|  Rizzi 
                  mi disse...
 Cari compagni, sul n. 286 di A, leggo fra gli altri, due articoli trattanti 
                  la questione palestinese e la recente pubblicazione de La 
                  burocratizzazione del mondo di Bruno Rizzi sui quali vorrei 
                  intervenire.
 Da tempo nella sinistra, compresa larea libertaria, la 
                  questione israelo-palestinese, a poco a poco, riducendone e 
                  fuorviandone limportanza, ha soppiantato la questione 
                  primaria da cui deriva, la israelo-araba.
 Questa sostituzione di priorità porta da tempo a trascurare, 
                  se non ad ignorare del tutto, la causa fondamentale per cui, 
                  da cinquantanni, quella zona medio-orientale è 
                  soggetta ad una sanguinosa conflittualità: il non diritto 
                  di esistere dello stato di Israele proclamato dal mondo arabo 
                  e islamico e, da allora, portato avanti con più aggressioni 
                  militari fallite seguite da politiche ambigue affiancate da 
                  uno spietato terrorismo.
 Se veramente si vogliono aiutare i palestinesi  non bisogna 
                  dimenticare che furono gli Stati arabi elettisi a loro tutori 
                  ad impedire ai palestinesi, financo con le minacce, che proclamassero 
                  il proprio Stato (come invece fecero gli ebrei attenendosi, 
                  questi ultimi, alla storica decisione delle N.U. del 1947) per 
                  di più strumentalizzandoli, da allora, ai propri disegni 
                  politici, economici e religiosi  è prima necessario 
                  che il mondo arabo e islamico accetti il diritto di esistere 
                  di Israele, vera chiave di volta per risolvere i problemi del 
                  posto, senza astuzie levantine di sorta e solidamente garantito 
                  dallOnu e CE. Solamente così ci si avvierà 
                  anche alla soluzione della questione palestinese e solamente 
                  da allora si potrà valutare obiettivante la politica 
                  israeliana verso il mondo arabo, finora tesa non tanto allampliamento 
                  dei confini territoriali israeliani bensì a doversi ancora 
                  garantire il diritto di esistere.
 E, in questo senso che è lunico modo per fare chiarezza 
                  fra diritti e doveri delle parti interessate, bisogna fare in 
                  fretta perché, mentre dai Paesi arabi verso Israele continua 
                  lesodo delle comunità ebraiche per non soccombere 
                  alla furia omicida del fondamentalismo islamico, in Occidente 
                   proprio per la riduttività ed il fuorviamento 
                  che è stata data alla questione arabo-israeliana  
                  stanno manifestandosi pericolosi sentimenti ed atti antiebraici 
                  che, nel migliore dei casi, produrrebbero inutili soluzioni 
                  salomoniche le quali, non solo lascerebbero insoluta la questione 
                  fondamentale  il diritto di esistere di Israele  
                  ma laggraverebbero ancora di più.
 La pubblicazione in lingua italiana delledizione integrale 
                  de La burocratizzazione del mondo di Bruno Rizzi, 
                  ottimamente curata e prefata con un poderoso saggio introduttivo 
                  di Paolo Sensini e bene stampato dal suo editore, ha provocato 
                  un giusto risentimento in Gianpiero Landi, e penso in altri 
                  lettori, nel leggere il capitoletto inserito in appendice del 
                  libro sulla questione ebraica (titolo mutuato da 
                  Marx in suo onore) nel quale, pur condannando fermamente il 
                  razzismo esprime considerazioni errate sugli ebrei.
 Dico subito che con Bruno Rizzi, dai primi anni 60 fino 
                  alla sua dipartita ho avuto un lungo sodalizio umano e culturale 
                  e mai,  dico mai!  gli ho sentito profferire alcunché 
                  contro gli ebrei che, come mi disse, era lunico 
                  popolo cosmopolita che ha espresso meravigliose intelligenze. 
                  Diversamente non avrei potuto dargli la mia amicizia e la mia 
                  stima.
 Fu quando commentammo ledizione italiana del Collettivismo 
                  burocratico, da poco uscita nel 1967, che venni da lui 
                  informato della sua disavventura giudiziaria. Provai solo sorpresa 
                  perché luomo che conoscevo non esprimeva affatto 
                  concetti razzisti né antisemiti. Come spiegava allora 
                  quelle considerazioni offensive che non troviamo nella sua seguente 
                  produzione intellettuale (altra cosa è la critica al 
                  capitalismo di stampo ebraico a quei tempi comunque enfatizzato). 
