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				 pornografia 
                  
                Porno e libertà 
                  
                con saggi di Monica Lanfranco e Wendy McElroyn e un'intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero 
                    
                La pornografia può essere uno strumento di emancipazione sociale? Un confronto tra le diverse opinioni di un'attivista femminista italiana, una femminista canadese e una lavoratrice del porno. Il dibattito resta aperto.  
                 
                  La finta strada per la liberazione 
                   
                  di Monica Lanfranco 
                   
                  La riduzione della donna a parti del corpo, la rimozione dei sentimenti e i vincoli economici del mercato rendono la pornografia un finto luogo liberato. Al suo interno vigono scelte obbligate e stereotipate. È questo il parere di un'attivista femminista. 
                 “Pornografia è ciò che fanno gli altri”. 
                  La frase (della quale non ho trovato traccia circa l'origine, 
                  ma è dagli anni '70 che la ricordo) è significativa 
                  di una tendenza a rimuovere dalla propria dimensione il problema, 
                  in un senso o nell'altro: sia che la si approvi, o la si consideri 
                  un non-problema, sia che la si condanni, o, appunto, la si veda 
                  solo riflessa nelle azioni altrui, quindi da giudicare ma ritenendosene 
                  immuni. [...] 
                   Internet 
                  ha reso la pornografia un argomento non solo legittimo culturalmente, 
                  alla pari della teologia o della puericultura, (il mezzo è 
                  per sua natura orizzontale, e quindi ogni tema ha la possibilità 
                  di diventare potentissimo, basta una forte capacità di 
                  indicizzazione) e in meno di due decenni l'ha eletta a parola, 
                  e tema, dominante. 
                  Il vocabolo più digitalizzato sulle stringhe di ricerca 
                  in rete è sex, termine con il quale, immediatamente, 
                  si accede a miliardi di siti pornografici, con video e foto 
                  di ogni tipo, bambine e bambini compresi. [...] La grande disponibilità 
                  di pubblico, e la sua economicità, rendono internet un 
                  mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali 
                  a contenuto pornografico. Di fatto, con l'avvento di internet, 
                  soprattutto per la diffusione di sistemi di file e video 
                  sharing la pornografia è divenuta immediatamente, 
                  e anonimamente, disponibile ovunque e per chiunque. 
                  L'ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato 
                  il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma 
                  espressiva, (senza però sviluppare un discorso sul “senso” 
                  e sulle implicazioni di un suo uso frequente e sostitutivo delle 
                  relazioni gratuite e comprendenti anche sentimenti ed emozioni, 
                  oltre a quelle sessuali) dall'altro ha agevolato l'esplosione 
                  di fenomeni quali il genere “amatoriale”, consistente 
                  nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico 
                  ritraente persone comuni (spesso gli stessi soggetti autori 
                  del prodotto). [...] 
                  Oltre al file sharing un altro canale di distribuzione 
                  della pornografia via internet è rappresentato dai siti 
                  a pagamento, attività sempre più lucrosa per i 
                  produttori di materiale professionale che stanno privilegiando 
                  il web abbandonando i canali di distribuzione classici quali 
                  edicole, videoteche e sexy shop. 
                  Grazie alla rete oggi si sta sempre più affermando il 
                  cosiddetto neoporn, ovvero il movimento di pensiero che 
                  intende la pornografia come liberatoria e principale frontiera 
                  antimoralista, accanto ai flashgames per adulti, ovvero giochi 
                  elettronici le cui situazioni (pur variando dalla commedia al 
                  fantasy) mantengono un carattere dichiaratamente pornografico. 
                  Alcuni, di carattere violento e sessista, hanno trovato ampio 
                  mercato anche in Italia, come nel caso di Squillo, gioco 
                  da tavolo in cui, giocando nel ruolo di veri papponi, è 
                  possibile usare prostitute ed escort a piacimento, spingendo 
                  le squillo in dotazione – Lola e Hannah, Manny e Analia, 
                  Shannon e Patty – a pratiche estreme di ogni tipo. [...] 
                  Accanto ai giochi porno c'è la divulgazione di spettacoli 
                  a pagamento e non, attraverso la trasmissione in webcam, una 
                  pratica molto diffusa in tutto il web. C'è la possibilità 
                  di assistere a spettacoli porno e comunicare via chat con chi 
                  si sta esibendo in quel momento. Il tutto a disposizione, con 
                  un click, anche ai minori, che di fatto sono esposti alla visione 
                  di immagini e video anche a carattere violento (sulle donne 
                  e sui bambini e bambine) senza alcun filtro. La domanda è: 
                  cosa accadrà (cosa di fatto sta già accadendo?) 
                  nella vita sessuale, nelle relazioni concrete dei corpi e nell'immaginario 
                  erotico di chi, prima ancora che nell'esperienza graduale di 
                  ogni persona, che ha tempi e situazioni diverse per ciascuna/o 
                  di noi, è stato esposto in solitudine alla pornografia, 
                  e quindi ha potenzialmente avuto questa come palestra prioritaria 
                  per allenare corpo e fantasia alla sessualità e alla 
                  relazione sessuale? [...] 
                  Le posizioni emministe 
                Nei movimenti femministi s'individuano due posizioni contrapposte 
                  riguardo alla pornografia. Le femministe ad essa favorevoli, 
                  come la sociologa della Northwestern University di Chicago Laura 
                  Kipnis, considerano la pornografia un aspetto positivo e cruciale 
                  della rivoluzione sessuale che ha portato alla liberazione della 
                  donna, contrariamente alla morale dei conservatori, che la vedono 
                  invece come oppressiva per le donne. 
                  Invece secondo l'altra posizione, rappresentata soprattutto 
                  dalla giurista Catharine MacKinnon della University of Michigan 
                  Law School, la prospettiva “liberazionista” della 
                  pornografia è puramente illusoria: anzi essa, ponendo 
                  l'esposizione della sessualità della donna al centro 
                  del suo fuoco, la danneggia sotto vari aspetti: innanzitutto, 
                  sostenendo un'ecologia culturale sessista che si compiace di 
                  ridurla a oggetto e merce sessuale, e di trasmetterne un'immagine 
                  degradata. In secondo luogo, essa si rende spesso causa o concausa 
                  di danni a persone specifiche sia in fase di produzione (donne 
                  forzate a posare o riprese senza loro reale consenso alla produzione 
                  o circolazione del materiale pornografico), sia dopo, attraverso 
                  le modalità della diffamazione o della molestia, o ancora 
                  fornendo una spinta verso l'aggressione sessuale in persone 
                  predisposte. 
                  Per queste ragioni certi gruppi di femministe si sono spinti 
                  a boicottare alcune manifestazioni pornografiche, sia cinematografiche 
                  che letterarie. La contestazione più curiosa è 
                  avvenuta a Napoli nel 2000: un gruppo di femministe battagliere 
                  ha scaraventato dei pomodori contro Tinto Brass, regista noto 
                  per il genere definito “softcore”. 
                
