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                    Dieci album in trent’anni. Ha centellinato così la sua musica, non per ragioni di marketing, ma seguendo un principio tanto lineare quanto raro: pubblicare nuove canzoni quando l’urgenza di farle conoscere diventava pressante. Ha anche cambiato nome, nel frattempo: da Faust’o, suggestivo ammiccamento a un patto col diavolo in linea con le tendenze post-punk e new wave del periodo, al suo vero nome Fausto Rossi, quando il vero patto con le ‘diaboliche’ etichette discografiche si è disgregato per lasciare spazio alla sola, nuda, umanità. Fausto Rossi è tornato, a poco più di trent’anni dal suo primo e già sconvolgente Lp Suicidio, che lo accreditò immediatamente tra i migliori giovani talenti della musica italiana, e a ben dodici anni dal suo ultimo album Exit, dal tono profetico delle grandi maledizioni per un’umanità perduta, dipinte con i colori neri di un dolore profondo. In mezzo, l’elettronica che interpreta un mondo in mutazione ma soprattutto lo smarrimento dell’individuo, con canzoni di struggente bellezza o invereconda causticità, e perfino con album solo strumentali o in inglese, sempre alla ricerca del punto di congiunzione tra suono, senso, poesia e sentimento di alienazione. E ancora, la computer music capace di accompagnare una poesia intimista e rarefatta in Cambiano le cose, e il pop-rock alternativo di L’erba, spietata confessione personale, ma anche j’accuse al mondo sostenuto da un’ispirazione debitrice della beat generation. 
                    
                      |  |  Fausto è fatto così. Lunghi silenzi in un apparente stallo, vissuti in sofferti viaggi interiori da cui riemerge dando voce al suo sguardo sensibile di poeta di un altro mondo: non più Faust, ma semmai Everyman, misura dell’uomo che guardandosi dentro proclama la sua sete di vita, e guardandosi intorno rivela agli altri le anomalie di un sistema di potere incancrenito, imposto dall’ipocrisia della politica, dalle sirene dell’informazione manipolata, dalla strategia oppressiva delle religioni, dai paradisi artificiali che pure ha attraversato con sofferenza.Il nuovo album si intitola Becoming visible, ed è l’ennesimo spiazzamento che impone ai suoi ascoltatori più fedeli, peraltro già abituati a non considerarlo una “bestia da stile”, secondo una felice espressione di Pasolini, ma a seguirlo attentamente (anche in concerti e reading) nella sua continua esplorazione di un mondo musicale e poetico, che ha il coraggio di abbandonare il sound “giusto” e riconoscibile per affrontare ogni volta un orizzonte da ridisegnare, vero trasgressore contro i finti trasgressivi di cui è popolata la musica pop. A costo di perdere consensi, di rimanere per anni lontano da studi di registrazione e palcoscenici (nell’80 durante una grande manifestazione pop protestò contro il playback limitandosi a mangiare una mela durante la sua canzone: da lì non solo la censura televisiva, ma anche l’ostracismo dell’industria musicale), di non avere manager o staff, di rinunciare ai meccanismi consolidati dello showbiz e rimettere sempre tutto in gioco, fedele a un individualismo strenuo che è misura di un mondo interiore e di uno sguardo sull’esterno che, proprio grazie a questo, è completamente libero; anarchico nel rifiuto dei meccanismi di potere e di mercato dell‘industria musicale, non soltanto nei testi delle canzoni che pure staffilano sprezzanti il potere e i suoi servi, proclamando magari, sulla scorta di Allen Ginsberg, che tutto è santo, alla ricerca di una laica “santità“ universale e umanista.
 E allora, ecco l’album del ritorno, ancora una volta sconcertante per chi ricorda il paladino della musica elettronica (“autore seminale” è definito nei bignamini della musica italiana per l’impronta che ha saputo dare all’elettronica negli anni 80) o del rock cantautorale incarnato negli anni 90. Fausto Rossi decide di diventare visibile (becoming visible, appunto) dopo tanti anni di “clandestinità“. Tutti si aspettavano il botto, con testi che magari ricalcassero quelli amari e taglienti degli ultimi album, per un definitivo anatema lanciato sul mondo. Ma diventare visibili non significa fare scintille: significa affiorare dall’invisibilità per una rinascita. Per questo l’album è il segno più consapevole e maturo che Fausto potesse regalarci: le canzoni sono segnali di un’esistenza che riafferma la propria anima e i propri sentimenti per poter affiorare in contrapposizione all’invisibilità sostanziale nella quale si dibattono i paladini dell’apparire e della massificazione. E in questo senso afferma una diversa politicità, che rifiuta il successo mediatico, le grida e il sensazionalismo, le dichiarazioni e i progetti. È una politicità che passa attraverso ciò che la politica non sa riconoscere: l’uomo nella sua essenza e nella sua dignità. Si sente in Stand apart, in cui rivendica uno stare a parte che non è fuga dal mondo ma affermazione di un’identità che in questo mondo si definisce in opposizione al vortice di “lacrime che cadono”, “maiali che lottano” e di tutto il “dolore senza uscita” che ci circonda: non per negarli, ma per riconoscerli ripartendo da sé.
 Questo è forse l’album in cui Fausto si scopre di più, quello in cui ritorna a parlare di sé e dei suoi sentimenti come fosse la prima volta. Non a caso in una lingua straniera, sia pure un inglese elementare (ma densissimo), straniero a sé stesso; non a caso con pochi strumenti e pochi accordi, sulla soglia di un ritmo da ballata. Forse per questo la parola più ricorrente è home, così come ricorrente è il cielo, sia esso sky o paradise: tanto alto quanto interiore, non spirituale, ma piuttosto un cielo interlocutore della solitudine, o meglio della solitarietà, segno ulteriore di un’individualità che assume la responsabilità di enunciare la propria esistenza.
 Per chi non ha conosciuto il Faust’o degli anni 70/80 e per chi non ha conosciuto il Fausto Rossi degli anni 90 Becoming visibile sarà una strana scoperta (e dovrà correre ai ripari recuperando le sue canzoni precedenti). Per chi conosce i suoi 9 album precedenti sarà come riscoprirlo daccapo.
  Stefano Casi
 
