| Non ho nessuna difficoltà ad 
                  essere convinto che Saddam Hussein menta, che sistematicamente 
                  inganni i commissari dellONU, che nasconda furbescamente 
                  ed accuratamente le più micidiali armi di distruzione 
                  di massa, che sia desideroso di attuare una politica di espansione 
                  coloniale e in cuor suo nutra continuamente piani di aggressione. 
                  Il mostro Saddam è a tutti gli effetti un nemico potenziale 
                  della pace mondiale, addirittura un nemico della specie umana. 
                  In fondo lo ha già dimostrato più di una volta. 
                  E allora? Allora i governi angloamericani hanno ragione e la loro volontà 
                  di aggredirlo militarmente per annientarlo è pienamente 
                  giustificata? In verità le loro motivazioni poggiano 
                  su una situazione reale, mentre è la loro volontà 
                  che non ha bisogno di quelle stesse giustificazioni, in quanto 
                  ora vogliono annientarlo indipendentemente da esse, perché 
                  da tempo il potere del Rais di Baghdad non collima più 
                  con i loro interessi economici, politici e strategici. Quelle 
                  ragioni giustificatrici, infatti, sono soltanto la giustificazione 
                  messa in campo da Bush e Blair nel tentativo di essere legittimati 
                  a fare la guerra contro lIraq davanti agli occhi del mondo, 
                  mentre le loro motivazioni reali sovrastano quelle addotte.
  
  Giurisprudenza internazionale 
 Non a caso il tutto continua a ruotare attorno alla legittimità 
                  weberiana delluso della forza. Sul piano formale delle 
                  relazioni politiche istituzionali il problema di fondo viene 
                  presentato con grande forza come una questione fondante di giurisprudenza 
                  internazionale. Ciò che si tenta di far passare è 
                  che si deve legittimamente usare la forza per il 
                  rispetto del diritto internazionale, non, come mi sembra sia 
                  nei fatti, che la si vuole usare sostanzialmente per chiarire 
                  chi ha sia la forza, sia la volontà, sia il potere di 
                  determinare la gestione delle cose del mondo. In questo caso 
                  particolare di portata planetaria appare evidente ciò 
                  che in realtà è una situazione costante di ogni 
                  stato politico dominante, che cioè la nozione di diritto 
                  e la sua pratica vengono usati come scudo per lesercizio 
                  del potere dominante. Ma usciamo da questa formale diatriba fintogiurisprudenziale 
                  avviluppante ed ingabbiante. Dal mio punto di vista il vero 
                  problema è che siamo immersi nella guerra non fino al 
                  collo, addirittura fin sopra i capelli. E lo sostengo indipendentemente 
                  dal fatto che questa guerra contro lIraq si faccia oppure 
                  no. Se non si farà questa più avanti se ne farà 
                  unaltra, anche se sono convinto che difficilmente questa 
                  si possa evitare. La guerra è una condizione politica 
                  endemica dellattuale sistema, una garanzia della determinazione 
                  degli assetti di dominio, delle gestioni economiche, degli equilibri 
                  internazionali fra gli stati. Dietro la scelta bellica non ci 
                  sta tanto la legittimazione delluso della forza, quanto 
                  la determinazione di imporre un tipo di status quo od 
                  un altro.
 È per questo che in una visione di libertà, in 
                  particolare anarchica, la logica della guerra non può 
                  che essere rifiutata, dal momento che non rappresenta altro 
                  che lo strumento principe per la determinazione politica, economica 
                  e militare degli assetti dominanti, fondati sul predominio, 
                  sulla prevaricazione, sullassoggettamento dei più 
                  deboli, sulla conservazione dello status quo dei potenti di 
                  turno. Un conflitto armato non è mai funzionale a chi 
                  sta peggio e a chi è costretto alla subordinazione, mentre 
                  lo è sempre per chi comanda e gestisce ingenti capitali. 
                  È il loro strumento privilegiato, il mezzo attraverso 
                  il quale possono e riescono ad imporsi. Certamente, se vengo 
                  aggredito sono nel pieno diritto di difendermi, ma il problema 
                  guerra non riesce ad essere compreso nei termini di unautodifesa, 
                  mentre va analizzato soprattutto dalla parte di chi aggredisce, 
                  perché solo lì risiedono le ragioni del suo sussistere.
  Aggressori e aggrediti 
 Per ciò che riguarda lo scontro del momento contro lIraq, 
                  la situazione determinante è estremamente complicata. 
                  Vi si mescola un tale intreccio di interessi, di paure, di menzogne, 
                  di volontà di predominio che è praticamente impossibile 
                  distinguere la nettezza che si vorrebbe tra aggressori ed aggrediti. 