                  Mi lesse il capitolo da cui vennero estrapolati i due periodi 
                  incriminati (il Rizzi dopo un lungo travaglio epistolare era 
                  rientrato in possesso della superstite copia del libro) e che 
                  per mio conto trascrissi, e amareggiato riconobbe la propria 
                  leggerezza nel subire i condizionamenti propagandistici del 
                  tempo e disse che in una eventuale riedizione del libro avrebbe 
                  riscritto il capitolo del libro, riconoscendo quel suo errore 
                  era anchesso da ascriversi alla ... incompiutezza 
                  del suo pensiero.
 Il Rizzi, tuttavia, era convinto che la ragione della condanna 
                  che portò al sequestro ed alla immediata distruzione 
                  del libro giacente, ancora fresco di stampa, in tipografia (non 
                  fu dunque diffuso e se oggi ne parliamo è per sbarazzare 
                  definitivamente il terreno da speculazioni future di sorta nei 
                  confronti del Rizzi) non era dovuta al suo contorno 
                  antisemita impiegato  visto che a quei tempi circolava 
                  ben di peggio anche nella sinistra- bensì per impedire 
                  che la sua indagine sociologica venisse portata a conoscenza 
                  del proletariato.
 Era certo che potendo frugare negli archivi dei partiti e del 
                  padronato si troverebbero le prove che confermerebbero la sua 
                  ipotesi. E, così dicendo, intercalava il dire, come se 
                  parlasse tra sé e sé con queste precise parole: 
                  Mi un internasionalista, antiebreo?! Roba da mat!.
 Ma se questa mia testimonianza non tranquillizza del tutto G. 
                  P. Landi ed altri lettori che la pensano come lui, possono allora 
                  valutare il comportamento, per tranquillizzarsi del tutto, che 
                  il Rizzi ha tenuto a partire dal processo francese fino alla 
                  fine dei suoi giorni:
 Non ha avuto rapporti con Vichy e Salò regimi razzisti 
                  ed antisemiti.
 In Italia ebbe rapporti con i partigiani.
 A conflitto mondiale terminato, riprese la sua azione di studio 
                  e di formazione individualmente o con altri compagni  
                  solamente e sempre nellambito libertario e socialista 
                   pubblicando ciò che produceva (quando non veniva 
                  ostacolato dai pregiudizi culturali) attraverso la stampa anarchica 
                  socialista della contestazione giovanile e della ricerca sociologica 
                  indipendente, sempre sostenendo i risultati della propria indagine 
                  socialista per il progresso sociale.
 Orgoglioso, ma non superbo, per avere saputo individuare il 
                  rapporto di produzione socialista ignorato dai socialisti infantili 
                  e posto a disposizione di chicchessia voglia sperimentare liberamente 
                  e senza ricorrere, finalmente!, alle barricate ed al versamento 
                  di sangue umano.
 Si tranquillizzino G. P. Landi e gli altri lettori.
 Leggendo e studiando Bruno Rizzi si renderanno conto che la 
                  sua elevatezza di pensiero lo esclude dalla misera pseudocultura 
                  razzista.
 Oreste Roseo(Savona)
    Frasi 
                  comunque inqualificabili
 La mia recensione del libro di Bruno Rizzi, La burocratizzazione 
                  del mondo (Paderno Dugnano, Edizioni Colibrì, 2002), 
                  apparsa su A n. 286, pare che abbia creato un piccolo 
                  caso. Prima è intervenuto il curatore del 
                  libro, Paolo Sensini, contestando il rilievo da me dato allappendice 
                  rizziana su La questione ebraica, di contenuto chiaramente 
                  antisemita (un antisemitismo a mio avviso non adeguatamente 
                  rilevato e criticato nella corposa introduzione dello stesso 
                  Sensini al libro). La lettera di Sensini è stata pubblicata 
                  nel numero 287 di questa rivista, insieme a una mia risposta 
                  con la quale personalmente ritenevo chiuso largomento. 
                  Ora interviene invece Oreste Roseo, tirandomi di nuovo in ballo. 
                  Per la verità, la lettera di Roseo spazia su due distinti 
                  argomenti, e i riferimenti alla mia recensione e alla questione 
                  dellantisemitismo di Rizzi si trovano soprattutto nella 
                  seconda parte. La prima è dedicata alla questione israelo-palestinese, 
                  o israelo-araba come a Roseo sembra più corretto definirla. 
