Astensionismo 
                  rivoluzionario, critiche al partito comunista, salute e potere, 
                  dibattito sulla violenza: sono questi i quattro temi portanti 
                  del n. 74 (maggio 1979) di “A”. Tra la copertina, 
                  il primo interno e il retro di copertina ci sono 6 disegni astensionisti. 
                  Una nota alla fine dell'editoriale segnala che, a cura di alcuni 
                  gruppi anarchici milanesi, di quei disegni saranno realizzati 
                  degli autoadesivi: le modalità per ordinarli, si precisa, 
                  verranno comunicate al più presto su Umanità 
                  Nova. Così funzionava la comunicazione nell'era pre-Internet. 
                  In quelle elezioni si votò per la prima volta anche per 
                  il parlamento europeo. “Niente di nuovo sotto il sole 
                  europeo, comunque” – concludeva il suo editoriale 
                  (“Le elezioni e noi”) Paolo Finzi - “Anzi 
                  una ragione in più per riaffermare con l'astensione la 
                  nostra estraneità e il nostro rifiuto di 
                  farci in qualsiasi modo complici di questo sistema che lottiamo 
                  per abolire”. 
                  Sul finire degli anni '70 l'astensionismo (rivoluzionario 
                  ci piaceva sottolineare, per non confonderci con quello qualunquista) 
                  era parte viva delle attività di un movimento anarchico 
                  sempre ridotto numericamente, ma capace di intercettare il malessere 
                  e anche la cosciente insofferenza non solo di una parte della 
                  sinistra “antagonista” (che comunque in gran parte 
                  deponeva la scheda nell'urna) ma di certi settori popolari e 
                  popolani che si ritrovavano nel tradizionale rifiuto delle elezioni 
                  che, dai tempi della Prima Internazionale, di fatto aveva caratterizzato 
                  gli anarchici e costituiva, al contempo, forse la prima evidente 
                  differenza tra noi e tutte le altre componenti di matrice “socialista” 
                  (in pratica, i partiti di sinistra e quei movimenti extra-parlamentari 
                  che erano tali solo perché non riuscivano a diventare 
                  parlamentari – cioè a perdere il non gradito “extra” 
                  iniziale). 
                  Interessante il dossier su salute e potere. Dopo una premessa 
                  redazionale, eccone i titoli: organizzazione medica e territorio, 
                  le cattedrali della salute, infermiera/mestiere o vocazione?, 
                  infin da vecchi... Non è il primo dossier sulla salute, 
                  in quegli anni. 
                  Dieci pagine occupa il dossier violenza: siamo alla fine degli 
                  anni '70, la lotta armata è un degli argomenti più 
                  presenti nelle cronache e più dibattuti nella sinistra 
                  e ancor più tra gli anarchici. Le posizioni espresse 
                  in questo numero sono tra loro abbastanza differenti, curioso 
                  notare come la posizione che ci appare oggi più equilibrata 
                  sia quella espressa da Gianfranco Bertoli (“Il prezzo 
                  da pagare”), personalmente responsabile di un attentato 
                  con quattro morti (che non c'entravano niente con il suo obiettivo, 
                  tra l'altro) davanti alla Questura di Milano il 17 maggio di 
                  sei anni prima (per il quale fu condannato all'ergastolo). 
                  Bertoli, in quegli anni, ebbe varie occasioni per scrivere su 
                  “A” (e non solo) contro l'uso della violenza indiscriminata 
                  e del “terrorismo”. Il dibattito sulla violenza 
                  proseguirà per anni. 
                  Un dato da tener sempre presente: in quel periodo la rivista 
                  aveva 44 pagine, 80 meno di adesso: quantitativamente, ci vogliono 
                  tre numeri di allora per “farne” uno come quello 
                  che hai in mano. Costava però 500 lire, corrispondenti 
                  circa a 25 centesimi di euro. Quindi con i 4,00 euro che spendi 
                  oggi per comprarti una copia, allora ti saresti potuto comprare 
                  16 numeri. Però non c'era, come oggi, la possibilità 
                  di leggertela (e scaricartela) tutta gratis dall'allora inesistente 
                  Rete. 
                  Insomma, meglio allora o oggi?  
                  
              
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