|  Tramonto 
                  di un regime
 Desidero complimentarmi con Francesco Berti per il suo articolo 
                  Quando i miti son duri a morire, apparso sul numero 
                  295 di «A». Larticolo ha suscitato lentusiasmo 
                  soprattutto di mia moglie Anita, che non è anarchica 
                  ma è cubana (è nata nel dicembre 1953 a La Habana 
                  e vi ha vissuto fino al 1996, attraversando praticamente tutte 
                  le fasi del regime salvo gli ultimi sviluppi). Anita è 
                  molto grata a Berti per ciò che ha scritto, che corrisponde 
                  perfettamente a ciò che lei pensa. Sostiene di non avere 
                  mai letto finora una posizione così netta sulla questione 
                  cubana, da quando vive qui in Italia. Il mio giudizio personale è un poco più articolato. 
                  Avrei qualche obiezione su alcuni giudizi espressi nel testo, 
                  che non riguardano però largomento centrale ma 
                  piuttosto lo sfondo. Sul ruolo assunto dagli Stati Uniti nella 
                  politica mondiale, sul conflitto arabo-israeliano, sulla scelta 
                  stessa da parte dei libertari degli interlocutori politici privilegiati, 
                  mi sembra di capire che tra il mio approccio e quello di Berti 
                  ci siano differenze di non poco conto. Su questi aspetti potremo 
                  tornare in futuro, se ce ne sarà loccasione. Qui 
                  mi interessa affrontare il tema principale dellarticolo, 
                  cioè la questione cubana, e su tale aspetto ritengo che 
                  quello di Berti sia un contributo valido e serio.
 Conosco abbastanza la realtà cubana, non solo per le 
                  ragioni familiari a cui ho già accennato. Oltre ad avere 
                  letto nel corso degli anni qualche testo, io stesso ho trascorso 
                  complessivamente alcuni mesi a Cuba in occasione di tre diversi 
                  viaggi tra il 1995 e il 2000. Nei miei viaggi cerco sempre di 
                  conoscere la realtà sociale, culturale e politica dei 
                  paesi che visito, nei limiti in cui questo è possibile 
                  a uno straniero che dispone in genere di un tempo limitato. 
                  In questo caso specifico, avere una moglie cubana mi ha consentito 
                  di conoscere più facilmente delle persone e di entrare 
                  in confidenza con loro, stabilendo relazioni meno superficiali 
                  di quelle che normalmente si creano tra i residenti e un semplice 
                  turista.
 Sulla base delle mie esperienze e conoscenze, trovo assolutamente 
                  giustificate e corrette le critiche di Berti al regime castrista 
                  e ai suoi estimatori. Riprendo sinteticamente le sue principali 
                  argomentazioni: 1) A Cuba i diritti umani vengono pesantemente 
                  violati e il fatto che le violazioni avvengano anche in altri 
                  paesi non è un valido argomento per evitare di parlarne. 
                  «Qualunque violazione dei diritti umani e delle libertà 
                  fondamentali dei cittadini merita (
) di essere denunciata: 
                  a Cuba come in Iraq, in Italia come in qualunque altro paese». 
                  2) Non è vero che la causa principale delle sofferenze 
                  del popolo cubano dipende dallembargo degli Stati Uniti. 
                  In realtà, le difficoltà del paese e la miseria 
                  di gran parte della popolazione derivano da un sistema economico 
                  fallimentare e da errori dei dirigenti politici. Lembargo 
                  si è risolto invece in un comodissimo alibi per il regime, 
                  per giustificare i propri fallimenti. 3) La pressione economica 
                  e politica esercitata dagli Stati Uniti non può giustificare 
                  in alcun modo il terrore poliziesco che vige a Cuba. In realtà, 
                  il potere dispotico e poliziesco a Cuba iniziò poco dopo 
                  che il gruppo rivoluzionario di Fidel Castro e di Che Guevara 
                  aveva preso il potere e prima che gli Stati Uniti decretassero 
                  il loro embargo (entrato in vigore nel 1961). Lo sanno bene 
                  gli anarchici cubani, eredi di una lunga tradizione di lotte 
                  sociali, in prima fila contro tutte le dittature insediatesi 
                  nel paese caraibico (ultima quella di Batista). A partire dal 
                  1960 molti libertari cubani furono costretti a espatriare per 
                  sfuggire alle persecuzioni, mentre i loro compagni meno fortunati 
                  venivano incarcerati o fucilati. Naturalmente, non furono solo 
                  gli anarchici ad essere repressi dal regime totalitario: tutte 
                  le forze di opposizione, di qualsivoglia matrice ideologica, 
                  furono eliminate coi metodi più brutali e polizieschi. 
