Torino
Quella scuola laica e libertaria
di Paolo Papini
La Scuola Moderna “Francisco Ferrer” di Torino (1911-1922) ha costituito un'importante esperienza di mutua educazione tra lavoratori. Con una flebile ripresa nel secondo dopoguerra.
Nel primo decennio del Novecento,
con l'affermarsi della manifattura pesante metallurgica e automobilistica
che cambia profondamente il volto e la composizione sociale
della città di Torino, il movimento anarchico si radica
nel nuovo proletariato di fabbrica come significativa minoranza
rivoluzionaria. L'agglomerato urbano, sotto la spinta del rapido
sviluppo produttivo che vede stabilirsi in città nuove
masse attirate dalla forte richiesta di manodopera, si espande
nelle nuove periferie. Le “barriere”, quartieri
industriali e popolari periferici che sorgono a ridosso dei
principali varchi della cinta daziaria, si affermano subito
come incubatoi della conflittualità sociale. È
il caso, su tutti, della Barriera di Milano, a Nord-Est della
città.
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Pietro Ferrero, primo segretario del Circolo e della Scuola
e massimo dirigente della Fiom torinese durante il Biennio Rosso |
La Barriera rossa. Nasce la Scuola Moderna
Qui, in Corso Palermo 97, ha sede il Gruppo anarchico “Vindice”,
presto forte di una cinquantina di militanti. Nel 1905 alcuni
di essi costituiscono insieme ai giovani socialisti del quartiere
il Circolo di studi sociali della Barriera di Milano, anche
noto come “Circolo di coltura”. Interrotta questa
prima breve esperienza condivisa a causa di contrasti sorti
con la dirigenza locale del Psi, nel 1907 ne è già
avviata la ripresa per iniziativa di un apposito Comitato di
ricostituzione.
Sul finire dell'estate del 1909 il movimento libertario è
alla testa delle forti proteste che, come nel resto d'Europa,
prendono corpo anche in Italia, specie a Torino, in Toscana
e nelle Marche, contro la condanna a morte in Catalogna del
pedagogista libertario Francisco Ferrer y Guardia, iniziatore
dell'educazione integrale razionalista, nuova teoria e pratica
formativa radicale e rivoluzionaria, antiautoritaria, antistatale
e anticlericale, basata sulla libertà dell'individuo
e sulla laicità e autonomia del pensiero quali strumenti
di emancipazione sociale delle classi subalterne. Ferrer è
ingiustamente accusato di avere ispirato la rivolta antimilitarista
e anticolonialista della “Settimana tragica” barcellonese,
subito soffocata nel sangue dalla monarchia spagnola, e arrestato
a fine agosto.
Il popolo della Barriera di Milano e di Borgo San Paolo, altro
recente insediamento industriale e operaio sorto a Ovest del
centro cittadino, si fa protagonista di forti tumulti e il proletariato
torinese, ispirato dagli anarchici, dai socialisti e dai repubblicani,
invoca lo sciopero generale di protesta sotto la Camera del
lavoro di Corso Siccardi.
Nonostante la imponente mobilitazione internazionale e l'intervento
di alcuni dei più influenti intellettuali europei dell'epoca
il maestro autodidatta catalano viene fucilato il 13 ottobre
nel carcere di Montjuich. Presto lo ricorderanno numerose targhe
e monumenti inaugurati negli anni successivi dai lavoratori
soprattutto in località del Centro Italia, visibili ancora
oggi dove non rimossi durante la dittatura fascista.
Proprio nel corso di quelle agitazioni di piazza del settembre
e ottobre 1909 diversi giovani proletari e socialisti si erano
avvicinati al movimento libertario, cui il maestro Ferrer apparteneva,
e al Gruppo anarchico di Barriera di Milano, per poi aderirvi.
