Pisa/ 
                  Una tre giorni di hacker 
                E anche per quest'anno l'HackMeeting, HM, è passato. 
                  Dal 3 al 5 giugno si è tenuto il diciannovesimo, ovvero 
                  il numero 0x13 come viene indicato sul sito (http://hackmeeting.org/hackit16/); 
                  la notazione è esadecimale, cioè utilizza sedici 
                  simboli invece che i dieci della notazione numerica decimale. 
                  I simboli da 0 a 9 e le lettere da A ad F. La x è utilizzata 
                  in alcuni linguaggi informatici di alto livello (C e Java per 
                  esempio). 
Questo attacco è un campionario minimo di quello che ci si trova davanti a un HackMeeting. Un sacco di informazioni che sembrano venire da pianeti lontani e invece si riferiscono a quello che succede nel tuo telefono o in qualche altro dispositivo che ti sta intorno quotidianamente; molte conferenze di vago o chiaro sapore tecnologico dette Talk; macchinari elettronici di ogni genere, e soprattutto tante persone che s'incontrano per scambiare, chiacchierare, raccontare quello che stanno studiando, ascoltare quel che fanno gli altri. 
Autogestito fin dalla prima edizione fiorentina del 1998, per la prima volta quest'anno HM si è tenuto all'interno di un'università, il Polo Fibonacci dell'Università di Pisa, sede delle Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Un piccolo gazebo all'entrata dello spiazzo, due chiacchiere con i ragazzi all'ingresso e si scopre che lo spazio è stato occupato in vista del raduno. Gli studenti non sono pochi, ci dicono alcuni del collettivo pisano EigenLab. È presente anche del personale accademico, che si dà il cambio durante e i tre giorni nella guardiola in ingresso: segno che l'occupazione non è stata ostacolata ad oltranza dall'amministrazione. 
Sulla destra, l'edificio occupato; sulla sinistra, un casotto dove è stata installata la cucina da campo, dietro tavoli da festa campestre, poco oltre un prato con decine di tende, appena dietro il campo da pallavolo. La palla per ora può aspettare: il campo è deserto, sono tutti dentro a smanettare. Da giorni ormai, visto che a montare tutto l'ambaradan c'è voluta una bella organizzazione. 
Il lungo e ampio corridoio ci accoglie con banchetti di libri, locandine, magliette e autoproduzioni varie di HM e dintorni; quindi una spina di birra artigianale. Infine, una teoria di almeno cinquanta metri lineari di tavoloni ingombri di ogni specie di computer portatili, schermi, casse, router, altri macchinari non immediatamente identificabili, e anche le ormai onnipresenti stampanti 3D. Ci sono anche umani affaccendati a cliccare, pingare, codare e così via: insomma, tutti intenti a giocare alla maniera degli hacker. 
Sul corridoio affacciano le aule, tutte piuttosto ampie e affollate, i Talk si svolgono senza soluzione di continuità e fin dal venerdì pomeriggio ce n'è per tutti i gusti: dallo streaming audio distribuito alla scrittura automatica collettiva, dall'Open Access nella ricerca scientifica accademica all'introduzione alle curve ellittiche. Prima della lunga notte, chi a spippolare come durante il giorno, chi a prender acqua sotto le tende, chi accomodato nelle aule-dormitorio ai piani superiori, la mezzanotte segna l'ora della presentazione dell'ultimo numero della rivista Ruggine, con letture quasi cabarettistiche. Sulla severa cattedra si alternano alle letture tratte dall'autoproduzione per i trent'anni del Forte Prenestino, il volumone riccamente illustrato Fortopìa – Storie d'amore e d'autogestione. Saremo almeno in duecento ad ascoltare le storie del Forte, che ha ospitato HM nel 2000, e fin dal 1994 il collettivo AvANA.net insomma ce n'è da raccontare. Come quelle di Ruggine sono storie un po' melancoliche per la verità, ma ci può stare, si sente che la storia non è affatto finita. 