                  4) Le conquiste sociali della rivoluzione  nellistruzione 
                  e nella sanità  non giustificano né potranno 
                  mai giustificare la mancanza di libertà. Non è 
                  necessario creare delle dittature per far funzionare i servizi 
                  pubblici. 5) La pretesa di alcuni estimatori del regime, secondo 
                  i quali a Cuba non ci sarebbe affatto una dittatura bensì 
                  una vera democrazia, una democrazia socialista, 
                  è palesemente falsa e ridicola e non meriterebbe neppure 
                  di essere presa in considerazione. Come osserva giustamente 
                  Berti, «dove vi è un partito unico al potere; dove 
                  mancano libertà di stampa, di associazione, di pensiero; 
                  dove i dissidenti politici vengono perseguiti anche sulla base 
                  di semplici sospetti; dove si infliggono condanne enormi per 
                  «reati» attinenti alla libertà di pensiero; 
                  dove non cè una società civile indipendente 
                  dallo Stato; dove non è possibile svolgere libera attività 
                  sindacale; dove non cè libertà economica; 
                  dove non cè separazione dei poteri dello Stato; 
                  dove il potere non è limitato da altri poteri: ebbene, 
                  in quel fortunato paese vige un regime che nel linguaggio politico 
                  delle persone civili si chiama dittatura. Nel caso di Cuba si 
                  tratta di una dittatura totalitaria, con tutte le differenze 
                  che ciò comporta da altri tipi di dittature».
 Tutte queste argomentazioni, e altre riferite a Cuba su cui 
                  non mi soffermo contenute nellarticolo, sono a mio giudizio 
                  corrette e ampiamente condivisibili. Su ciascuno di questi aspetti 
                  potrei intervenire con ulteriori considerazioni, ma anche se 
                  potrebbe risultarne ancora più ricco il quadro conoscitivo, 
                  la sostanza non cambierebbe. Mi limito piuttosto a riprendere 
                  un breve accenno di Berti sul fatto che il regime di Fidel sembrerebbe 
                  godere di un «consenso di massa, come dimostrerebbero 
                  le oceaniche adunate in occasione dei logorroici comizi del 
                  lider maximo». Berti aggiunge giustamente che, 
                  pur ammettendo che tale consenso sia reale, questo fatto non 
                  può ribaltare la classificazione del regime politico 
                  cubano (del resto, anche il fascismo italiano e il nazismo tedesco 
                  hanno goduto per un certo periodo di un ampio consenso di massa, 
                  ma nessuno si sognerebbe di definirli per questo delle democrazie). 
                  A queste giuste considerazioni vorrei aggiungere unopinione 
                  personale che si basa sulla mia diretta conoscenza del paese 
                  caraibico, certo limitata ma credo non del tutto trascurabile. 
                  Ritengo che a Cuba il regime comunista abbia perso da tempo 
                  il consenso della maggioranza della popolazione (consenso di 
                  cui ha indubbiamente goduto nei primi decenni dopo la rivoluzione 
                  contro Batista). Certo, le piazze si riempiono ancora di centinaia 
                  di migliaia di persone in occasione delle adunate di regime, 
                  ma sono convinto che solo una minoranza di loro lo fa per convinzione, 
                  gli altri vanno ormai solo perché ritengono più 
                  prudente non attirare su di sé lattenzione di un 
                  apparato di controllo e di repressione ancora molto efficiente 
                  e ramificato. Del resto, chi può se ne va, anche su imbarcazioni 
                  precarie a rischio della propria vita (sono oltre due milione 
                  i cubani esuli in altri paesi, contro una popolazione residente 
                  nellisola di circa 11 milioni). Nonostante i notevoli 
                  rischi, sono ormai migliaia i dissidenti aperti e dichiarati 
                  che cercano coraggiosamente di modificare il sistema con una 
                  lotta nonviolenta condotta allinterno del paese. La cosa 
                  che più mi ha impressionato, fin dal primo mio viaggio 
                  nel 1995, è il fatto che la quasi totalità dei 
                  cubani che ho conosciuto nelle più diverse province dellisola, 
                  si lamentavano apertamente con me che ero uno straniero, e affermavano 
                  di non poterne più del sistema. Tra queste persone ce 
                  nerano molte che per anni avevano dato alla rivoluzione 
                  la parte migliore della loro vita. Credo proprio che il lento 
                  e tormentato tramonto del regime castrista sia fatale e irreversibile.
