Giuseppe Pontremoli è morto a Milano il 9 aprile 2004, 
                    a soli 48 anni (era nato a Parma nel 1955). Ha lottato coraggiosamente 
                    fino all’ultimo con il terribile male che si era manifestato 
                    l’estate precedente. Con una voce sempre più 
                    fioca partecipò ancora alla presentazione a Milano 
                    del suo ultimo libro, cui teneva moltissimo. Ha lasciato Lia 
                    e Giacomo e un immenso vuoto in tutti noi. È stato 
                    maestro elementare dall’età di venti anni, non 
                    per caso e ripiego ma come scelta di impegno esistenziale 
                    e civile. 
                    È stato scrittore di libri per ragazzi (Il mistero 
                    della collina, pubblicato da Giunti nel 1994), curatore 
                    di libri per l’infanzia (Elsa Morante, Le bellissime 
                    avventure di Caterì dalla trecciolina e altre storie, 
                    Einaudi Ragazzi 1995), poeta (Rabbia birabbia, pubblicato 
                    dalle Nuove Edizioni Romane nel 1991, con i disegni di Franco 
                    Matticchio, e un nuovo volume presso lo stesso editore nel 
                    2004: Ballata per tutto l’anno e altri canti), 
                    studioso di letteratura (non solo per l’infanzia: sua 
                    passione personale fu Silvio D’Arzo a cui ha dedicato 
                    parecchi saggi, e subito dopo Elsa Morante). 
                  
 
                  
 Era una persona di vastissimi interessi, di enorme curiosità, 
                    come sanno i lettori dei suoi articoli su varie riviste, tra 
                    cui principalmente “Linea d’Ombra”, “Rossoscuola”, 
                    e la prima e la seconda serie di “école”. 
                    Su “Rossoscuola” iniziammo nel settembre ’87 
                    una rubrica – Leggere gli anni verdi – 
                    che poi produsse, a cura mia e di Giuseppe, un libro uscito 
                    nel ’92 nei Tascabili di e/o. Scrittori e studiosi come 
                    Grazia Cherchi, Piergiorgio Bellocchio, Goffredo Fofi, Cesare 
                    Cases, Fabrizia Ramondino, Clara Sereni, Domenico Starnone, 
                    e molti altri, proponevano e commentavano qualche pagina di 
                    autori noti e meno noti sull’infanzia, l’adolescenza, 
                    la scuola. Giuseppe scrisse come postfazione un ampio saggio 
                    intitolato Dentro un bosco di storie. 
                  
 
                  
 Sentieri dentro un bosco di storie si intitola 
                    l’ultima sezione dell’ultimo suo libro, uscito 
                    nel gennaio 2004 presso L’Ancora del Mediterraneo: Elogio 
                    delle azioni spregevoli, un libro in cui si parla di 
                    lettura, di racconto orale, di linguaggio infantile, di scuola; 
                    un libro che è anche un’autobiografia, per vie 
                    dirette e traverse. Scriveva Pontremoli: 
                  
Raccontare storie 
                    ai bambini, cioè aiutarli a crescere, aiutarli a imparare 
                    a vivere. Vivere, crescere. Non: sopravvivere; non: trascinarsi; 
                    non: adeguarsi all’esserci consentendo comunque. Vivere 
                    e crescere – e cambiare, quindi. Magari guardando e 
                    prendendo in mano il Qui, per progettare un Altrove che non 
                    si trovi altrove ma sia qui, che sia il Qui trasformato. 
                  Temeva soprattutto gli effetti negativi di “chi [per 
                    delusione storica o per dolore privato o per frustrazione 
                    di una velleità personale] ha accettato o eletto l’indifferenza 
                    a documento della propria identità” (p. 122), 
                    temeva l’“invincibile ansia di conformismo” 
                    di cui parlava Pasolini e “la rassegnazione, cioè 
                    una scelta di morte” (p. 123). 
                    A proposito della morte della scrittrice Astrid Lindgren – 
                    l’inventrice di Pippi Calzelunghe – nel 2002 Giuseppe 
                    scrisse su “école” che si doveva ricordarla 
                    con “malinconica allegria e allegra malinconia”. 
                    Così ricordiamo ora anche lui, la sua voce calda, i 
                    suoi lineamenti netti, il suo camminare diritto nei troppo 
                    brevi sentieri della vita.