|  Ricordando Cesare Fuochi 
 Il 14 dicembre 2003, alletà di 86 anni, dopo breve 
                  malattia è morto il compagno Cesare Fuochi, ferroviere, 
                  anarchico. Con Cesare scompare uno degli ultimi esponenti di quella generazione 
                  di anarchici che ha fatto da unione tra il vecchio, storico 
                  movimento anarchico, particolarmente forte a Imola fino agli 
                  anni cinquanta, e quanti sono giunti allanarchismo a partire 
                  dalla tumultuosa esperienza di lotte operaie e studentesche 
                  degli ultimi decenni del Novecento. Con Cesare scompare anche 
                  un amico, un compagno sempre al fianco delle nostre attività, 
                  un maestro tanto comprensivo quanto rigoroso nel trasmettere 
                  i principi dellanarchismo malatestiano a cui sempre si 
                  è ispirato.
 Nato nel settembre 1917 in unumile famiglia proletaria, 
                  compiuti gli studi elementari si impiega come garzone presso 
                  la bottega di barbiere di Decimo Sarti, «lanarchico 
                  imolese più bastonato dai fascisti» e per ben tre 
                  volte assiste alla distruzione del suo locale da parte delle 
                  camicie nere. Lambiente in cui cresce è il tipico 
                  ambiente imolese fedele alle idee sovversive anche durante il 
                  fascismo. Il padre è anarchico, molti parenti, paterni 
                  e materni, fanno parte del movimento libertario o del Partito 
                  comunista e la sua casa sarà, per tutto il ventennio 
                  e fino alla Liberazione, un centro di ininterrotta attività 
                  clandestina. A soli 18 anni, con altri giovani antifascisti, 
                  è fra i promotori di una libreria circolante, celata 
                  in una casa privata, tramite la quale si diffondono nascostamente 
                  libri di contenuto sociale. Nel 1936, con altri giovani anarchici 
                  tra i quali Andrea Gaddoni, approfittando della ridotta sorveglianza 
                  serale, frequenta Primo Bassi, appena uscito dal carcere dopo 
                  aver scontato una lunga condanna per luccisione di un 
                  fascista. Le idee e gli ideali che ha appreso fin da bambino 
                  acquistano ora una maggiore consapevolezza teorica e si fanno 
                  pratica quotidiana di vita. Nelle ore notturne, durante la rivoluzione 
                  spagnola, ascolta, in una saletta del bar dellanarchico 
                  Ireneo Sassi, Radio Barcellona, alla quale lavorano i comunisti 
                  Ezio Zanelli e Giovanna Zanarini, parenti della famiglia Fuochi. 
                  Allo scoppio della guerra è impiegato come infermiere 
                  in alcuni ospedali del Veneto e dopo lotto settembre rientra 
                  a Imola, riprendendo i contatti con i compagni anarchici e gli 
                  antifascisti. Con il padre e il fratello Emilio, che sarà 
                  un valoroso partigiano comunista, partecipa a numerose riunioni 
                  clandestine che vedono la presenza di tutte le forze antifasciste 
                  imolesi e contribuisce, con Diolaiti, Bazzocchi e Zavattero, 
                  alla rinascita del movimento anarchico nella Romagna. Nei primissimi 
                  mesi del 1944 «sale in montagna» e si unisce alla 
                  IV brigata Garibaldi, accolto calorosamente da quanti già 
                  lo conoscono per la sua attività. Nominato vicecommissario 
                  politico della compagnia, partecipa a numerose e spericolate 
                  azioni di guerra, rischiando più volte di finire prigioniero 
                  dei tedeschi o di essere ucciso. In uno di questi combattimenti 
                  gli muore al fianco il giovane Cesare Masetti, figlio di Augusto. 
                  Nel frattempo la sua casa imolese diventa uno dei maggiori centri 
                  di propaganda e vi si stampa a ciclostile il giornale comunista 
                  «La Comune». Nel 1945, dopo varie peripezie (sarà 
                  anche arruolato, con gli altri partigiani della Trentaseiesima, 
                  nel gruppo di combattimento «Cremona» del nuovo 
                  esercito italiano) riesce a rientrare a Imola ma dopo poco viene 
                  arrestato dalle autorità dellItalia liberata per 
                  diserzione, avendo abbandonato il «Cremona» subito 
                  dopo il 25 aprile. Scarcerato dopo una ventina di giorni grazie 
                  allintervento di Gualandi, uno dei maggiori capi partigiani 
                  della Romagna, viene condannato a 18 mesi di reclusione. I giovani 
                  anarchici imolesi avevano comunque studiato un piano per liberarlo 
                  a qualunque costo, nel caso si fosse protratta la sua detenzione. 