                   
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                    |   La copertina del numero “A” 72 (marzo  1979) dedicato ad anarchia e femminismo.  Al suo interno un dossier sul ruolo della  donna e sul rapporto tra femminismo e  prospettiva libertaria  | 
                   
                 
                 
                  Un falso orizzonte di modernità 
                Vediamo qualche spunto di dibattito sull'argomento. Cosa mi 
                  disturba di più nell'attuale, inflazionatissimo, discorso 
                  pubblico sulla pornografia? 
                  Abbiamo per sommi capi visto come negli Stati Uniti, e di rimbalzo 
                  in Europa, si è sviluppata la polarizzazione tra favorevoli 
                  e contrarie nel movimento femminista e nel mondo intellettuale 
                  progressista. 
                  Dal mio punto di vista ciò che trovo principalmente fuorviante 
                  è che sia avvenuto uno spostamento dal versante rimottivo “pornografia è ciò che fanno gli altri” 
                  a quello (per me altrettanto evasivo) genericamente antimoralista: 
                  la pornografia è, in alcuni filoni di pensiero femminista 
                  e genericamente in certa sinistra, sempre sinonimo di liberazione. 
                  Il porno, celebrato in ogni sua accezione, non manca mai nell'orizzonte 
                  della modernità per chi considera pericoloso criticarne 
                  l'uso e discutere sulla sua ipotetica responsabilità 
                  rispetto alla violenza maschile ed è ingrediente fondamentale 
                  anche nel discorso dell'emancipazione e della liberazione femminile. 
                  Fioccano gruppi di studio, esperienze cinematografiche, romanzi 
                  di planetario successo nei quali la pornografia è predominante, 
                  salutata come strumento indispensabile per raggiungere consapevolezza 
                  e libertà. 
                  Ma libertà per cosa e perché? Questa è 
                  la domanda che mi pongo di fronte alla pornografia e che faccio 
                  a chi ne propugna l'utilità, o addirittura l'indispensabilità 
                  (per le donne) come mezzo di liberazione. 
                  L'età e la conoscenza mi offrono la possibilità 
                  di accedere all'origine del dibattito, nel femminismo, sulla 
                  pornografia: la raccolta di riviste edite tra gli anni ‘70 
                  e ‘90, come Effe, Noi donne, Lapis, 
                  Dwf, Grattacielo, Reti (che ad Altradimora 
                  www.altradimora.it abbiamo disponibili grazie al lascito della 
                  biblioteca di Emi Uccelli) raccontano di una riflessione e uno 
                  sguardo su corpo, emozioni, sessualità e pornografia 
                  molto sfaccettata. 
                  Quando ancora, agli albori del femminismo, c'era tutto da guardare 
                  per la prima volta, da vedere in profondità e in soggettiva, 
                  quando tutto, sessualità compresa, era ancora da dire, 
                  trovando le parole per raccontare il mondo, (e per metterlo 
                  al mondo), raramente la pornografia risultava argomento interessante 
                  tanto da legarla all'orizzonte della libertà. 
                  Se se ne parlava (e non era un argomento molto trattato) era 
                  spesso per connettere l'uso della pornografia con la violenza: 
                  l'analisi era legata al problematico mondo dello sfruttamento 
                  del corpo femminile nei media, nella comunicazione, nell'immaginario 
                  e nel linguaggio, che appiattivano e banalizzavano (già 
                  allora) il femminile, la sessualità e le relazioni costringendole 
                  nella commercializzazione e nella riduzione di una parte per 
                  il tutto. 
                  Come abbiamo a dire nello storico incontro del giugno 2001 Punto 
                  G a Genova la globalizzazione, con il primato già 
                  all'epoca minaccioso del mercato su tutto, era paragonabile, 
                  nell'analisi femminista, alla pornografia: si disse infatti 
                  che, così come nel porno il corpo e le emozioni scompaiono 
                  perché tutto è focalizzato sulla genitalità 
                  così la globalizzazione cancella il mosaico di differenze 
                  e ricchezze umane scegliendo solo l'aspetto del “consumo” 
                  per categorizzare gli esseri umani. 
                  Nulla di nuovo da dire 
                Ecco, forse, uno dei nodi del discorso: che oggi la pornografia 
                  è centrale perché (in apparenza) del corpo, del 
                  piacere, del dolore, della morte, della sessualità è 
                  stato detto, fatto, rappresentato, sezionato, ripetuto tutto, 
                  al punto da non avere più nulla di nuovo da dire, esperire, 
                  raccontare, immaginare. A questo punto resta solo la pornografia, 
                  usata (anche) da chi contesta ciò che resta del giudizio 
                  (religioso o laico) della sessualità altrui come vessillo 
                  per la libertà d'espressione, dimenticando però 
                  che, mentre la sessualità è gratuita, la pornografia 
                  è regolata dal mercato, e difficilmente sfugge alle regole 
                  del controllo compulsivo, della ripetitività e della 
                  reiterazione. 
                  È in questo rischio che il mercato vince, e quindi da 
                  presunti protagonisti si rischia di diventare pedine di un triste 
                  e banale gioco commerciale. Nel suo La fine del desiderio 
                  la filosofa Michela Marzano scrive, riguardo alla pornografia: “L'immaginazione è “forclusa”, non solo 
                  nella pornografia contemporanea, attraverso la sovraesposizione 
                  dell'atto sessuale, ma anche in quella classica, basata su un'estetica 
                  iperrealista che, ripetitiva, monotona, codificata, esibisce 
                  la propria inautenticità poiché mira a ridurre 
                  lo spettatore alla propria eccitazione, imprigionando la fisicità 
                  del corpo e delle pulsioni: la pornografia fissa un corpo smembrato; 
                  il volto, dunque l'altro, manca, ridotto a bocca orifizio, e 
                  assenti sono le storie”. 
                  Certo, non mancano le eccezioni, che però rimandano ad 
                  una capacità di non focalizzare arte e pensiero solo 
                  nella produzione pornografica: per esempio la scrittrice Almudena 
                  Grandes fece scandalo (anche dentro il femminismo) quando, usciti 
                  i suoi primi romanzi, disse che in lei convivevano l'amore puro 
                  e materno verso i figli così come la forte carica erotica 
                  che la spingeva a scrivere di sesso, e a praticare il mondo 
                  della pornografia, senza che questo inficiasse il suo essere 
                  anche mamma. “Se qualcuno trova pornografico il mio scrivere 
                  pazienza”, affermava, criticando la tendenza mai sopita 
                  in parte della cultura cattolica oltranzista spagnola a provare 
                  a riconfinare le donne nella gabbia della famiglia e della verginità. 
                  Assai diverso, trovo, il fenomeno “sfumature di grigio” 
                  e simili, che hanno trovato un pubblico di lettrici straordinariamente 
                  vasto, che ora si sposterà negli adattamenti cinematografici 
