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				 dibattito pornografia 
                  
                A proposito di libertà 
                  
                di Marvi Maggio 
                    
                Quale libertà? Quella di vendersi e di essere oppressi? 
                  Pubblichiamo un intervento nel dibattito sul  dossier 
                  pornografia apparso sullo scorso numero di ottobre.  
                 
                  La libertà degli anarchici non è certo libertà di opprimere, né di essere oppressi, ma è libertà di rendere inoperative tutte le regole, i dispositivi e le attività economiche, religiose, sociali, oppressive, mostrando cosa sia possibile e aprendo così a nuove possibilità. 
Il concetto di libertà non è univoco. La maggiore contrapposizione è fra la presunta libertà di sfruttare, di espropriare, di opprimere, di usare gli altri a proprio piacimento, di decidere per gli altri e la Libertà di autogestirsi, di autodeterminarsi, di decidere per sé, di far crescere la propria creatività, di costruire se stessi in relazione agli altri, creando relazioni sociali in cui ci sia un rapporto fra eguali nella diversità, e si determini la fine delle ingiustizie. 
Ma c'è chi asserisce: “Io posso decidere di essere servo, di entrare in rapporti dissimmetrici (come la prostituzione e la pornografia), ma lo scelgo io, io posso decidere di vendermi, io posso decidere di essere un crumiro, io posso decidere che mi piace essere un oggetto sessuale e vendermi (io e il mio corpo, perché è tutto unito)”. 
E allora questa supposta libertà diviene semplicemente aderire ai rapporti dominanti, alla violenza, alla subordinazione, al rapporto servo/padrone ma con convinzione, sarei io che voglio essere oggetto di violenza, di disprezzo e più in generale sarei io che accetto di non essere un soggetto con suoi desideri, ma di essere invece un oggetto vuoto pronto ad assumere i desideri degli altri come suoi (pornografia e prostituzione). 
Certo tutti noi scendiamo a patti con la società esistente e vendiamo il nostro lavoro a chi lo può pagare, e viene pagato proprio perché fa loro comodo e fa parte di questo sistema iniquo. Ma è bene vedere questo lavoro per quello che è e non pensare che sia un passo verso il cambiamento sociale quando non lo è. Certo, nei posti di lavoro ci possono essere delle lotte per cambiare le cose, c'è la proposta di modificare il modo di farli funzionare, la loro organizzazione, ma anche quello che si produce e i servizi che si offrono. Avendo cura di ragionare su cosa significano al di là dei casi specifici, cosa significano per la società nel suo complesso. Prostituzione e pornografia sono un prodotto della sopraffazione e non possono essere trasformati in portatori di cambiamento perché sono intrisi di rapporti dissimmetrici e iniqui fra donne e uomini. 
Se la compravendita nel mercato capitalista è sempre intrisa di rapporti dissimmetrici e ineguali fra venditore e compratore, la compravendita di sesso è sempre intrisa di rapporti dissimmetrici fra venditore e compratore e in più dei rapporti sperequati fra donne e uomini. Se il mercato sporca i rapporti umani, trasformando i rapporti fra persone in rapporti fra cose, quello del sesso ristabilisce l'iniquo luogo assegnato ad ognuno. C'è chi compra e chi vende. 
                  La differenza fra oggetti e soggetti 
                Nella nostra società capitalista, ogni subordinazione viene sfruttata a vantaggio del profitto, ogni disuguaglianza, sessismo, razzismo, serve per gestire il potere. La subordinazione del lavoro viene accettata per la necessità di disporre di un reddito e provoca molta sofferenza. Vendere la propria capacità e il proprio lavoro fa parte di una violenza usuale e diffusa. Ma vendere l'uso sessuale di noi stessi non è la stessa cosa. E i primi indizi di cosa si tratti ci vengono dai soggetti implicati: in massima parte donne che si vendono e uomini che comprano e in massima parte persone obbligate per bisogno economico o per tratta. Ma per il nostro ragionamento ci interessa affrontare il tema di chi afferma di averlo scelto. 
