La
scritta “1969-1979 Gli anarchici non archiviano”
e alcuni storici disegni sul caso Pinelli campeggiano nella
copertina di “A” 79 (dicembre 1979/gennaio 1980),
appunto nel decennale dell'assassinio del ferroviere anarchico
Giuseppe “Pino” Pinelli nei locali della Questura
milanese, tre giorni dopo la strage di piazza Fontana. E i primi
due scritti di questo numero di “A” sono un editoriale
di Luciano Lanza sulla necessità di evitare la solita
noiosa commemorazione: Le bombe del 12 dicembre e l'assassinio
del compagno Pinelli – si legge in conclusione
– non sono un esempio di ingiustizia, ma un caso esemplare
dell'ingiustizia generalizzata, sistematica e per questo nella
coscienza popolare sono divenuti “la strage di stato”
e “l'assassinio di stato”. E un'intervista con
Pietro Valpreda, seguita da una puntualizzazione redazionale,
abbastanza polemica, in relazione alla candidatura nelle liste
de Il Manifesto che Valpreda aveva accettato nel 1972.
Undici pagine sono poi dedicate a questioni sindacali all'interno
della FIAT. Non a caso sono Piero Flecchia e Roberto Ambrosoli
– ambedue residenti nel capoluogo piemontese – ad
aprire il servizio, che comprende anche interviste a lavoratrici
e lavoratori. A conferma che soprattutto negli anni Settanta
la nostra rivista spesso si confrontava con le situazioni e
le lotte nelle fabbriche.
Delle elezioni in Spagna si occupa Carlos Semprun Maura, uno
degli storici “importanti” della Rivoluzione Spagnola
del ‘36. Della “burocrac.i.a. del terrore”
(è questo il titolo), cioè del ruolo dello spionaggio
statunitense in politica interna ed estera, si occupa Noam Chomsky
(si tratta di una traduzione da In these times di Chicago).
Da un'altra rivista nordamericana (Black Rose, di Montreal,
Canada) è tradotto “L'estetica anarchica”
di Michael Scriviner.
Riattraversiamo l'oceano e arriviamo a Reggio Emilia, dove è
nato un nuovo periodico libertario, Assemblea generale,
pensato come un foglio prevalentemente locale nell'ambito del
processo di ricostituzione dell'Unione Sindacale Italiana a
livello nazionale. La presentazione del giornale è affidata
a un'intervista redazionale ad Andrea Ferrari, tuttora in pista.
Chi scrive queste note, autore di quell'intervistina, ricorda
la propria partecipazione in un cinema, a Reggio, a un concerto
dei Nomadi, ancora presente il mitico Augusto Daolio. Ero andato
a “fare servizio d'ordine” alle porte laterali di
sicurezza, che dovevano restare aperte per motivi di sicurezza
ma non dovevano diventare un posto di entrata abusiva in sala.
Si raccoglievano soldi per Assemblea generale: “No,
compagno, entra dal davanti e passa alla cassa”. La nostra
storia è stata anche questa, in un clima di sostanziale
unità e collaborazione tra le molteplici tendenze e voci
dell'anarchismo (con qualche eccezione). E lo stesso Ferrari
concludeva l'intervista ricordando che il 7 dicembre al campo
Tocci ci sarebbe stata una serata musicale per Assemblea
generale con gli Area, Ricky Gianco e altri.
Noi di “A” già da 5 anni avevamo rapporti
con Fabrizio De André (e altri ancora, compresi Franco
Battiato, Giorgio Gaber, Francesco De Gregori, Ricky Gianco,
ecc.), ma anche gli altri anarchici non scherzavano. Tra idee
comuni (almeno in parte) e aspirazione a far loro fare un concerto
per raccogliere soldi, i rapporti anarchia/musica segnavano
nuove pagine di una lunga storia.
Proseguendo con la ripresentazione del n. 79 di “A”,
troviamo: la cronaca di un attentato a Milano contro il Centro
sociale anarchico di via Torricelli; un lungo saggio di Piero
Flecchia su “natura e libertà”; la recensione
di un libro in qualche misura “anarchico” e di grande
successo in quegli anni quale “Contro il metodo”
di Paul Feyerabend; la presentazione del primo numero della
rivista Bounty (sottotitolo “l'ammutinamento del
pensiero”); il lungo e dettagliato statuto di una cooperativa
universitaria autogestita, nel Massachussets – Usa; due
lettere alla redazione di una giovane infermiera valtellinese
e di un trentenne ex-ufficiale dell'esercito portoghese, anarchico,
prima esule a Parigi poi rientrato a Lisbona dopo la fine del
regime “fascista” di Salazar.
Un'ulteriore testimonianza della varietà e dell'internazionalità
di “A”. Confermata anche dalle provenienze delle
sottoscrizioni, raccolte nei nostri tradizionali fondi neri:
da Milano alla California, da Carrara al Canada, dalla Sardegna
a Roma.
Dei nostri lettori già allora si poteva dire: non moltissimi,
forse, ma un po' in tutto il mondo. Tante teste, tantissime
opinioni. Una comunità sicuramente variegata, critica,
attiva. Di sicuro non passiva.
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