                  Su questo argomento, estremamente complesso e che ci porterebbe 
                  molto lontano, preferisco in questa sede non addentrarmi. Mi 
                  limito a rilevare che a mio avviso, nella creazione e nella 
                  crescita devastante della questione medio-orientale fino alla 
                  situazione attuale che sembra senza vie di uscita, tutte le 
                  parti in causa  nessuna esclusa  hanno gravi responsabilità. 
                  Se questo vale sul piano storico, devo aggiungere che personalmente 
                  ritengo che oggi lostacolo maggiore a una pace nella giustizia 
                  venga dalla politica perseguita dallo Stato di Israele. Si può 
                  condannare senza appello ogni forma di antisemitismo e al tempo 
                  stesso criticare il governo di Israele? Io credo che non solo 
                  si può, ma oggi si deve.
 Detto questo, vengo alla seconda parte della lettera di Roseo, 
                  che mi riguarda più direttamente. Devo dichiarare subito 
                  che ho trovato di un certo interesse il contenuto della lettera, 
                  soprattutto per il suo carattere di testimonianza. Roseo ha 
                  frequentato Rizzi per anni, gli è stato amico e sodale 
                  in politica, ne ha raccolto le confidenze. È dunque una 
                  fonte preziosa e attendibile, che va presa in attenta considerazione. 
                  La sensibilità di Roseo nei confronti dellantisemitismo 
                  è fuori discussione, tutta la sua lettera lo dimostra. 
                  Egli stesso ci dice che se durante la sua lunga frequentazione 
                  di Rizzi gli avesse sentito profferire alcunché 
                  contro gli ebrei, non avrebbe potuto dargli la sua amicizia 
                  e la sua stima. Roseo dunque non ha mai sentito dalla bocca 
                  di Rizzi espressioni minimamente offensive nei confronti degli 
                  ebrei, anzi al contrario ha sentito degli apprezzamenti. Quando 
                  poi hanno affrontato la questione della censura del libro del 
                  1939, La Bureaucratisation du Monde, è stato lo 
                  stesso Rizzi a parlare per primo dellaccusa di antisemitismo 
                  formulata contro di lui allepoca, suscitando sorpresa 
                  nel suo interlocutore. Di fronte a tale sorpresa, e alla richiesta 
                  di spiegazioni, Rizzi avrebbe riconosciuto la propria 
                  leggerezza nel subire i condizionamenti propagandistici del 
                  tempo, aggiungendo di essere caduto in un errore da ascriversi 
                  anchesso alla incompiutezza del suo pensiero. 
                  Roseo sottolinea inoltre la mancanza di frasi antisemite in 
                  tutti gli scritti di Rizzi successivi al 1939, la sua estraneità 
                  ai regimi di Vichy e di Salò, lattività 
                  teorica e politica del dopoguerra avente come interlocutori 
                  privilegiati alcuni settori libertari e socialisti della sinistra.
 Che dire di fronte a questa testimonianza? Possiamo riconoscere 
                  tranquillamente che, per quanto ci consta, il Rizzi del dopoguerra 
                  non ha mai manifestato posizioni antisemite. Ma ciò che 
                  ha scritto nel 1939 resta. Molte frasi dellappendice sulla 
                  questione ebraica sono inqualificabili. Si può 
                  inchiodare un uomo a un errore, per quanto esso sia grave, per 
                  tutto il resto della sua vita? Io penso di no, ma credo anche 
                  che per passare oltre sia necessario un franco riconoscimento 
                  dellerrore commesso, bisogna ravvedersi sul serio. Rizzi 
                  ha preso  privatamente, ma non è questo lessenziale 
                   le distanze rispetto alle sue concezioni del 1939. Non 
                  lo ha fatto in un modo inequivocabile, tale da spazzare via 
                  tutti i dubbi. Riconoscere, di fronte a un amico e compagno, 
                  la propria leggerezza, adducendo per di più 
                  come scusante i condizionamenti propagandistici del tempo 
                  è già qualcosa, ma forse è troppo poco. 
                  Personalmente faccio fatica a vederci un autentico travaglio 
                  interiore, la consapevolezza della gravità di ciò 
                  che è stato in passato pensato e scritto. Sono però 
                  consapevole del fatto che nessuno può scrutare sul serio 
                  ciò che si cela nella coscienza di un altro essere umano. 