Un indizio sono gli affari miliardari che girano attorno al sesso: quelli legali e quelli illegali. Un enorme affare, e quando girano molti soldi siamo di fronte a qualcosa che è difficile avvicinare a una sorta di liberazione. Altro indizio: la pornografia (etimo: trattato sulla pornografia e scrittura o disegno osceno) e la prostituzione (vendita di sesso) sono considerate una trasgressione, il che vuole dire che fanno parte del gioco della morale e non provocano nessun cambiamento sostanziale, anzi avvalorano le diseguaglianze esistenti. In tutto il mondo donne e bambine/i poveri rischiano di finire in questo giro. La pornografia che rappresenta in una foto qualcosa, fa vivere quel qualcosa a chi lo deve rappresentare. Non è solo una foto, un'immagine è stata la realtà obbligata di chi l'ha rappresentata. Una vera violenza, non solo violenza simulata. 
Il punto nodale è che nella prostituzione e nella pornografia c'è la sessualità e i desideri di chi paga, non di chi si vende. E c'è quella di chi si vende solo se questa aderisce a una sessualità che non è sua e la accetta come sua. Magari erotizza il disprezzo e la sopraffazione oppure qualsiasi cosa le venga chiesto, dominio o subordinazione. Ed è inutile ridefinire il concetto di disprezzo o di sopraffazione: si tratta di un rapporto diseguale. 
                  Vecchi immaginari da decostruire 
                E la rappresentazione simbolica, l'arte, ha la sua responsabilità 
                  nel cercare di ribadire il significato della discriminazione 
                  sottesa dai rapporti fra donne e uomini. L'artista che fa diventare 
                  arte la violenza sulle donne, (come le foto dal fotografo giapponese 
                  con le donne legate o le artiste che rendono arte la violenza 
                  su sé stesse) anche quando lo fa per denunciarla, mentre 
                  la rappresenta, la provoca di nuovo. La violenza simbolica dell'arte 
                  è potente, e accettare di inscenarla è uno dei 
                  modi che le artiste hanno per essere accettate dal mercato. 
                  Ogni rappresentazione della violenza sulle donne nel cinema 
                  (vedi per esempio Pasolini con Salò e le 120 giornate 
                  di Sodoma) e in generale nell'arte, anche quando dichiara di 
                  inscenarla per denunciarla, è violenza in sé, 
                  è un trauma che ci riporta indietro. 
                  Così si torna indietro, si affollano e si riempiono gli 
                  immaginari di vecchio e stantio e si rende più difficile 
                  che altro, la Libertà, possa emergere. 
                  È più che evidente che ciò che è 
                  emerso dalle peggiori relazioni fra uomini e donne, la prostituzione 
                  e la pornografia, non può essere la base per nuove relazioni 
                  fondate sull'eguaglianza nella diversità. Una diversità 
                  non imposta dall'esterno come nel sessismo e nel razzismo, ma 
                  decisa da ogni persona. Altri rapporti, altre rappresentazioni 
                  si possono dare solo se non si percorrono quelle strade segnate, 
                  né nei contenuti né nelle definizioni. 
                  Che la violenza e i rapporti dispari siano osceni (pornografia) 
                  non è perbenismo, anch'esso intriso di violenza e sopraffazione, 
                  è una presa d'atto della realtà. D'altra parte 
                  essere trattati da oggetti e non da soggetti a tutto tondo, 
                  con tutta la nostra complessità di esseri umani, non 
                  è già abbastanza esplicito? 
                  
                  La (vera) libertà 
                La prostituzione e la pornografia hanno a che fare con il ruolo imposto alle donne, più che con la morale. La morale accetta la trasgressione, è un male minore per lei, che non mette in discussione i rapporti sociali dominanti perché non cambia chi vende e chi compra, non cambia che si venda e si compri, e soprattutto non cambia i rapporti di forza fra i soggetti sociali coinvolti. La trasgressione è il padre di famiglia che va con prostitute minorenni. Il cambiamento rivoluzionario è che la sessualità sia un rapporto fra persone che esula dagli scambi economici e di potere. 
La trasgressione produce profitti, il cambiamento sociale produce la nascita di nuove relazioni sociali, nuovi modi di produrre, rinnovate relazioni con gli altri esseri viventi e con tutto il mondo che ci sta attorno, una accresciuta creatività individuale e collettiva. La trasgressione, la prostituzione e la pornografia fanno parte del mercato e della società dominante. 
