| Turgenev e Bakunin  «In uno dei caffè di Berlino, Unter den Linden, 
                  la cui particolarità era il gran numero di giornali tedeschi 
                  e stranieri che era possibile trovarvi, incontrai una sera due 
                  russi di alta statura, la cui fisionomia era notevolmente bella 
                  ed espressiva e che passavano allora per inseparabili: Turgenev 
                  e Bakunin». Così il letterato Pavel Annenkov descrive, 
                  nel 1841, il suo primo incontro con questi due giganti, e tali 
                  certamente non solo per «lalta statura», del 
                  pensiero sociale e della letteratura russa. Turgenev e Bakunin, 
                  il grande scrittore della nuova Russia attento a quel mondo 
                  dei semplici e dei contadini ancora estraneo alla cultura imperante 
                  e il «rivoluzionario di professione» che con il 
                  suo pensiero e la sua attività contribuì a incendiare 
                  il già turbolento ottocento europeo. Due amici che a lungo, in gioventù, si frequentarono 
                  e che assieme parteciparono ai fermenti culturali della società 
                  europea, imbevuta delle teorie hegeliane e che già stava 
                  incubando le profondissime trasformazioni politiche e sociali 
                  che si sarebbero realizzate nella seconda metà del secolo. 
                  Due forti personalità che condivisero interessi e speranze, 
                  ma che difficilmente avrebbero potuto convivere, e intendersi, 
                  a lungo. E infatti, presto, le loro strade si separarono. Di 
                  questo loro giovanile sodalizio, comunque, è rimasto 
                  un piccolo capolavoro, il primo romanzo scritto da Turgenev 
                  nel 1856, Dmitri Rudin, nel cui giovane e romantico ma 
                  inconcludente protagonista molti hanno voluto vedere, oltre 
                  che un larvato e impietoso autoritratto, anche e soprattutto 
                  la figura di Michail Bakunin. Scritto circa quindici anni dopo 
                  la fine della loro amicizia, il racconto risente del progressivo 
                  distacco umano e intellettuale dei due, e infatti il «ritratto 
                  in piedi» che ne esce, il primo in assoluto, ritengo, 
                  che veda un anarchico protagonista di unopera letteraria, 
                  intende accentuare alcuni dei difetti così tipici della 
                  generosa ma astratta intellettualità russa, tutti compendiati 
                  nella figura dellagitatore alle prime armi.
 Rudin-Bakunin, infatti, vi è rappresentato come larchetipo 
                  di una figura sostanzialmente «non positiva» (per 
                  dirla in modo politicamente corretto), che troverà altri 
                  esempi, di altrettanta grandezza, nelle successive opere di 
                  Dostojevskij, Goncarov e Cernysevskij. Affascinante parlatore, 
                  spregiudicato sostenitore di nuove teorie e ideali che vengono 
                  a sconvolgere la tranquilla società russa, ammaliatore 
                  dai modi generosi e appassionati, però Rudin, indeciso 
                  e incerto nel mettere in pratica le proprie idee, è anche 
                  un debole idealista destinato a rimanere tale, impossibilitato 
                  a superare il contrasto tra la parola e lazione. È 
                  il primo dei numerosi «uomini superflui» incapaci 
                  di trasformare le pur brillanti riflessioni in forza di volontà, 
                  che Turgenev tratteggerà con ritratti e descrizioni. 
                  E con una certa acrimonia lautore si compiace di rappresentare 
                  nel protagonista di questo romanzo, sostanzialmente privo di 
                  veri elementi drammatici, le debolezze di carattere e la non 
                  sempre lineare coerenza, facendogli anche compiere azioni indegne 
                  dei principii altrimenti propugnati.