Il sabato è la giornata della massima affluenza, con presenze internazionali piuttosto scarse; si distingue comunque del castigliano e del tedesco, un po' di francese; qualcuno parla inglese, non madrelingua. Per dare un'idea della parte ufficiale, nel senso di organizzata attorno a conferenze tra i dieci minuti in stile TeD e le due ore, questo l'elenco: http://hackmeeting.org/hackit16/talks.html ma è inutile cercare di riassumere per chi non c'era. Manca per esempio l'indicazione di quello che è stato probabilmente il Talk più seguito, in una delle aule da centinaia di posti gremita, tra mezzanotte e l'una abbondante. Argomento? Crittografia postquantistica. I fisici in sala spesso venivano chiamati a integrare le spiegazioni matematiche alla lavagna (la questione dell'entanglement delle particelle e altre bazzecole simili), peraltro piuttosto chiare. Se non lo sapevate, sapevatelo: per ora la situazione è che le macchine quantistiche, oltre a costare qualche ordine di grandezza in più delle macchine digitali classiche, risolvono un problema alla volta, solo quello per cui sono state costruite. Quindi non sono dei computer, cioè delle macchine che possono essere programmate per risolvere più problemi, general purpose come si dice. Non vi interessa? Be' poi non lamentatevi che qualcuno ha craccato il vostro sicurissimo codice di criptazione (che magari vi ha imposto una banca qualsiasi, o Google, o qualche avveduto governo) grazie alla sua magnifica macchina che sfrutta bit quantistici... 
                  Se volete tenervi per voi le vostre scoperte 
                Uno degli spiriti guida dell'HackMeeting è la curiosità, perciò se non siete curiosi di imparare cose nuove avete fatto bene a non venire. Se volete tenervi per voi le vostre scoperte, letture, dubbi e idee, meglio girare al largo. Se temete di essere scossi nelle vostre credenze e convinzioni, non aprite quella scatola, non cercate di guardare cosa c'è sotto il coperchio, come funzionano gli ingranaggi, i bit e tutto il resto: è meglio non metterci sopra le mani, potrebbe piacervi il brivido, e dopo aver gustato un pizzico di libertà, potreste non poterne più fare a meno. 
                  Notevole l'organizzazione delle cucine e la qualità del 
                  cibo, dei turni di pulizia dei cessi e degli altri spazi comuni: 
                  ha funzionato nonostante siano stati necessari alcuni richiami 
                  a contribuire. Qualche nota stonata? Si poteva evitare di tormentare 
                  nottetempo chi stava in tenda con sortite megafono alla mano 
                  tanto per aggiungere disagio alla pioggia battente. 
                  Le tecnologie del dominio 
                Dal punto di vista politico, la questione dell'uso dei social network commerciali sembra la più controversa. È sensato promuovere autogestione con strumenti costruiti per il controllo e a fini di lucro? Chi vuole «toccare le masse» naturalmente non avrà dubbi sull'utilità di stare su Facebook e dintorni, ma in parecchi hanno fatto notare che a medio e lungo termine non è intelligente insegnare e propagandare l'uso di questi sistemi. Dal momento che la tecnologia non è neutra, e in particolare le tecnologie digitali di massa integrano e diffondono le ideologie di chi le crea, non possiamo farci illusioni sul fatto che persone bene intenzionate, infiammate di ideali libertari, possano usarle bene. Quegli strumenti non sono libertari, né tanto meno anarchici. Sono strumenti anarco-capitalisti. 
La trasparenza radicale, la pornografia emotiva, l'ipercoerenza narrativa e così via sono caratteristiche intrinseche a quelle che abbiamo chiamato tecnologie del dominio: non è possibile usarle al di fuori del quadro della Società dello Spettacolo, hanno necessariamente un risvolto egemonico. Tendono a liberarci dal peso della libertà, ovvero a rendere automatiche una serie di scelte (cosa fai, dove sei, cosa pensi, dimmi chi sono i tuoi amici, ti dirò cosa vuoi leggere...). 
Infine, come al solito, la presenza femminile non era massiccia, per usare un eufemismo. Al di là del bieco emancipazionismo rappresentato dalle sempre più numerose donne alla guida di avide multinazionali hi-tech, i maschi bianchi (e non) potrebbero scoprirne delle belle se mollassero almeno ogni tanto le loro amate tastiere (cavi, resistenze, microfoni e così via) e provassero ad allargare un po' il cerchio. Certo che la pappa pronta non esiste per nessuno, c'è da rimboccarsi le maniche insieme. 
Arrivederci all'anno prossimo, a Torino, o forse a Lecce, oppure chissà! 
                 Karlessi 
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                  http://hackmeeting.org/ 
                  