 Gianpiero Landi(Castel Bolognese)
    Per 
                  Faber e gli “esclusi”
 La smisurata preghiera con cui, strappatoci cinque 
                  anni fa da un male crudele, Fabrizio De André ha concluso 
                  la sua straordinaria opera di cantautore e poeta, sempre disobbediente 
                  alle leggi del branco e sempre vicino a chi viaggia 
                  in direzione ostinata e contraria, è un vero e 
                  proprio manifesto di umanità, di giustizia e di pietà, 
                  nel senso più autentico e profondo della parola. Nelle 
                  sue canzoni, senza retorica e senza compiacenti buonismi, vivono 
                  e ci parlano gli esclusi, gli emarginati, i diversi, le anime 
                  sofferenti e solitarie, e con loro, anzi soprattutto grazie 
                  a loro, tutti quelli che continuano a volere un mondo giusto 
                  di liberi ed eguali. Il nostro amato poeta anarchico non cè 
                  più, ma continua a vivere in noi e nelle sue parole, 
                  che sono le nostre parole. Per questo motivo, pur essendo 
                  del tutto insensibili ad ogni forma di culto della personalità, 
                  proponiamo di intitolare una piazza o una via delle nostre città 
                  a Fabrizio De André; anche attraverso il suo nome non 
                  dobbiamo mai dimenticare chi è rimasto tagliato 
                  fuori, chi non si è voluto intruppare 
                  o chi semplicemente non ha neppure avuto la possibilità 
                  di scegliere. Ci piacerebbe anzi che questo atto simbolico fosse 
                  linizio di una nuova spinta collettiva in favore di una 
                  piena valorizzazione delle differenze e della lotta allesclusione 
                  e allemarginazione. Intitoliamo dunque una piazza a Fabrizio, 
                  diamo vita in città e in provincia ad un tavolo di confronto 
                  sulle nuove povertà, opponiamoci con forza a chi esorcizza 
                  le diversità e difende pregiudizi di ogni tipo, ed apriamo 
                  una nuova fase di sensibilità e impegno. Giustizia, pace, 
                  libertà, i valori di sempre.  Per Alessandriacolori e per tutti quelli amano le canzoni 
                  di De André e il pensiero libertario.  Giorgio Barberis(Alessandria)
    Pacchi 
                  postali, pacchi bomba
 Care compagne e compagni, alcuni giorni fa ho ricevuto per posta un paio di cose molto 
                  interessanti, la prima riguarda una mostra internazionale di 
                  «spazzole dartista» per gentile interessamento 
                  di Tania Lorandi «The big Bosse de Nage» dellIstituto 
                  Patafisico; la seconda una raccolta di libretti artistici sul 
                  mestruo, proprio così, sulle mestruazioni, sintitola: 
                  MOSTRIAMO IL MESTRUO ed è a cura di Strega Troglodita 
                  (Troglodita Tribe).
 E ancora debbo terminare il «sasso» da dipingere... 
                  già, un sasso, un ciottolo tondo e liscio, che mi ha 
                  mandato un compagno di Alessandria, affinché io lo dipinga. 
                  Anche questo è arrivato per posta, meno male per posta, 
                  non come i sassi dal cavalcavia, e non era diretto a ferirmi...
 Mi è venuto da sorridere pensando: ecco, cè 
                  ancora chi fa della posta un servizio creativo!
 Che dire della resistenza a Internet, che ormai ci ha fatto 
                  perdere luso delle mani? Mi commuove Remy Perrot da Parigi, 
                  che utilizza i timbri con le anatre che volano.
 Ci sono ancora artiste, artisti, e sono tantissimi ve lo assicuro, 
                  che inondano le borse dei postini con le loro missive colorate, 
                  facendo lo slalom fra pubblicità tasse scadenze balzelli 
                  multe e ridondanza dinformazioni patinate, con le loro 
                  carte riciclate, con la loro povertà sbandierata, con 
                  i loro indirizzi scritti a mano, coi loro pacchi e pacchetti 
                  pieni di stelline. Poesia postale che non aspetta natale, arte 
                  povera, anarchia della comunicazione, se ne fotte del consumismo, 
                  è tutto gratis, tutto circolare, una linea orizzontale 
                  continua.
