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                 L'equivoco più macroscopico che 
                  sta alla base dell'attuale modello di trasporto fondato quasi 
                  unicamente dell'attuale modello di trasporto sull'automobile 
                  privata non è quello senz'altro portatore di gravissime 
                  conseguenze, della sottovalutazione degli effetti dell'inquinamento, 
                  ne tanto meno dall'atteggiamento fatalistico che considera i 
                  morti ammazzati sulle strade come "tragico tributo da pagare 
                  al progresso", quanto piuttosto la totale mancanza di considerazione, 
                  in quelli che sono i ragionamenti dei tecnocrati della pianificazione 
                  urbanistica e dei trasporti, di quel principio termodinamico 
                  comunemente noto come principio dell'entropia, che in soldoni 
                  si può riassumere nel concetto che qualsiasi processo 
                  di produzione di energia all'interno di un dato sistema comporta 
                  un aumento del livello di disordine all'interno di quel sistema, 
                  cioè un aumento dell'entropia; tutti i sistemi chiusi, 
                  che non hanno scambi con l'esterno, evolvono naturalmente verso 
                  il massimo livello di entropia possibile, nel quale non sono 
                  più possibili trasformazioni di materia in energia. La 
                  vita sulla terra ha potuto nascere e svilupparsi grazie all'entropia 
                  negativa ricevuta dal sole. 
                  Da questo punto di vista la storia dell'umanità può 
                  essere vista come un utilizzo di queste riserve di entropia 
                  negativa per produrre energia sotto diverse forme, finalizzata 
                  ad un affrancamento degli individui da quello che lo stato di 
                  natura con tutti i voncoli che impone. Fino a che questa produzione 
                  di energia, con il conseguente aumento di disordine che comporta, 
                  è stata controbilanciata dall'entropianegativa ricevuta 
                  dal sole, l'ecosistema mondiale è riuscito a mantenere 
                  il suo equilibrio: "il "salto di qualità", 
                  se così si può chiamare, è avvenuto, quando, 
                  con la rivoluzione industriale, l'uomo ha scoperto di produrre 
                  energia in enormi quantità a costi molto bassi. Probabilmente 
                  da quel momento in poi il salto tra entropia negativa e positiva, 
                  cioè tra energia ricevuta dal sole e quella spesa dalle 
                  diverse attività umane, si è spostato decisamente 
                  portandoci irreversibilmente sulla strada del costante aumento 
                  del disordine: ne sono prove evidenti gli stravolgimenti climatici 
                  e sociali dovuti all'effetto serra, all'agricoltura intensiva 
                  e a tutte quelle attività umane che sono principalmente 
                  labour-saving ed energy-spending, tra le quali va annoverata 
                  anche lo spostarsi su di un'automobile invece che in bicicletta 
                  o a piedi. 
                  In altre parole, il secondo principio della termodinamica (quello, 
                  appunto, dell'entropia), è il grande assente di tutta 
                  la rivoluzione industriale che in nome del profitto (l'energia 
                  è sempre costata meno del lavoro) ha sempre trascurato 
                  l'applicazione di questo semplice concetto nato anche lui da 
                  quella rivoluzione scientifica di cui pretende di essere la 
                  trasposizione dal mondo delle idee a quello della vita di tutti 
                  i giorni. Ma i sempre maggiori costi, che in termini finanziari, 
                  che questo equivoco comporta non possono essere relegati per 
                  sempre nelle periferie e nei bassifondi del pianeta; le utilità 
                  marginali negative cominciano a farsi sentire anche nell'occidente 
                  parassita e industrializzato, sotto forma principalmente di 
                  disoccupazione, inquinamento e rifiuti: di fronte a questo a 
                  questo problema possiamo reagire cercando di nascondere le conseguenze 
                  più sgradevoli con interventi necessari ma comunque insufficienti 
                  (ad es. con gli ammortizzatori sociali, il motore ad acqua o 
                  con la raccolta differenziata dei rifiuti), oppure cercando 
                  di eliminarli alla radice (cioè ridiscutere il ruolo 
                  del lavoro, dell'auto e dei costumi). 
