Che sollievo, amici 
                    e lettori, che straordinario senso di sollievo ho provato 
                    leggendo, sulla “Repubblica” di venerdì 
                    3 giugno, l’elenco dei dieci libri più pericolosi 
                    del mondo pubblicato da “Human Events”, un settimanale 
                    americano che fino ad allora non avevo avuto il bene di conoscere, 
                    ma che ho scoperto esprimere da ben sessantun anni il punto 
                    di vista dell’estrema destra conservatrice di quel paese, 
                    quella che comincia dove si fermano i neocon e finisce 
                    un milionesimo di millimetro prima del fascismo dichiarato. 
                    Se la prima regola di chi vuole sopravvivere sull’infido 
                    terreno dell’ideologia è quella di conoscere 
                    le debolezze e i punti di forza dell’avversario, quel 
                    documento è lì a garantirci che di quel tipo 
                    di cultura, nonostante i molti poteri forti che le stanno 
                    alle spalle, non è il caso di avere paura. 
                    La testata, in sé, non sembra completamente ignobile, 
                    dicono anzi che goda di una certa autorevolezza presso i ceti 
                    dirigenti della più grande democrazia del pianeta, 
                    anche se è destinata, vista la posizione di nicchia 
                    che occupa nel mercato dell’ideologia, a non suscitare 
                    particolare attenzione a livello internazionale. 
                    La grande stampa, di fatto, ne ha parlato solo perché 
                    la redazione ha avuto l’idea di compilare, previa consultazione 
                    di un certo numero di accademici, polemisti e uomini di cultura 
                    o presunti tali, quel documento curioso. Che non rappresenta 
                    esattamente un elenco di volumi da destinare al rogo, come 
                    ha intitolato qualcuno, perché certe cose, dopotutto, 
                    le facciamo solo in Europa, ma enumera comunque dei titoli 
                    che, stando ai criteri dei compilatori, a nessuna persona 
                    dabbene dovrebbe essere concesso accostare. Roba che ha già 
                    fatto abbastanza danno perché si possa permettere che 
                    eserciti ulteriori influenze sulle menti più impressionabili. 
                    
                    L’elenco non riserva sorprese. Salva l’inclusione 
                    d’obbligo del Mein Kampf al secondo posto e 
                    quella di un testo tradizionalmente “ambiguo” 
                    come l’Al di là del bene e del male 
                    di Nietzsche al nono, consiste esclusivamente di classici 
                    del pensiero democratico e di sinistra. Si apre con il Manifesto 
                    di Marx ed Engels e comprende, nell’ordine, il Libretto 
                    rosso di Mao, il rapporto sul Comportamento sessuale 
                    nel maschio umano di Alfred Kinsey, Democrazia ed 
                    educazione di John Dewey, Il capitale, naturalmente, 
                    la Mistica della femminilità di Betty Friedan 
                    e la Teoria generale dell’occupazione di John 
                    Maynard Keynes. 
                    Un mix ben bilanciato
 
