| 
				 Terezín, 1941-1944 
                  
                Ilse, Friedl, Helga 
                  
                a cura di Claudia Piccinelli 
                    
                Tre donne ebree: la poetessa e scrittrice 
                  per l'infanzia  Ilse Herlinger Weber 
                  e l'artista e maestra  Friedl Dicker Brandeis, 
                  nel lager di Terezín, testimoniano la personale sensibilità 
                  e vocazione al mondo dell'infanzia ferita. Mobilitano le doti 
                  interiori di bambine e bambini, per continuare a resistere, 
                  nella fiducia del sogno di libertà. L'adolescente  Helga 
                  Weiss fissa nel diario e nei disegni il proprio vissuto: 
                  festeggiamenti, teatro, amicizie, amore. Ma anche momenti angosciosi 
                  di quell'esperienza, alla quale sopravviverà: per testimoniarne.
                   
                  Qui di seguito, una presentazione del “ghetto-modello” 
                  di Terezín. Quindi una ricostruzione delle attività 
                  pedagogiche, solidali e artistiche tendenti a far sì 
                  che le piccole e i piccoli ospiti non venissero sopraffatti 
                  dalla quotidianità della vita reclusa e dalla negazione 
                  di qualsiasi speranza. 
                  Disegni, appunti biografici, musica, teatro, uso del corpo, 
                  canzoni, lettura condivisa, ninne-nanne per ritrovare nel passato, “fuori”, tempi ricordi e pratiche per sopravvivere “dentro”. Con un'impossibile speranza da coltivare: 
                  il futuro.  
                   
                  
                     
                       | 
                     
                     
                      |   Nel disegno: I bambini vanno a lezione, 1942. ”Prima della creazione dei dormitori a loro dedicati, i Kinderheim, i bambini si riunivano e portavano le loro panchette in un angolo, per fare lezione.”  | 
                     
                   
                 
