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				 manifesti 
                  
                Quando i muri parlano 
                  
                intervista di Chiara Gazzola a Roberta Conforti 
                    
                Presso l'Archivio Famiglia Berneri - Aurelio Chessa di Reggio Emilia sono conservati numerosi manifesti anarchici e libertari, che segnano la storia del movimento. Una ricercatrice ne ha tratto un libro. 
                 
                   Il 
                  libro di Roberta Conforti, Comunicare l'utopia. Manifesti 
                  anarchici conservati presso l'Archivio Famiglia Berneri - Aurelio 
                  Chessa di Reggio Emilia (Mimesis edizioni, Sesto San Giovanni 
                  - Mi, 2015, pp. 360, € 28,00) esce a distanza di ben 13 
                  anni da un altro catalogo di manifesti, quello curato dal Circolo 
                  culturale anarchico di Carrara (Gli anarchici non archiviano, 
                  a cura di Massimiliano Giorgi, Biblioteca del Germinal, Carrara, 
                  2002, pp. 87) che testimonia l'instancabile attività 
                  di Goliardo Fiaschi. 
                  Roberta Conforti ha dedicato tempo e passione all'argomento, 
                  non si è limitata a catalogare e a riprodurre nel volume 
                  il materiale internazionale visionato all'Archivio storico curato 
                  da Fiamma Chessa: ha voluto contestualizzare, suddividere tematiche 
                  e argomenti, approfondire l'approccio critico, scovare riferimenti 
                  e citazioni di questa sorprendente arte del comunicare. 
                  Il suo lavoro è stato presentato alla Vetrina dell'editoria 
                  anarchica e libertaria di Firenze (ottobre 2015); Roberta è 
                  stata affiancata da Fiamma e Fabio Santin, disegnatore, grafico, 
                  pubblicista, appassionato conoscitore di arte espressiva a 360°. 
                  Leggendo questo libro si può compiere, insieme all'autrice, 
                  un vero e proprio percorso storico attraverso le tecniche, i 
                  colori, i segni, i simboli che accompagnano le lotte, le rivendicazioni, 
                  i valori dell'anarchismo: più le circostanze si differenziano, 
                  più emerge in maniera costante l'istanza di libertà 
                  che si veste di essenzialità. Si comunica per essere, 
                  non per apparire! Il messaggio stesso condensa un sapere e un 
                  sentire condiviso. 
                  La sottile differenza che corre fra immagine e immaginazione 
                  è la stessa che ci porta a coniugare ideali e utopia: 
                  il bisogno di esprimere una lettura altra dell'attualità, 
                  l'autodifesa quotidiana e l'esigenza di progettualità 
                  condensate in un messaggio. 
                  Una sintesi indispensabile che prende forma nella metafora, 
                  nell'ossimoro o nel paradosso; la percezione visiva richiama 
                  con forza sensazioni sonore, olfattive, tattili o altre suggestioni 
                  ispirate dall'esperienza. Il manifesto ha una storia parallela 
                  ad altri strumenti di comunicazione: innanzitutto il fumetto, 
                  e poi il collage, il dipinto, la scultura. 
                  Questo viaggio guidato dall'inchiostro messo su carta, diventando 
                  esso stesso simbolo di volontà e resistenza, testimonia 
                  le scelte antiautoritarie di un movimento che, nonostante le 
                  molteplici sfaccettature, rende omogenea la variabilità 
                  di temi e tecniche utilizzate. Le idee prendono forma e colore 
                  sia quando i manifesti sono composti soltanto di testo (una 
                  sorta di volantone leggibile soltanto da vicino), sia quando 
                  sono i disegni a sintetizzare tutto il messaggio con modalità 
                  spontanee o grazie al contributo di artisti di fama, a testimonianza 
                  di un dibattito sempre attuale sul senso di responsabilità 
                  degli autori di arte espressiva. Messaggi mirati, dirompenti, 
                  più o meno elaborati... del resto quando la militanza 
                  risente l'emergenza di un momento particolare è improbabile 
                  che si riesca a curare ogni particolare o a privilegiare la 
                  qualità del segno rispetto all'impatto comunicativo. 
                  Ripercorrendo una memoria tracciata dal colore da affiggere 
                  ai muri, scopriamo quante emozioni avremmo potuto dimenticare 
                  senza la pazienza di chi si impegna a conservare i documenti 
                  della nostra storia. 
                 Chiara Gazzola 
                 
