiero, fra la dimensione materiale della lotta sociale 
                  e quella spirituale del trasporto emotivo: un vero e proprio 
                  inno quello racchiuso in questi versi forse ingenui, un inno 
                  alla bellezza dell'essere completo. 
                  Amor ritiene uniti gli affetti naturali, è un 
                  grido di libertà, uno schiaffo alle convenzioni e alle 
                  convenienze, un'affermazione apodittica che non lascia spazio 
                  a tentennamenti o retromarcia. Il nostro amore è talmente 
                  forte che non ha bisogno di null'altro che di se stesso per 
                  esprimersi. Perché è un amore che si basa su un 
                  aspetto fondamentale dell'essere anarchico: il rispetto, il 
                  rispetto reciproco, un rispetto che porta ad apprezzare fino 
                  in fondo le qualità dell'altro e la sua capacità 
                  di donarti quello che tu gli doni, un rispetto che inizia e 
                  termina al proprio interno. Il rispetto che nasce dal fondamentale 
                  concetto di uguaglianza, quel concetto che è alla base 
                  stessa del nostro anarchismo, che ci vuole tutti sullo stesso 
                  piano, perché piani differenti presuppongono scale di 
                  valori, e scale di valori presuppongono l'autorità. Quante 
                  belle coppie, nella nostra storia, abbiamo visto, quanti rapporti 
                  solidali, duraturi, reciproci, intensi, mantenutisi fermi e 
                  forti anche nelle dure avversità che hanno segnato tanti 
                  destini. Quanto affetto e quanto amore, dati e ricevuti 
                  con identica partecipazione, possiamo trovare nelle biografie 
                  del nostro movimento. Non starò qui a ricordare alcuni 
                  fra i tanti esempi che possono venirci in mente, perché 
                  non solo sarebbe fare torto a chi potrebbe sfuggire dai nostri 
                  ricordi, ma soprattutto sarebbe far torto alla spontanea naturalezza 
                  con la quale questi rapporti sono nati, cresciuti, rafforzati 
                  nell'uguaglianza e nella solidarietà e che proprio per 
                  questo non hanno mai vacillato nemmeno di fronte alle prove 
                  più dure. E chi se ne importa, allora, dei lacci coniugali, 
                  e chi se ne importa, dunque, se ci chiamano malfattori! 
                Un amore che non si può spegnere 
                Oh nel pensare a quel mio soave amor. Pare un amore disperato, 
                  questo, disperato perché consapevole che non potrà 
                  più diventare un rapporto vero, materiale, un rapporto 
                  fatto di baci, di carezze, di corpi che si incontrano, di una 
                  condivisione assoluta. Il carcere, l'esilio, il confino, tutto 
                  concorre a rendere impossibile il sogno, tutto concorre a far 
                  scoppiare l'infinito rimpianto di chi tutto ha perduto. È 
                  un amore affranto, che pare non lasciare scampo a chi deve soffrirne, 
                  e infatti il canto prosegue lasciando presagire un esito tragico: 
                  vorrei morir per non sentir più niente sospira il 
                  recluso, abbattuto dalla pena corporale della carcerazione 
                  e dal dolore spirituale di un amore sconfinato che sa non poter 
                  più essere corrisposto. E invece ma poi mi pento, 
                  dico sarebbe una viltà, continua, ritrovando nella 
                  realtà del carcere o dell'esilio la forza di quelle idee 
                  e di quelle azioni che ve lo hanno portato. 
                  L'amore dei sensi è finito, anche se sicuramente non 
                  rinnegato, l'amore per la libertà, per la lotta, per 
                  la costruzione di quel mondo nuovo che è nei nostri cuori 
                  è invece ancora tutto lì, presente e palpitante 
                  come il cuore di un innamorato. È un amore che non si 
                  può spegnere, infatti, perché l'amore per l'anarchia 
                  è, soprattutto, l'amore per se stessi. 
                  