 Ma, si sa, Bakunin non si fermò al giovanile stereotipo 
                  narrato da Turgenev e seppe invece dare alla propria esistenza 
                  unimpronta fortemente vitale. Uomo dazione e dalla 
                  vita avventurosa, presente nel fuoco delle situazioni, instancabile 
                  organizzatore e propagandista, efficace esecutore delle rivoluzionarie 
                  teorie che lo animavano, la sua biografia è un vero e 
                  proprio monumento al romantico impeto vitalistico così 
                  tipico del suo secolo. E di questo, evidentemente, dovette accorgersi 
                  anche Turgenev, che in una successiva versione del suo Rudin, 
                  nel 1860, aggiunse un lungo epilogo che andava a riscattare, 
                  e in un certo senso anche a contraddire, il precedente impianto 
                  narrativo. Rudin, infatti, quello stesso Rudin già «uomo 
                  superfluo», muore eroicamente sulle barricate della rivoluzionaria 
                  Parigi del 1848.
  Massimo Ortalli
  
                  
                     
                      | Note 
                          bibliografiche
 Bakunin 
                          è personaggio troppo noto perché ne tratteggi 
                          qui la biografia. Preferisco rimandare ad alcuni dei 
                          lavori su di lui ancora reperibili in libreria. Innanzitutto 
                          la biografia di George Woodcock, LAnarchia. 
                          Storia delle idee e dei movimenti libertari, Milano, 
                          Feltrinelli; quelle di Edward H. Carr, Bakunin, Milano, 
                          Mondadori, e di Michael Confino, Il catechismo del 
                          rivoluzionario. Bakunin e laffare Necaev, 
                          Milano, Adelphi. Un bel capitolo sulla figura del rivoluzionario 
                          russo anche in Angel J. Cappelletti, Lidea 
                          anarchica. Appunti di viaggio dalle origini ai giorni 
                          nostri, Milano, Zero in Condotta. Fondamentale, 
                          poi, per capire lenorme importanza che la predicazione 
                          rivoluzionaria di Bakunin ebbe per la nascita dellanarchismo 
                          in Italia, il volume di Pier Carlo Masini, Storia 
                          degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), 
                          Milano, Rizzoli. È uscito recentemente un nuovo, interessantissimo 
                          libro su e di Bakunin, curato da Arthur Lehning (per 
                          ledizione italiana, ottimamente, dai compagni 
                          del Comidad di Napoli), Bakunin e gli altri. Ritratti 
                          contemporanei di un rivoluzionario, Milano, Zero 
                          in Condotta, nel quale, a fianco di lettere di Bakunin, 
                          sono raccolti scritti, lettere, testimonianze, documenti, 
                          note, prodotti dai contemporanei di Bakunin che lhanno 
                          conosciuto direttamente. È un libro davvero affascinante 
                          e prezioso, che ci permette di completarne il ritratto 
                          oltre e al di là della semplice ricostruzione 
                          storica. Infatti, come scrive leditore, «questi 
                          testi forniscono materiali importanti sia per la biografia 
                          di Bakunin che per lanalisi della sua immagine 
                          storica, ma anche della leggenda costruita attorno a 
                          lui. Queste testimonianze sono infatti aspetti di un 
                          processo di costruzione di uniconografia della 
                          rivoluzione, un processo che ha costituito un fenomeno 
                          duraturo e caratteristico nella storia del movimento 
                          operaio, tanto da condizionarlo irreversibilmente».
 Per quanto riguarda Turgenev, piuttosto che alle solite 
                          antologie letterarie sulla cultura russa, preferisco 
                          rimandare i lettori di «A-rivista» a una 
                          rara curiosità bibliografica, vale a dire alle 
                          pagine sul Rudin lasciateci da Kropotkin nel 
                          suo Ideali e realtà nella letteratura russa, 
                          Napoli, Ricciardi, 1921. Per questo, nellappendice, 
                          riporto alcune pagine del principe russo, altrimenti, 
                          presumo, difficilmente accessibili.
 |      Condannatiallinattività
 di Pëtr Kropotkin
 
 (
). Ma fu in Rudin (1855) che gli riuscì 
                  di dare la prima rappresentazione artistica di questo tipo che 
                  era cresciuto sul suolo della Russia con una speciale profusione 
                  in un tempo in cui i nostri migliori uomini erano condannati 
                  allinattività e alle parole. Turghénief 
                  non risparmiò gli uomini di questo tipo, li rappresentò 
                  nei loro tratti più aspri come anche nei loro tratti 
                  migliori, e tuttavia li trattò sempre con una certa tenerezza. 
