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				 religiosità 
                  
                Per una religione anarchica? 
                  
                di Peter Lamborn Wilson  
con nota a margine di Federico Battistutta 
                    
                Noto soprattutto per il suo libro sulle Taz (Zone temporaneamente autonome), l'anarchico statunitense, meglio noto con lo pseudonimo Hakim Bey, si occupa qui di anarchismo e religione e auspica il superamento del tradizionale ateismo professato dalla grande maggioranza degli anarchici. 
                 
                  Si dice spesso che noi anarchici 
                  “crediamo che gli esseri umani siano fondamentalmente 
                  buoni” (proprio come il saggio cinese Mencio). E però 
                  alcuni di noi mettono in dubbio il concetto di bontà 
                  intrinseca e rifiutano il dominio di altre persone proprio perché 
                  non ci fidiamo dei bastardi. 
                  È poco intelligente fare generalizzazioni a proposito 
                  di “credenze” anarchiche, visto che molti di noi 
                  sono atei o agnostici, mentre altri potrebbero essere persino 
                  cattolici. Ovviamente alcuni anarchici amano indulgere nello 
                  sgradevole e inutile esercizio di scomunicare i compagni che 
                  professano una fede differente. 
                  Per quanto mi riguarda, questa tendenza da parte di gruppuscoli 
                  antiautoritari di denunciare ed escludere l'altro mi ha sempre 
                  colpito come una pratica piuttosto cripto-autoritaria. Mi è 
                  sempre piaciuta l'idea di una definizione di anarchismo abbastanza 
                  ampia da coprire quasi tutte le varianti di una sorta 
                  di dogma acefalo, ma che nonostante tutto costituisce in qualche 
                  modo un “fronte unito”; una specie di “unione 
                  di egoisti”, per dirla con Stirner. 
                  Questo ombrello dovrebbe essere sufficientemente ampio da coprire 
                  gli “anarchici spirituali” tanto quanto la maggior 
                  parte dei materialisti inflessibili. 
                  Come è noto, Nietzsche fondò il suo progetto sul 
                  “nulla”, ma finì per abbozzare una sorta 
                  di religione senza morale e persino senza dio: “Zarathustra”, 
                  “vincere”, “l'eterno ritorno”, eccetera. 
                  Nei suoi ultimi “biglietti della follia” (Wahnbriefe) 
                  inviati da Torino, pare eleggere se stesso quale anti-messia 
                  di questa fede, firmandosi “Dioniso il Crocifisso”. 
                  Si scopre che anche l'assioma “nulla” richiede un 
                  elemento di fede, e può condurre verso un certo tipo 
                  di esperienza spirituale o addirittura mistica: l'eretico auto-definito 
                  si limita a proporre un credo differente. La morte di Dio è 
                  misteriosamente seguita dalla rinascita di dèi: le divinità 
                  pagane del politeismo. 
                  Così Nietzsche propone la ri-paganizzazione del monoteismo 
                  quando parla come Cristo-Dioniso; per la verità, si tratta 
                  di un progetto lanciato già nel Rinascimento da eretici 
                  e neopagani quali Giorgio Gemisto, detto Pletone, e Giordano 
                  Bruno, quest'ultimo bruciato sul rogo dal Vaticano nel 1600 
                  in Campo de' Fiori a Roma. 
                  Somiglianza tra anarchismo e taoismo? 
                 Questo stesso compito, ovvero la ri-paganizzazione del monoteismo, 
                  è stato brillantemente portato avanti dagli schiavi africani 
                  che hanno creato la santería, il vodoo, il candomblé 
                  e molte altre religioni, nelle quali i santi cristiani vengono 
                  identificati o sincretizzati con divinità pagane. Per 
                  esempio, Chango è santa Barbara; Oggun, dio della 
                  guerra, è l'Arcangelo Michele, ma può anche essere 
                  considerato Marte, il dio romano della guerra (si veda Miguel 
                  A. De La Torre, Santería, Wm. B. Eerdmans Publishing 
                  Company, 2004). 
                  I santi sono “maschere” per gli spiriti degli oppressi, 
                  ma non sono semplici travestimenti. Molti santeristas 
                  sono cattolici e pagani al tempo stesso, cosa che ovviamente 
                  fa ammattire la Chiesa! 
                  Come ha detto il mio amico antropologo Jim Wafer nel suo The 
                  taste of blood (Il sapore del sangue), queste fedi 
                  del Nuovo Mondo non sono esattamente “oppio dei popoli” 
                  (anche tenendo presente la maniera curiosamente positiva e leggermente 
                  malinconica in cui Marx usò quella frase), ma piuttosto 
                  aree di resistenza contro il potere maligno. Infatti 
                  in queste religioni Dioniso può essere Gesù, 
                  o Obbatala Ayagguna, in un deliberato delirio di panteismo in 
                  cui nulla dipende dalla mera convinzione perché la concreta 
                  trance di possessione da parte dei santos (Orishas, Loa) 
                  permette a tutti i presenti di vedere, toccare e perfino essere 
                  gli dèi stessi. (Una volta, in un bar di Recife, a Wafer 
                  è stato offerto un drink da uno sconosciuto che gli ha 
                  rivelato di essere una divinità minore amante 
                  del rum). 
                  Inoltre, altro aspetto nietzschiano, questi culti valorizzano 
                  la magia al di sopra della morale, e credono in dèi anche 
                  per queer, ladri, streghe, giocatori d'azzardo e così 
                  via. 
                  Oscar Wilde è stato il primo a notare la profonda somiglianza 
                  fra l'anarchismo e il taoismo, che strutturalmente è 
                  una congerie acefala di sette politeiste pagane, con una tendenza 
                  all'eterodossia e all'affermazione di valori sociali non-autoritari. 
                  Ovviamente alcune forme di taoismo, come di qualsiasi altro 
                  sistema pagano, sono state profondamente complici con lo stato; 
                  le potremmo chiamare ortodossie: in questo senso, sono precursori 
                  del monoteismo. Ma lo spirito pagano include sempre anche un 
                  elemento anarchico, una resistenza paleolitica allo stato-chiesa 
                  e alle sue gerarchie. Il paganesimo crea semplicemente nuovi 
                  culti, o riprende quelli antichi rimasti sotterranei: culti 
                  che sono e devono essere eretici dal punto di vista del pensiero 
                  dominante (Per esempio, l'antico paganesimo europeo è 
                  “sopravvissuto” sotto forma di stregoneria medievale, 
                  e così via). 
                