 Io e il mio compagno usammo la posta per quattro anni, per rompere 
                  i muri del carcere dovera recluso... erano i nostri i 
                  veri «pacchi bomba», trasgressivi, animati di vita 
                  propria, guardati con sospetto dai secondini, talvolta sequestrati 
                  se il regolamento sessuofobico non accettava il pizzo di un 
                  body dentro una busta. Troppi colori, troppo profumo, troppa 
                  fantasia, troppo erotismo, troppa vita!
 Nulla a che vedere con gli anonimi (acronimi omonimi e via dicendo) 
                  che utilizzano la posta per distruggere, per ferire, per mutilare, 
                  per insultare, come il pazzo che per anni, ingegnandosi a imbucare 
                  le lettere da varie località pensando di non essere riconosciuto 
                  (il mostro...), tormentò Horst Fantazzini in galera con 
                  lettere diffamatorie, deliranti, infarcite di volgarità 
                  e di fotomontaggi pornografici sulla sottoscritta, quasi fossi 
                  una diva colpevole di non distribuire la mia fighetta a chi 
                  ne era rimasto sprovvisto.
 Ma quale azione diretta? Della posta ci si può servire 
                  per creare contatti, tendere fili o interrompere rapporti, progettare, 
                  ricordare, augurare, criticare, polemizzare, esercitare i propri 
                  diritti; restituire un corpo fisico a unidea sempre più 
                  asettica con Internet; dare tepore e consistenza alle parole 
                  di due innamorati; far sentire la propria solidarietà 
                  ai prigionieri e alle prigioniere che non sono raggiungibili 
                  in altro modo nemmeno per telefono; creare intralcio al potere 
                  con proteste concrete... altri usi o meglio: abusi, sono soltanto 
                  lultima spiaggia di frustrati che non sanno come incanalare 
                  il loro odio represso, la loro frustrazione moscia come il loro 
                  pisello... e questo è possibile e fattibile soltanto 
                  perché la POSTA può essere usata in modo anonimo.
 Anonimo, come sono i pacchi bomba, che per me non hanno differenze 
                  sostanziali con le lettere anonime del cazzo, volevo dire del 
                  pazzo.
 Anche il pazzo rivolgendosi a Horst si firmava: «un anarchico 
                  che ti stima», e questi plichi incendiari vengono rivendicati 
                  con un volantino assolutamente inconcludente da un punto di 
                  vista politico, che tira in ballo, con grande gioia dei mass 
                  media più fetenti che si cibano unicamente di queste 
                  porcherie, una sedicente inesistente «Federazione Anarchica 
                  informale», e poi cè anche il nome di Horst 
                  Fantazzini, perché vogliono ricordarlo così.
 Sì, vogliono ricordarlo così, con le confidenze 
                  «da uomo a uomo» o con lesaltazione maschia 
                  guerriera, sprecando fiumi di inchiostro (e magari prefazioni 
                  barocche auto-celebrative nei libri che Horst non si è 
                  mai occupato, perché non aveva più interesse o 
                  voglia, di ripubblicare)... ma senza avere avuto mai il CORAGGIO 
                  di guardarlo in fondo agli occhi.
 Perché, comunque, Horst era molto più donna di 
                  quanto potessero sopportare e accettare.
 Un abbraccio libertario e femminista,
 Patrizia Diamante «Pralina»(Bologna)
    Un 
                  passo indietro e due avanti?
 In riferimento alla lettera di Luigi Veronelli apparsa su A 
                  rivista n. 9 dicembre 03  gennaio 04 dal titolo Propongo 
                  una lista mi permetto di dare il mio contributo come segue. 
                  Sì, lanarchia come vita collettiva (che non può 
                  escludere a priori lapproccio individualista e comunque 
                  lintreccio della sfera individuale con quella sociale) 
                  potrebbe avverarsi in tempi assai ridotti rispetto alle pre-visioni 
                  di Benedetto Croce, ammesso che noi sedicenti anarchici ci chiarissimo 
                  le idee (oltre alle pratiche) su cosa possa e potrà mai 
                  essere questa anarchia «pura, armonica e razionale». 
                  Lavoro duro con se stessi e con gli altri!