Tra questi il modellatore meccanico diciassettenne Maurizio
Garino, ben presto figura di spicco dell'anarchismo e del sindacalismo
cittadino, con il fratello minore Antonio, tornitore, il diciannovenne
Pietro Ferrero, piastrellista e poi operaio metallurgico, che
ritroveremo nel Biennio rosso a capo della Fiom torinese, e
i fratelli Anselmo ed Edoardo Acutis, rispettivamente operaio
tipografo e smaltatore sui trenta e i vent'anni, tutti giovani
e giovanissimi abitanti del quartiere. Come la gran parte del
movimento specifico cittadino essi si ispirano da subito ad
un anarchismo sociale, comunista e organizzatore incline all'impegno
sindacale e all'alleanza con la base della sinistra socialista
rivoluzionaria. Anche grazie alla raccolta di fondi organizzata
tra i compagni dal muratore Cesare Sobrito il Circolo di studi
sociali viene dunque ricostituito nel 1910 con una trentina
di soci, aperto a tutti i lavoratori ma animato in primo luogo
dagli anarchici, e intitolato proprio a Francisco Ferrer.
Sull'onda dell'emozione e della mobilitazione in favore del
pedagogista di Barcellona sorgono in Europa, come a Losanna,
e in Italia esperienze che si richiamano al suo insegnamento
e alla sua pratica educativa. «Tentativi fallimentari
di istituire “Scuole Moderne”», scrive Giulietti
nel suo recente Storia degli anarchici italiani in età
giolittiana, «si registrano a Milano, Torino, Bologna,
Roma, Firenze, Rimini, Avezzano, Pisa e L'Aquila. (...) Per
il vasto interesse suscitato e la fitta rete di collaboratori
coinvolti, il progetto pedagogico di maggior rilievo è
sicuramente quello della fondazione di una “Scuola Moderna”
a Milano, promosso, intorno al 1910, da Luigi Molinari. Dopo
gli entusiasmi iniziali, tuttavia, anche questo tentativo si
esaurisce in un sostanziale insuccesso». «L'unica
concreta realizzazione dell'ideale educazionista libertario»,
conclude Giulietti, «è rappresentata dalla “Scuola
Moderna Razionalista” di Clivio», asilo d'infanzia
inaugurato alla fine del 1909 presso Viggiù, nella provincia
di Varese, nel quale della pedagogia di Ferrer appaiono privilegiati
gli aspetti della pratica educativa antiautoritaria piuttosto
che i temi del razionalismo scientifico, adatti ad allievi più
grandi.
Il Circolo torinese promuove invece a partire dal 1911 la costituzione
di una propria Scuola Moderna che si caratterizza da subito
come presidio educativo e culturale autogestionario rivolto
prevalentemente a giovani e adulti, lavoratori e lavoratrici,
le quali costituiranno presto circa un quarto dei soci, ispirato
alla pedagogia razionalista di Ferrer e alle Università
popolari propugnate in Lombardia dall'anarchico Luigi Molinari.
Pietro Ferrero ne è il primo segretario, in seguito più
volte rieletto dall'assemblea dei soci alla guida della Commissione
esecutiva.
Sistemata in un ex magazzino in Corso Vercelli 62, nel cuore
della Barriera operaia, la Scuola Moderna “Francisco Ferrer”
promuove cultura e socialità tra i proletari e forma
i militanti. Tra gli attivisti più impegnati e stimati,
in prevalenza operai dell'industria metallurgica con pochi anni
di istruzione primaria alle spalle, figurano, oltre ai già
citati Ferrero, Garino, Sobrito e Acutis, anche Nonio De Bartolomeis,
rarissimo studente superiore, e i più anziani Alfredo
Cocchi, fonditore anarchico proveniente da Terni, e Pietro Berra,
falegname immigrato dal vercellese.
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Maurizio
Garino, fondatore e animatore del Circolo di studi sociali,
della Scuola Moderna “Francisco Ferrer” e
dirigente libertario della Fiom cittadina |
Sapere e socialità. Dai lavoratori per i lavoratori
È Garino a riassumere le finalità del Circolo
“Ferrer” in «tre punti essenziali: l'attività
sindacale, per maturare nell'operaio la coscienza dei suoi interessi
e metterlo in condizione di rivendicarli; la parte politica,
ognuno nel proprio partito, nei singoli gruppi, per dare una
coscienza politica a questi giovani; poi la parte culturale,
per dare una cultura, sia pure un'infarinatura generale, di
quello che c'è di meglio nella scienza e nel sapere».