                   
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                    |   Peter Lamborn Wilson  | 
                   
                 
                 
                  Le varie tipologie di anarchismo spirituale 
                 Nella Roma classica, i culti misterici ellenistici orientali, 
                  i sincretismi magici greci, egiziani, babilonesi e persino il 
                  pantheon indiano con i suoi rituali, minacciarono l'ordine tradizionale 
                  imperiale. In realtà, uno di questi culti, un'eresia 
                  ebraica, è riuscito a rovesciare il paganesimo classico. 
                  Ho il sospetto che una dialettica analoga può essere 
                  vista all'opera nel XXI secolo negli Stati Uniti, con il loro 
                  complesso imperium, il loro sessanta per cento di cittadini 
                  che frequenta le chiese, i loro panem et circenses elettronici, 
                  la loro coscienza basata sul denaro, eccetera. 
                  Una massa di “culti misterici” orientali e new age 
                  continua a proliferare e a metamorfosarsi, generando nel suo 
                  complesso una sorta di eterodossia popolare e pagana, una congerie 
                  di sette, alcune delle quali intrinsecamente pericolose per 
                  l'autorità centrale e per la patologica tecnocrazia capitalista. 
                  In realtà le varie tipologie di anarchismo spirituale 
                  potrebbero essere citate qui come parte dello stesso spettro. 
                  Propongo che i culti fascisti e fondamentalisti non debbano 
                  essere confusi con le tendenze spirituali non autoritarie rappresentate 
                  dall'autentico neo-sciamanesimo, da spiritualità psichedeliche 
                  o enteogene, dall'americana “religione della Natura”, 
                  affine al pensiero di alcuni anarchici come Thoreau, che presenta 
                  molti punti in comune con i mitemi condivisi con la Green 
                  Anarchy, il primitivismo, il tribalismo, la resistenza ecologica, 
                  le attitudini dei nativi americani nei confronti della natura, 
                  e anche con festival quali il Rainbow e il Burning Man. 
                  Qui nelle Catskills, dolci montagne nello stato di New York, 
                  abbiamo avuto di tutto: da Krishnamurti al Dalai Lama, dal chassidismo 
                  al comunismo, il buddismo, l'agricoltura postindustriale e Slow 
                  Food, le comuni hippy degli anni sessanta: induismo dotto in 
                  salsa Tim Leary, wiccanesimo druidico, sufi e yogin; un paesaggio 
                  maturo per il sincretismo e l'universalismo spirituale, pronto 
                  a diventare un altro “distretto bruciato” (burnt-over 
                  district: senza più alcun fedele da convertire; dal 
                  Secondo grande risveglio spirituale della seconda metà 
                  dell'ottocento, nella parte occidentale dello Stato di New York, 
                  ndt) di entusiasmi mistici per la rivoluzione verde, 
                  se solo qualche scintilla avesse acceso la fiaccola: o almeno 
                  si poteva sognarlo. 
                  Nel contesto della credenza che mi sto figurando vorrei 
                  introdurre il concetto di illuminazione profana di Walter 
                  Benjamin. Benjamin si domanda come si possa garantire l'esperienza 
                  spirituale anche al di fuori del contesto di “religione” 
                  o persino di “fede”. 
                  In parte marxista, in parte anarchico e in parte cabalista, 
                  Benjamin ha riportato d'attualità la vecchia ricerca 
                  del romanticismo tedesco di una ri-paganizzazione del monoteismo 
                  “con ogni mezzo necessario”, comprese l'eresia, 
                  la magia, la poesia, l'hashish... La religione ha rubato e soppresso 