 Sì, ci si deve confrontare con tutto e con tutti e non 
                  arroccarsi in torri davorio tra mitologia e purismo, forse 
                  anche senza esclusioni a priori.
 Non ho riflettuto e dibattuto a sufficienza per poter dire se 
                  un ritorno un passo indietro (società rural-artigianal-commercial-pre 
                  o post industriale?) possa aiutare a farci fare due passi avanti 
                  verso la realizzazione dellanarchia.
 Dubito che le odierne autorità (civili, militari, religiose), 
                  anche volendo privilegiare il rapporto con quelle locali, con 
                  cui si dovrebbe trattare, possano essere considerate eticamente 
                  degne di sostenere la trattativa, quantomeno per forma mentis: 
                  in ogni caso nulla escludo a priori!
 Fatico a capire se i mercati che verrebbero ad aprirsi ai prodotti 
                  delle «Denominazioni di Origine Comunale» ed i profitti 
                  da questi derivati si possano intendere alternativi al sistema 
                  economico-finanziario che ci domina (attuale mia condizione 
                  sine qua non per passeggiare verso Anarchia, ma potrei sbagliarmi 
                  vista la mia assoluta ignoranza in materie economiche); fatico 
                  ancor di più a capire come arrivare socialmente a partorire 
                  dei «Sindaci che debbono essere autorità amministrative 
                  e non politiche» (quindi con una «forma mentis» 
                  assai diversa dagli attuali appartenenti a quelle autorità 
                  con cui si dovrebbe trattare!).
 Infine non ho capito, evidentemente, «il successo clamoroso 
                  ed eversore dei mercati sociali» almeno nella misura in 
                  cui credo di poter rilevare un potenziale anarchico (la messa 
                  in discussione dellautorità?) in leggi di iniziativa 
                  popolare con il passaggio del potere «dallo Stato  
                  non alle Regioni, non alle Province  diretto al Comune» 
                  (non conosco la legge costituzionale n. 3 del 2001, ma è 
                  interessante conoscere cosa le autorità odierne abbiano 
                  inteso per «iniziativa popolare col passaggio del potere 
                  di legislazione e di modifica della legislazione»: leggerò 
                  Reclus).
 Leventuale opzione elettorale non mi trova pregiudizialmente 
                  contrario (né credo sia nuova in area libertaria) fosse 
                  solo perché di fronte allincapacità di realizzare 
                  purezza, armonia e razionalità con le «nicchie 
                  utopiste» capisco si possa ad un certo punto ritenere 
                  di combattere il sistema «se lo vivi, se ci sei dentro, 
                  se vuoi operare con trattative continue» facendosi portavoce 
                  di un riformismo radicale fino al limite dell«eversione». 
                  Ma mi pare la strada seguita dalle rispettive maggioranze dei 
                  Verdi, di Rifondazione assieme ai Centri sociali del Nord-Est 
                  e di qualche altra parte dItalia; a costoro si deve aggiungere 
                  la variegata ed attivissima area dei cattolici di base che comunque 
                  fanno più cose e spesso migliori di tutti gli altri soggetti 
                  messi assieme.
 Per concludere, caro Veronelli, credo ci sia molto da lavorare 
                  in area libertaria per arrivare a scegliere di provare lopzione 
                  elettorale come da te ventilato, intendo dire che bisogna discuterne 
                  con lidea di trovare risposte e decisioni in tempi brevi 
                  (anche in tempo per le prossime europee se vuoi), ma più 
                  il traguardo che ci si darà è vicino nel tempo 
                  e più dovremo mettere a disposizione del nostro tempo 
                  e delle nostre energie alla politica. In ogni caso sinceramente 
                  trovo equivoco, a differenza di te, oltre che prematuro il simbolo 
                  ed il nome alleventuale lista di «Centri Sociali» 
                  proprio perché richiamano alloperazione Verdi-Rifondazione-Disobbedienti 
                  con tutto il portato di autoritarismo e verticismo che comporta 
                  restare nella logica del sistema politico e partitico attuale 
                  come questi signori continuano a fare. Preferisco pensare ad 
                  un nome in cui compaia il termine Libertario piuttosto che Anarchico 
                  se proprio non si vuole spaventare i benpensanti o per aggirare 
                  la potenza del fuoco mediatico e di preconcetti che ci caricherebbero 
                  addosso. Va bene pure scomparire in un qualche cosa di neutro 
                  che assorba la poliedricità dei soggetti da te citati. 
