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				 controsservatorio Giubileo 
                  
                Preti donna? 
                  
                di Francesca Palazzi Arduini 
                    
                Come sempre enfatizzate, le parole del Papa vengono presentate come una grande novità. Ma basta esaminarle con attenzione per capire che di sostanza ne resta davvero poca. 
                  
                  Papa Bergoglio è uno di 
                  quei personaggi sui quali grava un'aspettativa mastodontica 
                  e per contrappunto un credito gigantesco di alibi. Tutto ciò 
                  che egli pare promettere, quando poi non si avvera o dimostra 
                  ambiguità tali da azzerarne il significato, viene immediatamente 
                  scusato in nome di vari fattori: il peso dei conservatori, molto 
                  potenti tra il clero, la necessità di procedere con cautela 
                  per non causare scismi e dissidi insanabili, il ricatto di alcuni 
                  cardinali e correnti, le priorità, eccetera. 
                  Se su alcuni temi inerenti al governo terreno del santo carrozzone 
                  è stato chiaro l'intervento di potenti freni alla vocazione 
                  anti-romana di questo Papa, è altrettanto evidente che 
                  su altri, riguardanti questioni dottrinali come ad esempio la 
                  possibilità per le donne di dire omelie o altre innovazioni 
                  da tempo attese, è la volontà di Bergoglio a frenare. 
                  Il copyright patriarcale sulla religione è anche una 
                  sua personale convinzione. 
                  Non ha certo torto Giuliana Sgrena nel suo ultimo pamphlet 
                  sulle religioni monoteiste, ad affermare che “Dio odia 
                  le donne”1. Le donne in 
                  quanto proprietà, merce di scambio, esseri di servizio, 
                  sono essenzialmente silenziose sotto le navate, dietro i minareti, 
                  dentro i monasteri. Spesso nascoste al pubblico, la loro voce 
                  è scandalo, come il loro volto, ritratto come fosse esso 
                  stesso un corpo nudo in “Le viol” (lo stupro) di 
                  René Magritte, volto senza parola non solo nell'islam. 
                  Che è successo quindi il 13 maggio scorso durante l'udienza 
                  del Papa a tutte le Superiori degli ordini femminili? Titoli 
                  altisonanti il giorno dopo sulla stampa nazionale: “Il 
                  Papa apre al diaconato femminile” (La Repubblica), “Papa 
                  Francesco apre al clero femminile” (Il Fatto quotidiano), 
                  “Donne diacono, l'apertura del Papa” (Famiglia Cristiana). 
                  Qualche giorno dopo l'effetto novità svanisce e rimane 
                  la realtà testuale delle parole del Papa: “[...] 
                  chiederò alla Congregazione per il culto che spieghi 
                  bene, in modo approfondito, quello che ho detto [...] bisogna 
                  distinguere bene: una cosa è la predicazione in una liturgia 
                  della Parola, e questo si può fare; altra cosa è 
                  la celebrazione eucaristica”. In pratica Bergoglio si 
                  era limitato a dire che la Congregazione per la dottrina della 
                  fede avrebbe costituito di nuovo (per la seconda volta!) una 
                  commissione di studio sul diaconato delle donne, come già 
                  nel 2002. 
                  Accontentarsi della Madonna 
                Questa commissione, si badi bene, è incaricata di studiare 
                  e quindi confermare quello che il Papa ha già indicato: 
                  in parole povere che le donne non possono celebrare messa e 
                  quindi nemmeno presiedere con la omelia dal pulpito, la quale 
                  è destinata al celebrante (diacono, sacerdote o vescovo), 
                  che sia gay, etero, bisex o metrosexual ma obbligatoriamente 