                  il “sacramento efficace” amministrato dagli antichi 
                  sciamani, dai maghi e dalle donne sagge; la rivoluzione deve 
                  ripristinarlo. 
                  Di recente, l'idea di una sinistra storica romantica e persino 
                  occultista ha guadagnato ampi consensi e non ha più bisogno 
                  di essere difesa. La statua di Bruno in Campo de' Fiori dove 
                  è morto rimane un'icona per i liberi pensatori e i ribelli 
                  di Roma, che continuano ad addobbarla di fiori rossi. L'alchimista 
                  Paracelso si schierò con i contadini nella loro rivolta 
                  contro la nobiltà luterana. 
                  Una lettura emersoniana del romanticismo tedesco, e in particolare 
                  di Novalis, potrebbe interpretare i Frammenti come seme 
                  e frutto della Rivoluzione. William Blake si presenta come l'unto 
                  eretico e radicale. Il Romanticismo francese di sinistra, e 
                  l'occultismo, danno vita a un Charles Fourier, a un Nerval e 
                  a un Rimbaud. Si deve tener conto di questa antica tradizione 
                  di “rivoluzione romantica” quando si considera la 
                  possibilità di una spiritualità anarchica. 
                  Spazi segreti di resistenza 
                 I mistici affermano che ogni credo è illusorio; solo 
                  l'esperienza garantisce la certezza, dopo di che la mera fede 
                  non è più necessaria. Possono arrivare a difendere 
                  la (auto)liberazione mistica o spirituale contro l'oppressione 
                  della religione organizzata. Blake chiede a tutti di creare 
                  il proprio sistema e di non essere schiavo di qualcun altro; 
                  soprattutto non della chiesa. E Gerard de Nerval, che aveva 
                  un'aragosta di nome Thibault come animale domestico, con la 
                  quale passeggiava nei giardini del Palais Royal a Parigi abbigliandola 
                  con un nastro di seta blu, accusato di essere senza religione 
                  rispose: “Che cosa? Io, uno senza religione? Ma quando 
                  mai, ne ho ben diciassette!”. 
                  In conclusione: qualsiasi sistema di credenze liberatorio, anche 
                  il più libertario (o libertino), può essere ribaltato, 
                  capovolto fino a diventare un dogma rigido: anche l'anarchismo, 
                  come dimostra fra l'altro il caso del tardo Murray Bookchin. 
                  Viceversa, anche nella più religiosa delle religioni 
                  il naturale desiderio umano di libertà può ritagliarsi 
                  spazi segreti di resistenza, come testimoniano i Fratelli del 
                  Libero Spirito o alcune sette di dervisci. 
                  In questo processo le definizioni appaiono poco importanti; 
                  più importante è coltivare ciò che Keats 
                  chiamava la “capacità negativa”, che si potrebbe 
                  glossare come la capacità di cavalcare l'onda di liberazione 
                  a prescindere dalla forma esteriore che può assumere. 
                  Per tornare negli anni cinquanta, quest'onda si sarebbe potuta 
                  scorgere nel beat zen, che oggi purtroppo sembra essere 
                  scomparso; oggi potrebbe essere il neopaganesimo o l'ermetismo 
                  verde. Proprio come l'anarchismo oggi ha bisogno di superare 
                  e il suo culto storico per il “Progresso”, così 
                  penso anche che potrebbe trarre beneficio da un allentamento, 
                  da uno scioglimento del suo ateismo da XIX secolo e dalla riconsiderazione 
                  della possibilità, per quanto ossimorica possa sembrare, 
                  di una “religione anarchica”. 
                   