                  L'auto privata, con il suo rapporto tra tara (la vettura) e 
                  peso netto (i passeggeri) che, nel migliore dei casi, è 
                  di 4 a 1, ma che più spesso è di 15 a 1, è, 
                  da questo punto di vista, una grossa produttrice di entropia 
                  fine a se stessa, dato che quello che interessa spostare è 
                  il quintale scarso di carne che ci siede dentro e non la tonnellata 
                  e passa di lamiera e plastica che la costituisce. Se si aggiunge 
                  a ciò il fatto che con l'automobile le distanze nelle 
                  nostre città si dilatano per la necessità di creare 
                  circonvallazioni, sensi vietati, rondò e per il fatto 
                  un modello di trasporto basato sull'auto favorisce le grosse 
                  concentrzioni di capitale, quindi l'eliminazione della piccola 
                  distribuzione (che serve principalmente che serve il proprio 
                  quartiere o paese) a fronte dei grandi centri commerciali, che 
                  non avrebbero ragione di esistere se non riuscissero ad avere 
                  un bacino di utenza <a misura di auto>, si può 
                  notare come l'auto sia entropicamente svantaggiosa anche per 
                  le trasformazioni che induce nella struttura delle nostre città. 
                  E' quindi fondamentalmente per questi motivi che qualsiasi tentativo 
                  di rendere l'automobile ambientalmente compatibile è 
                  destinato a fallire, nonostante tutte le pretese dell'industria 
                  automobilistica in questo senso: se si pretende infatti di mantenere 
                  inalterata la concezione alla base della motorizzazione di massa 
                  cambiando unicamente il tipo di motore (elettrico o ad acqua), 
                  ciò andrà a risolvere solo i problemi dovuti all'inquinamento 
                  delle città, senza affrontare quelli legati al saccheggio 
                  ambientale di foreste, fiumi, mari, fonti energetiche non rinnovabili, 
                  che altro non sono che riserve di entropia negativa accumilatasi 
                  sul nostro puaneta dalla sua nascita ai giorni nostri, e che 
                  spesso soddisfano bisogni molto più di base che non quello 
                  di fare Torino-Milano in 30' da casello a casello: pensiamo 
                  ai siringueros dell'Amazzonia, rasa al suolo per produrre carbone 
                  per gli altoforni delle case automobilistiche; oppure a quello 
                  che potrà succedere se il motore ad acqua troverà 
                  la diffusione che molti oggi auspicano, senza tener presente 
                  che le alterazioni introdotte già oggi nel ciclo dell'acqua 
                  da numerosi fattori legati alla concezione rapinosa dell'economia 
                  capitalistica non faranno altro che aumentare in misura ignota 
                  ma sicuramente tutt'altro che marginale; da questi esempi si 
                  vede come l'aumento dell'entropia del pianeta vada di pari passo 
                  con "l'aumento dell'entropia sociale." 
                  La vera alternativa allora è quella di cercare di favorire 
                  la diffusione di mezzi di trasporti che comportino aumenti di 
                  entropia strettamente necessari e che possibilmente vengano 
                  compensati dall'entropia negativa del sole: per fare ciò 
                  è necessario prima di tutto ridurre o ribaltare il rapporto 
                  massa del mezzo/massa del carico: in città ciò 
                  è ampiamente possibile, almeno a livello tecnico, senza 
                  richiedere particolari sacrifici a nessuno, se non quello di 
                  rivedere, per ridurlo, lo spazio mentale che riserviamo alla 
                  rappresentazione dell'automobile, per aumentare quello destinato 
                  alle sue alternative: una di queste è l'elettrobici, 
                  una macchina semplicissima costituita da una bicicletta fornita 
                  di motore e batteria elettrica: il suo peso si aggira tra i 
                  venticinque e i trenta chili, per cui il rapporto tra tara e 
                  peso netto è di 1:2 o di 1:3, quindi direttamente ribaltato 
                  rispetto al 15:1 dell'automobile; ha una potenza di circa 250 
                  Watt (meno del vostro lampadario), mentre la potenza di qualsiasi 
                  utilitaria parte dai 40 kWatt; il motore si aziona solo se pedalate 
                  e vi "aiuta" fino ad una velocità di 24 Km/h, 
                  superata la quale deve spegnersi per rispettare gli obblighi 
                  imposti dalla legge italiana; e se vi sembra poco, pensate alle 