                 Massimo Ortalli 
				 
                
                Ma l'anarchia senza amore, no 
                   
                  di Paolo Finzi 
                   
                  Mi vengono in mente tre persone, così, d'acchitto, se 
                  metto accanto queste due parole: anarchia e amore. 
                  La prima è, scontata per chi mi conosca, Errico Malatesta. 
                  Per una precisa ragione, che ho colto appieno solo recentemente, 
                  dopo qualche decennio di frequentazione con la lettura dei suoi 
                  scritti. E cioè che nessuna/o, tra le madri e i padri 
                  dell'anarchismo (almeno quello di lingua italiana), ha più 
                  di lui utilizzato le due parole, accostandole. Credo si possa 
                  dire che per Malatesta (e non solo per lui) l'anarchia non sia 
                  che la realizzazione progressiva di un ordine sociale basato 
                  sull'amore. Persona pudica della propria vita privata, com'era 
                  in parte nella sensibilità dell'epoca, Malatesta resta 
                  sempre sulle generali, non fa riferimenti personali. Ma utilizza 
                  il termine “amore” nella sua piena accezione, si 
                  comprende che lo fa volentieri, affidando alle ragioni del cuore, 
                  del sentimento, della sensibilità una fondatezza e un'importanza 
                  che non stanno mai al di sotto della sua concezione logica e 
                  vorrei dire “scientifica”, o per lo meno rigorosamente 
                  laica, della vita associata e quindi dell'anarchia che ne è, 
                  a suo avviso, la migliore forma realizzabile. 
                  La seconda persona è Emma Goldman, la militante anarchica 
                  lituana, vissuta a cavallo degli scorsi due secoli, eccezionale 
                  figura di donna, con una concezione dell'anarchia abbastanza 
                  simile – nei suoi valori etici di fondo – a quella 
                  malatestiana. Ma, come già si evince dalla lettura dei 
                  suoi scritti e in particolare della sua densa autobiografia, 
                  con una estensione stravolgente dell'amore da mero sentimento 
                  “generale” a concreta, quotidiana, anche squassante 
                  modalità di relazione, compresa la “parte” 
                  (se così si può connotarla) specificamente relazionale 
                  e sessuale, “Non è proprio necessario che le donne 
                  tengano sempre la bocca chiusa e la vagina aperta”. Difficile 
                  pensare queste parole nei pur validi scritti del rivoluzionario 
                  campano. 
                  Così come è impossibile pensare a Goldman con 
                  in bocca le parole di un altro cultore dell'amore come ambiente 
                  naturale dell'anarchia, quel Pietro Gori – la terza persona 
                  che mi viene in mente – che, tra le sue poesie/canzoni, 
                  scrisse versi come questo “Al tuo amor fanciulla mia, 
                  ben altro amor io preferia, è un'idea l'amante mia, a 
                  cui detti braccia e cor”. Malatesta non scrisse mai cose 
                  simili, Goldman scrisse l'opposto. 
                Piacere, danzare, sensualità, sessualità 
                Nella sua rivendicazione pubblica del piacere, del danzare, 
                  della sensualità e della sessualità come patrimonio 
                  e finalità come individuo prima ancora che come anarchica, 
                  Goldman per decenni fu vista con circospezione e anche con profondo 
                  dissenso da quegli anarchici che ritenevano che fosse a dir 
                  poco sconveniente teorizzare ma soprattutto raccontare con chi 
                  era andata a letto, magari mentre il suo compagno “ufficiale” 
                  era in galera. E non pochi negli ambienti libertari la consideravano 
                  una puttana. 
                  Anarchia e amore. Se non si prestasse a stupide malevole criminalizzazioni, 
                  direi che ci troviamo davanti e dentro a due parole esplosive. 
                  Io credo che possa benissimo esistere l'amore, e sia sempre 
                  esistito, anche senza anarchia. Ci mancherebbe. 
                  Ma l'anarchia senza l'amore, no. Anche ci fosse, non può 
                  essere l'anarchia “nostra”. E credo davvero che 
                  la lunga, complessa, anche contraddittoria storia dell'anarchismo 
                  sia anche leggibile come una lunga, complessa, anche contraddittoria 
                  storia d'amore. Una storia d'amore per la libertà. 
                  Amore con la “A” maiuscola, dalla parte degli sfruttati, 
                  degli oppressi, degli emarginati., ecc. ecc.. E anche con la 
                  “a” minuscola, con l'amore quotidiano, concreto, 
                  solidale, anche fisico. 
                  E se è vero che il mezzo è il fine, che il seme 
                  prefigura la pianta che sarà, allora è proprio 
                  vero che per noi amore e anarchia tendono a sovrapporsi. Sono 
                  quasi sinonimi. 
                  
                 Paolo Finzi  
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