| 
				 controsservatorio Giubileo 
                  
                Toh, inquinare è “peccato” 
                  
                di Francesca Palazzi Arduini 
                    
                Il papa affronta la questione ecologica. E tenta di fagocitare i movimenti ecologisti. 
                 
                  “I comandamenti green 
                  di Papa Francesco”, “rivoluzione culturale green 
                  e resistenza immediata”, “grandioso affresco sul 
                  mondo”, “un'enciclica a 5 stelle”... Celebrazioni 
                  universali per la seconda enciclica di Bergoglio, “Laudato 
                  si'”, diffusa nel giugno scorso in dosi massicce. In Italia 
                  “Famiglia Cristiana”, che tira 350mila copie, la 
                  pubblica immediatamente, la rivista “Credere” quella 
                  del Giubileo (venduta a un euro e cinquanta) e anche i periodici 
                  profani (l'anteprima de L'Espresso ma anche la Repubblica) con 
                  tirature stratosferiche, danno accesso all'edizione integrale. 
                  Tutto il mondo sembra aver accolto con favore, considerandolo 
                  fortemente innovativo, questo semplice testo la cui eccezionalità 
                  in realtà è data a mio parere più dalla 
                  tematica che dalla trattazione. 
                  Se infatti i toni dell'enciclica sono eccezionalmente gravi, 
                  poiché concordano con l'ipotesi scientifica di una catastrofe 
                  ambientale in corso, non lo è la tecnica espositiva né 
                  lo sono i contenuti principali, che mimano e riprendono ben 
                  note argomentazioni. 
                  A ben guardare, leggendo il testo nella sua interezza come molti 
                  “esegeti” non hanno fatto, essa richiama la metodica 
                  tipica di una moderna enciclica, definibile in tre fasi: la 
                  descrizione di un problema attuale (con citazioni solo da testi 
                  sacri e dottrina cattolica), l'esame delle soluzioni possibili 
                  (con ampio ricorso al discrimine di quelle laiche e quindi “incomplete” 
                  e non apprezzabili), presentazione della linee risolutive (approvate 
                  da dio) e preghiere finali. 
                  Esiste un campionario di encicliche “di emergenza”, 
                  cioè intervenute su problematiche sociali da bonificare 
                  con urgenza, basti qui ricordare il prototipo, la “Rerum 
                  novarum” di Leone XIII (1891) che sentenziava la necessità 
                  di fruttuosa relazione tra Capitale e Lavoratori, e la “Quadragesimo 
                  anno” di Pio XI (1931) che si affannava ad avvertire che 
                  non era lecito il collettivismo stile real socialista. Il metodo 
                  dell'enciclica sociale è continuato poi con una linea 
                  più “inclusiva”: si descrive cioè 
                  una tematica dandone una visione panoramica e facendo proprie 
                  analisi profane, è il caso dell'enciclica “Centesimus 
                  annus” (1991) nella quale Karol Wojtyla, dopo un'accurata 
                  analisi dei mali della nostra società (Tangentopoli) 
                  ne incolpava con sicumera lo Stato corrotto, come se la DC non 
                  fosse mai stata cosa loro. 
                  I Formichieri 
                Il lavoro dei papi insomma pare consistere essenzialmente nel nutrirsi di idee e fatti come i formichieri di formiche, assumendo in sé tutti i dati necessari ad una rielaborazione in chiave cattolica, e dominante, dei problemi sui quali sta loro a cuore dettare una linea. 
Nel caso dell'ecologia, già varie sperimentazioni di altri papi avevano “sussunto”. Benedetto XVI nella sua “Caritas in veritate” (2009) condannava il degrado naturale per colpa umana, lo stesso Wojtyla già aveva trattato di “ecologia umana” e “conversione ecologica”, ed anche in vitro Giovanni XXIII e Paolo VI. Ma Bergoglio coglie in quanto “Francesco” la possibilità di fare tendenza in questo campo, non limitandosi quindi a definire “un crimine contro la natura come crimine contro Dio” ma colorando di religiosità l'ecologismo tutto, con la solita pretesa che questa visione sia più “integrale” e completa di altre. 