                
                 Questa è la tua tesi di laurea, perché 
                  hai scelto di analizzare i manifesti del movimento anarchico 
                  e in particolare la collezione dell'Archivio Famiglia Berneri 
                  – Aurelio Chessa? 
                  Roberta Conforti: Ho collaborato con la Biblioteca Panizzi 
                  di Reggio Emilia, l'istituto presso il quale l'Archivio Famiglia 
                  Berneri – Aurelio Chessa è depositato dal 1999. 
                  In occasione di una giornata di studi su Camillo Berneri, organizzata 
                  dall'Archivio, ho conosciuto Fiamma Chessa e scoperto l'esistenza 
                  di una grande collezione di manifesti anarchici in attesa di 
                  essere catalogata: una raccolta straordinaria per valore storiografico, 
                  efficacia comunicativa e qualità artistica. 
                  Catalogare i manifesti non significa soltanto registrare le 
                  informazioni riportate e descriverne le caratteristiche tecniche 
                  e materiali, ma inscrivere i documenti in un contesto storico, 
                  sociale e politico. Indispensabile è stata la collaborazione 
                  di Fiamma che, oltre ad essere al centro di una fitta rete di 
                  studiosi e militanti che ci ha aiutato nell'identificazione 
                  e datazione di numerosi manifesti, mi ha guidata all'interno 
                  dello sterminato patrimonio di documenti, libri, periodici, 
                  fotografie, manoscritti ed epistolari che Aurelio Chessa, immediatamente 
                  dopo la caduta del fascismo, inizia a raccogliere arricchendolo 
                  poi con l'acquisizione delle carte appartenute a Camillo Berneri 
                  e Giovanna Caleffi, grazie alla donazione ricevuta dalla figlia 
                  di Berneri. Il grande merito di Aurelio sta nell'aver intuito 
                  l'importanza di conservare la documentazione in maniera organica 
                  e strutturata, ma anche la necessità di divulgare e rendere 
                  i documenti accessibili al pubblico. [...] Dopo la sua morte, 
                  nel 1996, la figlia Fiamma garantisce la continuità di 
                  questo impegno, coadiuvata da un Comitato scientifico e dalla 
                  recente costituzione dell'Associazione Amici dell'Archivio Fam. 
                  Berneri - A. Chessa. (Per informazioni: amiciafbc@gmail.com 
                  - cell. 3381263779).  
                
                   
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                    |   Radio Libertaire interdite par le pouvoir  socialiste et 
                  communiste, 1983  | 
                      | 
                    Dissociamoci dalle forze armate, 1986  | 
                   
                 
                
                  A pag. 51 scrivi: “La strage di piazza Fontana segna 
                  nella storia italiana un momento di cesura drammatica e dilaniante”. 
                  Ricordi come la violenza statale inaugurò una vera e 
                  propria strategia per ristabilire quell'ordine che avrebbe significato 
                  mancanza di diritti e ingiustizia sociale: il depistaggio pianificò 
                  la repressione utilizzando anche l'arma di manifesti a firma 
                  anarchica, ma inequivocabilmente falsi, ritrovati vicino alla 
                  Banca dell'Agricoltura di Milano e in altri luoghi strategici; 
                  è una delle tante prove dell'obiettivo di creare confusione 
                  fra verità storica e quella che diventerà la verità 
                  giuridica. Ricordi quanto materiale venne prodotto dai circoli 
                  e dai collettivi per gridare l'ingiustizia degli arresti, delle 
                  perquisizioni e dell'assassinio di Pinelli. Pensi che quel momento 
                  di cesura segni tutt'oggi una ferita incolmabile? 
                  Credo proprio di sì e, in ambito artistico, lo evidenzia 
                  l'attenzione che ancora oggi gli autori dedicano a questo avvenimento. 
                  Penso innanzitutto all'opera dell'artista e fotografo Paolo 
                  Ventura, Il funerale dell'anarchico, realizzata nel 2014 
                  nel contesto di una ricerca che induce l'autore a superare un 
                  limite intrinseco della fotografia, orientandola verso la tridimensionalità. 
                  Ventura ritaglia e dipinge le sue fotografie costruendo una 
                  composizione. Nell'opera citata, Ventura rievoca i funerali 
                  delle vittime di Piazza Fontana, un evento ben impresso nella 
                  memoria di chi come lui è nato e cresciuto a Milano. 
                  Le figurine, ritagliate e allestite in un corteo tridimensionale, 
                  ritraggono sempre il medesimo personaggio: l'autore stesso, 
                  parte integrante della folla e testimone. È un'opera 
                  evocativa che richiama un'epoca - densa di immagini di manifestazioni, 
                  funerali, processi, scontri - vissuta e subita dall'artista 
                  ancora bambino. Un momento simbolico reinterpretato secondo 
                  gli schemi del tradizionale funerale dell'anarchico, nelle opere 
                  di Carlo Carrà ed Enrico Baj, ma anche delle fotografie, 
                  pubblicate nei giornali di allora, in cui si radunavano folle 
                  di cittadini a celebrare le vittime della strage in un'atmosfera 
                  grigia e piovosa. [...]  
                