                  tratti dai libri e, prossimamente, anche in tv con la valanga 
                  di serie che è presumibile aspettarsi. Nei testi protagonisti 
                  del fenomeno di massa del “porno per tutti” (ma specialmente 
                  per le donne del ceto medio basso) c'è l'intento di soddisfare 
                  la curiosità per la sessualità, legittimando la 
                  pornografia, rendendola praticabile e agibile dentro il focolare 
                  domestico: in una sorta di interclassismo della camera da letto 
                  che “finalmente” rende uguali ricchi e poveri, colti 
                  e ignoranti, giovani e vecchi: la pornografia come nuova frontiera 
                  della democrazia, un futuribile comunismo dell'alcova, che livella, 
                  (al pari della morte), ogni differenza. Sesso, morte e denaro 
                  erano tabù indistruttibili, prima dell'avvento della 
                  rete: sembra che ora regga abbastanza bene solo l'ultimo della 
                  lista. 
                  Scelte vincolate dal mercato 
                È curioso, dal mio punto di vista, che le femministe 
                  che propugnano la pornografia come massima manifestazione di 
                  libertà, (bollando quindi le critiche e i dubbi come “moralismo”), siano oggi nella stessa schiera di chi, 
                  consumando i libri e le produzioni di porno soft ispirate al 
                  filone delle “sfumature”, non ha alcun intento rivoluzionario 
                  o femminista, ma al contrario è custode dei ruoli sessuali 
                  in famiglia e nella società, come, per esempio, è 
                  di recente avvenuto in Italia nel deprimente dibattito su “cene 
                  eleganti”, escort e virilità dell'ex Presidente del 
                  Consiglio Berlusconi. 
                  Alcune femministe italiane hanno sostenuto che la libertà 
                  femminile si esprime e si legittima anche nella scelta di vendersi, 
                  di farsi comprare, così come di comprare, consumare o 
                  essere soggetto/oggetto di pornografia. In questa certezza si 
                  lascia, però, di sfondo, un dato non secondario: non 
                  si considera come queste scelte, propugnate come libere, sono 
                  rigorosamente dentro l'orizzonte del mercato, che non è 
                  per nulla libero, ma al contrario diventa l'unico elemento regolatore 
                  delle relazioni così come delle vite individuali e delle 
                  dinamiche collettive, causando la messa in secondo piano dei 
                  sentimenti e delle emozioni, centrando l'attenzione e la signoria 
                  sul denaro e il potere. Rendendoci, tutti e tutte, al servizio 
                  acritico di un pensiero unico, e non più libere e liberi. 
                  [...] Le critiche femministe alla pornografia tradizionale 
                  si sono spesso incentrate sull'assenza di emozione e di relazione 
                  nei film, nei video e in generale nella pubblicistica porno, 
                  così come sullo scarsissimo protagonismo del corpo in 
                  tutta la sua estensione e sull'ossessione per la penetrazione, 
                  sul carattere passivo e violento della rappresentazione del 
                  rapporto sessuale, sull'esaltazione delle dimensioni del fallo. 
                  Un eccesso moralista, un timore ancestrale delle potenzialità 
                  che la pornografia potrebbe aprire nell'orizzonte dell'autodeterminazione? 
                  I limiti del porno femminista 
                Nel 1996 su Lapis di giugno Dolores Ritti annota: “La 
                  vergogna è un sentimento elementare per le donne, una 
                  fatalità e una punizione insieme: accompagna sia la percezione 
                  del corpo, sia la sua immagine tanto più il corpo quando 
                  diventa oggetto dello sguardo altrui. Il corpo al quale ci si 
                  è avvicinate attraverso il duro lavoro dell'autocoscienza, 
                  fonte del malessere, oggetto di seduzione e di conquista è 
                  bandito da ogni progetto di riflessione. Limitato, offeso, equivoco, 
                  non è più degno di essere pensato.” 
                  Forse è per sconfiggere il senso di vergogna che ancora 
                  viene insegnato alle bambine che si propone la pornografia come 
                  elemento di liberazione? Possibile, anche se è necessario 
                  avere ben chiari i limiti dello strumento e l'ambito dentro 
                  al quale la pornografia, nel mondo, è pensata, prodotta, 
                  commercializzata. 
                  È, in parte, questa la missione del sito nordamericano 
                  www.femporn.blogspot.it. Qui la ricerca è orientata dalla 
                  visione femminista critica contro la produzione massiccia di 
                  porno violento, ma allo stesso tempo favorevole e incentivante 
                  la produzione e conoscenza di una pornografia “con occhi 
                  di donna”, nella quale si offre al consumo femminile una 
                  cinematografia che si sforza di spostare l'ottica dall'impero 
                  del desiderio maschile a quello femminile, dando la possibilità 
                  di mettere in scena il desiderio dal punto di vista femminile 
                  (etero o lesbico). 
                  Sia nell'iconografia così come nel linguaggio le differenze 
                  sono innegabili, tra queste produzioni e quelle mainstream. 
                  Anche il passaggio del tempo, l'uso della telecamera così 
                  come il contesto cambiano in modo notevole se si raffronta il 
                  porno “vintage” con quello attuale. [...] 
                  È davvero sufficiente cambiare mano alla telecamera, 
                  e sostituire l'occhio di una donna a quello di un uomo, o cambiare 
                  pratica erotica principale, o essere produttrice nel mercato 
                  del porno, per modificare l'assetto del potere simbolico sulla 
                  sessualità che l'industria del porno alimenta e sul quale 
                  si fonda? Forse nella scrittura, e con il cambiamento semantico 
                  e simbolico della narrazione del racconto scritto e quindi letto, 
                  la pornografia riesce a diventare un pezzo dell'evolvere in 
                  senso liberatorio della sessualità: come, e se, lo possano 
                  il video e la produzione di immagini, specialmente online, resta 
                  un dubbio più che legittimo. [...] 
                  La domanda è se le femministe abbiano lottato anche perché 
                  una donna si potesse mostrare nuda, nei luoghi pubblici, reali 
                  o virtuali, senza essere insultata, dileggiata, punita, o persino 
                  uccisa per questo. Comincio a rispondere per me, e dico sì: 
                  ho lottato (e lotto) contro i pregiudizi sessisti e la miseria 
                  violenta del patriarcato, (che assume volti e versioni sempre 
                  attuali), anche perché le giovani donne potessero scegliere 
                  chi essere, come vestire, cosa fare nel mondo, senza che nessun 
                  uomo le obbligasse in alcunché, nel nome della famiglia, 
                  di un dio, o della patria. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   La copertina di “A” 85 (estate 1980).  All'interno del numero, un dibattito  sull'anarco-femminismo con interventi  di due femministe americane, Kytha Kurin  e Elaine Leeder  | 
                   