                  di sesso maschile. 
                  Si chiarisce quindi la posizione papale rispetto al “mistero 
                  delle diaconesse”, figure presenti nella chiesa primitiva 
                  e in alcuni episodi del monachesimo, che vengono però 
                  definite, appunto, “di servizio”: “Esiste 
                  nella Chiesa l'ordine delle diaconesse, ma non serve per esercitare 
                  le funzioni sacerdotali, né per affidargli qualche compito, 
                  ma per la decenza del sesso femminile, al momento del battesimo”. 
                  Che le donne possano di nuovo rivestire i panni della Dottora 
                  della chiesa Ildergarda di Bingen, quindi, dicendo la loro dall'alto, 
                  nella chiesa cattolica se lo possono scordare ancora per molto. 
                  Le donne debbono contentarsi della Madonna, venerato essere 
                  che pare esprimersi più con lacrime che con parole, o 
                  al più direbbe qualcosa cambiando i pannolini o mestando 
                  il sugo. 
                  Nel frattempo, però, altre autorevoli voci (maschili) 
                  si erano levate a favore delle donne sul pulpito; innanzitutto 
                  l'Osservatore romano, nel suo supplemento “Donne Chiesa 
                  Mondo” di marzo, pubblicava un articolo di Enzo Bianchi 
                  nel quale si affermava che il “mandatum praedicandi'' 
                  potrebbe essere concesso anche alle donne: “La concessione 
                  della facoltà di predicare, a queste condizioni, consentirebbe 
                  alle comunità religiose femminili di non ascoltare sempre 
                  e solo l'omelia del cappellano loro assegnato”2. 
                  Sottolineava che alle predicatrici si raccomandava che queste 
                  omelie fossero di carattere morale ed esortativo e non dottrinale 
                  o teologico. 
                  Quindi aperture autorizzate, minimizzate (prediche sulla morale 
                  e non sulla teologia), e solo a persone già “istruite” 
                  ma... apriti cielo! Immediata la rettifica dell'Osservatore 
                  che pochi giorni dopo tarpa le ali a Bianchi precisando che 
                  “Gli articoli del mensile non avevano alcuna intenzione 
                  di contraddire l'attuale disciplina [...] per questo si insisteva 
                  sul fatto che la presidenza liturgica della messa non deve essere 
                  ferita od offuscata e che l'intervento dei fedeli laici deve 
                  essere aperto e concluso dal presbitero”. 
                  Del resto, i timori verso il potenziale esplosivo delle omelie 
                  femminili è anche di Bergoglio, non per niente consigliava 
                  nel 2013 alle suore e monache cattoliche di tutto il mondo (circa 
                  700mila con 1900 tra ordini e congregazioni femminili): “Siate 
                  madri e non zitelle”, richiamandole ad un ruolo di servizio 
                  essenziale per la Chiesa negli oratori, nei conventi, nei monasteri 
                  ormai anche adibiti a resort con inservienti religiose, 
                  negli ospedali, negli istituti di accoglienza, nelle missioni, 
                  ove queste donne lavorano. 
                  La paura della zitella (e della lesbica) insorge in Bergoglio 
                  a causa del sempre più evidente scollamento dai canoni 
                  delle suore USA, la Leadership Conference of Women Religious; 
                  queste “madri superiori” non vestono abiti da suora 
                  e sono decisamente ribelli ai voleri dei tradizionalisti e alle 
                  ispezioni mandate da Roma. Già nel 1977 avevano rifiutato 
                  la dichiarazione papale sull'esclusività maschile del 
                  sacerdozio e nel 2011 la Congregazione per la dottrina le aveva 
                  stoppate a causa della loro non opposizione ad aborto e eutanasia. 
                