                  Egli amava Rudin, con tutti i suoi difetti, e in questo amore 
                  era daccordo con gli uomini migliori della sua generazione 
                  ed anche della nostra. Rudin era un uomo del 40, nutrito di filosofia hegeliana 
                  e sviluppatosi sotto le condizioni che dominavano al tempo di 
                  Nicola I, quando non cera possibilità alcuna per 
                  un uomo pensante di applicare la propria energia, a meno che 
                  non volesse diventare il funzionario obbediente di uno stato 
                  autocratico di schiavi. La scena avviene in un possedimento 
                  nella Russia centrale nella famiglia di una signora, che prende 
                  un interesse superficiale a tutte le novità, legge i 
                  libri che sono proibiti dalla censura, come anche la Democracy 
                  in America di Tocqueville e deve aver sempre intorno, 
                  sia nel suo salone nella capitale che nel suo possedimento di 
                  campagna, degli uomini eminenti. È nel suo salone che 
                  Rudin fa la sua prima comparsa. In pochi momenti diventa padrone 
                  della conversazione e con le sue osservazioni intelligenti e 
                  a proposito guadagna lammirazione della padrona di casa 
                  e le simpatie della giovine generazione. Questultima è 
                  rappresentata dalla figlia della signora e da un giovane studente 
                  che è il maestro del figlio della signora stessa. Tutti 
                  e due sono presi interamente da Rudin. Quando egli, nel corso 
                  della serata, parla dei suoi anni di studente e tocca dei punti 
                  come la libertà, il libero pensiero, le lotte liberali 
                  nellEuropa occidentale, le sue parole sono così 
                  piene di fuoco, di poesia e di entusiasmo che i due giovani 
                  lo ascoltano con un sentimento che tocca ladorazione. 
                  Il risultato è evidente: Natascia, la figlia della padrona 
                  di casa si innamora di lui. Rudin è molto più 
                  anziano di Natascia  dei fili argentei si mostrano già 
                  nei suoi bei capelli, ed egli parla dellamore come di 
                  una cosa che per lui appartiene già al passato. Guardate 
                  questa quercia  dice  le foglie dellultimo 
                  autunno la coprono ancora e non cadranno fino a quando non saranno 
                  spuntate le foglioline nuove. Natascia interpreta queste 
                  parole nel senso che il vecchio amore di Rudin può scomparire 
                  soltanto se un nuovo ne prenderà il posto  e gli 
                  dà il suo amore. Rompendo tutte le tradizioni della severa 
                  e corretta casa di sua madre, ella dà un appuntamento 
                  a Rudin per le prime ore della mattina sulla riva di uno stagno 
                  lontano. Ella è pronta a seguirlo, dove che sia, come 
                  che sia, senza mettere nessuna condizione; ma egli, che ama 
                  più col cervello che col cuore, non sa parlarle daltro 
                  che dellimpossibilità di ottenere il permesso della 
                  madre per questa unione. Natascia ascolta appena le sue parole. 
                  Ella lo seguirebbe con o senza il consenso della madre e domanda: 
                  Che cosa fare dunque?  Sottomettersi 
                   replica Rudin.
 Leroe, che sapeva parlar così bene sulla lotta 
                  contro tutti i possibili ostacoli, è spezzato dal primo 
                  ostacolo che gli si presenta sulla strada. Parole, parole e 
                  non azione, questera in realtà, la caratteristica 
                  di quegli uomini, che nel 40 formavano il migliore elemento 
                  intellettuale della società russa.
 Più tardi, ritroviamo Rudin ancora una volta. Non ha 
                  né trovato unattività per sé stesso 
                  né fatta pace con le condizioni di vita del suo tempo. 
                  Rimane povero, esiliato dal governo da una città allaltra, 
                  fino a che va allestero e nella insurrezione del giugno 
                  1848 cade su di una barricata a Parigi. (
).
 Tratto da: Pëtr Kropotkin, Ideali e realtà nella 
                  letteratura russa, Napoli, 1921.  