                 
                Autodeterminazione, libertà e responsabilità 
                Il femminismo non è stato, e non è, un movimento 
                  che ha creato teoria, elaborazioni e pratiche effimere e strumentali: 
                  si è trattato, e si tratta, di uno sguardo e di una visione 
                  critica della realtà, spesso ingiusta e violenta, che 
                  ancora affligge donne e uomini a livello globale. Nel mondo 
                  le bambine e le donne sono insultate, dileggiate, punite, e 
                  uccise solo per il fatto di essere femmine. Cito, per chiarezza, 
                  la nordamericana Robin Morgan, che forse riassume nel modo più 
                  puntuale di cosa sto parlando: “Non si tratta di una minoranza 
                  oppressa che si organizza su questioni valide ma pur sempre 
                  minori. Si tratta della metà del genere umano che afferma 
                  che ogni problema la riguarda, e chiede di prendere parola su 
                  tutto. Il femminismo è questo”. 
                  La libertà di essere non più metà della 
                  mela, (quella meno di valore), ma un soggetto intero si è 
                  conquistata coniugando in modo nuovo il concetto di uguaglianza 
                  e di diritto: non a caso la parola usata dalle attiviste nelle 
                  lotte per la conquista della possibilità di decidere 
                  sul proprio corpo (orientamento sessuale, gravidanza, maternità, 
                  matrimonio) è autodeterminazione. Un concetto che mette 
                  insieme libertà e responsabilità: ti autodetermini 
                  perché ragioni anche sulle conseguenze dei tuoi gesti, 
                  e lo fai perché la tua libertà si mette in relazione 
                  con il resto del mondo. 
                  Prender parola, dunque. Nella nostra società dell'immagine 
                  la parola la si prende anche, soprattutto, con il corpo. Viene 
                  alla mente la forza evocativa del gesto, silenzioso e però 
                  fragoroso in modo inequivocabile, di Amina Sboui, giovane blogger 
                  tunisina più volte arrestata e incarcerata per aver messo 
                  online una sua fotografia in piedi, completamente nuda. Lei, 
                  che rischia la morte solo per questo gesto, chiama il mondo 
                  a ragionare sull'irresponsabilità feroce di una visione 
                  del corpo femminile che diventa costume, consuetudine, legge, 
                  vincolo e condanna. Le donne, in questa visione, si possono 
                  vendere e comprare, ma non possono decidere per sé. Per 
                  questo l'attivista iraniana Maryam Namazie ideò nel 2013 
                  il primo calendario, con enorme scalpore e visibilità, 
                  nel quale alcune attiviste antifondamentaliste vicine all'iraniana 
                  si ritrassero nude, protestando contro la sharia e la violenza 
                  islamista, in appoggio alle lotte di Amina e del gruppo Femen. 
                  Non è un gioco, non è la tv: è la vita 
                  vera, dove le donne e le bambine vengono picchiate, mutilate, 
                  uccise, ad ogni latitudine, nelle case ricche come nelle favelas. 
                  Voce del verbo “dare” 
                Ben lungi da Amina, così come altrettanto lontana dall'emozione 
                  che suscita il dipinto del 1866 di Gustave Courbet L'origine 
                  du monde, è l'effimera comparsata di un'attrice emergente 
                  del porno: prima, in un'intervista, definisce le femministe, 
                  (senza probabilmente conoscerne nemmeno una in carne ed ossa), 
                  come portatrici di “vagine legnose”, e sentenzia 
                  che devono “darla di più”; poi, in un video 
                  di circa un minuto, opina in modo confuso sulla violenza di 
                  genere, negandone l'importanza e ribadendo il concetto, (da 
                  partita doppia), del “darla”, una ricetta per tutte 
                  le stagioni, chissà perché. 
                  Il video la ritrae nuda solo per la metà inferiore: una 
                  gamba sul pavimento di un bagno come tanti, l'altra sul lavandino, 
                  l'ordinata e coltivata vagina in primo piano. È un'operazione 
                  commerciale pubblicitaria, una calcolatissima mossa di autopromozione, 
                  si è detto da più parti: del resto la ragazza, 
                  come molte della sua generazione che praticano il mondo della 
                  televisione e del cinema, ha studiato, è mediamente più 
                  colta di molti coetanei, sa bene l'arte del vendersi. La donna 
                  siede sulla sua banca, è il motto che le ispira. È 
                  in buona compagnia: non è la prima, né sarà 
                  l'ultima a diventare, per il pochissimo tempo che la logica 
                  del mercato offre alle presunte novità, testimonial risibile 
                  e seriale dei nostri tempi vuoti, depilati e opachi. Non è 
                  molto originale, come testimonial: l'eccezione, oggi, è 
                  rappresenta da chi “non la dà”. [...] 
                  Femminista uguale frigida e acida, pornodiva uguale gaudente 
                  e realizzata. Nel video l'attrice parla delle morti sul lavoro 
                  e di violenza sessuale, due piaghe sociali planetarie, che nell'eloquio 
                  sgambato diventano risibili, perdono senso, spariscono nella 
                  voragine dell'ignoranza della storia reale, citate così, 
                  solo come introduzione insensata all'invito a “darla”. 
                  [...] 
                  Rocco Siffredi, mentore della attrice-filosofa, è amato 
                  e ammirato da donne e uomini, pur se in modo diverso; non altrettanto 
                  si può dire delle sue partner. Molta parte del mondo 
                  maschile si masturba nel privato apprezzando le grazie muliebri, 
                  ma nel pubblico sempre e solo puttana resti, e difficilmente 
                  acquisti la rispettabilità, vitale per sopravvivere nella 
                  nostra società, finiti i fasti effimeri del corpo giovane, 
                  sodo e commercializzabile. Il best seller I monologhi della 
                  vagina, della femminista (tutto fuorché legnosa) 
                  Eve Ensler è un inno contro la violenza sulle donne e 
                  sul mondo, lontanissimo dalle semplificazioni del “darla”: 
                  la bellezza della vita, che è relazione e scambio e fatica 
                  e emozione, non si può costringere in un solo verbo, 
                  in una semplificazione così routinaria. 
                  In fondo non sono le gambe aperte a fare scandalo: è 
                  il cervello chiuso, quello sì, che preoccupa. 
                 Monica Lanfranco 
                  www.monicalanfranco.it 
                  www.mareaonline.it 
                   
