| Siamo partiti per Baghdad con ovvia 
                  apprensione, visti i venti di guerra che soffiano da occidente, 
                  ma siamo tornati ricchi di unesperienza umana e soprattutto 
                  con le immagini negli occhi di un popolo ritrovato, di un popolo 
                  che nei media sembra non esistere e che invece ha una grande 
                  voglia di vivere. Insieme a noi sono partiti per questa pericolosa missione di 
                  pace tanti artisti (tra gli altri Goran Kuzminac, i Mandara, 
                  Luca Fagella, il chitarrista partenopeo Antonio Onorato, i Cuba 
                  Kabbal, Enrico Capuano) mentre altri (Daniele Silvestri, Max 
                  Gazzé, Noir Désir) hanno dovuto rinunciare per 
                  la coincidenza con altri impegni (Mozambico, Corsica).
 Lidea di fare un concerto per la pace a Baghdad è 
                  venuta a Tusio De Iuliis, presidente dellassociazione 
                  Aiutiamoli a vivere che da anni è impegnata 
                  in Iraq in favore delle vittime civili della guerra e dellembargo, 
                  in collaborazione con lassociazione Poiesis 
                  e con la casa discografica Storie di Note che ha 
                  contattato gli artisti e organizzato il concerto di Baghdad 
                  dell8 novembre e quello del 10 a Bakouba.
 Siamo partiti il 3 novembre dallaeroporto di Fiumicino 
                  diretti ad Amman. Da lì abbiamo proseguito il viaggio 
                  per Baghdad con grandi taxi che fanno la spola da un paese allaltro 
                  poiché non è possibile raggiungere direttamente 
                  la capitale irakena in aereo. Alla frontiera ci hanno bloccato 
                  per molte ore, nonostante la lista di tutte le persone e degli 
                  strumenti musicali fosse già stata consegnata alle autorità 
                  governative irakene molti giorni prima proprio per evitare questi 
                  lunghi controlli. Finalmente allalba ci hanno fatto passare 
                  e così ci siamo inoltrati nella terra dellantica 
                  civiltà mesopotamica dei sumeri e degli assiro-babilonesi 
                  e, dopo aver attraversato il deserto e la terra fertile dellEufrate, 
                  distesa lungo il Tigri, abbiamo raggiunto la capitale delle 
                  mille e una notte.
 A Baghdad abbiamo camminato per le strade, incontrato il popolo 
                  del Suk ( il grande mercato popolare posto nella 
                  parte vecchia della città), sentito il frastuono infernale 
                  del traffico in cui i pedoni ingaggiano vere e proprie battaglie 
                  per riuscire ad attraversare le strade cittadine, tra macchine 
                  vecchie e contrassegnate dai parabrezza lesionati dal fragore 
                  delle bombe scoppiate durante la guerra. Gli autisti usano il 
                  clacson per qualsiasi motivo, forse anche per pregare Allah. 
                  Abbiamo visitato musei, scuole, manifestato davanti alla sede 
                  dellOnu insieme ai pacifisti irakeni e americani. Siamo 
                  entrati nellospedale pediatrico dove sono ricoverati bambini 
                  senza speranza o con malformazioni causate dalluranio 
                  impoverito utilizzato dagli americani durante la guerra nel 
                  golfo. Ma sicuramente le cose che più ci hanno colpito 
                  sono le migliaia di bambini che ci seguivano mentre suonavamo 
                  per strada improvvisando cortei che spesso diventavano fiumi 
                  di gente: i loro sorrisi, la loro voglia di vivere in pace, 
                  la mancanza di odio nei confronti del popolo americano.
 Baghdad purtroppo vive la guerra tutti i giorni, anche quando 
                  non si odono le esplosioni delle bombe, a causa dellembargo 
                  che ormai dura da oltre un decennio e che ha prodotto effetti 
                  devastanti specialmente sulla popolazione anziana e sui bambini. 