Vale la pena di riportare alcuni passi del programma della Scuola,
presentato dalla Commissione esecutiva e approvato dai soci
nel 1916, ripreso anch'esso da Barroero e Imperato nel loro
preziosissimo Il sogno nelle mani: «Ora noi non
seguiamo esattamente, anche perché ci mancherebbero i
mezzi, morali e materiali, la pratica di Francisco Ferrer inquantoché
egli dedicava la massima cura ai bambini, ma dedichiamo modestamente
le nostre attenzioni ai giovani i quali hanno abbandonato da
poco le scuole ufficiali per l'officina. (...) Assicurata la
vita materiale del nostro Circolo, le nostre maggiori attività
saranno volte all'opera principale: fare degli uomini. (...)
Cercheremo modestamente nei limiti del possibile di iniziare
i corsi di istruzione i quali andranno dall'insegnamento pratico
ed elementare dei maggiori problemi della vita, alle conferenze
che rivestono un carattere scientifico. (...) Indiremo le conferenze
scientifiche, nel modo più elementare possibile, per
renderle accessibili a tutti. Cercheremo di renderle più
pratiche mediante la constatazione diretta delle verità
affermate, promuovendo visite ai musei. Invitiamo i soci all'allenamento
oratorio. Li incoraggeremo al massimo studio (...). Un altro
ramo d'attività sarà la ricreazione (...). E allo
scopo incoraggeremo il canto, la musica, faremo gite ricreative
famigliari».
A fianco della sede di Corso Vercelli si inaugura infatti ben
presto poco distante, al numero 11 di Via Mottarone, una sezione
ricreativa con attività di ballo, coro e teatro e con
bar e gioco delle bocce. La compagnia attoriale amatoriale interna,
la Filodrammatica “Francisco Ferrer”, è animata
da Anselmo Acutis, tipografo e propagandista libertario, capocomico
dilettante. Tali attività sociali ludiche e ricreative,
così come i corsi e le conferenze, sono tra le rare occasioni
accessibili ai lavoratori in una società divisa rigidamente
in classi dove soltanto alla borghesia è dato di coltivare
il sapere e di dedicarsi allo svago, al piacere dell'arte e
al gusto per il bello.
La Scuola “Ferrer” possiede dunque nel suo insieme
ad un tempo aspetti propri di una Università popolare
e di una Casa del popolo. È ancora Garino a ricordare:
«Lì nella Scuola c'era la sezione ricreativa, c'era
il posto per chi voleva andare a ballare, ma lì nel Circolo
vero e proprio nessun divertimento al di fuori dello studio
e dei dibattiti di carattere politico e culturale. Era frequentata
da una grandissima massa di operai». Quelli proposti e
trattati, suggeriti dai soci e dalla Commissione esecutiva e
scelti insieme nelle assemblee, continua Garino, «Erano
argomenti che ci appassionavano molto. Tu vedevi come questi
operai – con le mani callose, che erano poi fonditori,
sbavatori, tornitori, meccanici in genere – si abbeveravano
di queste conferenze e continuavano a partecipare».
Oltre ai corsi tenuti da qualificati esperti esterni, sempre
molto partecipati e apprezzati, e dunque accanto ad un insegnamento
più intenzionale e formale, la Scuola è però
innanzitutto il luogo della mutua formazione, della cooperazione
educativa, della condivisione orizzontale del sapere: «Quello
sa questa cosa, io non la so! E allora mi faccio avanti»,
spiega Maurizio Garino, «E uno con l'altro ci si formava
una coscienza». La conoscenza, la cultura, dunque, spesso
enciclopedica e autodidattica ma affinata e approfondita nella
condivisione e nel confronto costante, «era tutta un'integrazione
tra gli uni e gli altri». Caso emblematico è quello
dell'artigiano individualista autodidatta Guglielmo Casassa
Mont, ex minatore ed esperto di mineralogia, materia che, ricorda
ancora Garino, aveva «approfondito sui libri e che poi
diffondeva in mezzo a noi, senza essere un professore con dei
titoli». I rarissimi militanti che avevano avuto accesso
all'istruzione superiore, in alcuni casi ancora studenti, portano
e condividono inoltre tra i compagni della Scuola le loro conoscenze
e con esse nuovi stimoli ed interessi culturali.