                  Questo articolo è composto da stralci di un saggio 
                  apparso sul periodico femminista Marea (n. 3, 2014) con 
                  il titolo “Grande è la confusione sotto il cielo” 
                 
                 
                  Il porno fa bene 
                   
                  di Wendy McElroy 
                   
                  Le donne possono trarre beneficio dalla pornografia, sia in ambito politico sia in ambito personale. Lo afferma una femminista canadese, che respinge tutte le critiche rivolte al mondo del porno. 
                  
                  “La pornografia beneficia le donne, sia personalmente 
                  sia politicamente”. Questa frase apre il mio libro XXX: 
                  A Woman's Right To Pornography (St. Martin's Press, New 
                  York, 1997) e costituisce una difesa della pornografia ancora 
                  più estrema rispetto a quella con cui la maggior parte 
                  delle femministe ha dimestichezza. Sono arrivata a sostenere 
                  questa posizione dopo anni di interviste a centinaia di lavoratrici 
                  del sesso. 
                  Attualmente le posizioni femministe sulla pornografia si dividono 
                  in tre categorie. La posizione più comune - almeno nel 
                  mondo accademico - è che la pornografia sia espressione 
                  della cultura maschile attraverso la quale le donne vengono 
                  mercificate e sfruttate. Una seconda visione, la posizione liberale, 
                  mette insieme il rispetto per la libertà di parola con 
                  il principio di “un corpo, un diritto”, producendo 
                  così una difesa della pornografia lungo la linea del 
                  “non approvo, ma ognuno ha il diritto di consumare 
                  e produrre parole e immagini”. Una terza visione - una vera 
                  difesa della pornografia - è propria di quelle femministe 
                  che vengono etichettate come pro-sex e che sostengono 
                  che il porno abbia benefici per le donne. 
                  Femminismi anti-pornografia 
                Tra queste tre posizioni non esiste molto dialogo. Le femministe 
                  anti-pornografia trattano le donne in disaccordo con loro come 
                  vittime raggirate dal patriarcato e come apologeti dei pornografi. 
                  Nel libro Sexual Liberals and the Attack on Feminism, 
                  la curatrice Dorchen Leidholt afferma che le femministe che 
                  credono che le donne facciano le loro scelte in materia di pornografia 
                  stanno diffondendo una “felice menzogna” (p. 131). 
                  Nello stesso lavoro, Sheila Jeffreys sostiene che le femministe 
                  pro-sex “erotizzano il dominio e la subordinazione”. 
                  Wendy Stock accusa le femministe per la libertà di parola 
                  di identificazione con i loro oppressori “proprio come 
                  [...] i prigionieri dei campi di concentramento con i loro 
                  carcerieri” (p. 150). Andrea Dworkin le accusa di gestire un “racket della protezione del sesso” (p. 136) e asserisce 
                  che chi difende la pornografia non può dirsi femminista. 
                  Le femministe liberali che non sono a loro agio con la pornografia 
                  vengono forzatamente tenute sotto silenzio. Quelle che continuano 
                  a dire la loro, come Nadine Strossen (autrice di Defending 
                  Pornography), presidentessa (fino al 2008, ndr) dell'American 
                  Civil Liberties Union (organizzazione non governativa statunitense 
                  orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali, 
                  ndr), vengono ignorate. Per esempio, Catharine MacKinnon 
                  si è diverse volte rifiutata di dividere il palco con 
                  Nadine Strossen e con qualsiasi donna difendesse la pornografia. 
                  Le femministe pro-sex - molte delle quali sono o sono 
                  state lavoratrici del sesso - rispondono spesso con la rabbia, 
                  piuttosto che con le argomentazioni. 
                  Ma andando al cuore della questione, quali sono sostanzialmente 
                  le domande avanzate da ognuna delle tre prospettive femministe? 
                  Page Mellish dell'organizzazione “Femministe che 
                  combattono la pornografia” (Feminists Fighting Pornography) 
                  ha dichiarato: “Non c'è questione femminista 
                  che non sia radicata nel problema della pornografia”. Nel suo 
                  libro Only Words, MacKinnon [...] considera la pornografia 
                  un atto di violenza sessuale in sé. 
                  Perché la pornografia è vista come argomento centrale 
                  del femminismo moderno e come un intrinseco atto di violenza 
                  sessuale? La risposta risiede nell'ideologia del femminismo 
                  radicale che Christina Hoff chiama “femminismo 
                  di genere”. 
                  Il femminismo di genere guarda la storia e vede un'ininterrotta 
                  oppressione delle donne per mano degli uomini che attraversa 
                  le barriere culturali. Per il femminismo di genere, l'unica 
                  spiegazione plausibile è che donne e uomini siano da 
                  considerarsi come classi separate e antagoniste i cui interessi 
                  necessariamente confliggono. Gli interessi maschili sono espressi 
                  e mantenuti attraverso la struttura capitalistica conosciuta 
                  come “patriarcato”. 
                  La radice di questo antagonismo è così profonda 
                  che si trova nella stessa biologia maschile. Per esempio nel 
                  libro considerato “spartiacque” Against Our 
                  Will (Contro il nostro volere) Susan Brownmiller rintraccia 
                  l'inevitabilità dello stupro al periodo di Neanderthal 
                  quando gli uomini usavano i loro organi genitali come armi. 
                  Brownmiller scrive: “Credo che, dalla preistoria 
                  al presente, lo stupro abbia giocato un ruolo fondamentale. 
                  Non è altro che un processo conscio di intimidazione 
                  attraverso il quale tutti gli uomini mantengono le donne in 
                  uno stato di paura”. Come Brownmiller abbia acquisito questa 
                  conoscenza sul sesso in età preistorica è comunque 
                  sconosciuto. 
                  Un altro cardine dell'oppressione di genere è che il 
                  sesso sia una costruzione sociale. Le femministe radicali respingono 
                  quello che loro chiamano “essenzialismo sessuale” 
                  - l'idea che il sesso sia una forza naturale basata sulla biologia 
                  che fa propendere le donne verso tendenze naturali come la maternità; 
                  anche le preferenze sessuali, come l'eterosessualità, 
                  non sarebbero biologiche, ma derivano dall'ideologia. 
                  Gli uomini costruiscono la sessualità delle donne attraverso 
                  parole e immagini della società [...]. Dopo questa 
                  costruzione gli uomini commercializzano la sessualità 
                  delle donne e la mettono in vendita sotto forma di pornografia. 
                  In altre parole, l'uomo definisce la sessualità della 
                  donna attraverso il porno - una definizione che determina ogni 
                  aspetto del suo ruolo nella società. Per mettere fine 
                  all'oppressione, il patriarcato e le sue narrazioni devono essere 
                  distrutti. 
                  Tra censura e libertà di scelta 
                Il femminismo liberale è un'estensione del femminismo 
                  degli anni Sessanta che chiedeva per le donne l'uguaglianza 
                  con gli uomini, i quali non erano considerati oppressori, ma 
                  piuttosto partner riluttanti da educare. Eguaglianza non significava 
                  distruzione del sistema corrente, ma riforma attraverso misure 
                  quali la “discriminazione positiva”. Il principio 
                  liberale “un corpo, un diritto” sottintende argomenti 
                  che vanno dal diritto all'aborto, alla libertà di condurre 
                  il proprio stile di vita, come per il lesbismo. L'accento era 
                  posto sull'atto della scelta, piuttosto che sul contenuto di 
                  questa. 
                  Le femministe liberali condividono la tendenza liberale verso 
                  la libertà di parola, ma hanno diverse opinioni quando 
                  si tratta di pornografia. Alcune organizzazioni liberali come 
                  la Feminists for Free Expression (FFE) si è sistematicamente 
                  opposta alla censura in ogni forma. Alcune femministe liberali 
                  come Sallie Tisdale (autrice di Talk Dirty to Me) hanno 
                  fermamente difeso la libertà sessuale. Ma molte femministe 
                  liberali ragionano comunemente come segue: “Come 
                  donna sono inorridita da Playboy, ma come scrittrice comprendo 
                  la necessità della libertà di espressione”. 
                  Queste argomentazioni non sono favorevoli alla pornografia; 
                  sono però contrarie alla censura per diversi motivi, 
                  tra cui: grandi opere d'arte e letterarie sarebbero bandite; 
                  il primo emendamento della costituzione americana sarebbe violato; 
                  l'espressione politica sarebbe soppressa; la cultura creativa 
                  richiede libertà di parola. 
                  Altre femministe liberali, che hanno accettato molti assunti 
                  ideologici della posizione anti-pornografia, sembrano voler 
                  sacrificare la libertà di parola per il più alto 
                  bene della protezione delle donne. Per esempio, condannano la 
                  libera commercializzazione delle donne come “parti 
                  di corpo” che le mortifica. [...] 
                  Negli ultimi anni un numero crescente di femministe - rinominate 
                  pro-sex - ha difeso la scelta delle donne di partecipare 
                  e consumare pornografia. Alcune di queste donne, come Nina Hartley, 
                  sono o sono state lavoratrici del sesso; sanno per esperienza 
                  personale che prendere parte alla pornografia non è una 
                  scelta forzata e quanto questa possa essere arricchente. Le 
                  femministe pro-sex mantengono un'interpretazione coerente 
                  del principio “un corpo, un diritto” e insistono 
                  nell'affermare che ogni scelta serena sul proprio corpo deve 
                  essere protetta in caso non venisse rispettata. 
                  Alcune volte le argomentazioni pro-sex sembrano sovrapporsi 
                  a quelle del femminismo liberale. Per esempio, entrambe esprimono 
                  preoccupazione riguardo a chi agirà da censore, perché 
                  parole soggettive come “degradante” verranno interpretate 
                  secondo il volere del censore. La legge che ha bandito Margaret 
                  Sanger perché ha utilizzato le parole sifilide e gonorrea 
                  non è diversa, nel principio, da quella che oggi vuole 
                  decifrare cosa sia osceno. [...] Sui pericoli della censura 
                  della pornografia, le femministe pro-sex e le femministe 
                  liberali sono spesso d'accordo; ma sui possibili benefici della 