                  Basti pensare allalto numero di decessi per mancanza di 
                  medicinali e al reddito mensile medio degli irakeni: prima della 
                  guerra con gli americani era di circa 1.500 dollari, attualmente 
                  è sceso intorno ai 100 dollari. Tutto ciò nonostante 
                  lIrak sia il maggior produttore al mondo di petrolio e 
                  ne possiede la maggiore riserva per tutto il prossimo secolo.
 A Baghdad si respira unaria da vigilia bellica, anche 
                  se noi non abbiamo mai avuto problemi di nessun genere durante 
                  tutta la nostra permanenza e nonostante la gente si sforzi di 
                  dissimulare la paura di un altro sacrificio che certamente non 
                  vuole. Si vive in uno stato di massimo allarme. Infatti le autorità 
                  irakene, per motivi di sicurezza, non ci hanno consentito di 
                  fare il concerto nello stadio nazionale di Baghdad. Praticamente 
                  ci hanno detto che non potevano assicurare la nostra incolumità 
                  se avessimo suonato allaperto in quanto, attraverso i 
                  servizi segreti, avevano saputo che gli americani avevano assoldato 
                  dei mediorientali per compiere attentati contro gli occidentali 
                  presenti in Irak in modo da avere pretesti in più per 
                  attaccarli. Ovviamente non sapremo se queste preoccupazioni 
                  avevano dei fondamenti ma certamente prova il clima teso che 
                  regna in Irak.
 Sta di fatto che siamo stati costretti a suonare nella enorme 
                  sala convegni dellhotel Palestina dove eravamo alloggiati. 
                  Devo dire però che contrariamente a quanto temevamo, 
                  il concerto è rimasto libero dai controlli di regime: 
                  nella sala entrava ed usciva gente comune irakena, giornalisti, 
                  pacifisti americani e uomini di partito. Il finale del concerto 
                  è stato molto bello perché, insieme a tutti gli 
                  altri artisti italiani, irakeni, americani, africani presenti 
                  nel pubblico (in tutto una cinquantina), abbiamo improvvisato 
                  su un nostro brano, Sule, una preghiera ognuno nella 
                  lingua del proprio paese che ha finito per coinvolgere tutto 
                  il pubblico in una sorta di danza antibellica.
 Noi siamo rientrati in Italia il 10 novembre, mentre alcuni 
                  artisti sono rimasti per il concerto di Bakouba, una città 
                  di 100.000 abitanti a est di Baghdad. Mi hanno raccontato che 
                  questo concerto si è tenuto nello stadio con un pubblico 
                  di circa diecimila persone ed è stato preceduto dal lancio 
                  dei paramotoristi, anche loro al seguito della spedizione, che 
                  sono atterrati nello stadio tra lentusiasmo dei presenti.
 Tutto il viaggio è stato fotografato da Antonio Mannu 
                  e Michele Stallo che stanno organizzando due bellissime mostre 
                  fotografiche sul popolo irakeno e sulla nostra missione di pace.
 Inoltre, il viaggio è stato seguito anche dalla troupe 
                  di registi di Luna Rossa/il cinema nel presente, 
                  la stessa che ha girato il film documentario sul G8 di Genova, 
                  e che sta realizzando un nuovo film documentario dal titolo 
                  Il cielo sopra Baghdad.
 Da questa esperienza è nata anche lassociazione 
                  Salaam Baghdad fondata dai protagonisti del Cielo 
                  sopra Baghdad e che si propone di proseguire limpegno 
                  per la pace attraverso un lavoro di sensibilizzazione del mondo 
                  dellarte a livello internazionale.
 E questo importante impegno sociale inizia a raccogliere anche 
                  prestigiosi riconoscimenti.
 Tanti programmi televisivi e radiofonici vogliono averci in 
                  trasmissione per raccontare lesperienza irakena mentre 
                  la città di Cosenza ci ha consegnato un premio per il 
                  coraggio e il particolare impegno in favore della pace dimostrato 
                  in occasione del viaggio a Baghdad.
 Cè da sperare che le molteplici iniziative in favore 
                  della pace riescano a scongiurare la guerra, anche se sarà 
                  molto difficile, vista la determinazione dello sceriffo americano.
  Salvatore De Siena (Il Parto delle Nuvole Pesanti)
 
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