                    Un mix ben bilanciato 
                  Un tocco erudito è rappresentato dall’inserimento 
                    all’ottavo posto del Corso di filosofia positiva 
                    di Auguste Comte. Darwin e Freud, stranamente, non entrano 
                    nella rosa finale, ma contano anch’essi un numero rispettabile 
                    di segnalazioni. Al loro livello si colloca anche l’unico 
                    autore italiano citato, l’Antonio Gramsci delle Lettere 
                    dal carcere. 
                    Un mix ben bilanciato, insomma, che rispecchia fedelmente 
                    quelle che già sappiamo essere le ossessioni del conservatorismo 
                    americano: il comunismo (del cui asserito crollo laggiù 
                    non devono essere sicuri come da noi) e la liberazione sessuale, 
                    l’emancipazione della donna e gli interventi governativi 
                    sull’economia, la libertà di ricerca e di insegnamento 
                    e il declino dei valori religiosi. Sì, anche dal nazismo 
                    si prendono le distanze, ma si capisce, dalla semplice sproporzione 
                    numerica dei titoli, che non lo si fa davvero col cuore. 
                    Perché, dunque, il senso di sollievo di cui vi dicevo 
                    all’inizio? Be’, mi sembra ovvio. 
                    Il fatto stesso che quei dieci titoli siano considerati “pericolosi” 
                    dimostra che i compilatori della lista non capiscono molto 
                    della dinamica delle ideologie. 
                    E non, come si potrebbe pensare, perché confondono 
                    il valore delle opere, mettendo sullo stesso piano Il 
                    capitale e il rapporto Kinsey e confondendo, così, 
                    il testo base dell’analisi dei rapporti di classe con 
                    un tipico esempio di divulgazione sociologica popolare. Non 
                    è neanche un problema di criteri di scelta, tipo quelli 
                    che hanno portato a privilegiare, sia pure in negativo, la 
                    cultura marxista a quella libertaria. 
                    Il fatto è che quei libri, tutti quei libri, in sé 
                    non minacciano assolutamente nessuno. Non sono stati scritti 
                    per quello e nessuno li ha mai usati a tale scopo. Sono opere 
                    di analisi e l’analisi, in sé, non fa paura. 
                    Si può benissimo temere il comunismo (come Berlusconi) 
                    o la libertà di gestire il proprio corpo (come Rutelli), 
                    ma solo gli ingenui crederanno che la rivoluzione proletaria 
                    sia stata inventata e promossa da Marx e la permissività 
                    sessuale voluta, per chissà quali suoi loschi motivi, 
                    dal dottor Kinsey. Nietzsche era un pensatore piuttosto radicale 
                    (almeno si considerava tale), ma sarebbe troppo onore per 
                    lui addebitargli in toto la diffusione dell’ateismo 
                    nella cultura occidentale. 
                    Le trasformazioni dei valori, si sa, hanno una genesi complicata, 
                    nel senso che nascono dalle esigenze della vita quotidiana 
                    degli uomini e delle donne: i trattati e le analisi vengono 
                    sempre dopo ed è per questo, in definitiva, che vietare 
                    un libro o farlo bruciare non è mai servito a impedire 
                    una rivoluzione. 
                  
                   Contro ogni tentazione censoria
 
                    Contro ogni tentazione censoria 
                  Sì, direte, ma i libri, se non sono esattamente alla 
                    origine delle idee, comunque le generalizzano e le diffondono, 
                    per cui è preciso dovere di tutti noi lottare contro 
                    ogni tentazione censoria, comprese quelle che si esprimono, 
                    e non da oggi, nella creazione di elenchi di questo tipo. 
                    Il che è verissimo, ma molto dipende anche dai libri 
                    di cui si parla. 
                    Quanto a capacità di influenzare a fondo le masse e 
                    di spingerle, armate di picche e forconi, all’assalto 
                    delle varie Bastiglie che si parano sul loro cammino (tabù 
                    sessuali compresi), Il capitale, con tutta la sua 
                    importanza, è stato probabilmente meno significativo 
                    di tanti altri testi. È un’opera troppo massiccia 
                    e scritta in modo troppo difficile per godere di una vera 
                    diffusione di massa. 
                    Lo stesso Marx, che aveva capito il valore rivoluzionario 
                    dell’opera di un autore personalmente ligio all’ancien 
                    régime come Balzac, sarebbe stato il primo a convenire 
                    sul fatto che, a prescindere da quel che ne pensano gli accademici 
                    di destra e di sinistra, le idee non viaggiano nei trattati, 
                    ma su pagine che, a prima vista, sembrano occuparsi di tutt’altro. 
                    
                    Il giorno che troverò nell’elenco dei dieci libri 
                    più pericolosi del mondo il Don Chisciotte 
                    e Madame Bovary comincerò ad avere paura di 
                    chi lo ha stilato. Finché ci mettono il Manifesto 
                    e il Libretto rosso, che volete che vi dica, non 
                    riesco a preoccuparmi davvero.