Come sempre, fa comodo al potere dominante, sia patriarcale sia capitalista, che un soggetto che fa parte del gruppo subordinato sia contento del suo ruolo e che ci veda pure chissà che significato rivoluzionario nel suo ruolo subordinato. È un bel colpo a tutte quelle che lottano per la Libertà. “Vedete che a qualcuna va bene?” L'importante è, per il patriarcato, che ognuno stia al posto assegnato e, per il capitalismo, che si produca profitto. Meglio ancora se il profitto viene prodotto dai bisogni di amore, di amicizia, basta che lo sia in modo distorto, senza che questo dispieghi nuovi modi di vivere e nuove relazioni sociali, alla fine dei conti, senza che dispieghi la vera libertà, quella degli anarchici. 
“Io faccio violenza a me volontariamente”, cosa di meglio delle artiste che rappresentano su di sé la violenza sulle donne? Questa è l'arte preferita dal potere dominante. Uno dei pochi modi per le artiste di avere successo. Corpi picchiati, corpi insanguinati, corpi legati, sempre di donne: con la motivazione di criticare la violenza, la si rappresenta ma di fatto la si ripete su ogni donna che vede quella immagine che reitera la violenza in sé e non solo come rappresentazione. 
E dichiarare che il senso del disprezzo più essere rovesciato non basta, non è soddisfacente. La sessualità della prevaricazione è davvero da disprezzare. La messa in mostra della violenza sulle donne non è la sua critica e non è neppure solo rappresentazione, è pura nuova violenza. E l'elisione e l'annichilimento della sessualità delle donne in nome della risposta a quella di un certo settore degli uomini (sono certa che non tutti gli uomini accettano il patriarcato), come si dà nella prostituzione in massima parte di donne per gli uomini e nella pornografia in massima parte con donne per gli uomini, è una violenza. 
In certi paesi tagliano la clitoride (una violenza inimmaginabile, per il dolore che provoca solo immaginarla), in altri elidono lo sviluppo della libera sessualità delle donne. Per poi proporre e erotizzare quello che piace nel mercato della pornografia e della prostituzione. Ma così non si produce certo la libertà. 
                  La resistenza 
                La contrapposizione è tra chi vuole superare e andare 
                  oltre le ineguaglianze ed il rapporto servo/padrone nella compravendita 
                  e dappertutto, e gli altri. E questo è il nostro compito, 
                  come anarchici e come libertari, come quelli che amano la Libertà. 
                  È un danno enorme accettare, come se fosse cambiamento 
                  sociale e libertà, la sessualità dominante servo/padrone, 
                  cioè sado-masochista, quella esplicita della pornografia 
                  e della prostituzione e quella implicita in ogni rapporto di 
                  compravendita caratteristica della nostra società fondata 
                  sulla sopraffazione. È una visione distorta. 
                  Che qualcosa cambi di significato guardandolo da una certa angolatura 
                  è possibile, ma non accade in questo caso. La violenza 
                  del rapporto servo/padrone di cui la compravendita fa parte 
                  è quello che vogliamo superare come anarchici. 
                  La distorsione ha come fondamento un'analisi approssimativa. 
                  Il mito di Bocca di rosa è una rappresentazione del sogno 
                  maschile della donna giovane e bella e disponibile per tutti: 
                  vecchi, giovani, belli, brutti, tutti. Mentre le altre, quelle 
                  vecchie, ma della stessa età di quelli che se la godono 
                  con Boccadirosa, sono ridotte a cagnette a cui hanno tolto l'osso. 
                  Le vecchie e brutte (semplificazione, a che età sarebbero 
                  vecchie le donne e qual è il modello estetico da rispecchiare?) 
                  non hanno diritto al sesso, alla sessualità e all'amore. 
                  E naturalmente ci sono donne che vorrebbero essere quella Boccadirosa. 
                  Ma questo mito non ci porta al cambiamento. 
                  La trasgressione non è cambiamento, ma il gioco della 
                  morale: non si potrebbe fare, ma non è così grave. 
                  O come per molte religioni il disgusto non ricade su chi crea 
                  quella sessualità, ma su chi la rappresenta. 