                  Nota: in memoria di Franklin Rosemont, vorrei aggiungere che 
                  il genere di anarchismo ermetico proposto qui era quello che 
                  caratterizzava l'ultimo Breton e il tardo surrealismo in generale. 
                  Vorrei anche ricordare il grande libro del poeta arabo Adonis 
                  su Sufismo e surrealismo. E infine vorrei raccomandare 
                  l'edizione di Harvard di Sull'hashish di Walter Benjamin. 
                  A volte si ritorna al vecchio, deliberato squilibrio dei sensi... 
                  A volte l'oppio dei popoli è... oppio.
                  Peter Lamborn Wilson 
                  Giorno di San Nicola, 2009 (6 dicembre 2009, ndt) 
                  traduzione dall'inglese di Karlessi
                   
                
                   
                    Per 
                        una religione anarchica? 
                        Una nota a margine 
                       Esistono 
                        scrittori di un solo libro, la cui fortuna è legata 
                        a un titolo specifico, il quale – crucialità 
                        o alchimia del tempo! – appare nelle librerie con 
                        sorpresa e tempestività, raccogliendo esigenze 
                        e istanze a cui il momento presente sembra alludere: è 
                        questo il caso di Hakim Bey e del volumetto che ha per 
                        titolo Taz – Zone temporaneamente autonome, 
                        uscito agli inizi degli anni novanta. Dopo questo libriccino, 
                        piccolo ma esplosivo e con una scrittura debordante tra 
                        l'erudito e il divertito, sono usciti altri testi a firma 
                        Hakim Bey, senza però riuscire a raccogliere gli 
                        apprezzamenti (e le critiche) di Taz. In seguito 
                        si scoprì che Hakim Bey era il nom de plume 
                        di un intellettuale americano, Peter Lamborn Wilson. Pacifista, 
                        obiettore di coscienza durante la guerra del Vietnam, 
                        nel 1968 lasciò gli Stati Uniti per viaggiare: 
                        Marocco, Turchia, Libano, Iran, Pakistan, India, Nepal, 
                        per stabilirsi in Iran, sino all'arrivo del khomeinismo. 
                        Forse non tutti sanno che in quegli anni il nostro autore 
                        acquisisce un discreto pedigree accademico: a Teheran 
                        entra far parte dell'Accademia Imperiale Iraniana di Filosofia, 
                        divenendo redattore della rivista dell'accademia e direttore 
                        delle pubblicazioni in lingua inglese della medesima istituzione. 
                        Risale a quegli anni anche la collaborazione con la rivista 
                        italiana Conoscenza religiosa fondata e diretta 
                        da Elémire Zolla, con interventi incentrati soprattutto 
                        sullo studio di correnti ereticali islamiche. Anzi, rileggendo 
                        oggi alcuni di quegli articoli scopriamo che proprio la 
                        nozione di Zona temporaneamente autonoma risulta anticipata 
                        ed è quindi connessa a quella – da noi ovviamente 
                        sconosciuta – di qiyamat (la “grande 
                        resurrezione” che conduce all'abrogazione delle 
                        norme religiose e dei poteri vigenti), elaborata a suo 
                        tempo da una corrente eretica shita. Come dire: 
                        tout se tient! 
                        Di eresie Peter Lamborn Wilson si è poi continuato 
                        ad occupare, contribuendo in questo modo ad acquisire 
                        una conoscenza più ampia del multiverso islamico, 
                        rispetto a quegli approcci (Oriana Fallaci docet) 