  
                   
                
                   
                    Staino e “A”/ 
                        Separazione consensuale 
                       
                       L'assunzione della direzione del quotidiano l'Unità da parte di Sergio Staino ha avuto come conseguenza logica la chiusura della sua rubrica “Pensier libero”, da un anno e mezzo presente in “A” - rivista anarchica. 
La notizia del nuovo incarico è giunta mentre il numero 409 (estate 2016) di “A” era già in produzione, per cui su quel numero la rubrica “Pensier libero” è ancora presente.  “Sono ovviamente perfettamente d'accordo che il ruolo di direttore mi impedisce di continuare questa bella collaborazione, si rischierebbe una confusione totale” – afferma Staino in una bella lettera inviataci. 
Ringraziamo Staino per la sua collaborazione, che fin dall'inizio non è passata inosservata e ha suscitato nei nostri lettori opinioni anche molto divergenti. A testimonianza che la nostra è una rivista aperta, opinabile, anarchica. Da “pensier libero”, appunto. 
                       la redazione  | 
                   
                  
                  
  
                   
                Paola (Cosenza)/ 
                  Nando Brusco, il cardiologo dei tamburi 
                È possibile far ascoltare i battiti del proprio cuore 
                  tramite un tamburo? Pensavo non lo fosse fino a quando, l'altra 
                  sera, nella suggestiva cornice di “Piazza 7 fontane” 
                  a Paola (Cosenza) non ho assistito ad uno dei tanti spettacoli 
                  di Nando Brusco, cantastorie calabrese, un po' D'Artagnan e 
                  un po' Cyrano de Bergerac per i capelli lunghi, i suoi tratti 
                  somatici, il pizzetto ed i baffi. 
                
                 Non appena conclusi gli studi storico-antropologici, presso 
                  l'Università della Calabria, Nando non ha perso tempo 
                  ed ha iniziato immediatamente un viaggio di studio e ricerca 
                  nella cultura popolare e nella memoria orale della sua terra. 
                  Anche lui, come Erri De Luca, ha visto versare nelle sue orecchie 
                  di bimbo, quasi fossero delle cisterne, l'acqua piovana delle 
                  storie (”cunti”) raccontate da sua nonna e che oggi 
                  riemergono nei suoi spettacoli. In giro per l'Italia con i suoi 
                  inseparabili strumenti (tamburi, chitarra, organetto e zampogna) 
                  per Nando si aprono le porte dei teatri, dei circoli ARCI, dei 
                  centri sociali, di piazze e vicoli dei centri storici al suono 
                  dei suoi tamburi. Sono appuntamenti che non si possono prenotare, 
                  spetta a tutti i passanti la sorpresa di assistere ad un viaggio 
                  emozionante tra le nuvole, i campi dorati ed i flutti del mar 
                  Mediterraneo. 
                  “È arrivato il cantastorie!” urlano i bimbi 
                  mentre corrono, inseguiti dai genitori, perché sanno 
                  che da lì a poco parteciperanno, da protagonisti, allo 
                  spettacolo che sta per iniziare. Coinvolgente come pochi, il 
                  cantastorie di Belmonte Calabro, portavoce di chi non viene 
                  più ascoltato, diffonde dal ventre del tamburo, come 
                  fili di rame, l'elettricità della storia, delle passioni 
                  politiche, non quella con la S maiuscola bensì quella 
                  dei dimenticati come Leonida Repaci e Bruno Misefari, uomini 
                  del popolo che in Calabria, a sentir pronunciare il loro nome, 
                  vi sono ancora anziani che, con gesto spontaneo, si tolgono 
                  il cappello. 
                  Quando Nando Brusco inizia a suonare, viene spontaneo disporsi 
                  intorno a lui in cerchio. È la forma del tamburo, ma 
                  non solo: la terra è rotonda e i nidi degli uccelli lo 
                  sono, le stagioni formano un grande cerchio e la vita dell'uomo 
                  è un circolo... dall'infanzia all'infanzia. 
                  È solo uno spettacolo musicale? È la proposta 
                  di una nuova religiosità? 
                  Niente di tutto questo! È solo una gran bella ed esagerata 
                  idea di libertà. 
                 Angelo Pagliaro 
                  