                  Così è tutto ridotto a ben poca cosa. Come scrive 
                  la filosofa Luisa Muraro: «Pensate a tutta la giustizia 
                  che viene negata per rispettare la legge, a tutta la libertà 
                  che l'ordine sociale rende impraticabile, a tutta la bellezza 
                  che i canoni estetici ci rendono invisibile, a tutto l'amore 
                  pervertito dalla legge morale, a tutti i piaceri che la tecnica 
                  ci fa perdere. La mente può restare schiacciata dallo 
                  spettacolo della giustizia iniqua, della crudeltà della 
                  morale, dell'autoritarismo delle scienze, ecc. e disperarsi. 
                  Ma può invece rivolgersi, come insegnava Platone, al 
                  vero, al bello, all'amore, alla libertà, alla gioia, 
                  con la certezza che da qualche parte questo mancante si trovi...» 
                  (Muraro, 2009, 137). 
                  Si tratta di muoversi attivamente alla ricerca. Si tratta di 
                  non percorrere le strade tracciate, ma di camminare su nuovi 
                  sentieri. Si tratta di non fare e non accettare quello che ci 
                  propongono come presunta libertà, che incentiva sempre 
                  i profitti di qualcuno: un bell'esempio di dispositivo. Il fatto 
                  che i guadagni di mercato siano altissimi e che avvalorino i 
                  rapporti sociali esistenti sono le prove che nella prostituzione 
                  e nella pornografia c'è qualcosa che non va. E non perché 
                  cozzano con la morale dominante, ma perché cozzano con 
                  la Libertà. Ciò che è contro la morale 
                  non è di per sé positivo e foriero di cambiamento. 
                  Al pari che il nemico del mio nemico non è mio amico. 
                  Come afferma Giorgio Agamben trattando della resistenza nell'arte, 
                  bisogna rendere inoperative le regole dominanti per poter dar 
                  luogo a nuove possibilità. Noi trasliamo questo discorso 
                  nella resistenza nella sessualità. Dobbiamo rifiutare 
                  di affidarci alle immagini che ci offrono, per liberare le possibilità 
                  che saranno altro rispetto alla trasgressione falsamente libera. 
                  Certo uno o una può accettare l'esistente, compresa pornografia 
                  e prostituzione, ma non è nostro compagno/a nella ricerca 
                  di altre e nuove possibilità. 
                  Così Agamben: “La vera prassi (praxis) umana 
                  è la prassi che rendendo inoperativi tutti i lavori e 
                  le tutte le funzioni degli esseri viventi, apre loro a un possibile 
                  altro agire. Contemplazione e inoperatività non significa 
                  non fare nulla, inerzia, il contrario. 
                  Contemplazione e inoperatività sono in questa prospettiva 
                  gli agenti metafisici, gli operatori metafisici, dell'antropogenesi, 
                  del diventare umani degli uomini, che liberando gli uomini da 
                  ogni destino biologico o sociale o da ogni vocazione, lo aprono 
                  a quelle peculiari forme di non lavoro che chiamiamo politica 
                  ed arte. Il paradigma più appropriato del rendere inoperativi 
                  tutti i lavori umani è la poesia stessa, perché 
                  cosa è la poesia se non un'operazione nel linguaggio 
                  e sul linguaggio che disattiva e rende inoperative le usuali 
                  funzioni comunicative e informative del linguaggio per aprirlo 
                  a nuove usi possibili. 
                  Quello che la poesia ottiene per le potenzialità del 
                  parlare (linguaggio), la politica e la filosofia devono ottenere 
                  per le potenzialità dell'agire. Rendendo inoperative 
                  tutte le attività economiche, religiose, sociali, mostrano 
                  cosa il corpo umano possa fare, aprendolo a nuove possibilità”. 
                  La nostra ricerca deve percorrere strade davvero fondate sulla 
                  libertà, e per farlo dobbiamo rendere inoperativi tutti 
                  i dispositivi opprimenti. Solo questa resistenza può 
                  essere la premessa di rapporti nuovi. 
                 Marvi Maggio 
                 Bibliografia 
                  Muraro L. (2009), Al mercato della felicità, Mondadori, 
                  Milano 
                  Porno e libertà, Rivista A, 
                  n. 401, ottobre 2015, pagg. 89-100. 
                  Agamben G. (2014) Resistance in Art (Resistenza in arte): https://www.youtube.com/watch?v=one7mE-8y9c 
                  sito visitato l'8 novembre 2015; minuto 41,46 citazione, tradotta 
                  in italiano dall'autrice. 
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