Allo stesso modo e con altrettanta spontaneità ed efficacia
la formazione naturale, descritta dall'autorevole storico delle
istituzioni educative Francesco Susi come il più indicativo
e poderoso fattore educativo all'interno delle organizzazioni
del movimento operaio, agisce nella attività politica
e sindacale e nella preparazione dei militanti favorendo la
socializzazione del sapere teorico e pratico.
La Scuola quindi, singolare esperimento di educazione degli
adulti autorganizzato dal basso, oltre a contribuire ad integrare
almeno in parte le lacune lasciate spesso nell'istruzione dei
soci dalla breve durata del ciclo di studi di base obbligatorio,
e nel caso di non pochi operai dall'interruzione degli studi
prima dell'assolvimento dell'obbligo dovuta alla necessità
di lavorare e contribuire a formare il reddito familiare, ambisce
anche a preparare militanti capaci, pronti nel pensiero critico,
efficaci nell'organizzazione, in grado di intervenire nei dibattiti
politici e tenere assemblee e comizi sindacali. È quindi
anche scuola di agitazione e ambito informale di formazione
di quadri rivoluzionari. Alcuni dei leader sindacali
operai torinesi più influenti degli anni Dieci e Venti,
in effetti, usciranno proprio da questa Scuola autogestita,
dove sono stati allievi e al tempo stesso organizzatori.
Fondamentale punto di riferimento e luogo di ritrovo per il
movimento specifico locale, nella sede del “Ferrer”
si svolge nel giugno del 1914 il primo Convegno anarchico piemontese,
in occasione del quale viene costituito il Fascio libertario
torinese, struttura federata che riunisce i nuclei cittadini.
A partire dal 1916 un bollettino periodico semestrale di informazione
interna intitolato “La Scuola Moderna”, distribuito
tra gli iscritti e i simpatizzanti, riporta puntualmente lo
svolgersi della vita sociale, mettendo al corrente delle deliberazioni
assembleari e delle iniziative della Commissione esecutiva e
aggiornando circa le attività culturali, politiche, conviviali
e di intrattenimento proposte.
Gli allievi e attivisti della Scuola Moderna, spesso anche militanti
del Fascio libertario torinese, della Fiom o dell'Unione sindacale
italiana, sono protagonisti in questi primi anni dei moti locali
antimilitaristi contro la guerra di Libia nel 1911, di quelli
rivoluzionari della Settimana rossa nel 1914 e antinterventisti
dell'anno successivo e della sollevazione popolare per la pace
e il pane nel 1917.
Nell'immediato primo dopoguerra altri giovanissimi, circa ventenni,
si aggiungeranno al Circolo e contribuiranno alla organizzazione
e promozione delle attività della Scuola. Tra questi
anche Antonio Banfo e Antonio Mairone, operai alla Fiat Grandi
Motori, e Michele Carrabba, lavoratore immigrato di origine
pugliese.
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Corso Vercelli all'altezza del civico 62 in un'immagine degli
anni Trenta. A destra, quasi all'angolo con Piazza Crispi, il
basso fabbricato in cui doveva avere sede la Scuola Moderna |
Il Biennio rosso. A scuola di rivoluzione
Il 29 dicembre 1919 è proprio una giovane allieva e attivista della Scuola Moderna, l'operaia tessile ventenne Caterina Piolatto, ad accogliere Errico Malatesta, appena rientrato dall'esilio londinese, alla stazione di Porta Nuova alla testa di migliaia di lavoratori. Quella sera stessa, dopo un comizio di massa alla Camera del lavoro di Corso Siccardi, si tiene presso il “Ferrer” una grande festa in suo onore, nel corso della quale Malatesta tiene un breve discorso che incoraggia i compagni sulla via della rivoluzione ritenuta ormai prossima.
A partire dal 1920, in pieno Biennio rosso, con la pubblicazione del quotidiano anarchico “Umanità Nova”, e in misura minore de “L'Ordine Nuovo”, settimanale e poi quotidiano comunista consiliarista redatto proprio a Torino, abbiamo a disposizione abbondanti e circostanziate notizie sulle attività della Scuola Moderna.