  
                   
                Roma/ 
                  Errico Malatesta al Nuovo Cinema Palazzo 
                Il 28 maggio scorso si è svolta a Roma, in un contesto 
                  simpatico e accogliente, una giornata dedicata a Errico Malatesta. 
                  Lo storico quartiere popolare di San Lorenzo con il Nuovo Cinema 
                  Palazzo, una struttura socio culturale occupata da alcuni anni 
                  al centro del quartiere, ha ospitato una comunità di 
                  liberi pensatori che, su iniziativa dell'Associazione di idee 
                  “I Refrattari”, ha reso omaggio al rivoluzionario 
                  libertario campano. 
                  Mentre ci si avvicinava al luogo dell'incontro i numerosi manifesti 
                  annuncianti l'iniziativa sui muri delle case delle vie adiacenti 
                  preannunciavano l'impegno con il quale il gruppo degli organizzatori 
                  avevano preparato l'iniziativa. Va detto che erano diversi decenni 
                  che Malatesta non veniva degnamente ricordato nella capitale. 
                  Il rapporto tra Roma e Malatesta è assai complesso e 
                  ricco, e in parte va ancora indagato sul piano della ricerca 
                  storiografica. Malatesta ha vissuto a Roma gli ultimi dieci 
                  anni della sua vita e qui ha dato vita alla sua ultima, e importante, 
                  impresa editoriale: la rivista «Pensiero e volontà» 
                  (1924-26) che può essere letta come il suo testamento 
                  politico e morale. Malatesta muore nella capitale, in pieno 
                  regime fascista, il 22 luglio 1932. La città ancora oggi 
                  ospita nel grande e storico cimitero del Verano le sue spoglie, 
                  insieme a quelle della sua compagna Elena Melli - scomparsa 
                  nel 1946 -. Una volta caduto il fascismo, dopo vent'anni di 
                  dittatura, e liberata Roma, gli anarchici insieme ad altri antifascisti 
                  resero omaggio al grande rivoluzionario inaugurando una bella 
                  lapide, ancora oggi visibile, sulla facciata del palazzo al 
                  Quartiere Trionfale che lo aveva ospitato nei suoi anni romani. 
                  
                 Ma facciamo un passo indietro e dedichiamo un po' di spazio 
                  al luogo che ha ospitato il convegno dedicato a Malatesta. Il 
                  Nuovo cinema Palazzo è stato occupato nell'aprile del 
                  2013 da cittadini, artisti, studenti, attivisti di spazi sociali 
                  (area disobbedienti) e associazioni per sottrarlo alle speculazioni, 
                  azione che di fatto ha impedito l'apertura di un casinò 
                  che, senza nessuna autorizzazione, stava nascendo a San Lorenzo. 
                  Gli organizzatori, che hanno accolto il pubblico accorso numeroso 
                  al Nuovo Cinema Palazzo con cortesia ed efficienza, hanno allestito 
                  una mostra storico documentaria con fotografie e riproduzione 
                  di documenti provenienti da archivi pubblici e privati. Inoltre, 
                  all'inizio del convegno hanno proiettato il noto filmato sul 
                  comizio di Errico Malatesta per il 1° maggio 1920 a Savona. 
                  Insomma la cornice e l'organizzazione hanno preparato bene la 
                  strada ai relatori che hanno cercato di inquadrare il ruolo 
                  di Malatesta nel contesto della storia del conflitto di classe 
                  a Roma nel decennio nel quale si afferma il regime mussoliniano. 
                  Roberto Carocci, storico romano, ha parlato di Malatesta e il 
                  suo rapporto con il movimento operaio locale mentre Valerio 
                  Gentili si è concentrato sul ruolo del leader libertario 
                  nella nascente prima resistenza armata al fascismo: quella degli 
                  arditi del popolo. Successivamente vi sono stati due interventi 
                  che hanno affrontato un diverso aspetto dell'azione e della 
                  riflessione teorica di Malatesta, dal punto di vista sia morale 
                  che filosofico. Giorgio Sacchetti infatti ha approfondito la 
                  questione del rapporto tra anarchismo e violenza, in particolare 
                  nel periodo del “biennio nero” (1921-22); mentre 
                  in un intervento registrato lo storico/militante Davide Turcato 
                  ha descritto esaustivamente la questione teorica e di metodo 
                  del “male minore” in Malatesta. Ha chiuso la bella 
                  e intensa giornata lo scrivente di questo rendiconto con una 
                  relazione dedicata all'atteggiamento di Malatesta di fronte 
                  al fascismo e il suo contributo nella lotta al primo periodo 
                  della dittatura mussoliniana. 
                 Franco Bertolucci 
                  