                   
                     | 
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                    |   Paolo Ventura, Il funerale dell'anarchico, 2014  | 
                      | 
                    1° Maggio, 1971  | 
                   
                 
				 
                Il significato originario del Primo Maggio 
                Puoi aggiungere qualche considerazione sul Primo maggio, 
                  visto che gli esemplari più datati dell'Archivio si concentrano 
                  proprio su questa significativa giornata di lotta? 
                  L'analisi dei manifesti dedicati al Primo maggio permette di 
                  osservare come si evolvono la concezione grafica e il linguaggio 
                  nel manifesto politico dal secondo Dopoguerra in avanti. Mentre 
                  tra la fine degli anni Quaranta e gli ultimi anni Cinquanta 
                  sono composti unicamente di testo e concepiti come giornali 
                  murali che riportano lunghi articoli, successivamente assistiamo 
                  al tentativo di impostare il layout in modo tale da conferire 
                  maggiore risalto ad alcune parti del testo, agevolando la lettura 
                  attraverso griglie compositive sempre più strutturate. 
                  Il Maggio francese mette in atto una rivoluzione comunicativa 
                  subito recepita nelle produzioni grafiche italiane. 
                  All'interno della Ecole de Beaux Arts di Parigi nel 1968 nasce 
                  l'Atelier Populaire con il proposito di supportare le lotte 
                  di studenti e operai attraverso la produzione e diffusione di 
                  manifesti: nell'arco di due mesi ha ideato e stampato circa 
                  250 esemplari differenti dalla straordinaria sintesi grafica 
                  ed efficacia comunicativa. 
                  Le tematiche di fondo rimangono sostanzialmente invariate: la 
                  rivendicazione del ruolo insurrezionale del Primo maggio, inteso 
                  come giornata di lotta proletaria internazionale, oltre che 
                  la sempre rinnovata memoria dei martiri di Chicago. 
                  Alcune parole chiave definiscono il discorso e ritornano nel 
                  testo in maniera costante: il martirio, la lotta, la rivoluzione, 
                  l'internazionalismo; inoltre si affrontano temi legati allo 
                  sfruttamento e all'oppressione politica ed economica. 
                  All'interno della collezione, il primo manifesto in ordine cronologico 
                  dedicato al Primo maggio è realizzato dalla Federazione 
                  Anarchica Italiana. Datato 1° maggio 1945, esce qualche 
                  mese prima della formale costituzione della FAI al Congresso 
                  di Carrara nel settembre del 1945. 
                  Sempre rinnovata è la rivendicazione del significato 
                  originario, inteso come momento di lotta in contrasto con “la 
                  festa legalizzata dal capitalismo internazionale, complici interessati 
                  preti, militari e politici.” Leggiamo queste parole nel 
                  manifesto del 1969 1° Maggio anarchico, serigrafato 
                  con materiali poveri, adoperando maschere di ritaglio e bombolette 
                  spray. Il Primo maggio 1887 è richiamato attraverso la 
                  sagoma del corpo di un uomo appeso ad una trave, in riferimento 
                  all'impiccagione dei martiri di Chicago, ma non meno atroce 
                  è la condizione dell'uomo nel 1969, descritto con le 
                  mani aggrappate alle sbarre di una prigione che invitano a riflettere 
                  sulla condizione di oppressione che ancora vivono i lavoratori 
                  e gli individui in generale. 
                  Anche in 1° maggio 1970 c'è un operaio con 
                  la tenaglia in mano e le caviglie incatenate ad una fabbrica: 
                  spesso rappresentata con pochi tratti essenziali ereditati dalle 
                  affiches serigrafate dall'Atelier Populaire, la fabbrica 
                  è il simbolo e il luogo delle lotte. 
                  La bandiera anarchica, nelle sue diverse declinazioni, compare 
                  in immagini dedicate al Primo maggio come un invito a radunarsi 
                  intorno ad essa nei cortei, ma anche esposta come atto di rivendicazione 
                  di fianco agli stabilimenti industriali. La vediamo appoggiata 
                  ad una ciminiera, come un'insegna che annuncia l'espropriazione 
                  generale dei mezzi di produzione, in 1° Maggio, stampato 
                  a Carrara nel 1971, oppure in 1° maggio di lotta, 
                  realizzato nel 1981 dal Gruppo Anarchico “E. Malatesta” 
                  di Imola, fluttuare alle spalle delle tre figure che guidano 
                  il corteo, tratte da Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza 
                  da Volpedo, scontornate e virate in bianco e nero. [...]  
                