                  pornografia per le donne, il loro accordo finisce. 
                  Se le critiche non sono fondate 
                Le critiche lanciate alla pornografia riescono a resistere ad 
                  un esame accurato? 
                  La pornografia è degradante per le donne. Degradante 
                  è un termine soggettivo. Per esempio io trovo estremamente 
                  degradanti le pubblicità in cui le donne provano felicità 
                  orgasmica per il sapone. La conclusione è che ogni donna 
                  ha il diritto di definire da sé cosa sia degradante e 
                  liberatorio. 
                  La supposta abiezione è spesso legata all'oggettivazione 
                  delle donne: è così, il porno le trasforma in 
                  oggetti sessuali. Ma cosa significa? Se preso letteralmente, 
                  non significa niente perché gli oggetti non hanno sessualità; 
                  solo gli esseri ce l'hanno. Ma affermare che il porno raffigura 
                  le donne come “esseri sessuali” sarebbe retorica 
                  spicciola. 
                  Di solito il termine “oggetti sessuali” sta a 
                  significare la messa in mostra di donne come parti del corpo, 
                  riducendole a oggetti fisici. Cosa c'è di sbagliato in 
                  questo? Le donne sono tanto i loro corpi quanto sono le loro 
                  menti e le loro anime. Nessun si offende se si presentano le 
                  donne come “cervelli” o come esseri spirituali. 
                  È degradante se mi concentro sul senso dell'umorismo 
                  di una donna escludendo le sue altre caratteristiche? Perché 
                  è degradante focalizzarsi sulla sua sessualità? 
                  La pornografia porta alla violenza contro le donne. [...] 
                  Studi ed esperti non sono d'accordo con l'affermare che esista 
                  una relazione tra pornografia e violenza, tra immagini e comportamenti. 
                  Persino il Meese Commision Report, favorevole alla censura, 
                  ha ammesso che i dati che mettevano in relazione la pornografia 
                  con la violenza non erano affidabili. 
                  Altri studi, come quello della femminista Thelma McCormick del 
                  1983 per la Metropolitan Toronto Task Force sulla violenza contro 
                  le donne non hanno trovato il modo di collegare il porno e i 
                  crimini sessuali. Incredibilmente la Task Force ha bloccato 
                  lo studio riassegnandolo ad un uomo favorevole alla censura 
                  che è riuscito ad ottenere i risultati “corretti”. 
                  Lo studio è stato così pubblicato. 
                  E per quanto riguarda i riscontri che arrivano dal mondo reale? 
                  In Giappone, dove i porno a fumetti e la violenza brutale sono 
                  largamente disponibili, il tasso di stupri è molto più 
                  basso rispetto agli Stati Uniti, dove la violenza all'interno 
                  del porno è sottoposta a rigorose restrizioni. 
                  La pornografia è sinonimo di violenza perché le 
                  donne vengono costrette a parteciparvi. Nessuna delle decine 
                  di donne riportate in materiali pornografici con le quali ho 
                  parlato ha riportato di essere stata costretta; nessuna delle 
                  donne che conosco lo è stata. Tuttavia non ignoro i report 
                  sulla violenza: ogni industria ha i suoi abusi. E chiunque usi 
                  la forza o minacci una donna per farla esibire dovrebbe essere 
                  accusato di rapimento, aggressione e/o stupro. Ogni foto o film 
                  di questo genere dovrebbe essere confiscato e bruciato poiché 
                  nessuno ha il diritto di beneficiare di qualcosa che sia frutto 
                  di un atto criminale. 
                  La pornografia è violenza perché le donne che 
                  prendono parte a un porno sono così traumatizzate dal 
                  patriarcato che non possono dare un autentico benestare. Nonostante 
                  le donne che prendono parte alla pornografia sembrino consenzienti, 
                  le femministe anti-pornografia sostengono che nessuna donna 
                  psicologicamente sana acconsentirebbe alla degradazione derivante 
                  dal porno. Di conseguenza, se sembra essere presente un accordo 
                  è perché le donne “si sono innamorate 
                  dei loro oppressori” e devono essere salvate da loro stesse. 
                  Una caratteristica comune a tutte le porno attrici che ho intervistato 
                  è l'amore per l'esibizionismo. Già se una di queste 
                  donne dichiara il proprio divertimento nello sfoggiare il proprio 
                  corpo, le femministe anti-pornografia rispondono che non si 
                  tratta semplicemente di un essere umano unico che risponde in 
                  base alla diversa personalità e al diverso background; 
                  si tratta di una donna psicologicamente danneggiata e non più 
                  responsabile delle proprie azioni. In sostanza, siamo di fronte 
                  alla negazione del diritto della donna di scegliere qualsiasi 
                  cosa al di fuori del ristretto corridoio delle scelte politicamente 
                  e sessualmente corrette. 
                  Il diritto di scelta dipende dal diritto di fare scelte “sbagliate”, 
                  esattamente come la libertà di religione sottintende 
                  la libertà di essere atei. Dopotutto nessuno può 
                  evitare ad una donna di fare quello che ritiene di dover fare. 
                  Fornire informazioni e rompere stereotipi 
                In quanto femminista pro-sex sostengo fermamente che: 
                  la pornografia benefici le donne, sia personalmente sia politicamente. 
                  Le fornisce informazioni sulla sessualità ad almeno tre 
                  livelli: 
                  - fornisce una visione panoramica delle possibilità sessuali 
                  nel mondo. Questo è vero persino per informazioni sessuali 
                  basilari come quelle sulla masturbazione. Non è infrequente 
                  per le donne arrivare all'età adulta senza conoscere 
                  il modo per fornirsi da sole il piacere; 
                  - permette alle donne di sperimentare in modo “sicuro” 
                  le alternative sessuali e soddisfare una sana curiosità 
                  sessuale. Il mondo è un posto pericoloso. Per contro, 
                  la pornografia può essere una risorsa di solitario apprendimento; 
                  - offre informazioni emotive che arrivano o dall'esperienza 
                  diretta o dall'esperienza per conto di altri. Ci fa capire come 
                  ci “sentiremmo” se facessimo una determinata cosa. 
                  La pornografia permette alle donne di godersi situazioni e scene 
                  che nella vita reale rifuggirebbe fortemente. Prendiamo, per 
                  esempio, una delle fantasie più comuni riportate dalle 
                  donne – la fantasia di “essere prese”. La 
                  prima cosa da capire è che la fantasia dello stupro non 
                  rappresenta il desiderio per la cosa reale. Perché una 
                  donna sana dovrebbe fantasticare sull'essere stuprata? Forse 
                  perdendo il controllo, perderebbe anche tutto il senso di responsabilità 
                  e di colpevolezza che la legano al sesso. Forse è esattamente 
                  l'opposto del sesso educato e gentile che fa solitamente. Forse 
                  trova lusinghiero immaginare che un uomo sia così sopraffatto 
                  da lei che debba per forza averla. Forse è curiosa. Forse 
                  ha pensieri masochisti che affiorano attraverso le fantasie. 
                  È meglio reprimerli? 
                  La pornografia rompe gli stereotipi culturali e politici in 
                  modo che ogni donna possa interpretare da sé il sesso. 
                  Le anti-femministe dicono alle donne che devono vergognarsi 
                  dei loro appetiti e dei loro desideri sessuali. La pornografia 
                  dice loro di accettarli e di goderseli. La pornografia può 
                  essere una terapia. La pornografia fornisce uno sfogo a quelli 
                  che - per qualsiasi ragione - non hanno un partner sessuale. 
                  Forse sono lontani da casa, vedovi da poco, isolati a causa 
                  di una infermità. Forse semplicemente scelgono di stare 
                  da soli. 
                  Anche le coppie usano la pornografia per migliorare la loro 
                  relazione. Talvolta lo fanno da soli, guardando video e esplorando 
                  insieme le loro reazioni. Talvolta le coppie si rivolgono ad 
                  un sessuologo che consiglia di usare la pornografia come un 
                  modo per aprirsi alla comunicazione sul sesso. Condividendo 
                  la pornografia, le coppie sono in grado di fare esperienza della 
                  varietà della loro vita sessuale senza dover commettere 
                  adulterio. 
                  La pornografia beneficia le donne sul piano politico in molti 
                  modi. Storicamente, pornografia e femminismo sono state compagne 
                  di viaggio e alleati naturali. Nonostante non sia possibile 
                  tracciare una linea tra l'ascesa della pornografia e l'ascesa 
                  del femminismo, entrambe fanno appello alla stessa condizione 
                  sociali - vale a dire, la libertà sessuale. 
                  La pornografia è la libertà di parola applicata 
                  al campo della sessualità. La libertà di parola 
                  è l'alleato di coloro che sono alla ricerca del cambiamento: 
                  è il nemico di chi cerca di mantenere il controllo. La 
                  pornografia, insieme alle altre forme di eresia sessuale come 
                  l'omosessualità, dovrebbe godere della stessa protezione 
                  di cui godono le eresie politiche. Questa protezione è 
                  ancora più importante per le donne, la cui sessualità 
                  è stata controllata dalla censura attraverso i secoli. 
                  Guardare pornografia potrebbe avere un effetto catartico sugli 
                  uomini che hanno desideri sessuali violenti nei confronti delle 
                  donne. Se questo è vero, limitare la pornografia significa 
                  rimuove la barriera protettiva tra le donne e l'abuso. 
                  Legittimare la pornografia proteggerebbe le lavoratrici del 
                  sesso che sono stigmatizzate dalla società. Quando le 
                  femministe anti-pornografia trattano le lavoratrici del sesso 
                  come “donne indottrinate”, di fatto indeboliscono 
                  la loro sicurezza. 
                  La dottoressa Leonor Tiefer, una professoressa di psicologia, 
                  ha osservato nel suo saggio On Censorship and Women: 
                  “Queste donne hanno fatto appello alle femministe 
                  per avere supporto, non rifiuto. [...] Le lavoratrici dell'industria 
                  del sesso, come tutte le donne, stanno combattendo per la sopravvivenza 
                  economica e per una vita decente e se il femminismo significa 
                  qualcosa, questo qualcosa è sorellanza e solidarietà 
                  con queste donne”. [...] 
                 Wendy McElroy
  