                  I mille volti mascherati di Terezín 
                  
                Dove il fiume Eger si tuffa nell'Elba sorge Terezín. 
                  Città dal doppio nome, e dai mille volti mascherati. 
                  Sempre avvolta, nell'immaginario, da un'aurea di sinistro mistero. 
                  La città murata bipartita, a sessanta chilometri da Praga, 
                  costruita nel 1780 in onore dell'imperatrice Maria Teresa sarà 
                  destinata nel tempo a molteplici scenari. 
                  Alla fine del 1941, la “grande fortezza” per volere 
                  dei nazisti cambia nome. Diventa Theresienstadt, un campo-ghetto 
                  sottoposto al comando delle SS, alla sorveglianza della polizia 
                  ceca, all'amministrazione interna dello Judenrat. La “piccola 
                  fortezza”, invece, nel 1940 sarà scelta dalla Gestapo 
                  di Praga per incarcerare antifascisti, oppositori politici, 
                  appartenenti ai movimenti della resistenza. 
                  Terezín, la stazione-vetrina, dove verranno convogliati, 
                  in un primo tempo, gli ebrei della Boemia e Moravia. Reinhard 
                  Heydrick solleva e risolve così il problema degli “ebrei 
                  delle zone occupate”. Dopo l'occupazione di Praga nel 
                  1939 e l'istituzione del Protettorato di Boemia e Moravia, tramite 
                  circolare, il capo del servizio di sicurezza decreta la costituzione 
                  dello Judenrat, un consiglio ebraico, con il compito di eseguire 
                  gli ordini del governo nazista. In seguito, vi giungeranno ebrei 
                  da tutta Europa. Una tappa del viaggio verso est. 
                  Terezín-Terme, il luogo di cure termali per anziani. 
                  Nel corso della Conferenza di Wansee del 20 gennaio 1942, si 
                  stabilisce che a Terezín verranno convogliati gli anziani 
                  ultrasessantacinquenni, ormai inabili al lavoro, gli invalidi 
                  di guerra e i decorati al valore militare. 
                  Terezín, la città dono del Führer. 
                  Immortalata dal film di propaganda “Il Führer regala 
                  una città agli ebrei” del 1944, per la regia di 
                  Kurt Gerron, un detenuto del lager, autore di cabaret, attore 
                  e regista berlinese. La città fa da sfondo a scene con 
                  il delegato della Croce Rossa Internazionale. Lo svizzero Maurice 
                  Rossel durante il sopralluogo aveva potuto ammirare di persona 
                  i padiglioni per i concerti nella piazza centrale, bambini ben 
                  vestiti, donne sorridenti, ragazzi festosi. Il film dell'inganno 
                  sarà proiettato in tutti i cinema della Germania. 
                  Terezín, il ghetto modello, luogo ideale di soggiorno 
                  per bambini. Quando nel dicembre del 1943 si annuncia il progetto 
                  di abbellimento del ghetto, sorgono i Kinderheim, dormitori 
                  per bambini. Per i piani propagandistici, come in un villaggio 
                  di cartapesta, pronto all'occorrenza ad essere distrutto, fioriscono 
                  parchi attrezzati per il gioco, il teatro delle marionette, 
                  un coro. Si può giocare nei parchi, salire sulle altalene, 
                  fare sport. Ma anche recitare e cantare, scrivere, disegnare. 
                  Possibile addirittura studiare, nella scuola clandestina denominata 
                  con la sigla L417. 
                  Terezín, campo-ghetto degli artisti. Intellettuali, 
                  scrittrici, compositori musicisti, pittrici, scrittori, poetesse 
                  possono manifestare il proprio talento artistico e ispirazioni 
                  ideali senza destare troppi sospetti nell'opinione pubblica. 
                  Qui il mondo va alla rovescia. Alla fine del dicembre 1941, 
                  pur ritenendo illecita l'attività artistica, si istituiscono 
                  nel campo le Kameradschaftsabende, le serate di compagnia. 
                  A gennaio 1942, la Freizeitgestaltung, l'amministrazione 
                  delle attività del tempo libero, per il coordinamento 
                  della vita culturale, musicale, artistica: una forma di controllo 
                  dell'arte sottoposta alla censura nazista. Quando il Consiglio 
                  degli anziani chiede alle SS di introdurre ufficialmente gli 
                  strumenti musicali, allora, come armi di difesa e di resistenza, 
                  irrompono nel ghetto viole, violoncelli, flauti, liuti, chitarre. 
                 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Lager 
                        di Terezín, anni 1941-1944  | 
                   
                 
                Infanzia a Terezín 
                A Terezín, dal 1941 fino alla liberazione nel maggio 
                  1945, giungono circa 15.000 bambini, spesso separati dai loro 
                  genitori. Ne tornerà poco più di un centinaio. 
                  Bambine e bambini smarriti, angosciati perché non sanno. 
                  Ma ascoltano e, soprattutto, vedono. Vedono carri funebri trasportare 
                  pane, gente in coda per il rancio. Le SS camminare sui marciapiedi, 
                  le teste rapate, finestre con le sbarre. Vecchietti sgranocchiare 
                  pane duro e patate marce. Madri vagare con lo sguardo perso. 
                  Infermiere col termometro in camice bianco. Corpi martoriati, 
                  muri con il filo di ferro spinato. 
                  Sentono lo sferragliare del treno dei trasporti, le urla delle 
                  SS agli appelli, lo stridore delle ruote dei carri, il suono 
                  della sirena. Sentono l'odore di fenolo. 
                  Sentono l'assenza, la perdita della vicinanza dei genitori, 
                  dei nonni. Sentono l'angoscia della separazione, la perdita 
                  del nutrimento affettivo. 
                  A Terezín, molti adulti si fanno carico delle sofferenze 
                  di bambine e bambini. Accomunati dalla stessa condizione, gli 
                  adulti offrono la condivisione del dolore. Mettono a disposizione 
                  le proprie risorse professionali e umane, senza sapere se ci 
                  sarà la ricompensa finale della libertà. Fanno 
                  dono gratuito di se stessi, consapevoli di proporre un modello 
                  positivo di ancoraggio alla vita. Confidano, anche nei più 
                  piccoli, nelle possibilità di partecipazione e capacità 
                  di recupero, nella forza sovversiva della creatività. 
                  Bambine e bambini, alcuni solo per pochi giorni, altri qualche 
                  mese, altri ancora per qualche anno, possono sentirsi meno soli, 
                  meno orfani.  
				  