                  Per cui anchio, di fronte al Bruno Rizzi del dopoguerra, 
                  quello che ha conosciuto Oreste Roseo, mi astengo da ogni giudizio 
                  e sono anzi disposto a concedergli la buonafede. Di fronte al 
                  mistero della sua coscienza, mi fermo in un rispettoso silenzio.
 Gianpiero Landi(Castel Bolognese)
    Talebani 
                  anarchici e testimoni dellanarchia
 Tra la prassi dei cosiddetti talebani anarchici e quella che 
                  chiamerei dei testimoni dellanarchia, penso 
                  possa esistere una terza via, e precisamente quella che conduce 
                  ad intervenire concretamente sulla realtà socioeconomica 
                  circostante, da troppo tempo trascurata da noi anarchici se 
                  non per pontificare e celebrare. Direi che salvo sporadiche situazioni locali, nonostante il 
                  vento spingesse a nostro favore, non abbiamo saputo cogliere 
                  loccasione di porci come interlocutori, come referente 
                  ideale e reale di coloro che rifiutavano e rifiutano la qualità 
                  della vita presente e passata.
 Lo spunto per questo intervento mi è offerto dalle analogie 
                  tra gli episodi che hanno visto per protagonisti i Black Bloc 
                  e gli anarco-insurrezionalisti, negli ultimissimi anni, e quelli 
                  un po più remoti, ma non tanto, storicamente parlando, 
                  degli anni 67-68-69. In quegli anni militavo 
                  nel Potere Operaio pisano e abitavo a Piombino; erano gli anni 
                  dei braccianti ammazzati ad Avola e Battipaglia; della contestazione 
                  alla Bussola di Viareggio per i licenziamenti alla Marzotto, 
                  alla Saint Gobain ed alla Upim; della contestazione nelle scuole 
                  e nelle scuole di tutta lItalia.
 Erano manifestazioni per i diritti al lavoro, allo studio, a 
                  rapporti diversi in seno alla famiglia, alla scuola, alla fabbrica 
                  e sostanzialmente pacifiche; al massimo volavano uova marce 
                  e sputi, come alla Scala di Milano, ma mai con dei presupposti 
                  violenti e tanto meno armati, anche se la risposta che fu data 
                  ad Avola, come alla Bussola, fu quella di sparare per disperdere 
                  sia i braccianti che gli operai e gli studenti.
 In quegli anni feci le prime conoscenze culturali e umane degli 
                  anarchici. Mi resi conto del grande vuoto nella formazione culturale 
                  che avevo ricevuto al liceo e nella scuola quadri del partito 
                  comunista, al quale ero iscritto, o della corrente trotzkista 
                  e operaista che frequentavo, ma accostandomi politicamente al 
                  movimento anarchico fui colpito negativamente dal loro isolamento 
                  riguardo alle lotte in corso e dalla incapacità di intervento 
                  nel sociale. Conobbi compagni culturalmente molto preparati 
                  che mi hanno suggerito letture illuminanti circa la grande rivoluzione 
                  francese, la rivoluzione russa e quella spagnola, ma anche capi 
                  scuola come Ferrer e anarcosindacalisti di grande statura politica 
                  o militanti come Bakunin e Malatesta, però era tutta 
                  storia passata che non trovava corrispondenza con una presenza 
                  anarchica nel processo storico in corso o con realizzazioni 
                  come cooperative, comuni e collettivi anarchici. Frequentando 
                  le sedi anarchiche ed i gruppi anarchici sembrava di entrare 
                  in circoli o associazioni di ex combattenti, scettici sul ribellismo 
                  giovanile in corso, o giovani ribelli che pensavano con qualche 
                  scoppietto di sottolineare la rabbia popolare magari pensando 
                  che quella fosse la giusta maniera di fare sul serio.
 Queste non sono mie gratuite illazioni non supportate da fatti. 
                  Ne voglio citare uno solo del quale sono stato testimone: Piombino 
                  1968-69; manifestazioni quasi quotidiane in tutta la città, 
                  assemblee di scuola e di quartiere, interventi quotidiani su 
                  tutto il tessuto cittadino con collegamenti in tutta la Toscana, 
                  denuncie e mandati di cattura per i più rappresentativi 
                  di noi come agitatori, con relativa perdita del lavoro; la stampa 
                  che soffia contro questi comunisti di Potere Operaio (gli anarchici, 
                  pur presenti fisicamente, erano assenti politicamente)
 
                  ed eccoti la bomba carta alla Questura di Piombino con relativa 
                  scritta di rivendicazione a sinistra, il fermo dellanarchico 
                  Pietro Bianconi e del genero per estorcergli, col ricatto, che 
                  la bomba gli era stata preparata dal sottoscritto! Naturalmente 
                  io non centravo assolutamente con quello scoppietto inutile, 
                  e probabilmente neanche Bianconi, ma qualcuno dellarea 
                  anarchica, come intuii successivamente a Livorno, aveva voluto 
                  partecipare a modo suo per esprimere la sua rabbia contro la 
                  repressione in corso.