                  traduzione di Carlotta Pedrazzini
  
                  Originariamente apparso in Free Inquiry magazine (vol. 
                  17, n. 4) con il titolo  “A Feminist Defense of 
                  Pornography”  
                 
                  Ma il sesso è un'arma rivoluzionaria 
                   
                  intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero 
                   
                  Liberarsi dalle sovrastrutture in ambito sessuale può farci progredire anche sul piano socio-politico. 
                  
                  Marika Ferrero è fondatrice dell'associazione culturale 
                  Bocca di Rosa. Composta da lavoratori del porno, propone performance 
                  in cui pornografia e arte si incontrano, per affermare la libertà 
                  di ognuno di vivere ed esprimere la propria sessualità 
                  nella piena libertà e nel rispetto del prossimo. 
                   
                  Sappiamo cosa sono state la liberazione femminista e la 
                  rivoluzione sessuale nel movimento del ‘68, nel movimento 
                  hippie in America e in generale negli anni ‘70: si è 
                  arrivati ad una maggiore libertà per la donna e per il 
                  sesso. Tuttavia resta ancora molto da fare, perché forse 
                  quella avvenuta è stata una rivoluzione dell'immagine 
                  più che della sostanza. Per esempio, oggi è accettato 
                  che già ragazzi di 13 anni abbiano rapporti sessuali 
                  e provino ogni tipo di trasgressione e si tende ad identificare 
                  questi fatti con la libertà, mentre forse la vera rivoluzione 
                  (o evoluzione) resta ancora da fare. Oggi non si percepisce 
                  più la necessità o l'urgenza di affrontare problemi 
                  di questo tipo, perché ci si sente appagati da una finta 
                  libertà esposta in vetrina. Sono infatti ancora attuali 
                  le parole di John Lennon: ”Viviamo in un mondo 
                  dove bisogna nascondersi per fare l'amore, mentre la violenza 
                  è alla luce del sole”. Qual è la posizione 
                  della vostra associazione a riguardo e come pensi si possa agire 
                  per migliorare le cose? 
                  Pensiamo anche noi che la vera rivoluzione debba ancora venire, 
                  per citare un esempio tra i più palesi, la maggior parte 
                  dei ragazzini di 13 anni di cui mi parli consumano pornografia 
                  e purtroppo ne traggono ispirazione, per cui vivono spesso complessi 
                  interiori per paura di non esser all'altezza di quelle performance 
                  mitizzate e innaturali. E questo purtroppo avviene non solo 
                  tra i ragazzi in età adolescenziale, ma anche tra uomini 
                  adulti. Miriamo a combattere quest'idea di pornografia superata 
                  e maschilista, che non ha un minimo interesse per il piacere 
                  individuale e per far cadere questi muri di sessismo, cercando 
                  di creare un'armonica ricerca della complementarietà 
                  tra l'universo maschile e quello femminile. Se riuscissimo a 
                  tramandare l'idea che fare l'amore dev'essere un'esperienza 
                  gioiosa e naturale, e non un tabù da condannare, molte 
                  persone riuscirebbero a trovare una risposta o uno sfogo alle 
                  proprie pulsioni, senza farle sfociare in repressione, e quindi 
                  in violenza. In questo modo si potrebbe davvero fare l'amore 
                  alla luce del sole, e iniziare a rendere tabù la violenza. 
                  Un'esperienza anche artistica 
                La liberazione sessuale ha coinciso con il periodo della 
                  mercificazione del mondo, con la trasformazione dell'essere 
                  umano in consumatore e, sulla scia di questi cambiamenti, anche 
                  il porno è diventato un grande business. Hai dichiarato 
                  che l'intento dell'associazione Bocca di Rosa è anche 
                  di cambiare il mondo del porno, visto come un establishment 
                  con i suoi schemi e le sue regole. Questo ha infatti dei risvolti 
                  piuttosto tristi, con il prodotto-porno (anche quando “gratuito”) 
                  che viene consumato in un contesto di isolamento, attraverso 
                  media tecnologici, magari per sfogare delle pulsioni che devono 
                  esser represse nella vita quotidiana. Il tuo approccio, da quanto 
                  mi è sembrato di capire, vuole tentar di cambiare il 
                  porno integrandolo con la sfera artistica. Tu quali benefici 
                  pensi possa trarre dalla contaminazione artistica? E, per contro, 
                  può il porno dare nuova linfa al mondo dell'arte? 
                  Siamo fermamente convinti che la sessualità debba essere 
                  usata come mezzo di espansione mentale, è un po' questo 
                  il nostro obbiettivo finale e, contaminando l'ambiente della 
                  pornografia con l'arte, questo non può che risultare 
                  più semplice. La nostra idea è di illuminare un 
                  luogo ancora così sconosciuto come la sessualità 
                  con l'esperienza e la creatività performativa che contraddistinguono 
                  tutti/e quelli/e che ci seguono nel nostro progetto, ma anche 
                  nella nostra filosofia di vita. 
                  L'arte può essere utilizzata in maniera meravigliosa, 
                  dall'autoproduzione alla fotografia, dai video all'arte di strada 
                  unita all'erotismo, per spettacoli completamente nuovi; noi 
                  ce la metteremo tutta per riuscirci. 
                   
                  Il regista Silvano Agosti ama rimarcare come la famiglia 
                  sia una delle grandi catene che mantengono prigioniero l'uomo 
                  nella sua ”servitù volontaria”; 
                  famiglia intesa soprattutto come il legarsi ad una persona e 
                  vivere nello stesso spazio per una vita intera. Alla famiglia 
                  non sfuggono nemmeno le pornostar, che pur avendo tanti rapporti 
                  sessuali con persone diverse, percepiscono il sesso principalmente 
                  come un'attività professionale a cui è affiancata 
                  una vita sentimentale più o meno ”normale” 
                  con un partner fisso. Non voglio fare la classica domanda se 
                  esiste il sesso senza amore e altre banalità del genere. 
                  Piuttosto chiedo a te in quanto pornostar, ma anche “attivista 
                  del sesso”, se pensi sia nell'essenza dell'essere umano 
                  legarsi ad una persona e condividere esclusivamente con quella 
                  la vita sessuale e affettiva. Quali e quanto ampi sono i margini 
                  di cambiamento che riesci ad intravedere, in un contesto culturale 
                  che è largamente condizionante e limitante? 
                  Amo sottolineare che per noi il nostro non è solo un 
                  progetto, è una filosofia di vita e io personalmente 
                  credo si possa mettere amore in tutto ciò che si fa, 
                  amando la persona con cui interagiamo in quel momento, qualsiasi 
                  sia il tipo di interazione. Io ho sempre vissuto la mia vita 
                  con totale libertà e apertura sessuale, perché 
                  vedevo vicino a me, nelle persone che la vivevano tutti i giorni, 
                  che funzionava, funzionava perfettamente. Per la società 
                  alcune pratiche sessuali vengono dichiarate perverse o anormali, 
                  rispetto a una supposta normalità, che poi è quella 
                  eterosessuale e monogama. Liberandosi da alcune strutture e 
                  sovrastrutture mentali si riescono a fare dei passi avanti anche 
                  nella società, per questo secondo me l'esclusività 
                  sessuale e affettiva non è nell'essenza dell'essere umano, 
                  ma un target che ci è stato imposto culturalmente, e 
                  che può rientrare o meno nei nostri piaceri e gusti personali. 
                  Qualunque sia la nostra preferenza, restando in armonia con 
                  il/i partner, oggi come oggi non dovrebbe esser più oggetto 
                  di discriminazione. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   La copertina del numero “A” 159 (novembre  1988). Al suo interno, un dossier curato dal  CIRA (Centro internazionale di ricerca  sull'anarchismo di Losanna) sulla vita di  trenta femministe (e anarchiche) impegnate  nella lotta per la trasformazione sociale  | 
                   
                 
                Liberarsi dai tabù 
                Voi sottolineate come l'associazione Bocca di Rosa sia 
                  prevalentemente formata da donne e che l'obiettivo dell'associazione 
                  è quello di unire la liberazione del sesso alla condizione 
                  della donna. La “filosofia” che state avanzando, 
                  però, è in un certo senso in antagonismo con altri 
                  gruppi femministi, penso ad esempio al caso delle ucraine di 
                  Femen che si son fatte conoscere con proteste spettacolari per 
                  denunciare il dilagare della prostituzione femminile e la mercificazione 
                  delle donne nei paesi dell'est europeo.  
                  Nello specifico, la tua attività mi sembra invece 
                  più in assonanza con quella della “porno-rivoluzionaria” 
                  Valentina Nappi, che si è fatta notare in questi ultimi 
                  anni: per quanto davvero esistano situazioni drammatiche dietro 
                  a tante prostitute che stanno giorno e notte sulle strade, Valentina 
                  vuole rivendicare il diritto ad essere ”zoccole”, 
                  che è uno dei tanti tabù rimasti dietro all'immagine 
                  fittizia dell'estrema libertà sessuale nel nuovo millennio. 
                  Un approccio che mi sembra più simile alla visione poetica, 
                  ma anche rivoluzionaria, della Bocca di Rosa di De André. 
                   