                
                   
                    Deportazioni a Terezín 
                      Protettorato 
                        di Boemia e Moravia: 74.000 
                        Germania: 43.000 
                        Austria: 15.000 
                        Olanda: 5.000 
                        Danimarca: 500 
                        Slovacchia: 1.400 
                        Ungheria: 1.100
  
                        140.000 internati, di cui 15.000 bambine/i 
                        35.000 muoiono a Terezín 
                        63 i trasporti a est, dal 1942 al 1944 
                        87.000 deportati a est, tra cui 7.590 bambini 
                        3.800 gli adulti sopravvissuti ai trasporti, 142 i bambini.  | 
                   
                 
                 
                  Ilse 
                  Herlinger Weber/ 
                  Una piccola passione: i bambini 
                   
                  E con loro nell'ottobre 1944, con uno degli ultimi 
                  trasporti, arriva ad Auschwitz. Tutte le bambine e i bambini, 
                  Ilse e il figlio Tommy passano per il camino. Cantando.
 
                
                 Lettere e poesie: l'eredità di Ilse  
                A distanza di quarant'anni, vengono riportate alla luce le lettere 
                della poetessa e scrittrice per l'infanzia Ilse Herlinger Weber1, 
                ebrea, nata nel 1903 a Witkovitz, città della Moravia, 
                dal 1918 inserita nella Repubblica Cecoslovacca. Nel febbraio 
                1942, con il marito Willy e il loro figlio minore Tommy, viene 
                deportata e internata a Terezín. Willy sopravviverà. 
                Anche il figlio maggiore Hanus riuscirà a salvarsi 
                raggiungendo prima l'Inghilterra e poi la Svezia, accudito da 
                Lilian, un'amica di penna, poi la migliore amica di Ilse, e destinataria 
                delle lettere. Nell'autunno del 1944, Ilse morirà ad Auschwitz 
                insieme al figlio Tommy e a numerose altre bambine e bambini. 
                  Sarà James, il marito di Lilian nella soffitta della 
                  sua casa di Bristol a ritrovare il carteggio delle due amiche. 
                  Allegate, anche poesie per bambini. Invece il marito Willy, 
                  giardiniere a Terezín, trova un nascondiglio segreto 
                  per gli scritti composti da Ilse durante la prigionia. Dopo 
                  la guerra, riuscirà a recuperarli e restituirli alla 
                  memoria. Willy e il figlio Hanus raccoglieranno le poesie 
                  di Hilse in un libretto intitolato Theresienstadt.
                  Sogni di un'adolescente 
                ”Il più grande desiderio: scrivere poesie. Una 
                  piccola passione: i bambini. L'attività preferita: scrivere 
                  lettere, racconti, testi in prosa poetica”. Sogni e aspirazioni 
                  svelati nelle risposte a un questionario della rivista Kranzchen, 
                  (Ghirlandina) compilato da Ilse sedicenne, assidua lettrice. 
                  Sensibilità e inclinazioni di mamma Ilse adolescente 
                  sono annotate nei diari ritrovati dal figlio maggiore. Hanuš 
                  conoscerà la madre solo attraverso gli scritti. Scrive 
                  in tedesco, la lingua della minoranza ebraica. A 26 anni, Ilse 
                  ha già pubblicato tre libri per l'infanzia, articoli 
                  su giornali e riviste, condotto radiogrammi, composto poesie. 
                  Letture e solidarietà 
                Subito dopo la morte improvvisa del padre - racconta il fratello 
                  minore Oscar nelle cronache di famiglia e nelle lettere al cognato 
                  Willy - Ilse offre il suo aiuto a mamma e fratelli nella trattoria 
                  presa in gestione. E i libri diventano per lei un vero rifugio: “le discussioni di principio, il mondo, le pulizie e tutto 
                  il resto veniva dimenticato”. 
                  Solo quattordicenne, appena terminato un corso di pediatria, 
                  Ilse si prende cura del bambino di una giovane donna zingara 
                  - accampata nel giardino adiacente la trattoria - morta di parto. 
                  L'anno dopo, il marito le regalerà una balalaika. Presto 
                  imparerà a suonare anche chitarra e mandolino. Apprendeva, 
                  e allo stesso tempo, insegnava agli altri. 
                  La testimonianza di Ruth a Terezín 
                Ilse aveva lavorato in una scuola per l'infanzia, al servizio 
                  assistenza sociale della comunità. 
                  All'arrivo a Terezín, si offre come infermiera e assume 
                  la direzione di una Kindermarodenstube, un'infermeria 
                  per bambini. L'amica Ruth tratteggia un'immagine di Ilse: “per 
                  recarsi al lavoro, indossava il grembiule bianco delle infermiere, 
                  con le sue larghe fasce, e per noi era un mistero come riuscisse 
                  a mantenerlo sempre candido”. 
                  Dalla testimonianza dell'amica Ruth, Ilse si percepisce più 
                  sicura e forte, per la certezza di essere di aiuto nel ghetto. 
                  E si coglie la sollecitudine nella cura del proprio spazio. 
                  Un pittore dell'accademia, per sua richiesta, dipinge le pareti 
                  scrostate e umide con disegni di fiaba. 
                  Contro le regole 
                Nel suo kumbalek, un bugigattolo per stanza, insieme 
                  alla cognata Erna e all'amica Ruth, Ilse compone e canta i suoi 
                  versi accompagnandosi con il liuto, tenuto appeso come per sfida 
                  alla parete. I vicini spesso vanno a trovare Ilse per ascoltare 
                  le sue poesie messe in musica, come Judith Birn Flusser, la 
                  tata di Hanuš bambino. Dopo la guerra, Judith trascriverà 
                  le strofe mandate a memoria nella stanza di Ilse, con effetto 
                  lenitivo anche dopo la Liberazione. Pure nell'infermeria, contro 
                  le regole, Ilse si procura una chitarra per la sua particolare 
                  cura dei piccoli pazienti. 
                  Empatia 
                Nella Lettera al mio bambino dedicata al figlio 
                  Hanus, Ilse scrive in prosa poetica: 
                   