 Quella bombetta fu una goliardata, politicamente ingenua, ma 
                  molto utile per fare alzare la febbre del contesto 
                  politico a Piombino, scatenare ancora di più la repressione, 
                  smembrare il gruppo del Potere Operaio, far perdere il lavoro 
                  a molti di noi, consentire ai giudici di reprimere pesantemente 
                  con imputazioni di blocco stradale per i fatti della Bussola, 
                  diffusione di notizie false e tendenziose, ecc.
 Questo episodio di Piombino, che piaccia o no, si ripeté 
                  in altre parti dItalia, anche con matrici diverse, ma 
                  che sia stato messo in atto o no da anarchici poco importa; 
                  certamente portò acqua al mulino della Questura che, 
                  visto limpatto negativo sullopinione pubblica di 
                  certi scoppietti, misero insieme, con laiuto dei mezzi 
                  dinformazione e di certi politici, una autentica strategia 
                  bombarola della quale fece le spese tutto il movimento antagonista 
                  di quegli anni, paralizzandolo in campagne contro la repressione.
 Le analogie con la situazione attuale balzano subito agli occhi: 
                  a Genova-G8 100 Black Bloc svolsero una funzione oggettivamente 
                  provocatoria coinvolgendo negli scontri decine di migliaia di 
                  manifestanti pacifici, con le conseguenze che tutti conosciamo, 
                  nel tentativo di voler strumentalizzare un concentramento di 
                  persone organizzato da altri e di cui, al di là di condividerne 
                  o meno i loro contenuti, i Black Bloc non ne erano certamente 
                  espressione.
 Lo stesso discorso vale per gli ultimi scoppietti degli anarco-insurrezionalisti: 
                  mi piacerebbe conoscere la loro estrazione politica e la loro 
                  formazione-esperienza come militanti nei gruppi di intervento 
                  sociale; quali obiettivi tattici e strategici si prefiggono 
                  di raggiungere; se hanno valutato che questi strumenti di offesa, 
                  da loro adoperati, possono colpire persone che poco o nulla 
                  hanno a che fare con gli avversari cui sembrano rivolti; se 
                  sembra loro la maniera corretta di inserirsi nel momento di 
                  crescita politica globale che sta attraversando orizzontalmente 
                  gran parte dellumanità, o se appagano soltanto 
                  un loro infantile bisogno di protagonismo.
 Vorrei essere ancora più chiaro rivolgendomi a quei compagni 
                  non più giovani che potrebbero trovarsi inseriti in certi 
                  episodi recenti come la bombetta al Duomo di Milano o linvio 
                  di libri esplosivi o lettere con proiettili, per dire loro che 
                  queste considerazioni non provengono da un vecchio compagno 
                  in pantofole o da un pentito in vena di crisi mistiche e tanto 
                  meno da uno che rifiuta di rispondere violentemente a chi ha 
                  terrorizzato o terrorizza una larga parte dellumanità. 
                  Niente di tutto questo. Sono stato e sono un compagno anarchico 
                  con una formazione politica che è cresciuta positivamente 
                  militando in partiti, sindacati e gruppi di intervento che si 
                  confrontavano con il mondo del lavoro, con la vita ed i problemi 
                  dei quartieri poveri, con il vissuto carcerario, con le problematiche 
                  di tutti i giovani, con i movimenti di liberazione nazionale, 
                  sociale, economica e culturale.
 Si rivolge a voi un compagno che non ha disdegnato e non disdegnerebbe 
                  di pestare crumiri, capetti di fabbrica, comandanti di squadrette 
                  carcerarie, medici carcerari inadempienti ai loro doveri 
                  umani e professionali ma al momento politico opportuno; adottare 
                  misure concrete per fare evadere compagni o recuperarli alla 
                  libertà in tempi brevi con iniziative incentrate, come 
                  furono le campagne per Valpreda e Giovanni Marini. I metodi 
                  possono essere tanti e la nostra fantasia può sbizzarrirsi, 
                  ma devono avere obiettivi concreti, con mezzi discriminanti, 
                  e non indiscriminati come gli esplosivi, accettabili e lampanti 
                  come significato, agli occhi di coloro cui vogliamo rivolgerci, 
                  e dopo aver fatto un lungo e paziente lavoro di chiarificazione, 
                  di smascheramento, di aggancio politico a situazioni di oppressione.