                  Eco-frullato in nomine Patri 
                Da ben prima del protocollo di Kyoto (1997) le potenze mondiali 
                  si scontrano sull'applicazione più o meno hard 
                  del concetto di sostenibilità ambientale; questo termine, 
                  dal noto Rapporto sui limiti dello sviluppo (1972), dovrebbe 
                  definire quanto l'attività umana possa esercitarsi senza 
                  danni all'ecosistema. 
                  I movimenti ambientalisti, unitamente a molti di quelli impegnati 
                  a contrastare il capitalismo, si sono impegnati da oltre cinquant'anni 
                  a proporre soluzioni e contrastare scelte consumiste e nocive. 
                  Ma l'enciclica di Bergoglio, se si escludono alcuni sbrigativi 
                  ringraziamenti, è interessata a trascrivere il problema 
                  a partire da uno scenario vuoto: dove il primo soggetto è 
                  il Padre e la scenografia è il Creato. 
                  “Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare 
                  tutti coloro che, nei più svariati settori dell'attività 
                  umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa 
                  che condividiamo”. 
                  Con questi ringraziamenti da parte di dio, e la frase “Il 
                  movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo 
                  e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini 
                  che hanno favorito una presa di coscienza.”, evitando 
                  di citare qualsiasi testo o fonte storica dell'ecologismo, il 
                  papa ridefinisce i confini di un'emergenza che a suo dire può 
                  essere risolta solo ricorrendo ad un'alleanza e solidarietà 
                  nelle quali i capi religiosi faranno certo da ispiratori. Si 
                  tratta di ispirare una nuova “Autorità mondiale”. 
                  Non per niente sono frequentissime invece le citazioni da lettere, 
                  summit e documenti episcopali di ogni paese. 
                  Solo alcune citazioni di Romano Guardini, uno dei teologi più 
                  citati anche da Ratzinger, costellano poi le pagine che riassumono 
                  tutte le problematiche ecologiche inserendole in un contesto 
                  religioso. Dal nocivo fumo delle cucine (“Ci si ammala, 
                  per esempio, a causa di inalazioni di elevate quantità 
                  di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o 
                  per riscaldarsi”) a quello delle fabbriche, il problema 
                  ambientale è collegato alla tematica del capitalismo 
                  in modo da non menzionarlo come tale ma come “sfruttamento”, 
                  legato al peccato dell'avidità. 
                  Facendo il suo mestiere, il papa tenta anche una rilettura della 
                  Genesi che non descriva il nostro Pianeta come alternativa infernale 
                  al Paradiso terrestre, egli richiama quindi l'idea di un terreno 
                  paradiso naturale, citando il Francesco d'Assisi, di una visione 
                  integrata di natura ed esseri umani. Nessun altro autore, né 
                  laico né credente, tra i tanti che hanno affrontato questo 
                  tema, non solo i mistici ma anche gli scienziati, viene citato. 
                  Per un'ecologia di noi bastardi/e 
                 Potremmo, 
                  di queste pagine, apprezzare la lancia spezzata a favore della 
                  gestione pubblica dell'acqua (“Mentre la qualità 
                  dell'acqua disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi 
                  avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata 
                  in merce soggetta alle leggi del mercato”). Potremmo anche 
                  allietarci del tentativo di reinterpretazione di quel passo 
                  della Genesi (1,28) in cui dio invita gli umani a “soggiogare 
                  la terra”, invito che riletto in chiave Sette Nani offrirebbe 
                  una visione più allegra di attività quali l'estrazione 
                  mineraria... 
                  Ma il costante richiamo alla mano benevola del “Padre” 
                  ci ricorda che la visione nuovamente “divinizzata” 
                  della natura è tale per Bergoglio in un'ottica di primato 
                  della fede sull'etica, o di una etica religiosa, poiché 
                  chi non la possiede finirà “per adorare altre potenze 
                  del mondo”, mentre lo spirito religioso darebbe libertà. 
                  Per confermare questa tesi sono presenti nell'enciclica dei 
                  graziosi inserti che affermano la volontà Bergogliana 
                  di avere l'enciclica piena e la folla ubriaca. Parlo dei punti 
                  in cui sono trattati la sperimentazione sugli animali, il controllo 
                  delle nascite, l'aborto, il genere e l'uso di OGM in agricoltura. 