                        che appiattiscono l'islam sul fondamentalismo. 
                        L'articolo in questione, invece, apparso qualche anno 
                        fa sulla rivista americana Fifth Estate si interessa del 
                        rapporto tra religione e anarchia, scommettendo sulla 
                        possibilità di una prospettiva anarchica così 
                        ampia e inclusiva da poter accogliere al suo interno tanto 
                        “gli inflessibili materialisti” che “gli 
                        anarchici spirituali”; laddove con questa espressione 
                        ci si riferisce a un sentire che avverte non più 
                        rinviabile e perciò imprescindibile coniugare fino 
                        in fondo religione e libertà. Questo ci sembra 
                        essere un buon punto di avvio per ogni futura discussione 
                        sul tema. 
                        A partire da qui entriamo nel merito di alcuni motivi 
                        presenti nell'articolo. Di uno in particolare: vi è 
                        un'enfasi posta da Peter Lamborn Wilson alla dimensione 
                        estatica (nel testo si parla di spiritualità 
                        enteogena, letteralmente: “che ha Dio al suo 
                        interno”) su cui merita soffermarsi. Se è 
                        vero che le religioni posseggono tutte una componente 
                        visionaria e se è altrettanto vero che tutti noi 
                        abbiamo in qualche modo bisogno di visioni, di un nuovo 
                        modo di percepire la relazione tra i viventi che non si 
                        riduca a quella offerta dal sapere razionale e analitico, 
                        dal mondo della tecnica e dal sistema di produzione e 
                        circolazione degli oggetti (con William Blake: “se 
                        le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe 
                        all'uomo come in effetti è, infinito”), è 
                        pure vero che il fatto religioso non è riducibile 
                        a uno stato di coscienza alterato, a un trip felicemente 
                        cosmico, come sembra di cogliere nell'articolo; in questo 
                        modo la ricerca religiosa finirebbe oggi, a sua volta, 
                        sussunta nella logica spettacolare e mercantile (vedi 
                        ad esempio il fenomeno new age). Semmai la visione 
                        deve ricondurci a una percezione più intensa, raffinata 
                        e critica della quotidianità, a una sorta di epifania 
                        della vita quotidiana. Proviamo a spiegarci. 
                        Giocando ancora con l'etimologia, la parola religione 
                        rinvia alla possibilità collegare (re-ligare) 
                        l'essere umano con ciò che lo trascende (Dio, il 
                        divino, ecc.), ma ciò passa attraverso un processo 
                        – tutto immanente, quindi anche sociale, politico 
                        – di inclusione e ricomposizione di ciò che 
                        consideriamo come opposti (quello che Niccolò da 
                        Cusa chiamava coincidentia oppositorum): lo spirituale 
                        e il materiale, il maschile e il femminile, il sociale 
                        e il personale, l'umano e l'animale, il culturale e il 
                        naturale, ecc. E su questo piano una religiosità 
                        anarchica ha molto da dire. Tutto ciò detto in 
                        maniera fin troppo breve. Da qui si tratta di partire. 
                       
                         
                        Federico Battistutta  | 
                   
                 
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