                  Fra i fondatori del Gruppo Malatesta, nel 1945 aderisce al FAI 
                  nel corso del Congresso della sua costituzione, e da allora 
                  partecipa attivamente a tutte le attività del gruppo. 
                  Sono anni duri, durante i quali la propaganda stalinista cerca 
                  di spazzare anche il movimento anarchico, ma la vecchia solidarietà 
                  sovversiva creatasi negli anni della clandestinità e 
                  della resistenza, e la universale stima di cui godono gli anarchici 
                  imolesi, impediscono laffermarsi delle calunnie o delle 
                  blandizie comuniste. Cesare Fuochi sarà fra i più 
                  lucidi nel denunciare linvoluzione sempre più autoritaria 
                  di un movimento che si richiamava, comunque, a ideali comuni 
                  di emancipazione e solidarietà.
 
 Cesare Fuochi Attivissimo nel movimento anarchico, anche grazie al suo mestiere 
                  di ferroviere che gli permette di viaggiare e mantenere i contatti 
                  con i compagni, partecipa a quasi tutti i congressi della FAI, 
                  e nel 1965, è anche grazie a compagni come lui, Spartaco 
                  Borghi, Cesare Gaddoni, Primo Bassi, se il gruppo imolese, quasi 
                  unico nella Romagna, mantiene ladesione alla Federazione. 
                  Negli anni settanta, quando il movimento riprende slancio per 
                  lapporto delle nuove leve, la sua figura, il suo esempio, 
                  la sua lucidità si rivelano preziosissimi nel dimostrare 
                  ai compagni più giovani la natura profondamente sociale, 
                  e umanistica, dellanarchismo. E più volte la sua 
                  intelligente «protezione» ha impedito conseguenze 
                  spiacevoli a più di un compagno. A Imola la sua figura, 
                  pubblica e privata, ha sempre goduto di grandissima stima sia 
                  fra gli amici e i compagni, che fra gli avversari, sentitamente 
                  apprezzata per la fermezza nei principi libertari e per la disposizione 
                  al dialogo, alla discussione: rigido con se stesso e «spontaneamente» 
                  tollerante delle idee altrui. Di umile famiglia, con pochissimi studi alle spalle, con una 
                  vita fatta spesso di sofferenze e privazioni, Cesare è 
                  stato un maestro, un vero educatore, sempre in grado di insegnare 
                  qualcosa anche ai più «eccellentissimi dottori», 
                  come lui chiamava affettuosamente i compagni «che avevano 
                  studiato». Cesare lascia un ricordo indelebile in chi 
                  ha avuto la fortuna di conoscerlo.
  Massimo Ortalli
      Ricordando Eugenio Maggi
 
 Eugenio 
                  Maggi Eugenio Maggi nasce a Genova, in Via Filippo Casoni, il 17 
                  luglio 1919. È il quarto dei sei figli di Ettore e Giuseppina 
                  Cosmelli. Il padre Ettore, ex operaio specializzato dei cantieri 
                  navali di Riva Trigoso, dopo aver perso il lavoro nel 1926 per 
                  essersi rifiutato di iscriversi al partito fascista, apre unofficina 
                  nel quartiere di Coronata, che però viene ripetutamente 
                  assalita dai fascisti e bruciata, e lo stesso Ettore Maggi è 
                  spesso bastonato e arrestato. La famiglia Maggi si trasferisce nel quartiere di Sestri Ponente 
                  nel 1929, dove Eugenio inizia a lavorare a quattordici anni 
                  in una torrefazione di caffè, per poi diventare operaio 
                  alla San Giorgio di Sestri Ponente.
 Il giovane Eugenio, detto Tebba, cresce con sentimenti 
                  antifascisti (gli stessi che porteranno i fratelli Aldo e Rita 
                  a partecipare alla Resistenza, il primo nella Pinan-Cichero, 
                  e la seconda nella Brigata Buranello), e dopo aver conosciuto 
                  Antonio Dettori, antifascista anarchico, Eugenio frequenta la 
                  Federazione Comunista Libertaria, che svolge attività 
                  clandestina.
 Dopo l8 settembre 1943 a Sestri Ponente, da sempre percorsa 
                  da forti sentimenti antifascisti (tanto da guadagnare il titolo 
                  di Sestri la Rossa), si iniziano a recuperare le armi 
                  abbandonate dai militari sbandati, e l11 settembre nasce 
                  il primo atto di resistenza. Un reparto di soldati tedeschi 
                  viene informato della presenza di armi in un magazzino di Via 
                  Andrea Costa, e si reca sul posto con un camion per prelevarle. 
                  La notizia si sparge e numerosi sestresi accorrono e circondano 
                  i tedeschi. Tra loro Eugenio Maggi, insieme ai suoi amici Vittorio 
                  Zecca e Giacomo Pittaluga.