                  La vivisezione, ad esempio, è ritenuta come per il Catechismo 
                  legittima se contribuisce a “salvare vite umane”, 
                  la decisione in merito spetta ai religiosi, visto che “Qualsiasi 
                  uso e sperimentazione esige un religioso rispetto dell'integrità 
                  della creazione”. Il controllo delle nascite poi, è 
                  sicuramente inutile, visto che il problema demografico non esiste: 
                  “l'ineguale distribuzione della popolazione e delle risorse 
                  disponibili” sarebbe il vero problema, guai ad accettare 
                  profilattici e politiche di libertà femminile: “Invece 
                  di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, 
                  alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità. 
                  Non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo 
                  che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche 
                  di salute riproduttiva”. Qui la demonizzazione dei programmi 
                  Onu a favore delle donne è evidente, e appare più 
                  chiara anche nel caso dei diritto all'aborto: “Dal momento 
                  che tutto è in relazione, non è neppure compatibile 
                  la difesa della natura con la giustificazione dell'aborto”. 
                  Dal momento che tutto è in relazione? Ma in questo copiaticcio 
                  di Gaia non solo le donne ma anche le persone Lgbt non sono 
                  ben accette soprattutto se non recitano il mea culpa: “Anche 
                  apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità 
                  è necessario per poter riconoscere sé stessi nell'incontro 
                  con l'altro diverso da sé... non è sano un atteggiamento 
                  che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché 
                  non sa più confrontarsi con essa”. Qui è 
                  evidente una malevola rilettura, volutamente superficiale, della 
                  questione del Genere sessuale nella storia e nelle culture. 
                  In questo periodo cruciale per la cultura italiana, nel quale 
                  l'appellativo di “bastardo” riassume il suo più 
                  pieno significato nelle frasi dei cattolici dei Family Day che 
                  imprecano contro le famiglie non composte da un padre e una 
                  madre biologici, è importante capire le radici culturali 
                  della tragedia umana della normalizzazione. E noi “bastardi” 
                  non siamo ecologici. 
                  Vogliamo passare alle parole del Grande Esperto in merito al 
                  pericolo OGM? Il discorso sul cibo non poteva mancare da questa 
                  rivoluzionaria enciclica, in anno di Expo, ed ecco il bivalente 
                  gesuita: “Sebbene non disponiamo di prove definitive circa 
                  il danno che potrebbero causare i cereali transgenici agli esseri 
                  umani, e in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una 
                  crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, 
                  si riscontrano significative difficoltà che non devono 
                  essere minimizzate”. 
                  Soluzioni cinesi 
                Nonostante Bergoglio, attingendo a piene mani da un bignami ecologista, voglia fare sue le tesi di Murray Bookchin, e pure quelle libertarie del no-globalismo, lo scenario dell'enciclica è estremamente retorico e non presenta idee nuove non solo per i laici, cui si pretende di insegnare (“Ugualmente si rende necessario un dialogo aperto e rispettoso tra i diversi movimenti ecologisti, fra i quali non mancano le lotte ideologiche”) ma neanche per la Chiesa, alla quale la riproposta ricetta della sobrietà e del sacrificio parrà pappa riscaldata e da tempo indigesta. 
Quali soluzioni propone questo manuale lastricato di buone intenzioni? Il summit sul clima è finito con la buona intenzione della Cina di costruire sei centrali nucleari all'anno, quali sono le sue ricette? Seppure piacevolmente intento ad affabulare, addirittura consigliando il metodo della condivisione per le decisioni riguardanti i territori, mentre non le attua per i suoi Sinodi (“Bisogna abbandonare l'idea di “interventi” sull'ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate”), Bergoglio infine torna a Santa Marta, con consigli più pratici, ecologismo è “fermarsi a ringraziare Dio prima e dopo i pasti”...l'orizzonte del digiuno di protesta è ancora lontano. 
La contemplazione francescana della natura dal canto suo diviene spot pubblicitario: “c'è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero”, ecco come l'umanità dietro la povertà diventa fenomeno naturale, in tutta la sua mediaticità. 
                 Francesca Palazzi Arduini                 
               |