Un desiderio chiamato tram 
                Avrebbe interrogato una cartomante, ma temeva il futuro. Non era la paura dell'ignoto 
                  a renderlo ansioso, quanto piuttosto ciò che del futuro 
                  credeva di sapere già: una teoria di giornate uguali 
                  che lo attendevano al varco come un esercito di pensieri allineati 
                  e ricorrenti. Aveva oltrepassato da un paio d'anni la soglia 
                  statistica della mezza età, e non coltivava illusioni. 
                  L'idea di futuro si era rimpicciolita nella prevedibile successione 
                  di fatti che aveva contribuito a realizzare. Il lavoro, gli 
                  affetti, la concretezza dei risvegli e delle azioni ripetute 
                  per anni. 
                  Come quella mattina, una delle tante. Ora di punta, tram affollato, 
                  l'identica linea che percorreva lo stesso tragitto, le stesse 
                  fermate, e che lo avrebbe consegnato al palazzo delle idee, 
                  dove ogni giorno era pagato per sfornare creatività a 
                  peso industriale. Sì, la vita era come un tram. Più 
                  scorreva, più il capolinea si avvicinava, ed era l'unica 
                  certezza. Ma quella mattina, una delle tante appunto, restò 
                  colpito da uno sguardo che gli apparve come una rivelazione. 
                  Una giovane stava seduta dietro una fila di passeggeri che si 
                  aggrappavano alle maniglie per resistere alle brusche manovre 
                  di un conducente nervoso. Era bella, neppure trentenne, con 
                  occhi magnetici e scuri che lo fissavano con un misto di pudore 
                  e malizia. Aveva capelli neri a caschetto, un viso minuto e 
                  aggraziato, la carnagione chiara, e il rossetto così 
                  acceso che sembrava infuocare le labbra sottili e provocanti, 
                  cui le fossette aggiungevano un tocco di irresistibile fascino. 
                  La camicia bianca sbottonata e una gonna corta la rendevano 
                  simile a una donna da burlesque, tutta femminilità ed 
                  erotismo. E stava guardando lui, uno dei tanti su quel mezzo 
                  traballante che sbuffava l'insofferenza collettiva dell'umanità 
                  in servizio. 
                  La osservò a pochi metri di distanza, attaccato alla 
                  sbarra come un abito sgualcito sulla gruccia di un armadio. 
                  Simile a un barometro delle emozioni, il cuore registrò 
                  una palpitazione, ma lui decise che non era il caso di aggrapparsi 
                  anche all'illusione di un incontro fatale, di quelli che accadono 
                  solo in certi film. Curiosamente però, lei continuò 
                  a sbirciarlo tra la fila di corpi che si frapponevano tra loro. 
                  Era sensuale e giovane, sogno o miraggio di una mattina di fine 
                  aprile. Perché tanta attenzione per lui? Possibile che 
                  fosse per il suo discutibile fascino di uomo maturo? 
                   L'orologio 
                  camminava insieme al tram, un minuto dopo l'altro, una fermata 
                  dopo l'altra, e l'uomo si accorse di come, per la prima volta 
                  dopo anni, non avesse più fretta di arrivare. Non era 
                  il ritardo a preoccuparlo, ma un'inquietudine strisciante che 
                  lo attraversò mentre il tram scandiva l'attesa a un semaforo 
                  rosso, tra conversazioni sussurrate o chiassose, il rumore delle 
                  suonerie e la gracchiante cantilena della macchinetta che convalidava 
                  i biglietti. 
                  Quando sarebbe scesa? 
                  La ragazza aveva aperto un libro che teneva sulle gambe, ma 
                  ogni tanto tornava a guardarlo. Era ormai un gioco di reciproca 
                  attenzione, una muta complicità che si affermava sulla 
                  sonnolenta impazienza dei passeggeri, specchio di una nota fuori 
                  copione, forse capitolo di un futuro ancora da scrivere. 
                  E se fosse un'adescatrice? si sorprese a pensare. Niente 
                  di più facile che quella giovane provocante fosse a caccia 
                  di clienti, anche se lui non aveva certo l'aspetto di un facoltoso 
                  professionista. E il tram poi... Il posto meno indicato per 
                  incontri del genere... 
                  No, come poteva essere così meschino da scegliere l'ipotesi 
                  peggiore? Lei non aveva l'aria di una donna consumata, o navigata, 
                  o intraprendente. Piuttosto appariva timida, quasi recalcitrante 
                  nel mostrare interesse verso di lui. 
                  Decise di agire prima che fosse troppo tardi, prima che lei 
                  scomparisse e lui si ritrovasse solo nella realtà e nel 
                  suo sconsolante presagio di futuro. Le si avvicinò, facendosi 
                  largo tra le persone accalcate, chiedendo permesso e scusandosi 
                  per una spinta di troppo, fino a quando le fu davanti. Provò 
                  imbarazzo quando la donna, nel vederlo ormai lì, gli 
                  sorrise cautamente, anch'essa imbarazzata. Chiuse il libro come 
                  se fosse il tacito segnale di un'imminente presentazione. 
                  Il tram frenò con violenza tra le imprecazioni del conducente 
                  e dei passeggeri, ma loro due, come sospesi nel tempo, non ci 
                  fecero caso. Il suo cuore ormai galoppava. Era incerto su come 
                  iniziare la conversazione, ma doveva farlo subito perché, 
                  tempo tre o quattro fermate, sarebbe arrivato a destinazione. 
                  Ancora una volta fu spiazzato dalla timida risolutezza di quella 
                  bellissima donna di cui ora gli arrivava anche il profumo, preannuncio 
                  dell'estasi di un incontro. Lei lo guardò ancora, lui 
                  le sorrise. Lei ricambiò e si alzò per tendergli 
                  una mano. Era paralizzato dall'emozione e lasciò che 
                  fosse la giovane a parlare. 
                  <La prego, vuole sedersi?> gli disse cedendogli il posto 
                  con un sorriso di cortesia. 
                  In un attimo un silenzio gelido calò dentro di lui e 
                  su quella cornice tragica che era la quotidianità delle 
                  ansie e dei rumori, delle imprecazioni e degli orologi. Era 
                  un silenzio opprimente come l'abito statistico ritagliato su 
                  misura per persone della sua condizione. Capì di essere 
                  entrato ufficialmente nella schiera della terza età. 
                  Alla donna che gli stava offrendo il posto, non seppe opporre 
                  che un pallido balbettamento: <No, grazie.... Scendo alla 
                  prossima...> 
                  Lei si strinse nelle spalle, tornò a sedersi e riapri 
                  il suo libro. I dettagli del suo corpo sensuale erano adesso 
                  dolorosi come ricordi perduti. Fu colto dall'urgenza di scendere. 
                  Si aggrappò alle maniglie in uno slalom tra passeggeri 
                  che lo guardavano storto, e scese ansimante dal tram. Una volta 
                  a terra, vide il mezzo allontanarsi sferragliante, una scatola 
                  metallica che si stava portando via l'idea di un futuro ingannevole. 
                  Nel respirare l'aria velenosa del mattino, si trovò in 
                  una piazza sconosciuta. Un luogo che sfiorava ogni giorno nel 
                  suo tragitto di lavoro, distante al massimo un paio di chilometri 
                  dall'ufficio, eppure totalmente estraneo, ignoto come un futuro 
                  che genera ansie. Una periferia dolorosa e stupida. Non era 
                  il capolinea, questo era certo, ma sentiva di esserci vicino.  
                 Paolo Pasi            
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