                   
                     | 
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                    |   Particolare del manifesto  1° Maggio anarchico, 
                  1969  | 
                      | 
                    1° Maggio di lotta, 1981  | 
                   
                 
                 Hai analizzato le eredità stilistiche, le sorprendenti 
                  citazioni iconografiche che s'intrecciano con le capacità 
                  espressive di chi vuol comunicare gli ideali libertari. Ad esempio 
                  il disegno di Giuseppe Scalarini del 1923 che ritrae la cupola 
                  vaticana di S. Pietro dalla quale dipartono innumerevoli tentacoli 
                  sugli edifici pubblici di Roma è un'efficace sintesi 
                  che racchiude molteplici approcci critici al tema, sarà 
                  ripresa più volte sia come immagine, sia come concetto: 
                  quando si dice “la piovra vaticana” (per altro titolo 
                  del libro di Pippo Gurrieri edito da “La fiaccola”) 
                  già si esplicita il riferimento all'ingerenza cattolica 
                  nella società civile. É stato un vero colpo di 
                  genio che ha fatto storia. Quali altri tratti creativi e originali 
                  segnano il percorso della comunicazione visiva?  
                  In effetti, nella grafica anticlericale e antimilitarista il 
                  principale riferimento iconografico è quello proposto 
                  dall'immagine del socialismo italiano del primo Novecento. In 
                  questo contesto nasce la caricatura politica italiana e i maggiori 
                  esponenti di questa tradizione sono proprio G. Scalarini, le 
                  cui illustrazioni sono riprodotte ancora oggi nei manifesti 
                  del movimento anarchico, e Gabriele Galantara. 
                  Ci sono altri esempi. Un dipinto che è diventato il manifesto 
                  dell'impegno sociale dei lavoratori è Il Quarto Stato 
                  (1901) di G. Pellizza da Volpedo, l'opera più rappresentativa 
                  del sistema di valori nel quale si è riconosciuto storicamente 
                  il movimento operaio in Italia. Una marcia portatrice di emancipazione 
                  proletaria e femminile, la cui diffusione in campo grafico spazia 
                  dalla comunicazione politica, a quella commerciale e culturale. 
                  Il messaggio astensionista si presta invece all'elaborazione 
                  di diverse metafore animali che mettono in luce la condizione 
                  di asservimento dell'elettore. In occasione delle elezioni amministrative 
                  del 1951 esce un manifesto che ritrae lo stereotipo dell'elettore 
                  mentre si reca alle urne: è un mulo che porta in bocca 
                  una scheda elettorale e sottolinea l'assurdità del suo 
                  gesto mentre afferma: “Io voto...”. Così 
                  la pecora, dal carattere gregario, mansueto e governabile, è 
                  metafora della massa che esegue gli ordini del pastore/padrone 
                  senza porre obiezioni: in La maggioranza siete voi del 
                  1970, un gregge di “pecoroni” accetta di delegare 
                  le proprie scelte agli amministratori del potere. 
                  Un espediente narrativo che torna spesso, per rivendicare le 
                  libertà di espressione e d'informazione, è l'iconografia 
                  del silenzio, descritto come una bocca bendata oppure con le 
                  labbra serrate da un lucchetto. È un'immagine che affonda 
                  le radici in epoche lontane e ce lo rammenta nel 1593 Cesare 
                  Ripa nel descrivere il silenzio come una “Donna, con una 
                  Benda legata attraverso del viso, che le ricopra la Bocca”. 
                  In epoche più recenti l'immagine ritorna in uno dei più 
                  celebri manifesti realizzati dall'Atelier Populaire, Une 
                  jeunesse que l'avenir inquiète trop souvent (trad.: 
                  “Una gioventù troppo spesso preoccupata per il 
                  suo futuro”), che intende sottolineare l'impossibilità 
                  dei giovani di esprimersi nella società gaullista, all'interno 
                  della quale i mezzi di informazione sono completamente controllati 
                  dal potere politico. 
                  Ritroviamo la stessa idea in Radio Libertaire interdite par 
                  le pouvoir socialiste et comuniste, promosso dalla Fédération 
                  Anarchiste di Parigi nel 1983, che denuncia la chiusura da parte 
                  del governo dell'emittente Radio Libertaire. 
                