                  Faccio l'infermiera per i bambini, 
                  è bello aiutarli e calmarli. 
                  Di notte veglio su di loro, tante volte. 
                  La piccola lampada debolmente illumina la sala. 
                  Seduta qui veglio la loro quiete, 
                  e ogni bambino per me è un pezzettino di te. 
                   
                  Ilse considera ogni bambino di Terezín come un figlio 
                  proprio: 
                   
                  Culle non mie 
                   
                  Siedo accanto a culle non mie, 
                  così spesso alla luce del tramonto: 
                  piccolissime dita 
                  si stringono fra le mie. 
                  Occhi grandi di figli non miei 
                  mi osservano 
                  così limpidi, così fidenti 
                  come solo un bimbo sa. 
                  Intorno a me svanisce allora 
                  la greve tristezza 
                  e provo un tale amore 
                  come se mio fosse quel bimbo. 
                  La lettura condivisa di zia Ilse 
                Nella privazione del lager, Ilse anticipa la consapevolezza 
                  di una buona pratica oggi molto attuale: la valenza affettiva 
                  della lettura condivisa. 
                  Ninne nanne e racconti di fiabe ricreano la dimensione della 
                  familiarità, dell'intimità, il coinvolgimento 
                  di momenti intensi. Atmosfera che libera e accoglie domande 
                  inattese. 
                  Zia Ilse, così la chiamavano, coglie il bisogno dei bambini 
                  di ascoltare storie. 
                  Nello scrigno-rifugio della fantasia, in compagnia della parola 
                  narrata e della melodia della voce, i più piccoli incontrano 
                  personaggi delle fiabe della tradizione popolare, fate buone, 
                  anelli magici, orchi cattivi ed egoisti, streghe con gli artigli, 
                  maghi presuntuosi, folletti impertinenti. Ma anche piccoli eroi 
                  bambini immersi nel loro sogno di libertà. 
                