 Oggi come oggi occorre rimboccarsi le maniche e recuperare quel 
                  consenso, quella credibilità, quel seguito, quella chiarezza 
                  di mezzi e fini che si ottengono soltanto dopo aver analizzato 
                  come si muovono i padroni del mondo e portare il 
                  nostro programma tra la gente, rafforzati e vaccinati politicamente 
                  dalle esperienze passate, senza ambizioni personali o bisogno 
                  di protagonismo che niente hanno a che vedere con la lotta degli 
                  oppressi contro gli oppressori.
 Gianni Landi(Firenze)
   
    
                     
                      |  I 
                          nostri fondi neri 
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                           Sottoscrizioni. Pasquale Messina (Milano) 25,00; Aurora e Paolo (Milano) 
                            ricordando Alfonso Failla, 500,00; Claudio Venza (Trieste), 
                            25,00; Stefano Quinto (Maserada), 20,00; Battista 
                            Saiu (Biella), 20,00; Silvio Sant (Milano), 5,00; 
                            Alessandro Natoli (Cogliate), 8,00; Santi Rosa (Novara), 
                            15,00; Claudio Rolla (Roma), 20,00; Giancarlo Benvenuti 
                            (Firenze), 20,00; Massimo Bellini (Riola di Vergato), 
                            20,00; Claudio Topputi (Milano), 50,00; Marina Felli 
                            (Roma), 25,00; Giancarlo Nocini (San Giovanni Val 
                            dArno), 20,00; Cesare Fuochi (Imola), 20,00; 
                            Salvatore Piroddi (Arbatax), 5,00; Gabriella Gianfelici 
                            e Claudio Neri (Roma), 10,00; Pino Cavagnero (Arenzano), 
                            20,00; a/m Daniela Massari, lascito di Carla Caschetto 
                            (morta a Bruxelles nel dicembre 2002), 100,00; Tiziano 
                            Viganò (Casatenovo) ricordando Pierluigi Magni, 
                            10,00; Roberto Colombo (Boffalora), 2,00; Enore Fiorentini 
                            (Imola), 20,00; Angelo Zanni (Sovere), 10,00; Deborah 
                            Francesca (San Leucio del Sannio), 5,00; Paolo Mauri 
                            (Milano), 20,00; Giorgio Nanni (Lodi), 50,00; Silvio 
                            Gori (Bergamo), ricordando Egisto e Maria Gori, 22,00; 
                            Cosimo Valente (Torino), 70,00; Pietro Steffenoni 
                            (Lodi), 10,00; Paolo Scarioni (Milano), 15,00; Danilo 
                            Vallauri (Dronero), 20,00; Giuseppe Ricci (Varedo), 
                            20,00.
 Totale euro 1.202,00.
 Abbonamenti sostenitori. Antonello Lepizzera (Itri), 100,00; Giuliano Cortopassi 
                            (Cerveteri) con tanti auguri a Lory e Piero per larrivo 
                            di Fabrizio, 100,00; Stefano Cempini (Ancona), 100,00; 
                            Enrico Calandri (Roma) ricordando Franco Serantini, 
                            200,00; Renato Girometta (Vicobarone), 100,00; Mario 
                            Perego (Carnate), 110,00; Luigi Natali (Donnas), 100,00; 
                            Loriano Zorzella (Verona), 100,00; Gianni Pasqualotto 
                            (Crespano), 100,00; Arturo Schwarz (Milano), 100,00; 
                            Fernando Ferretti (San Giovanni Valdarno), 110,00; 
                            Luigino Piccolo (Padova), 100,00; L.D. (Ancona) ricordando 
                            il suo compagno, 440,00; Fabio Palombo (Chieti), 100,00; 
                            Eros Bonfiglioli (Vologna), 100,00; Maurizio Guastini 
                            (Carrara), 200,00; Pietro Steffenoni (Lodi), 100,00; 
                            Piero Cagnotti (Dogliani), 100,00; famiglia di Piero 
                            Bulleri (Volterra), 100,00.
 Totale euro 2.460,00.
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