                  In ogni caso non credi che caratterizzarsi per dei politici 
                  non di mestiere, che timbrino il cartellino e non percepiscano 
                  assegni che li pongono anni luce distanti dal paese reale, che 
                  contestino ogni spreco di denaro delle pompemagne istituzionali 
                  sarebbe già un passetto avanti? Se sì riesci a 
                  renderti conto di quale cambio di mentalità e prassi 
                  politica comporta raggiungere un così minimo e parziale 
                  obiettivo anche solo sulla strada della democrazia ?! La fretta 
                  è la peggior consigliera ed il modo con cui il dominio 
                  ti fa restare sempre a 90 gradi, in ogni caso cè 
                  bisogno di darsi una mossa perché a star sempre seduti 
                  a piangere sugli allori si finisce per non aver più il 
                  coraggio di cambiare almeno il paesaggio che si ha di fronte.
 Salute!
 Ruggero LazzariPoetattore libertario (Venezia)
    La 
                  replica di Veronelli
 Nella lettera di Ruggero vi sono numerose suggestioni. 
                  Lo ringrazio. Ho riletto a lungo una frase di Noam Chomsky (in 
                  Capire il Potere, Marco Tropea Editore, 2002): Lopposizione 
                  della gente alla politica non ha fatto altro che intensificarsi: 
                  era già forte in partenza ed è aumentata per tutti 
                  gli anni ottanta. Prendiamo in considerazione i media: qualcosa 
                  è cambiato, vi è una maggiore apertura, maggiore 
                  franchezza. Oggi è più facile, per i dissidenti, 
                  trovare accesso ai mezzi di informazione di quanto non fosse 
                  ventanni fa e in realtà oggi allinterno delle 
                  istituzioni ci sono addirittura persone uscite dalla cultura 
                  e dalle esperienze degli anni sessanta, persone che si sono 
                  fatte strada nei media, nelle università, nelle case 
                  editrici e in una certa misura perfino nel sistema politico. 
                  Il problema più grande dellanarchismo nasce dallequivoco, 
                  voluto da secoli, sulla parola anarchia e sugli atti che ha 
                  dovuto  sottolineo: dovuto  compiere. Oggi abbiamo 
                  un estremo bisogno di corretta informazione e visibilità. 
                  Di qui linvito a partecipare. Col proposito  ben 
                  diverso da quello dei partiti citati  di una eversione, 
                  senza violenza fisica alcuna. Senza saperlo e senza la possibilità di comunicarlo, 
                  con quegli spazi, anche radiofonici e televisivi, cui avremmo 
                  diritto  mi sia permesso il paradosso  noi siamo 
                  già maggioranza.
 Luigi Veronelli(Bergamo)
    Chiarezza 
                  e semplicità
 Ringrazio Antonio Cardella per larticolo Ma 
                  il capitalismo non è emendabile (A 
                  296). Prima di leggerlo avevo intuito, con un sesto senso più 
                  vicino allignoranza che alla sicumera della conoscenza 
                  per queste cose, che nel tracollo della Parmalat, come in quello 
                  di altri «giganti» internazionali di cui le cronache 
                  recenti danno notizia, qualcosa di «grottesco» e 
                  al contempo di «normale» riassumeva il corso dei 
                  fatti.
 Giacché  lo capivo anchio tanto era evidente 
                   la buona salute industriale e commerciale del gruppo 
                  agroalimentare non era né è in discussione. La 
                  perderà, la buona salute, molto probabilmente per far 
                  tornare i conti delle speculazioni e dei salti mortali finanziari. 
                  Presagivo che il fatto cinico sarebbe stato (sarà?) che 
                  a pagare il debito fosse proprio la fetta societaria che non 
                  laveva contratto o che comunque ne era esente. In altre 
                  parole, verrà smantellato quello che funzionava?!
 Faccio una proposta alla commissione governativa addetta a risolvere 
                  la questione: lasci la ditta nelle mani di chi ci lavora. Chissà 
                  se il suggerimento di autogestione verrà recepito come 
                  una provocazione terroristica?