                  È cioè una guerra le cui ragioni sono allinterno 
                  della complessa ragnatela di gestione dellassetto dominante 
                  del sistema capitalista globale e degli stati. Di fatto non 
                  è possibile districarvisi fino ad estrapolare chi tra 
                  i contendenti possa aver ragione o torto, chi con chiarezza 
                  voglia aggredire e con altrettanta chiarezza sia laggredito. 
                  Direi che, forse, è possibile definirla come una specie 
                  di resa dei conti tra due inveterati aggressori che non riescono 
                  più a trovare un compromesso di convivenza, che hanno 
                  rotto la spartizione consensuale dei reciproci interessi, per 
                  cui si trovano di conseguenza su fronti contrapposti. Cè un mostro che aleggia, e non solo in modo simbolico 
                  ma carnale, su questa contingenza globale e globalizzata che 
                  ci sta spingendo tutti verso una guerra devastante: è 
                  la minaccia concreta e imprendibile del terrorismo, della possibilità 
                  continua che anonimi eroi votati al martirio possano colpire 
                  in ogni momento ovunque, arrivando anche a colpire molto alto, 
                  come del resto è successo l11 settembre. Lunica 
                  vera potenza mondiale rimasta, gli USA, sono stati colpiti molto 
                  vicino al cuore con labbattimento annichilente delle Twin 
                  Towers. A tutti gli effetti è stata una netta e determinata 
                  dichiarazione di guerra. Comera ampiamente previsto nei 
                  piani di chi ha sferrato quellattacco, gli USA hanno subito 
                  reagito contrattaccando, alla loro maniera. Hanno iniziato a 
                  fare seriamente la guerra, chiamiamola tradizionale, caratterizzata 
                  da un volume di fuoco impressionante, devastante, in egual modo 
                  terrorista, allAfganistan, uno stato identificato come 
                  culla e protettore del nemico. Finito il primo lavoro, ora vogliono 
                  passare al secondo, lIraq di Saddam Hussein, dopodiché 
                  passeranno al terzo, e così via
 fino allillusoria 
                  eliminazione di tutti i governi e tutti gli stati che, secondo 
                  le informazioni dintelligence, proteggono gli alveari 
                  dei terroristi, dei kamikaze che amano immolarsi per la Jihad.
 Pur se le motivazioni e le ragioni sono del tutto diverse, anche 
                  se non opposte, tra i due contendenti cè una specularità 
                  impressionante. Al di là delle intenzioni dichiarate, 
                  si combattono massacrando e devastando persone e cose, mirando 
                  a far tabula rasa della terra del nemico. È una 
                  vera e propria dimostrazione di potenza e di capacità 
                  distruttiva, ognuno dei due con le proprie armi e animato dal 
                  proprio codice morale autoreferenziale. Gli uni in nome della 
                  volontà di Dio, unica entità legittimante chessi 
                  riconoscono, anche se, a quel che ci è dato sapere, non 
                  interpellabile e non dimostrabile, gli altri in nome di uninglobante 
                  e illibertaria idea di libertà e di salvaguardia della 
                  democrazia. Ma gli effetti sono gli stessi: massacro degli inermi, 
                  imposizioni, repressioni e sottomissione militare.
 Allorigine di tutta questa vicenda cè qualcosa 
                  di sporco, di molto sporco. Gli attuali nemici degli USA, Bin 
                  Laden e Saddam Hussein, furono addestrati, armati e coccolati 
                  dagli USA stessi, perché a suo tempo erano utili agli 
                  interessi strategici americani, luno in funzione antisovietica, 
                  laltro antiiraniana. Da giovane, quando era in Egitto 
                  prima di diventare il dittatore dellIraq, Saddam è 
                  stato perfino assoldato quale agente della CIA. Si può 
                  perciò tranquillamente affermare che le amministrazioni 
                  statunitensi hanno il vizio di coltivarsi le serpi in seno le 
                  quali, a seconda del vento che tira, possono essere indifferentemente 
                  amici e nemici. Cosa cè di ideale e di attraente 
                  in ciò? Non solo non cè nulla, ma direi 
                  che cè qualcosa di aberrante e nauseabondo. Soprattutto 
                  pensando che poi, per rendere inoperanti ciò che lor 
                  signori addestrano, i nostri beneamati alleati si trovano costretti 
                  ad andare in giro per il mondo a devastarlo con le loro pillole 
                  di morte, più o meno intelligenti a seconda dei punti 
                  di vista.