                   
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                    |   La copertina del settimanale L'Espresso (n. 29, 21 luglio 2016)  | 
                   
                  
                La “tratta” delle novizie 
                Non solo quindi Bergoglio si ritrova isolato dalle scelte delle 
                  chiese protestanti, e anche da quella israelita, ma deve minimizzare 
                  i forti scossoni delle Superiore, le quali però sono 
                  più attempate rispetto alle religiose più giovani 
                  e obbedienti al magistero raccolte nel nuovo Council of Major 
                  Superiors of Women Religious, fondato negli anni Novanta. Sembra 
                  che il problema per la chiesa cattolica sia, oltre che la sempre 
                  maggiore distanza tra le donne e la pratica religiosa3, 
                  anche la diminuzione degli ingressi femminili negli ordini4, 
                  lenita solo dal fatto che chi entra ora è “più 
                  fedele”. 
Questa fedeltà e questo rispettoso silenzio cozzano con la “tratta delle novizie”, cioè col reclutamento per il servizio religioso di donne giovanissime provenienti dai paesi più poveri. Di queste anche la cronaca italiana racconta le paradossali vicissitudini, come quelle della suora salvadoregna di stanza a Rieti che ha partorito un bambino e l'ha chiamato Francesco in... ossequio al papa, dichiarando di non essersi accorta di essere incinta. 
Scherzo da suora, si direbbe, molto meno maligno di quello di Karol Wojtyla che diramò la sua Lettera apostolica “Odinatio sacerdotalis”, indiscusso cardine della porta chiusa alle donne, proprio nel giorno di Pentecoste del 1994, giorno che per i cattolici celebra la discesa su tutti gli apostoli dello Spirito Santo, alla quale calata la tradizione vuole fossero presenti anche donne. 
                  Così, mentre Bergoglio dribbla con “la chiesa è 
                  femminile perché è sposa e madre” facendo 
                  capire alle donne la grande importanza, basilare, di servire 
                  e stare zittine, centinaia di frange ribelli si agitano dando 
                  vita ad un poco conosciuto mondo di donne-prete, non solo le 
                  legittime pastore delle chiese protestanti5, 
                  ma le “Sacerdotesse cattolico-romane dell'Europa occidentale” 
                  che organizzano cerimonie di ordinazione a base di vescovi scomunicati 
                  e gite sul fiume Danubio o sul Lago di Costanza, le donne scomunicate 
                  perché partecipanti a messe autogestite e quindi ree 
                  di “attentato alla celebrazione della santa messa”6, 
                  o quelle delle comunità cristiane di base italiane che 
                  affermano giulive che è facile celebrare e distribuire 
                  l'Eucarestia in gruppi spontanei.7 
Il copyright sul fenomeno religioso, col suo potere, è sempre difficile da riservare. 
                 Francesca Palazzi Arduini 
                Note 
                 
                  - Giuliana Sgrena, Dio odia le donne, ed. Il Saggiatore, 
                    2016. 
                  
 - E aggiungeva: “donne predicatrici, da Maria d'Oignies, 
                    la beghina di Liegi (1177-1213), a Caterina Paluzzi (1573-1645), 
                    incaricata della predicazione nei monasteri femminili dal 
                    cardinale Paolo Sfrondati, non mancarono mai. E oggi? Nel 
                    post-concilio la Conferenza episcopale tedesca chiese a Paolo 
                    VI nel 1973 il mandatum praedicandi per alcuni laici impegnati 
                    nella pastorale (tra cui non poche donne) e la Santa Sede 
                    concesse loro il permesso ad experimentum per otto anni. Allo 
                    stesso modo, il Direttorio per le messe dei fanciulli (1973) 
                    permette che l'omelia sia tenuta da laici preparati, anche 
                    donne. Sono aperture di cui si dovrebbe fare tesoro”. 
                  
 - Si veda A. Matteo, La fuga delle quarantenni – 
                    Il difficile rapporto delle donne con la Chiesa, ed. Rubbettino, 
                    2012. 
                  
 - “A leggere i dati diramati dal Vaticano all'interno 
                    dell'annuario statistico 2013, fa rumore il crollo costante 
                    e continuo di vocazioni maschili e femminili. Dai gesuiti 
                    ai francescani, oggi sono poco più di centomila i religiosi 
                    nel mondo, 710mila circa le religiose. Ma erano rispettivamente 
                    più di 150mila e più di un milione all'inizio 
                    degli anni Settanta, gli anni del grande boom in scia al vento 
                    del concilio Vaticano II. Così sono calati anche i 
                    principali ordini femminili, le clarisse che negli ultimi 
                    dodici anni sono passate da 8 a 6mila e le domenicane da quasi 
                    4mila a poco più di tremila.” – La Repubblica. 
                  
 - La chiesa anglicana, che ha introdotto il sacerdozio femminile 
                    nel 1994 e nel 2014, ha aperto alle donne l'accesso all'episcopato; 
                    la chiesa valdese, quella metodista, quella evangelica battista, 
                    la luterana e l'episcopale hanno donne sacerdote, oltre a 
                    quella israelita non ortodossa, la cui prima rabbina risale 
                    al 1935. 
                  
 - Martha Heizer di We are Church, scomunicata assieme al marito 
                    nel 2014. 
                  
 - “Le porte erano già aperte e noi ci siamo prese 
                    la libertà di entrare” afferma in “Sacerdozio 
                    femminile? No, grazie” Casimira Furlani sul sito della 
                    Libreria delle donne di Milano, proponendo una visione autogestionaria 
                    della fede come da lei praticata con la comunità L'Isolotto 
                    di Firenze, si evita così di affrontare la questione 
                    se sia invece possibile un più esteso cambiamento dei 
                    ruoli in tutta la comunità religiosa cattolica. 
  
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