  
                   
                Imola (Bologna)/ 
                  Un convegno sulla Spagna '36 
                19 luglio 1936, il popolo spagnolo sale sulle barricate per 
                  fermare il tentativo golpista dei generali felloni comandati 
                  dal carnicero Francisco Franco. Gli anarchici della Federaciòn 
                  Anarquista Iberica e della Confederaciòn Nacional del 
                  Trabajo guidano la risposta popolare dando inizio a quello straordinario 
                  processo che sarà la Rivoluzione spagnola. Rivoluzione 
                  che sarà soffocata nel sangue dal fascismo internazionale 
                  fra l'indifferenza delle democrazie occidentali e la oggettiva 
                  complicità dello stalinismo e dei suoi agenti. 
                  A ottant'anni di distanza, per non dimenticare la lotta per 
                  la libertà del proletariato spagnolo e internazionale, 
                  l'Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana ha indetto 
                  a Imola per la giornata del 23 luglio 2016 il convegno di studi 
                  “Spagna 1936 Anarchismo e Rivoluzione”. 
                  
                 Ad accogliere i partecipanti alcune mostre particolarmente 
                  interessanti: la prima La Catalogna bombardata, prodotta 
                  dal Memorial Democratic di Barcellona, dedicata ai devastanti 
                  effetti sulla popolazione civile barcellonese e catalana provocati 
                  dai criminali bombardamenti a tappeto dell'aviazione italiana; 
                  la seconda, curata dal Centro Filippo Buonarroti di Milano, 
                  offriva un ampio quadro sulla presenza degli antifascisti italiani 
                  che hanno combattuto a fianco del proletariato spagnolo, la 
                  terza mostra, consistente in un'interessante raccolta di reperti 
                  e documenti originali della rivoluzione, forniva un sorprendente 
                  quadro della diffusa presenza dell'anarchismo in ogni ambito 
                  della società spagnola. 
                  Le relazioni, che non hanno mancato di suscitare un interessante 
                  dibattito finale, hanno riguardato diversi aspetti della complessità 
                  della guerra civile, consentendo così di affrontare differenti 
                  tematiche. 
                  Daniele Ratti (Le radici delle due Spagne) ha brillantemente 
                  ricostruito le premesse culturali e sociali che avrebbero portato 
                  all'esplosione rivoluzionaria: in opposizione ad una Spagna 
                  maschilista, ottusamente clericale e incapace di sviluppare 
                  una cultura laica, le avanguardie rivoluzionarie seppero costruire 
                  le basi per una società libera e diversa, basi che solo 
                  la reazione fascista riuscì a distruggere. 
                  Enrico Acciai (I primi volontari italiani in Spagna: la Sezione 
                  Italiana della Colonna Ascaso), rifacendosi al suo ultimo 
                  lavoro storiografico, ha descritto l'entusiasmo e la dedizione 
                  con cui centinaia di anarchici italiani sparsi per l'Europa, 
                  accorsero per primi a combattere a fianco degli anarchici iberici. 
                  Soffermandosi doverosamente sulle grandi figure di Camillo Berneri 
                  e Nello Rosselli, vittime della speculare reazione stalinista 
                  e fascista, ha contribuito a fare ulteriore chiarezza sulle 
                  pesantissime e tragiche responsabilità che ebbe il comunismo 
                  internazionale nella repressione delle conquiste rivoluzionarie. 
                  Giorgio Sacchetti (Aviazione legionaria: crimini fascisti 
                  nella guerra di Spagna) ha descritto uno degli aspetti meno 
                  conosciuti e più rimossi del criminale intervento dell'Italia 
                  fascista a fianco dei generali felloni. Ricostruendo la storia 
                  di vita dell'aviatore legionario Vittorino Ceccherelli, Sacchetti 
                  ha ampiamente dimostrato l'impossibilità di una memoria 
                  condivisa e come, ancora oggi, si cerchi di far passare per 
                  “eroi di guerra” i più entusiasti responsabili 
                  degli scellerati bombardamenti sulla Catalogna. 
                  È la riprova di come sia ancora necessario ricordare 
                  la tragedia della guerra civile e la grandezza della rivoluzione 
                  libertaria. 
                 Archivio Storico della Federazione Anarchica 
                  Italiana 
                  