                  
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                    | Fausto Rossi durante un concerto a Ferrara, luglio 2009 (foto di Elisabeth Armand)  |  Quattro canzoni La tentazione di esistere(Fausto Rossi)
 (da Cambiano le cose, 1992)
 Per ogni giorno perdutoe gli occhi in un solo colore
 a volte sento la vita
 come un attimo ancora
 Potrei svanire e poi tornaree poi svanire e poi tornare
 appare ogni tanto la luna
 —————————————— La scienza il progresso, 
  la nuova nobiltà(Fausto Rossi / Franco Cristaldi / Pierluigi Ferrari)
 (da L’erba, 1995)
 Non voglio essere adorato da animalie vegetali e ogni altra presenza
 su questo pianeta che è la terra
 Non voglio aver paura di scambiare amore
 ovunque e chiunque libero
 e non fighe e cazzi immaginari
 Non voglio polizia per le strade
 suoni gialli e azzurri giorno e notte
 che ricordano manicomi e obitori
 Non voglio un lavoro che è solitudine
 miseria e povertà e avvelena la nostra vita
 Allora volate, volate davveroallora bruciate, bruciate davvero
 e respirate... respirate davvero
 allora volate, volate davvero
 Non voglio essere governatoda uomini mostruosi e da un Dio
 che non mi assomiglia per niente
 se non per la nostra stessa natura
 Non voglio cadere in ginocchio
 davanti alle vostre macchine
 che sono manicomi nel deserto
 dove la terra è morbida ma il cielo è disumano
 Non voglio che la Chiesacontinui a chiedermi un figlio
 per i suoi traffici soprannaturali
 che una volta chiamava Guerra Santa
 Non voglio più televisione nelle nostre case
 ma il silenzio assolutodi ogni essere umano su questo pianeta
 Allora volate, volate davveroallora bruciate, bruciate davvero
 e respirate... respirate davvero
 allora volate, volate davvero
 ———————————————— Tutto è possibile(Fausto Rossi)
 (da Exit, 1997)
 Tutto è possibileRicorda il silenzio
 osserva quel che è libero
 Attento al futuroSmetti di avere paura
 Combatti Dio
 Sentiti solo
 Fiducia nei sogni e immaginazioni che haiIl tuo corpo è vasto quanto il mio
 Rifiuta ogni limite
 Difendi il tuo io
 Stai lontano da radio giornali televisione
 L’arte è un pensiero irrealeCapisci quel che è magico
 La mente è spazio infinito
 Ogni droga è candida
 Tutti i governi cadranno vedrai
 Vieniti in mano
 Fai l’amore ogni volta che puoiDiventa invisibile
 Il silenzio ci salverà
 ———————————————— Stand apart(Fausto Rossi)
 (da Becoming visible, 2009)
 Falling tearsFalling lies
 Falling blood
 Falling falling falling
 To the ground
 And I stand apart
 Fighting pigs
 Fighting gods
 Fighting lovers
 Fighting fighting fighting
 All the time
 And I stand apart
 Helpless pain
 Helpless love
 Helpless mothers
 Helpless helpless helpless
 For all times
 And I stand apart
 I stand apart
 (Lacrime che cadono / Bugie che cadono / Sangue che cade / Cadono cadono cadono / Al suolo / E io resto in disparte / Maiali che lottano / Dei che lottano / Amanti che lottano / Lottano lottano lottano / Tutto il tempo / E io resto in disparte / Dolore senza uscita / Amore senza uscita / Madri senza uscita / Senza senza senza uscita / Per tutto il tempo / E io resto in disparte / Io resto in disparte) 
                  
                    |  Album, poesie, ecc.
 Fausto Rossi nasce a Sacile nel 1954. Attualmente vive a Milano. Come Faust'o ha pubblicato gli album Suicidio (1978), Poco zucchero (1979), J'accuse... amore mio (1980), Out Now (1982), Faust'o (1983), Love story (1985), e cinque singoli tra il 1978 e il 1982. Come Fausto Rossi ha pubblicato gli album Cambiano le cose (1992), L'erba (1995), Exit (1997), Becoming visible (2009). Ha recitato due poesie nell'album dei La1919 Giorni felici (1997) e ha prodotto l'album dei Massimo Volume Lungo i bordi (1995).  Ulteriori album usciti senza il consenso dell'autore: Lost and found (1996) in cui la casa discografica ha raccolto materiale musicale incompleto, e l'antologia di canzoni dai primi tre Lp Le più belle canzoni di Fausto (2006). Nel 2008 esce il doppio album di cover Dentro questi specchi come tributo a Fausto Rossi da parte di numerosi cantanti in occasione del trentennale del suo esordio.  Il suo sito è: www.faustorossi.net.  |  |