                  velocità medie che tenete quando vi recate al lavoro 
                  con la vostra auto, oltre a tutte le giravolte e zig zag a cui 
                  siete costretti per penetrare la vostra città, costruita 
                  probabilmente a misura d'uomo e non di auto. Certo, ci si può 
                  bagnare, ma se avete l'accortezza di portarvi appresso una mantellina 
                  impermeabile questo inconveniente può venire ampiamente 
                  ridotto, e intanto dovreste fare pressioni per convincere la 
                  vostra amministrazione a coprire la pista ciclabile (oltre che 
                  a costruirla...); e comunque il rischio di polmonite è 
                  senz'altro preferibile al rischio di cancro al polmone, di leucemia 
                  o di incidenti stradali. Certo, un mezzo del genere è 
                  utilizzabile "solo" in città, ma se tenete 
                  conto che in città percorrete la velocità da tartaruga 
                  dalla metà di due terzi dei chilometri che fate in macchina, 
                  allora un pensierino potreste farcelo, anche se il prezzo di 
                  questo mezzo (intorno ai due milioni di lire), vi potrà 
                  sembrare eccessivo non lo è: la metà o i due terzi 
                  della vostra automobile costano molto di più; una carica 
                  della batteria assorbe poco più della ricarica di un 
                  cellulare con un costo che sta sotto le 2 lire/km, contro le 
                  150/200 della benzina, le batterie durano 1300-1500 ricariche 
                  (con un'autonomia per ricarica di circa 25 km fanno 30-40 mila 
                  km con 60 mila lire); gli ultimi tipi di motore non hanno nemmeno 
                  bisogno di manutenzione, essendo la trasmissione affidata ad 
                  un magnete che elimina qualsiasi problema di attrito; e l'elettrobici 
                  non richiede spese di bollo e assicurazione. Ultima cosa: non 
                  sono ancora disponibili modelli per bambino, ma l'uso di questo 
                  mezzo è consentito a tutti quelli che sappiano far funzionare 
                  una bicicletta normale, per cui permette una maggiore autonomia 
                  a tutti i membri della nostra società, dai 5 anni in 
                  su e in buona salute. 
                  Se invece siete pigri e non vi va di fare fatica pedalando, 
                  al posto della bici elettrica potete utilizzare un elettroscooter, 
                  che presenta il vantaggio di una velocità leggermente 
                  maggiore (28 km/h), ma l'inconveniente di avere l'obbligo del 
                  casco, bollo e assicurazione; inoltre la legislazione italiana 
                  non prevede che allo scooter si possano agganciare quei trailer, 
                  tanto usati nei paesi del nord europa, che attaccati a una bicicletta 
                  possono ospitare anche due piccoli passeggeri al coperti. Ovviamente 
                  la potenza assorbita da un elettroscooter (circa 500 Watt, meno 
                  del vostro phon) è superiore a quella di una bici eletrica, 
                  ma è sempre un'inezia se paragonata a quello di uno scooter 
                  tradizionale o di un'automobile. 
                  Il punto "debole" (debole per chi osserva da un punto 
                  di vista più in linea con gli interessi forti) di questo 
                  tipo di mezzi di trasporto è riassumibile fondamentalmente 
                  nella bassa velocità e nella possibilità di bagnarsi: 
                  abbiamo già visto che quest'ultimo inconveniente potrebbe 
                  venire efficacemente eliminato da politiche dei trasporti più 
                  favorevoli a un trasporto ecologicamente e socialmente sostenibile, 
                  mentre la bassa velocità in città è un 
                  limite solo in rapporto allo scooter tradizionale; ma se si 
                  considerano i pericoli che le elevate velocità comportano 
                  in città (che inducono gli "utenti deboli" 
                  della strada a comportamenti prudenti, quindi a perdite di tempo, 
                  come farsi accompagnare nei propri spostamenti da qualcuno automunito), 
                  l'inquinamento e lo spreco di risorse di cui comunque gli scooter 
                  tradizionali sono la causa, e infine i loro costi di gestione, 
                  il bilancio torna nettamente in favore dei veicoli elettrici. 
                  La rivoluzione non russa, pedala. 
                   
                  Enrico Bonfatti 
                
                
                  
                  
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