                
                
                Ribellione creativa 
                Da scrittrice sensibile e attenta, Ilse educa alla scoperta 
                  della forza del linguaggio simbolico, al pensiero creativo, 
                  al diritto di pensare ed esprimersi anche nelle avversità. 
                  I bambini sollecitati da zia Ilse, come in una stanza magica, 
                  giocano con le parole, le trasformano, le ricreano. Ne scoprono 
                  il suono, il soffio, l'intonazione, la musicalità. Così 
                  sono liberi di inventare i loro canti, filastrocche, ninne nanne. 
                  Ilse educa altresì al lavoro cooperativo tra pari nel 
                  gruppo del coro, all'espressione vocale e corporea per le brevi 
                  rappresentazioni teatrali al pubblico di Terezín, soprattutto 
                  nei giorni di festa. 
                  Non solo distrazioni, ma una forma creativa di resistenza, una 
                  ribellione all'abitudine della privazione e della rinuncia. 
                  A Terezín, Brundibar è il canto della protesta. 
                  Nell'opera che richiama la fiaba dei fratelli Grimm, replicata 
                  cinquanta volte dai ragazzi, sulla prepotenza del cattivo Brundibar 
                  trionfano gli ultimi, i più deboli. 
                  Anche Ilse, con le bambine e i bambini, canta la forza sovversiva 
                  della musica proibita: 
                   
                  Musica Prohibita 
                   
                  Musica e poesia 
                  per poter sfuggire al male, 
                  e far sbocciare da scarni canti 
                  un grammo di felicità e un balsamico oblìo. 
                  E quando alcuni già prossimi a cedere 
                  riconoscon fra sé  “che ancora un po' di bello c'è 
                  per cui poter continuare”, 
                  allora si sente attorno a sé una felicità così 
                  piena, 
                  d'aver alleviato ad alcuni la pena, 
                  e si riporta indietro il liuto 
                  senza provar più paura dello sguardo temuto. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Cartolina postale a Gertrude von Löwenadler, datata 
                  settembre 1944, con timbro postale 14 novembre 1944  | 
                   
                 
                L'abbraccio della parola in musica 
                Nell'ora blu delle fiabe2, 
                  le sue parole in musica invece alleviano la fatica di addormentarsi 
                  da soli, per paura del distacco e degli incubi della notte: 
                   
                  Il blu del crepuscolo nella stanza dei piccoli malati 
                  di Terezín 
                   
                  Si stinge a ovest il bagliore del giorno, 
                  nell'infermeria scivola la luce del crepuscolo, 
                  lieve sfiora i letti dei piccoli malati 
                  e posa su guance che la febbre arrossa. 
                   
                  È l'ora blu delle fiabe 
                  e nell'aria è tutto un bisbiglio e un sussurro. 
                   
                  (traduzione Rita Baldoni)  
                   
                  Canto della sera 
                   
                  Luna dorata e stelle dorate 
                  sopra la caserma. 
                  Di tutta la grande terra 
                  ci è rimasta solo la volta del cielo. 
                  Luna dorata e stelle dorate  
                  son lontane quelle che ho amate. 
                  Quando la nostalgia mi assale, 
                  troppo piccola è la volta del cielo. 
                   
                  Nell'autunno del '44, Ilse si offre volontaria per accompagnare 
                  nel campo di sterminio di Auschwitz un trasporto di bambini, 
                  tra i quali il figlio Tommy. Incoraggia i bambini a cantare, 
                  e intona con loro Wiegala, la canzone della ninna 
                  nanna. Fino alla fine. 
                   
                  Fai ninna, fai nanna, sereno riposa 
                  Dovunque la notte si fa silenziosa! 
                  Tutto è quiete, non c'è più rumore, 
                  mio dolce bambino, per farti dormire. 
                  Fai ninna, fai nanna, sereno riposa 
                  Dovunque la notte si fa silenziosa. 
                   