Sempre più numerose sono in questo periodo le iniziative sociali e culturali promosse in Corso Vercelli, che annoverano le conferenze proposte dal Circolo di studi sociali, le lezioni tenute anche da alcuni docenti dell'Università di Torino, le escursioni sul campo per lo studio della geologia e della geografia e le visite ai musei, oltre ai corsi di sapere pratico come quello di cucito e alle «gite alpestri» presso la colonia dell'Alleanza cooperativa torinese a Mezzenile nelle Valli di Lanzo. Una nuova emeroteca e uno spazio libero di lettura dei quotidiani, accanto alla biblioteca sociale, contribuiscono ulteriormente all'approfondimento e alla preparazione di militanti e simpatizzanti.
In quella Primavera alle Acciaierie Fiat il noto attivista del “Ferrer” Pietro Berra, operaio modellatore, dà inizio con l'azione diretta allo storico “sciopero delle lancette”, agitazione che inaugura la stagione consiliarista delle occupazioni delle fabbriche, mentre in seguito ai disordini del Primo Maggio alcuni soci sono arrestati presso la Scuola, temporaneamente chiusa dall'autorità.
Frequenti sono le assemblee cittadine, di settore o di fabbrica indette dalla sezione dell'Usi nel grande salone della Scuola. Allo stesso modo anche il Gruppo anarchico rionale “Vindice”, l'Unione anarchica piemontese e il Fascio comunista meridionale, organismo di intervento tra i lavoratori immigrati dal Sud Italia animato dai libertari, utilizzano le strutture tenendovi regolarmente riunioni e iniziative di propaganda e autofinanziamento. L'Uap celebrerà poi qui in giugno la propria assise regionale esprimendo Maurizio Garino come delegato al congresso nazionale dell'Unione anarchica italiana.
La Scuola Moderna, sottolinea Garino, «ha avuto un successo molto rilevante in tutti gli avvenimenti politici che ci sono stati tra il 1920 e il 1922», anche ricoprendo un ruolo fondamentale nella formazione di alcuni dei quadri e dirigenti sindacali di primo piano attivi durante il Biennio rosso nel movimento consiliarista. Tra questi lo stesso Garino con Ferrero, organizzatori anarchici alla testa della Fiom torinese, oltre ad Antonio Banfo, futuro leader operaio alla Fiat Grandi Motori, e a Carlo Berruti, segretario cittadino del Sindacato ferrovieri.
Con settembre gli attivisti e i soci della Scuola, oltre trecento in questo periodo secondo Garino, sono protagonisti dello sciopero metallurgico e della grande occupazione delle fabbriche che sembra preludere alla rivoluzione sociale. Durante quelle settimane vengono interrotte le attività ordinarie.
Davanti alla reazione. Baluardo sovversivo
In seguito alla sconfitta del movimento consiliarista, tradito
dagli accordi della dirigenza riformista confederale con governo
e padronato, e con la dura repressione antioperaia e antianarchica
che ne segue, è attivato presso la Scuola il Comitato
torinese che organizza la raccolta di fondi e la solidarietà
militante con i redattori di “Umanità Nova”
e i dirigenti nazionali dell'Usi imprigionati a Milano, coordinato
dal compagno Giuseppe Vianello, mentre lo stesso sindacato rivoluzionario
convoca nel salone di Corso Vercelli una assemblea cittadina
contro la reazione.
Nell'autunno la Scuola Moderna riceve dagli operai degli stabilimenti
Ansaldo San Giorgio e Bergougnan-Tedeschi, presto seguiti dagli
edili della Cgl, importanti somme in denaro per la ripresa delle
attività culturali e sociali, nuovamente turbate a metà
novembre da una infruttuosa perquisizione della Questura in
cerca di armi, che annoverano in dicembre una conferenza del
«comp. dott. Gramsci» sulla costituenda Terza Internazionale.
A cavallo del nuovo anno si svolge una serie di lezioni di anatomia
e fisiologia umana tenute dal «compagno dott. Gasca»,
medico socialista responsabile volontario dell'ambulatorio della
Camera del lavoro, con una visita di istruzione al Museo di
Anatomia dell'Università guidata dal vicedirettore professor
Bruni cui prendono parte ben duecento tra soci e simpatizzanti,
mentre un simposio su «L'origine dei Mondi» è
curato dal compagno Giovanni Mombelli, ebanista ventottenne
di origine novarese, segnalato dagli ambienti investigativi
come «attivo propagandista anarchico» e a torto
ritenuto «incapace di tenere conferenze».