  
                   
                Francoforte (Germania)/ 
                  Un congresso anarchico internazionale 
                Si è tenuto a Francoforte sul Meno (Germania), dal 4 
                  al 7 agosto, l'intenso incontro anarchico che ha visto partecipare 
                  centinaia di compagne e compagni, delegati e delegate a quattro 
                  giorni di dibattiti, laboratori, progetti durante il X congresso 
                  anarchico dell'Internazionale di Federazioni Anarchiche. 
                   Alle 
                  organizzazioni che compongono la galassia IFA (www.i-f-a.org) 
                  si sono unite nuove organizzazioni sudamericane, la FALV cilena, 
                  l'Iniziativa per la Federazione Anarchica brasiliana e la FAM 
                  messicana che hanno aderito durante il congresso, mentre la 
                  APO greca ha chiesto l'adesione. Nuove reti organizzate quindi 
                  che rafforzano la possibilità di trasformazione sociale 
                  in termini antiautoritari, in particolare in Sud America. Realtà 
                  anarchiche kurde, azere, turche, olandesi, croate, portoghesi, 
                  nordamericane, neozelandesi, cubane, domenicane, salvadoregne, 
                  venezuelane hanno partecipato arricchendo la quattro giorni. 
                  Momenti di discussione collettiva si sono alternati a workshop 
                  organizzati per piccoli gruppi in modo da facilitare il raffronto 
                  ed il dibattito tra le realtà presenti. Coordinare le 
                  lotte e le esperienze, confrontarsi sui macro processi internazionali 
                  che vedono peggiorare ovunque le condizioni ambientali, di vita 
                  e di lavoro delle classi subalterne, nonchè la continua 
                  riduzione degli spazi di libertà a fronte dell'affermazione 
                  di politiche sempre più autoritarie imposte dai governi 
                  e dagli stati sono stati il fulcro del dibattito e dei laboratori 
                  del congresso. Non sono mancati gli spazi per confronto di esperienze, 
                  per la progettazione e la costruzione di campagne condivise, 
                  contro il militarismo, la repressione, per la lotta contro il 
                  patriarcato, per la solidarietà e l'aiuto ai ed alle 
                  migranti. 
                  Vivremo gli esiti di queste campagne solo con il tempo e con 
                  le lotte, ma il riunirci e coordinarci tra realtà geograficamente 
                  lontane ha già rafforzato ed arricchito l'esperienza 
                  che su un piano locale o nazionale stiamo agendo. 
                  La lotta per la libertà e l'anarchia non si ferma. Organizziamoci. 
                 Simone Ruini 
                  delegato della Federazione Anarchica Italiana 
                  
  
                   