                  Wiegala è la canzone testimonianza dei bambini 
                  di Terezín. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Ilse Weber e il suo liuto, 1928  | 
                   
                 
                 Questa è la strada per Theresienstadt 
                   
                  Questa è la strada per Theresienstadt 
                  che a migliaia percorrevano a stento 
                  e lo stesso torto ha subito 
                  ognuno di loro, a migliaia. 
                  La attraversavano col capo chino 
                  – la stella di Davide sul cuore – 
                  stanchi, coperti di polvere, i piedi feriti, 
                  gli animi straziati di dolore. 
                  La mano lacerata da carichi pesanti 
                  da rudi ordini sospinta. 
                  Oh strada infinita nel sole rovente 
                  con le gole piagate dalla sete. 
                  Questa è la strada per Theresienstadt 
                  che il sangue ci ha bevuto del cuore, 
                  ove più d'un anziano, stanco, è crollato 
                  sul sentiero pietroso spirando. 
                  È una strada ricolma d'orrenda miseria, 
                  di fiumi di lacrime versate 
                  di bimbi piangenti e donne ansimanti, 
                  cosparsa di cupo dolore. 
                  Qui con lo sguardo smarrito, anziani  
                  dal passo malfermo 
                  docili trottavano in gregge. 
                  Quanti di loro mai più percorreranno  
                  indietro la strada, 
                  ché la terra li abbraccia pietosa. 
                  E questa è anche la strada che rombando in giù 
                  percorrevano in furia i motori, 
                  a trasportare i destinati alla morte, 
                  in incessante carico gemente. 
                  Questa è la strada per Theresienstadt, 
                  smisurata di dolore, 
                  e mai più la dimenticherà 
                  chi una sola volta l'ha vista. 
                   
                  Ilse Herlinger Weber 
                  (traduzione di Rita Baldoni) 
                 
                  
                
 
                   
                    Una 
                        mostra a Chiari (BS)/  “Educare nel lager” 
                      Si 
                        è tenuta a Chiari (Brescia) la mostra “Educare 
                        nel lager” composta di dieci pannelli curata da 
                        Lino Mussi e Claudia Piccinelli, allestita al “Museo 
                        della Città”. Il 27 gennaio, Giorno della 
                        memoria, il percorso visivo della mostra è stato 
                        illustrato a 150 tra bambine e bambini della scuola primaria 
                        da una classe prima di una scuola statale superiore clarense: 
                        Christian, Mihaela, Luigi, Asmae, Silvia, Fatou Binetou, 
                        Chiara, Quaoutar, Aurora, Rebeca, Kyeraa, Giulia, Abla, 
                        Noemi, Ons, Giorgia, Irda, Miriana, Adriana, Bisma, Erika, 
                        Nicola, Gentiana, Fitore, Sharon. La metà proviene 
                        da altri Paesi, talune di loro sono in Italia da poco 
                        tempo. Per alcune si è trattato del primo momento 
                        di condivisione di una pagina di storia a loro sconosciuta. 
                        Un approccio cooperativo, un mutuo insegnamento coinvolgente. 
                        Un modo per rinnovare il Giorno della memoria. 
                        Un'ideale costruzione di ponti. 
                      
                         
                           | 
                         
                         
                          |   Malva Schalek: Ilse Weber canta accompagnandosi con la chitarra, 
                  1942  | 
                         
                       
                       
                      
                         
                           | 
                         
                         
                          |   Kitty Brunnerová (26/12/1931-18/5/1944)  | 
                         
                       
                      
                     | 
                   
                 
                
                   
                   
                  Friedl Dicker Brandeis/ 
                  Educare alla libertà 
                   
                  Lavoro cooperativo, gruppi di autoaiuto, autoespressione, 
                  condivisione, linguaggio del corpo. Dentro il lager. 
                   
                  L'artista e maestra Friedl Dicker Brandeis, nata nel 1898 a 
                  Vienna, prima arrestata come attivista politica poi assolta, 
                  a causa delle persecuzioni naziste emigra in Cecoslovacchia. 
                  Deportata a Terezín nel 1942, morirà ad Auschwitz, 
                  con i bambini di Terezín il 6 ottobre 1944.
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Hanus Fischi (26/09/1933-6/10/1944)  | 
                   