                
                   
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                    |   Elezioni amministrative 1951, 1951  | 
                   
                 
                Un'energia primordiale positiva e propositiva 
                Ribadisci spesso come il reato di vilipendio nelle sue 
                  diverse forme (alla religione, alle forze armate, a capo di 
                  stato, alla bandiera ecc.) esista per colpire la libertà 
                  di espressione... del resto la difficoltà di catalogazione 
                  di alcuni documenti deriva proprio dall'assenza di una data, 
                  di un luogo, di una firma o sono volutamente falsificate per 
                  non incorrere in denunce per affissione abusiva, stampa illegale 
                  o per slogan e contenuti stessi dei manifesti.  
                  L'aspetto più complesso ed appassionante della mia ricerca 
                  è stato il tentativo di attribuire una datazione e di 
                  ricondurre i singoli manifesti ai gruppi che li hanno prodotti. 
                  Una buona parte dei documenti catalogati è stata identificata 
                  grazie ai contatti che ruotano intorno a Fiamma e al confronto 
                  con i periodici anarchici e bollettini conservati in archivio. 
                  Mi auguro che questo libro possa consentire il riconoscimento 
                  di tutti i manifesti che sono interamente riprodotti nell'apparato 
                  iconografico. Abbiamo rilevato esemplari firmati da circoli 
                  o collettivi mai esistiti, altri che riportano indirizzi immaginari, 
                  sicuramente perché le circostanze suggerivano di ostacolare 
                  l'identificazione dei militanti. 
                  É stato molto interessante l'intervento spontaneo di 
                  Franco Bunuga durante la presentazione del libro a Firenze: 
                  ha dato un respiro personale e umano al discorso. Se infatti 
                  il volume tratta l'argomento da un punto di vista storico, culturale 
                  e artistico, Franco ha ricordato l'impegno di quanti si dedicavano 
                  a stampare in serigrafie autogestite per poi andare di notte 
                  ad affiggere nelle strade. La legge imponeva che ogni esemplare 
                  fosse completo di firma e indirizzo, quindi si ovviava ricorrendo 
                  alla fantasia. 
                  Molti manifesti antimilitaristi e anticlericali sono stati oggetto 
                  di censura, un espediente per eseguire perquisizioni o denunce. 
                  Tra questi Dissociamoci dalle forze armate, realizzato 
                  nel 1987 dalla Cooperativa Tipolitografica di Carrara con la 
                  collaborazione del grafico Antonio Monteverdi per sostenere 
                  la Cassa di solidarietà antimilitarista.
                 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   La maggioranza siete voi, 1970  | 
                   
                 
                
                  Grazie Roberta, ho un'ultima curiosità: la motivazione 
                  della tua scelta sull'immagine di copertina. 
                  L'immagine è tratta da un manifesto-calendario realizzato 
                  a Barcellona dalla CNT-AIT nel 1978 il cui titolo - Llevamos 
                  un mundo nuevo en nuestros corazones (trad.: “Portiamo 
                  un mondo nuovo nei nostri cuori”) - fa riferimento ad 
                  una frase di Buenaventura Durruti pronunciata durante un'intervista 
                  nell'agosto 1936 con il giornalista Van Passen per il “Toronto 
                  Star” in cui afferma: “Le macerie non ci fanno paura. 
                  Sappiamo che non erediteremo che rovine, perché la borghesia 
                  cercherà di buttare giù il mondo nell'ultima fase 
                  della sua storia. Ma, le ripeto, a noi non fanno paura le macerie, 
                  perché portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori. Questo 
                  mondo sta crescendo in questo istante.” È un'illustrazione 
                  a cui sono molto legata perché restituisce una visione 
                  del pensiero e dell'azione anarchica che si esprime attraverso 
                  un'energia primordiale, positiva e propositiva, un'immagine 
                  di trasformazione - e dunque di rivoluzione - che dilata la 
                  prospettiva verso un'idea di metamorfosi spirituale. 
                  Una metafora di evoluzione e rinascita che vede un embrione 
                  trasformarsi in un sole e risplendere su un mondo nuovo. Emblema 
                  della vita in gestazione, l'uovo cosmico ritorna in numerosi 
                  miti sulla creazione e la rigenerazione: dalla tradizione induista 
                  dei Veda all'Orfismo, nei miti dell'antico Egitto fino al Paleolitico 
                  superiore, mentre nell'interpretazione junghiana questo simbolo 
                  rappresenta “la prima materia contenente l'anima del mondo”.  
                 Chiara Gazzola 
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