«Le scienze naturali erano il campo dove noi eravamo più
curiosi. Ci occupavamo di molte materie», rammenta a proposito
Garino, che cita tra queste anche l'astronomia e la biologia
a riprova della ispirazione laica, scientifica e razionalista,
tipicamente ferreriana, prevalente nei corsi promossi dalla
Scuola. Non sono però trascurate la letteratura, la filosofia
e la storia dell'arte, oltre a temi politici e di sociologia
con relazioni di Antonio Bonifazi su «La famiglia in regime
comunista» e di Quirico Viroglio sull'«Amore libero»,
né l'igiene sociale, dall'alcolismo alla tubercolosi,
con l'intervento di medici qualificati e con l'ausilio di proiezioni,
tecnologia assai avanzata per l'epoca.
La repressione si abbatte ancora sulla Scuola nei primi mesi
del 1921 con un mandato di cattura contro Caterina Piolatto,
coinvolta in una sparatoria e latitante, con la condanna di
Antonio Mairone, meccanico ventunenne membro della Filodrammatica
“Ferrer”, per il precedente ferimento a Ponte Mosca
di due guardie regie e con l'arresto di Giuseppe Odello, operaio
alla Fiat Lingotto, già guardia rossa, militante della
Fiom e collettore di fondi per “Umanità Nova”,
custode di una «raccolta clandestina» di armi ed
esplosivi.
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Cesare Sobrito, promotore e attivista del Circolo e della
Scuola e militante dell'Usi |
La Sezione di borgata Campidoglio. Resistere e rilanciare
Dall'estate risulta intanto avviata una nuova sezione della Scuola Moderna presso il Circolo comunista di Campidoglio in Via Cibrario 87, sede anche del Gruppo anarchico di quella borgata, mentre solo a metà ottobre “Umanità Nova” annuncia la ripresa delle attività in Corso Vercelli, interrotte a causa della costante pressione della Questura. L'assemblea dei soci della «nostra piccola Università» approva l'operato della Commissione esecutiva tenuta dal segretario Silo Galligani, operaio meccanico poco più che trentenne immigrato dalla Toscana, che promuove nuovi corsi su argomenti di sociologia e di economia politica, di medicina del lavoro e di geografia. Due «serate di coltura» sulla «Situazione generale della Russia» e su «La civiltà orientale antica» tenute dalla compagna Emma Ferrero, impiegata scrivana venticinquenne, un «trattenimento» pro vittime politiche proposto dalla Filodrammatica “Ferrer” e una festa familiare in favore delle attività della Scuola Moderna si svolgono nel frattempo presso la sede di Campidoglio. Accanto alle due sezioni della Scuola anche il nuovo Gruppo anarchico “Centro” promuove ora presso la sede dell'Uap alla Camera del lavoro la formazione dei giovani compagni e simpatizzanti con incontri di discussione e divulgazione della teoria libertaria e di interesse filosofico e letterario.
Già l'8 febbraio 1922 il quotidiano anarchico riporta però un grave appello della Commissione esecutiva della Scuola, riunitasi per deliberare su «importanti decisioni»: «Ai soci e simpatizzanti. Resi inutili e pressoché inascoltati gli inviti ed appelli che per mezzo di “Umanità Nova” e dell'“Ordine Nuovo” di Torino vennero lanciati ai compagni e soci della S.M. “F. Ferrer” questa per l'assenteismo e il disinteressamento dei soci non ha più dato alcun segno di vita. Non crediamo però che i compagni i quali dettero tutto alla Scuola Moderna vorranno proprio ora tralasciare l'opera che essi stessi costruirono. Rivolgiamo perciò invito a tutti i soci e simpatizzanti di intervenire all'assemblea di venerdì 10 corr. alle ore 20,30. Facendo presente che mancando la loro presenza saremo costretti di prendere risoluzioni definitive. Il Segretario».
La Scuola versa in una profonda crisi. I licenziamenti, la disoccupazione, la fame, l'emigrazione, l'esilio e le persecuzioni poliziesche e fasciste imperversano. La residua iniziativa culturale e sociale degli anarchici si è ormai trasferita nella sede di Campidoglio, dove il compagno Quirico Viroglio tiene sue conferenze su «L'origine dell'uomo» e su «L'astronomia». Recite sociali, concerti e feste di sottoscrizione per la Scuola e per i sempre più numerosi perseguitati politici hanno ancora luogo qui e alla Casa del popolo di Pozzo Strada.