                 
                 Allieva del maestro Johannes Itten a Weimar, docente alla 
                  neofondata scuola del Bauhaus di Walter Gropius, trasferisce 
                  il suo metodo innovativo e lungimirante nell'insegnamento durante 
                  i suoi laboratori di disegno, a Terezín nella casa L410. 
                  Come le sue poche allieve sopravvissute testimoniano, ha saputo 
                  con l'arte prendersi cura della sofferenza. 
                  Esperienze del ghetto così traumatiche e pervasive faticano 
                  ad essere restituite con le parole. 
                  Friedl aiuta bambine e bambini ad esprimere il proprio sentire 
                  profondo con il disegno. Educa alla libertà. Lascia liberi 
                  di imprimere sulla carta malinconie, paure, angosce, sentimenti 
                  inespressi, ma anche scene di vita quotidiana del ghetto. Sollecita 
                  la memoria a riallacciarsi ai ricordi cari di casa. La famiglia 
                  riunita intorno alla tavola imbandita nei giorni di festa, il 
                  cagnolino dal pelo nero con il collare e la lingua fuori, il 
                  primo giorno di scuola con la bella cartella, accompagnati dalla 
                  mamma. Ricordi rassicuranti, capaci di far percepire la vicinanza 
                  affettiva anche in assenza. 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Robert Bondy (1/5/1932-6/10/1944)  | 
                   
                 
                 Predilige il lavoro cooperativo, in gruppi di autoaiuto. Sollecita 
                  la condivisione del poco materiale a disposizione. Stimola la 
                  capacità critica di ognuno, con la richiesta di consultarsi 
                  ed esprimere valutazione dei disegni, nel rispetto del punto 
                  di vista dell'altro. 
                  Educa all'autoespressione anche attraverso il linguaggio del 
                  corpo. Coltiva la loro creatività. Mette a disposizione 
                  materiale povero, da reinventare con la tecnica del collages, 
                  carta da pacco, da disegno - un vero lusso -, ma anche fogli 
                  stampati trovati per caso. Fili di cotone per ricamare fiori. 
                  Matite, mozziconi di pastelli colorati, acquerelli per ricreare 
                  il proprio mondo interiore. E per dipingere i colori della speranza. 
                  Friedl aiuta a dare voce alla rassegnazione muta, perché 
                  il silenzio non cura la sofferenza. 
                  Al Museo statale ebraico di Praga sono esposti circa 4000 
                  disegni dei bambini di Terezín3. 
                  Nella maggior parte, compare la firma, la data di nascita e 
                  della deportazione. Altri non sono firmati, ma in alcuni casi 
                  è stato possibile ricostruire l'anno e il luogo di nascita, 
                  il numero di trasporto a Terezín e ad Auschwitz, e la 
                  data della fine. Ne riproduciamo sette. 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Ruth 
                        Heinová (19/2/1934-23/10/1944)  | 
                   
                 
                 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Doris Zdekauerová (15/7/1932-16/10/1944)  | 
                   
                 
                 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Jirí Beutler (9/3/1932-18/5/1944)  | 
                   
                 
                 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Erika Taussigová, senza date  | 
                   
                 
                
                 
                 
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Eva Meitnerová (1/5/1931- 28/10/1944)  | 
                   
                 
                
                   
                   
                  Helga Weiss/ 
                  Quel mucchio di fogli ingialliti 
                   
                  Una ragazzina ebrea, praghese, sopravvive a Terezín, 
                  Auschwitz-Birkenau, Freiberg e Mauthausen. 
                  Qualche anno fa Helga decide di pubblicare il diario e i disegni 
                  fatti a Terezín tra il 1941 e il 1944. Disegni che rappresentano 
                  il dentro e anche il fuori (ricordato o immaginato). 
                   
                  Helga Weiss classe 1929, nata a Praga da famiglia ebrea di lingua 
                  ceca, è sopravvissuta prima a Terezín, poi a Auschwitz-Birkenau, 
                  a Freiberg, infine a Mauthausen. Dopo la guerra, diventerà 
                  un'affermata pittrice. 
                  A Terezín, al dormitorio 24 delle adolescenti, con le 
                  cuccette a tre piani, nella L410, una strada perpendicolare, 
                  annota le sue giornate in un diario. Dirà in un'intervista: “Scrivevo solo per me. Disegnavo anche per me”. 
                  Decide solo qualche anno fa di pubblicare il suo diario, dopo 
                  aver riordinato il mucchio di fogli ingialliti scritti a matita, 
                  rimasti per anni dimenticati in fondo a un cassetto. Quaderni 
                  murati a Terezín insieme ai disegni, dallo zio Josep 
                  Polák, in tal modo salvati. 
                  Nei suoi disegni, documenta scene di vita quotidiana nel ghetto, 
                  dal 1941 al 1944. Ma anche il mondo fuori, quello immaginato 
                  o ricordato, per sentirsi viva. Le ragazze amano trasformare 
                  la piccola stanza in una saletta da ballo. Ogni occasione è 
                  buona per festeggiare, preparare uno spettacolo con invito: “ci è sembrato di essere fuori, liberi”. 
                 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Desiderio per il compleannoI, 1943 ”Ogni cosa a Terezín veniva trasportata su vecchi 
                  carri funebri, compresa questa enorme torta di compleanno immaginaria 
                  proveniente da Praga!”  | 
                   