 Torno allarticolo di Cardella. La semplicità è 
                  una grazia rara e fa tuttuno con la chiarezza saputa da 
                  lui far valere. Cosa che per esempio non è riuscita a 
                  trasmissioni benpensanti come «Ballarò», 
                  da me insolitamente seguita per cercare di capirci qualcosa 
                  sulla faccenda. Ho capito che i presenti interpellati erano 
                  tutti intenti a colpevolizzare gli altri. Insomma parlavano 
                  di come sarebbero dovute andare le cose e non di come stavano.
 Non so se larticolo sulla rivista è stato scritto 
                  dal suo autore anche con lintenzione di suscitare riso 
                  in chi lo avrebbe letto. A me ha scatenato risate addirittura 
                  incontenibili tanto le rappresentazioni  e il loro ripensamento 
                  da parte mia  sono così alla lettera da cogliere 
                  di una tragica farsa la pura allegoria dei fatti.
 E grazie al Ma il capitalismo non è emendabile 
                  resto appresso allantico adagio di Brecht: «Che 
                  cosè un grimaldello in confronto a un titolo bancario?
».
 Monica Giorgi(Bellinzona - Svizzera)
   
                    
                     
                      |  I 
                          nostri fondi neri 
                            |   
                      |  
                           Sottoscrizioni. Angelo Zanni (Sovere) 10,00; Aurora e Paolo (Milano) 
                            ricordando Cesare Fuochi e Alfonso Failla, 500; Enrico 
                            Bruzzo (Arenzano) 5,00; Massimo Ortalli (Imola) 10,00; 
                            Salvo Vaccaro (Palermo) 5,00; Salvo Pappalardo (Acireale) 
                            10,00; Fabio Canton (Milano) 5,00; Fernando Ainsa 
                            (Saragozza  Spagna) 10,00; Giancarlo Nocini 
                            (San Giovanni Valdarno) 65,00; Andrea Gaspardo (Pordenone); 
                            Massimo Locatelli (Inverigo) 20,00; Giampiero Manuali 
                            (Perugia) 16,27; Massimo Bellini (Riola) 20,00; Piero 
                            Bertero (Cavallermaggiore) 20,00; Luca Sini (Milano) 
                            5,00; Edy Zarro (Massagno  Svizzera) 10,00; 
                            Andrea Cassol (Cesio Maggiore) 30,00; Libreria Voltapagina 
                            (Genova) 28,00; Felice Riboli (Crema) 5,00; G. Tomasini 
                            (Milano) 5,00; Marcello Motta (Milano) 5,00; Danilo 
                            Vallauri (Dronero) 15,00; Marco Gotta (Torino) 3,00; 
                            Massimo Ortalli e Cristina Valenti (Imola) ricordando 
                            Cesare Fuochi, 100,00; Antonio Pedone (Ponte Felicino) 
                            10,00; Giancarlo Zilio (Selvazzano) 6,00; Giorgio 
                            Nanni (Lodi) 20,00; Angela Sacco (Milano) 10,00; Marco 
                            Buraschi (Roma) 5,00; Riccardo Caneba (Grottaferrata) 
                            10,00; Enrico Panzeri (Valgreghentino) 30,00; Piero 
                            Cagnotti (Dogliani) 20,00; AB (Milano) 30,00;
                            Roberto Bardelli (Arezzo) 5,00; Oreste Roseo (Savona) 
                            ricordando Giovanna Berneri, Elvira e Umberto Marzocchi, 
                            Amelia e Alfonso Failla, Ugo Mazzucchelli, 11,00; 
                            Vittorio Carsana (Napoli) 10,00; Fabio Rosana (Cuneo) 
                            ricordando Nuto Revelli, 15,00; G.A. (Marsiliana) 
                            20,00; Paolo Scarioni (Milano) 10,00; Cesare Ambrosone 
                            (Como) 5,00; Alessandro Marozzi (Riccione) 10,00; 
                            Michele Vaccaro (Pompei) 5,00; Tiziano Viganò 
                            (Casatenovo) 10,00.
 Totale euro 1.189,27.
 Abbonamenti sostenitori. Cosimo Valente (Grugliasco) 250,00; Aimone Fornaciari 
                            (Liutuntie  Finlandia) 100,00; Stefano Quinto 
                            (Maserada sul Piave) 100,00; Livio Ballestra (Nizza 
                             Francia) 200,00; Luigi Piccolo (Padova) 100,00; 
                            Gianluca Botteghi (Rimini) 100,00; Luca Todini (Brufa 
                            Torgiano) 100,00; Arturo Schwarz (Milano) 100,00.
 Totale euro 1.050,00.
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