Tempi neri. La Scuola chiude
L'8 agosto uno scarno annuncio da Torino compare su “Umanità Nova” nella rubrica dei «Comunicati»: «Si invitano tutti i soci della S.M.F.F.», acronimo della Scuola Moderna “Francisco Ferrer”, «ad intervenire all'assemblea generale che si terrà giovedì sera, alle ore 21, nei locali della Casa del Popolo, Barriera di Milano. Per la segr.: Galligani Garino». Neanche un mese più tardi il “Circolo di cultura Francisco Ferrer” invierà al nostro giornale un ultimo breve appello per la ricerca di oratori e conferenzieri «capaci di sviluppare temi relativi alla Scuola Moderna», pregando di indirizzare eventuali adesioni al domicilio del segretario Silo Galligani. Si tratta dell'ultima notizia che abbiamo della Scuola, «dissolta a causa del fascismo», come ricorderà Garino.
Cesare Sobrito, operaio magazziniere, fondatore della Scuola e infaticabile attivista dell'Uap e dell'Usi, testimonia in settembre su “Umanità Nova” come il proletariato torinese sia sempre più «sfiduciato, indifferente, snervato» in conseguenza dell'«uragano fascista che è piombato con tanta violenza su tutti e su tutto». Michele Carrabba, anch'egli animatore della Scuola, è arrestato negli stessi giorni con altri compagni durante la preparazione di un attentato contro Vittorio Emanuele III, sempre più incline al sostegno al fascismo. Di lì a poco, il 18 dicembre, Torino è sconvolta dalle stragi squadriste che travolgono l'ultima opposizione operaia. È Luigi Chiappa, compagno della Scuola Moderna, ad avvertire Garino che tra gli undici lavoratori e sindacalisti uccisi c'è anche Pietro Ferrero, massimo dirigente della Fiom cittadina, fondatore e primo segretario del “Ferrer”.
Diversi saranno i militanti e gli allievi della Scuola impegnati nella cospirazione antifascista e in seguito protagonisti negli scioperi contro la guerra del marzo 1943 e nella Resistenza. Tra questi Antonio Mairone, agitatore clandestino alla Fiat Grandi Motori deportato a Mauthausen.
Dopo la Liberazione. Una breve ripresa
Il Circolo di studi sociali “Francisco Ferrer” verrà ricostituito nel 1946, dapprima in Via Salassa 1 e poi in Corso Vercelli 42, per iniziativa di alcuni soci storici della Scuola Moderna come Maurizio e Antonio Garino e di nuovi attivisti tra i quali il giovanissimo Guido Ceronetti, in seguito noto scrittore e giornalista de “La Stampa”. Il periodico anarchico cittadino “Era Nuova” ci dà conto di interessanti iniziative politiche e culturali, tra le quali quella di un vivace gruppo esperantista e alcune conferenze tenute anche da docenti dell'ateneo cittadino.
Le condizioni sono però profondamente mutate. Il movimento libertario si trova ben presto in una grave crisi, stretto nella politica dei blocchi e schiacciato dalla ingombrante egemonia del Pci sul movimento operaio. Nel 1951 il “Ferrer” dovrà dunque cessare ogni attività e i suoi aderenti concentreranno nella sede della Federazione anarchica piemontese, in Corso Principe Oddone 22, il loro contributo di proposta culturale e di attività militante.
Paolo Papini
L'autore ringrazia Tobia Imperato e Roberto Carocci per
la revisione critica del testo.
La documentazione fotografica è tratta da Archivio Centrale
dello Stato, Casellario Politico Centrale, Roma, busta 2290
“Maurizio Garino”; Archivio dell'Istituto Piemontese
per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea
“Giorgio Agosti”, Torino; Giulietti Fabrizio, Dizionario
biografico degli anarchici piemontesi, Galzerano, Casalvelino
Scalo, 2013; Torino sparita, skyscrapercity.com, pag.
365.
Per la toponomastica sono state consultate le Guide Paravia
e le carte stradali conservate presso l'Archivio Storico della
Città di Torino. I numeri civici indicati sono quelli
riportati dalle fonti.
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