                 
                  
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Per il suo quattordicesimo compleanno, novembre 1943  “Un disegno per la mia amica Francka. Siamo nate nello  
                  stesso reparto maternità, abbiamo condiviso una cuccetta  
                  e siamo diventate amiche del cuore a Terezín. Abbiamo  
                  immaginato come avrebbe potuto essere la nostra vita  passati 
                  altri quattordici anni, quando entrambe avremmo  avuto dei figli 
                  e li avremmo portati a passeggio a Praga.  Francka è morta 
                  ad Auschwitz.”  | 
                   
                 
                Terribili e belle 
                Gennaio 1943 
                  Siamo state insieme a una serata, hanno recitato delle poesie 
                  di Villon. Mi hanno colpito enormemente. Sono terribili e belle 
                  al tempo stesso. “Muoio di sete accanto alla fontana, 
                  brucio come fuoco e mi battono i denti, il mio paese mi è 
                  terra lontana...” ; devo prenderle in prestito da qualche 
                  parte. 
                   
                  Novembre 1943 
                  Pare sia in arrivo una commissione internazionale. Si effettuano 
                  grandi pulizie e si risistema la città: “Verschönerung 
                  der Stadt”. È pronto il piano col percorso della 
                  commissione, e in base a quello si lavora. Alla Amburgo, da 
                  tutte le stanze con le finestre che danno sulla strada, nel 
                  giro di ventiquattro ore sono dovuti scomparire i terzi piani 
                  delle cuccette. Di conseguenza è partito un altro trasporto, 
                  ma senza che questo servisse minimamente a liberare tutti i 
                  posti. 
                  È successo allora che stamattina sono semplicemente 
                  arrivati, hanno segato le cuccette, e chi le occupava non ha 
                  potuto far altro che prendere i propri bagagli e trasferirsi 
                  altrove. Non c'erano altri posti, ma nel giro di due giorni 
                  si è risolto tutto. Alcuni si sono trasferiti negli edifici, 
                  gli altri hanno optato per il “Notbelágy”. 
                  Anche la mamma era tra le persone colpite, ma per fortuna, dopo 
                  tre giorni di ricerca disperata, ha ottenuto un posto su una 
                  cuccetta a due piani nella stanza 211. 
                  Helga4 
                 a cura di Claudia Piccinelli 
                 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Concerto nel dormitorio, 1942  “Nonostante la tetra situazione siamo riusciti ad avere  
                  tempo per la cultura e il divertimento.”  | 
                   
                 
                  
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Il lavatoio, 1942  “C'era soltanto acqua fredda e dovevamo usarla con 
                  moderazione.”  | 
                   
                 
                 Note/Bibliografia essenziale
                 
                  - Ilse Herlinger Weber, Quando finirà la sofferenza? 
                    Lettere e poesie da Theresienstadt (traduzione di Susanne 
                    Barta e Manfredo Bertazzoni), Lindau, Torino, 2013 
                  
 - Ilse Herlinger Weber, L'ora blu delle fiabe (traduzione 
                    di Rita Baldoni), Edizioni Paoline, 2014 
                  
 - Qui non ho visto farfalle. Disegni e poesie dei bambini 
                    di Terezín, Pubblicazione edita da Museo ebraico 
                    di Praga, terza edizione, 2008 
                  
 - Helga Weiss, Il diario di Helga, Einaudi, Torino, 
                    2014 
  
				   
                Continua 
                  la lettura del dossier               
                  
                 |