 
  Guerra permanente 
 Rispetto poi al versante della produzione, tutto il cosiddetto 
                  occidente industrializzato e ricco è responsabile, compreso 
                  il nostro una volta bel paese, della produzione e dellapprontamento 
                  di tutte le armi tecnologicamente sofisticate che continuano 
                  a far felici i mercanti darmi. Se oggi gli stati canaglia 
                  e le organizzazioni terroristiche internazionali riescono ad 
                  armarsi ed a terrorizzarci con le loro terrificanti azioni, 
                  possono tranquillamente farlo perché gliene forniamo 
                  continuamente la materia prima. Il primo problema da affrontare 
                  è perciò la fine incondizionata della produzione 
                  di armi e della ricerca tecnologica militare, perché 
                  sono la causa prima della situazione di guerra permanente nel 
                  mondo. Ma come può farlo chi è completamente allinterno 
                  di questa logica e ne sostiene teoricamente la validità, 
                  in nome della deterrenza e dellautodifesa, quando invece 
                  se ne serve continuamente per aggredire al fine di conservare 
                  lo status quo di dominio per preservare i propri interessi strategici 
                  ed economici? La situazione che abbiamo di fronte è dunque caratterizzata 
                  da uno stato di guerra permanente, fagocitato e coltivato dai 
                  guerrafondai, sostenitori delle ragioni belliche e della giustezza 
                  di questa logica. Da una parte e dallaltra, anche se le 
                  motivazioni addotte possono apparire diverse. Ognuno, per quel 
                  che gli compete, sostiene che deve usare la devastazione delle 
                  armi per imporre le proprie ragioni. Ognuno pensa ed agisce 
                  per riconoscere laltro quale nemico inconciliabile e per 
                  imporre la propria logica ed i propri interessi. Ognuno vuole 
                  la vittoria e lannientamento dellaltro, perché 
                  è sicuro in modo assoluto di essere dalla parte del bene 
                  contro il male. Così Bin Laden e Saddam Hussein, da questo 
                  punto di vista, si trovano sullo stesso identico piano di Bush 
                  e di chi in occidente vuole conservare lo status quo, ovviamente 
                  in nome della libertà, della democrazia, del rispetto 
                  degli esseri umani e della difesa dei diritti civili.
 No alla guerra dunque, soprattutto perché conserva ed 
                  alimenta la logica di guerra. Ma allo stesso tempo la semplice 
                  richiesta di pace è del tutto insufficiente. Avendo come 
                  risultato solo lassenza del conflitto bellico, comporta 
                  semplicemente anchessa la conservazione dello status 
                  quo. Volendo usare un eufemismo morale, si può affermare 
                  che il male non lo si estirpa col male. E se la guerra è 
                  senza dubbio un male, lo è anche la non rimozione di 
                  esso. Allora la semplice assenza del conflitto non fa altro 
                  che lasciare le cose come stanno. E non mi sembra che le cose 
                  come stanno possano andare bene agli amanti della libertà 
                  e della pace, intendendo per pace non la mera assenza di ogni 
                  scontro bellico, ma uno stato di convivenza e cooperazione reciproca 
                  fra le genti, tale che vi sia esclusa a tutti gli effetti qualsiasi 
                  logica tendente allo scontro armato, in una situazione in cui 
                  non vi siano despoti, tiranni, oligarchie e gerarchie dimposizione 
                  economica e politica.
  Visione antibellicista e libertaria 
 Così se si vuole veramente essere efficaci ed agire 
                  in funzione di unaltra visione delle cose, antibellicista 
                  e libertaria, oltre a lottare ed agire per impedire che si continuino 
                  a perpetrare guerre, sia da parte di chi ha le leve del comando 
                  sia da parte di chi vuole sovvertire lordine esistente 
                  per sostituirvisi, bisognerebbe veramente pensare ed agire per 
                  il superamento degli attuali assetti politici, economici e militari. 
                  Un altro tipo di società, direi opposta a quella esistente, 
                  devessere pensata e messa in piedi. Una vera e propria 
                  sovversione incruenta, di idee e di fatto, capace di superare 
                  le ingiustizie, la penuria e la miseria che affamano ogni giorno 
                  milioni di persone, la distruzione dellambiente, lo scandalo 
                  di chi può permettersi di avere introiti personali che 
                  superano quelli di diversi stati, possibili perché i 
                  più o non hanno lo stretto necessario o, come si diceva 
                  una volta, fanno fatica a sbarcare il lunario. In altre parole, 
                  non basta opporsi alla volontà di guerra, mentre bisogna 
                  costruire veramente un altro mondo, dove, finalmente, la guerra 
                  non abbia più senso perché non è più 
                  funzionale alla conservazione degli equilibri esistenti.   Andrea Papi
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