                Milano/ 
                  Expo, la saga infinita 
                Se c'è un tema su cui i detrattori delle magnifiche 
                  sorti e progressive dell'esposizione meneghina erano preparati 
                  è l'eredità necessariamente nociva di un evento 
                  di tale portata. Docente di sfiducia comparata, durante il semestre 
                  delle file al padiglione nipponico e del panino alla nutella 
                  più lungo del mondo, non fu tanto (non solo almeno) l'inadeguatezza 
                  del board societario della fiera milanese, quanto l'esito infelice 
                  di tutte le Esposizioni Universali tenutesi negli ultimi trent'anni, 
                  abbandonate una volta spente le luci della ribalta. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Rho (Milano) - Con geniale tempismo, il 26 agosto è stata aperta in ambito Expo la spiaggia dei milanesi. Come si vede nella foto, frequentatissima. Tra questa e alcune altre iniziative sempre nello spazio Expo, sono stati spesi 50 milioni di euro. Quisquilie, avrebbe detto il principe De Curtis  | 
                   
                 
                
                  Il 31 ottobre 2015 chiudono i tornelli del sito espositivo e 
                  le luci affittate per l'albero della vita si affievoliscono 
                  come l'hype mediatico della kermesse. Il governo rassicura che 
                  le cose andranno diversamente dal passato e che un progetto 
                  in due tempi è già in fase di realizzazione, al 
                  coro si accoda l'ex amministratore delegato della società 
                  Expo ed oggi neosindaco di Milano: in una prima fase, quella 
                  dello smantellamento dei padiglioni, un fuoco di fila di iniziative 
                  culturali avrebbe dovuto mantenere la cittadinanza adesa al 
                  sito espositivo; nel medio termine un polo scientifico-culturale, 
                  o “human technopole”, sarebbe diventato il cuore 
                  di un quartiere con università, pizzerie e alberghi... 
                  per farla semplice. 
                  A 12 mesi dall'inaugurazione di Expo 2015 prende avvio il fast 
                  post-expo: 16 milioni di euro investiti dalla Triennale di Milano 
                  per realizzare due mostre su cibo e arte che sono un flop di 
                  pubblico e di critica, a seguire “Experience Milano”, 
                  per un costo di oltre 50 milioni di euro, con tanto di spiaggia 
                  estiva inaugurata il 26 (!) di agosto. 
                  A partire dal mese prossimo si fa sul serio: i temi di realizzazione 
                  del polo accademico sono già slittati al 2020 (si parte 
                  con due anni di ritardo), all'Università degli Studi 
                  di Milano manca la liquidità per varare l'operazione, 
                  e il polo scientifico sponsorizzato da Matteo Renzi non occupa 
                  che un quindicesimo dell'area. 
                  Di tutto il resto poco sappiamo. 
                  
                 Alberto “Abo” Di Monte 
                  
  
                   