 Si scatena la prima battaglia genovese, tra i giovani sestresi 
                  e i soldati tedeschi, meglio armati ma inferiori di numero, 
                  che nella sparatoria uccidono una donna affacciata alla finestra. 
                  Il camion viene fatto saltare in aria, e i giovani sestresi 
                  si danno alla fuga. Eugenio Maggi riesce a sfuggire ai tedeschi 
                  nascondendosi allinterno del chiosco-edicola dellattuale 
                  Viale Canepa.
 In seguito Eugenio entra a far parte di una squadra dazione 
                  della Brigata SAP «Malatesta», organizzata da Antonio 
                  Dettori e dalla FCL, mentre Vittorio Zecca entra nella Brigata 
                  Autonoma Langhe e Giacomo Pittaluga in una brigata della Divisione 
                  garibaldina Coduri, formazione operante nel Tigullio.
 Nel luglio 1944 Eugenio Maggi viene arrestato in Piazza Baracca, 
                  insieme a Francesco Fusaro, Gino Fioresi e Gino Rossi. Larresto 
                  è causato da una spia fascista infiltrata nella brigata 
                  Malatesta.
 Trasferito alla questura di Genova, Eugenio è interrogato 
                  dal famoso (e famigerato) commissario Giusto Veneziani, capo 
                  della squadra politica della questura di Genova. Nel recente 
                  libro di Giampaolo Pansa, «Il sangue dei vinti», 
                  questo triste personaggio viene citato come esempio di vittima 
                  delle vendette subite dai fascisti dopo la Liberazione. Sicuramente 
                  Giusto Veneziani il ruolo di vittima lo conosceva bene, dato 
                  che lo aveva imposto a molta gente, prima della Liberazione.
 Trasferito poi al carcere di San Vittore a Milano, nellagosto 
                  1944 Eugenio Maggi vede quindici suoi compagni di prigionia 
                  prelevati dalle celle per essere fucilati a Piazzale Loreto 
                  dai legionari della «Muti», altro valoroso esempio 
                  di ragazzi di Salò, come vengono chiamati di 
                  questi tempi coloro che una volta venivano descritti come aguzzini, 
                  torturatori e fucilatori. Ma si sa, i tempi cambiano e le mode 
                  evolvono.
 Nel mese successivo Eugenio Maggi viene trasferito ancora: la 
                  destinazione è il campo di concentramento di Bolzano, 
                  dove viene consegnato alle SS tedesche. Il compito dei ragazzi 
                  di Salò è terminato. Complessivamente, furono 
                  circa 45.000 (un quinto ebrei, il resto soprattutto antifascisti, 
                  partigiani, lavoratori) gli italiani consegnati ai tedeschi 
                  per essere deportati nei lager nazisti. Oltre il 90% dei deportati 
                  non farà ritorno a casa, mentre Eugenio Maggi riuscirà 
                  a sopravvivere. Dopo il lager di Flossemburg, è destinato 
                  al campo di Dachau, tristemente famoso per essere il primo lager 
                  nazista (fu aperto nel marzo 1933, subito dopo la salita al 
                  potere di Hitler, per ospitare gli oppositori politici 
                  del nazismo), e per gli esperimenti scientifici che 
                  avvenivano sui prigionieri.
 Eugenio Maggi sopravvive sino alla liberazione del lager da 
                  parte dellesercito americano, avvenuta il 29 aprile 1945. 
                  La fame, i maltrattamenti, le malattie, il duro lavoro coatto, 
                  lo hanno ridotto a uno scheletro di poco più di trenta 
                  chili, ma è ancora vivo.
 Ricoverato per circa un mese presso un ospedale della Croce 
                  Rossa Internazionale, rientra in Italia nel maggio 1945, e appena 
                  arrivato a Genova entra nei ranghi della brigata garibaldina 
                  «Alpron», come commissario di distaccamento. Nel 
                  dopoguerra lavora come operaio in varie fabbriche genovesi, 
                  e anche al di fuori della Liguria e dellItalia. Vive per 
                  alcuni periodi in Francia, a Trieste, a Siracusa, a Cagliari 
                  (dove abita per oltre dieci anni), sempre partecipando alle 
                  lotte politiche e sindacali. Partecipa inoltre alla rivolta 
                  di Genova del 14 luglio 1948 e ai moti antifascisti genovesi 
                  del 30 giugno 1960.
 Eugenio Maggi muore a Sestri Ponente il 5 dicembre 2003, a pochi 
                  metri dalledicola dove si era rifugiato sessantanni 
                  prima per sfuggire ai soldati tedeschi.
   Ettore Maggi 
 Eugenio Maggi sul posto di lavoro |