                  La vostra associazione cos'ha da dire su questa dualità 
                  tra la mercificazione del corpo e la poesia delle prostitute? 
                  Questo è uno dei punti su cui ho cambiato opinione nella 
                  mia vita, prima di riuscire a ritrovare la mia vera armonia 
                  con il mio corpo e con l'universo maschile. Penso davvero che 
                  esistano molte Bocca di Rosa, e se la prostituzione dev'essere 
                  chiamata mercificazione del corpo e la pornografia no, io non 
                  ci sto. Ho visto un sacco di puttane felici, e un sacco di pornostar 
                  che vivevano tutti i giorni sull'orlo di una crisi di nervi. 
                  Ogni donna deve avere il diritto di esprimere emozioni attraverso 
                  il proprio corpo come meglio crede, combattendo i target imposti 
                  dalla nostra società condizionata da maschilismo, femminismo 
                  e sessismo in genere. Come il grande De André vogliamo 
                  superare l'immagine di prostituta che tanto si tende a condannare, 
                  regalando all'amor pagato un'immagine poetica e allo stesso 
                  tempo (come nella battaglia per l'assistenza sessuale ai disabili) 
                  socialmente e culturalmente utile. 
                   
                  Oggi ci sono donne capo di stato, ministri donna, sindaci 
                  donna, forse si avranno anche donne sacerdotesse. Possiamo dire 
                  che negli anni le donne si sono guadagnate il diritto di portare 
                  i pantaloni. Ma dal mio punto di vista di maschio femminista 
                  la sfida è tutt'altra, ossia non fermarsi a rimpiazzare 
                  gli uomini nei loro ruoli, ma portare al potere l'amore generatore 
                  di vita che la donna può rappresentare.  
                  Nella disputa sull'equiparazione dei sessi, qual è 
                  la vostra posizione? 
                  Non vogliamo rivendicare diritti e pretendere doveri, ma esaltare 
                  e far conoscere, attraverso il nostro progetto, le potenzialità 
                  femminili, metterle a confronto con quelle maschili, e avviare 
                  un processo di crescita umana che possa arricchirsi nel tempo 
                  grazie alla condivisione di esperienze e all'interazione tra 
                  le più diverse realtà personali e sociali. Ogni 
                  donna ha le proprie aspirazioni e i propri sogni, lottando può 
                  trovare mezzi per realizzarli e questa è proprio una 
                  delle sfide nate con la nostra associazione. Per farvi capire 
                  il mio pensiero, vi cito una frase di Beatriz Preciado: “Considero 
                  la pornografia un dispositivo di controllo biopolitico che storicamente 
                  è stato funzionale alla società patriarcale per 
                  imporre una determinata visione della sessualità. Il 
                  nostro modo di vivere la sessualità, e possiamo esserne 
                  consapevoli o meno, è strettamente correlato ai modelli 
                  visuali e narrativi coi quali entriamo in contatto”. Da qui 
                  l'obbiettivo di far percepire la pornografia diversamente, dare 
                  messaggi e stimoli differenti a uomini e donne, e creare con 
                  la sessualità una condivisione fisica e mentale di esperienze. 
                   
                  Ad anni di distanza dalle performance della pornostar 
                  Cicciolina, oggi spesso ridicolizzata per le sue performance 
                  con i cavalli, tu da pornostar e da persona direttamente coinvolta 
                  nelle tematiche, ti senti di dare un giudizio sul partito dell'amore? 
                  Pensi che la politica di partito possa allearsi con il porno? 
                  L'idea del Partito dell'Amore di base era molto valida, dare 
                  vita alla prima esperienza italiana di antipolitica, anche se 
                  realmente non so quanto sia stato così. Il porno aveva 
                  allora attorno un grande business, e il business con l'antipolitica 
                  non va molto d'accordo. C'è da dire che per fortuna sono 
                  nati davvero dei movimenti. Il Post-Porno vuole anche essere 
                  una forma di lotta politica. Nel sesso c'è politica: 
                  se ci liberiamo da certe sovrastrutture nel privato, potremo 
                  fare dei passi avanti anche nella società. 
                   
                  Così come l'uso della cocaina, le macchine di lusso 
                  e i cenoni, anche la frequentazione di prostitute viene vista 
                  come caratteristica di certi ambienti elitari e quindi segno 
                  di benessere, di godimento della vita, che genera addirittura 
                  invidia sociale. Si può usare invece il sesso come strumento 
                  di liberazione dal basso? Avete mai pensato a quali sono le 
                  azioni concrete che possono portare a un'evoluzione del sesso 
                  e a una sua liberazione generalizzata? 
                  Il bisogno di sfoggiare continuamente la nostra ricchezza è 
                  una delle più grandi rovine della società odierna. 
                  Come può un uomo pretendere di ricevere rispetto da una 
                  donna che tratta come un oggetto? Ci sarebbe bisogno di più 
                  prostitute come quelle descritte nelle frasi di De André, 
                  lì si potrebbe davvero pensare al sesso come uno strumento 
                  di liberazione dal basso. Le azioni concrete possono essere 
                  moltissime, per ora noi ci limitiamo a viverle tutti i giorni 
                  come principi della nostra vita, e a trasmettere il nostro pensiero 
                  alle persone che incontriamo sul nostro cammino attraverso i 
                  nostri lavori. 
                  Contro i criteri mainstream 
                Leggendo la descrizione della vostra associazione ho notato 
                  che viene spesso ripetuta la parola Eros e suoi derivati. La 
                  differenza generica tra porno ed erotismo è data dal 
                  fatto che l'eros risulta essere una versione più politically 
                  correct o se vogliamo meno “scandalosa” e “volgare” 
                  del porno. In realtà la distinzione è una questione 
                  filosofica, affrontata anche da Carmelo Bene che ha distinto 
                  l'Eros, romantico e sentimentale, dal Porno, visto come abbandono, 
                  smarrimento dell'Io nel desiderio del desiderio. Ora non ti 
                  chiedo una disputa filosofica, ma in quanto testimone diretto, 
                  come puoi descrivere la tua attività di porno-attrice, 
                  quale sono le sensazioni che provi a livello emozionale, quali 
                  emozioni pensi di trasmettere ai tuoi partner e ai tuoi osservatori 
                  esterni? 
                  Penso che ci siano molte persone che hanno voglia di “raccontare” 
                  il proprio erotismo e io sono una di quelle. L'energia che provo 
                  quando sono davanti alla telecamera è amplificata, perché 
                  ho una voglia viscerale di trasmetterla a chi è dall'altra 
                  parte, con la gioia e la semplicità che per me caratterizzano 
                  il sesso. Crediamo sia questo il segreto, valorizzare menti 
                  e corpi troppo offuscati dai finti canoni estetici e mitizzati 
                  di fisicità e piacere, caratteristiche del porno mainstream. 
                 Michele Salsi 
                
                   
                    Noi, Bocca di Rosa 
                      Non 
                        solo un omaggio a De Andrè, ma l'omaggio all'idea 
                        della gioia per il sesso che si respira nella canzone 
                        e alla denuncia del falso perbenismo che lo ostacola. 
                        L'associazione Bocca di Rosa nasce dalle esperienze trasversali 
                        nell'ambito del mondo hard, e non solo, dei soci fondatori 
                        e si propone come obbiettivo fondante la ricerca della 
                        libertà di ognuno di vivere ed esprimere la propria 
                        sessualità nella piena libertà e nel rispetto 
                        del prossimo. 
                        L'associazione si batte per dare vita ad una pornografia 
                        che si fondi sul rispetto, che sappia mettere in risalto 
                        la naturalezza della sessualità senza gravarla 
                        di beceri “stereotipi e pregiudizi”; per far 
                        conoscere il mondo poco conosciuto e spesso frainteso 
                        del BDSM; per sdoganare il tabù di sessualità 
                        e disabilità; per la libertà di scelta di 
                        genere.  
                        
                        Associazione Bocca di Rosa 
                        associazioneboccadirosa@gmail.com  | 
                   
                 
                
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