                Francavilla Fontana (Brindisi)/ 
                  A Urupia, il nuovo impianto autogestito di fitodepurazione 
                Durante la settimana tra l'11 e il 17 luglio si sono svolti 
                  nella comune libertaria Urupia i lavori di rifacimento del vecchio 
                  impianto di fitodepurazione. 
                  L'impianto, realizzato nell'ottobre del 1995 (primo impianto 
                  di fitodepurazione a canneto mai realizzato in Italia), nonostante 
                  fosse stato dimensionato e costruito per funzionare (almeno) 
                  10 anni, ha offerto alla comune Urupia i suoi servigi per più 
                  del doppio del tempo previsto, depurando i nostri scarichi e 
                  trasformando magicamente, per quasi 21 anni, le nostre produzioni 
                  biologiche in acqua praticamente potabile, buona a far crescere 
                  migliaia delle piante che oggi circondano la nostra casa. E 
                  tuttavia, il tempo passa per tutti. In occasione del ventesimo 
                  compleanno di Urupia abbiamo verificato che il nostro vecchio 
                  impianto non ce la faceva più: il filtro era saturo e 
                  le vasche di decantazione non riuscivano più a decantare 
                  i liquami, soprattutto quando si verificavano i cosiddetti “picchi 
                  di utenza”, cioè durante i raduni, le feste e le 
                  iniziative che, ormai (e per fortuna), sempre più numerose 
                  si svolgono dentro la nostra comune. Troppo lavoro, anche per 
                  il nostro buon vecchio amato impianto. È stato così 
                  che alcune delle nostre vecchie amiche hanno pensato bene di 
                  farci un fantastico, utilissimo regalo, lanciando una sottoscrizione, 
                  con l'obiettivo di raccogliere 8/10000 euro e usarli per rimettere 
                  a nuovo il vecchio impianto. 
                  L'ultimo aggiornamento di Cinzia (l'intestataria del conto corrente 
                  sul quale andavano versati i contributi), del 15 giugno scorso, 
                  dava come obiettivo raggiunto la cifra di 9100 euro (alla quale 
                  bisognerebbe aggiungere qualche altro centinaio di euro raccolti 
                  direttamente da Urupia, senza passare dal conto corrente: qualche 
                  iniziativa a casa, qualche contributo, ecc.). Insomma, i soldi 
                  alla fine sono stati raccolti. E il lavoro è stato realizzato. 
                  Di fatto, insieme a Floriana Romagnolli, nostra amica e consulente, 
                  abbiamo valutato che il dimensionamento del vecchio impianto 
                  (trenta abitanti equivalenti al giorno) era sufficiente anche 
                  per le attuali utenze della comune: i problemi stavano piuttosto 
                  nella scarsa capacità di decantazione del solido durante 
                  i “picchi” (nel corso di alcune iniziative la comune 
                  viene “visitata” da centinaia di persone) e nella 
                  ormai evidente saturazione del materiale di riempimento del 
                  vecchio filtro. Così abbiamo svuotato il vecchio filtro, 
                  pur mantenendone la collocazione e le dimensioni, e lo abbiamo 
                  riempito con del materiale nuovo (ghiaia e graniglietto); inoltre 
                  abbiamo aggiunto alla vecchia IMHOFF (fossa per il trattamento 
                  dei liquami) e alla vecchia (unica) vasca di raccolta altre 
                  tre vasche di decantazione (la “tricamerale”), con 
                  lo scopo di rallentare il corso dei liquami durante gli aumenti 
                  improvvisi di utenza. 
                
                   
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                    Francavilla Fontana (Br), luglio 2016 - I lavori nella comune  | 
                   
                 
                
                  I costi dell'operazione sono stati calcolati in maniera da stare 
                  dentro il budget disponibile. Di seguito il dettaglio delle 
                  spese: 
                  – costo dell'escavatore per lo scavo per la tricamerale: 
                  € 500 
                  – costo della tricamerale in polietilene e del materiale 
                  di riempimento dello scavo: € 1650 + € 330 
                  – costo dell'autospurgo per lo svuotamento del vecchio 
                  impianto: € 200 
                  – costo dei mezzi per lo svuotamento del vecchio filtro, 
                  il livellamento del materiale e il riempimento del nuovo filtro: 
                  € 1500 
                  – costo del telo in EPDM (gomma sintetica), del tessuto 
                  non tessuto e delle flange di raccordo: € 1980 
                  – costo del materiale di riempimento del nuovo filtro 
                  (ghiaia e graniglietto): € 1300 
                  – costo delle tubazioni idrauliche (drenaggio, pvc, polietilene): 
                  € 630 
                  – costo dei materiali per il rifacimento dell'impianto 
                  elettrico: € 250 
                  – a Floriana Romagnolli per la consulenza e la relazione 
                  tecnica: € 750 
                  – costi burocratici di vario tipo (marche da bollo, ecc.): 
                  € 150 
                  – costo birre per gli operai e le operaie della squadra 
                  tecno: € 50 
                  Totale costi: € 9290. 
                  Lo scopo principale di questa lettera, tuttavia, non è 
                  tanto quello di rendicontare i lavori e i costi sostenuti, quanto 
                  soprattutto quello di ringraziare quante e quanti hanno permesso, 
                  con il loro contributo (economico e non) la realizzazione di 
                  questa nuova impresa. 
                  Sul sito della comune (www.urupia.wordpress.com) potete vedere 
                  alcune fotografie che ripercorrono le fasi salienti dei lavori 
                  e scaricare la relazione tecnica dell'intero progetto. 
                  Grazie di cuore a tutte/i. 
                  
                 L'assemblea delle comunarde di Urupia 
                  comune.urupia@gmail.com 
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