   Michail Bakuninalla sorella Tatjana
 di Arthur Lehning
 
 Dresda, 1° gennaio 1842  Nel maggio 1841, Turgenev era ritornato in Russia dove fece 
                  una visita a Prjamuchino nel mese di ottobre; restò poi 
                  regolarmente in contatto con le sorelle di Bakunin.  Mattina del 1° gennaio 1842, secondo lo stile del posto 
                  ed ora anche mio, dato che non sono divenuto uno screanzato. 
                  Dici a Turgenev che da quando sono sveglio penso a lui e al 
                  modo in cui abbiamo accolto insieme il [nuovo] anno 1841, da 
                  Varinka; digli che mi ricordo tanto spesso di lui e che benedico 
                  sempre il cielo per lamico che mi ha dato nella sua persona. 
                  Abbiamo vissuto una meravigliosa esistenza a Berlino. Ricordagli 
                  le nostre veglie tardive in camera mia, lui accanto alla sua 
                  cara stufa e io sul divano. Il contatto con la sua intelligenza 
                  mi ha sempre purificato: conversando con lui sono diventato 
                  me stesso. Ricordagli i nostri sogni comuni, le nostre intuizioni, 
                  le nostre speranze; ricordagli anche come, rendendoci conto 
                  che la nostra vita, nonostante tutta la sua pienezza, era ancora 
                  astratta e ideale, decidemmo di tuffarci nel mondo reale per 
                  vivere e agire e come, in seguito a questa nobile decisione, 
                  ci recammo il giorno seguente da M.lle Solmar, lui in una giacca 
                  verde di velluto alla Don Giovanni, io pure in una giacca di 
                  velluto cremisi. Ricordagli la corpulenta, la nipote ideale 
                  e laltra signorinella, Fräulein Lamprecht 
                  che Werder trovava molto geistreich (wir sassen und 
                  tranken am Theetisch) e con la quale poi abbiamo sempre 
                  affrontato argomenti elevati. Ricordagli le nostre serate da 
                  Varinka, dopo le sinfonie di Beethoven, bevendo del tè 
                  e mangiando lingue affumicate, discutevamo così a lungo, 
                  cantavamo pure e scherzavamo. Ricordagli lo spavento di Varinka 
                  nel vedere arrivare da lei mobili eterocliti e burro che, passato 
                  sul pane dalle mani esperte di Johanna, fondeva al calore, come 
                  quelle candele di sego che io e lui imitavamo perfettamente. 
                  Ricordagli pure la fine dei corsi di Werder Stündchen, 
                  lultimo corso, la conoscenza con Bettina e digli che quel 
                  tempo non ritornerà mai più: del resto lo sa bene 
                  quanto me. Digli che quel breve periodo ha racchiuso tutta la 
                  prima giovinezza della nostra amicizia e che quindi si è 
                  rinchiusa in se stessa, compiuta, pienamente definitivamente 
                  e perfettamente. Quel periodo fu bello come la gioventù 
                  e ne racchiuse tutti i privilegi, tutti i meriti e tutti i difetti. 
                  Al giorno doggi, e forse anche prima, immediatamente dopo 
                  gli Stündchen di Werder, è suonata lora 
                  del coraggio, della realtà e dellazione. Da quel 
                  momento ne eravamo ambedue consapevoli e, in apparenza, diventavamo 
                  estranei luno allaltro, almeno fino ad un certo 
                  punto. Qualcosa di opprimente pesava tra di noi. In seguito 
                  e fino al ricevimento della sua lettera a Dresda, cè 
                  stato un penoso periodo intermedio, durante il quale mi era 
                  accaduto spesso di sentirmi perso e di non sapere più 
                  cosa pensare. Tuttavia dopo aver ricevuto la sua lettera, una 
                  nuova era è cominciata per noi: la bella giovinezza delle 
                  nostre relazioni si è confermata nella realtà 
                  come unamicizia effettiva.
 Tratto da: Arthur Lehning, Bakunin e gli altri, Milano, 
                  2002.    NikolaiCernysewskij
 di Arthur Lehning
 Quale necessità può esserci per un artista di 
                  snaturare nelle sue opere la verità psicologica? Non 
                  ne trae davvero alcun vantaggio e, così facendo, egli 
                  obbedisce puramente e semplicemente a un cieco partito preso. 
                  Ricorderemo un solo esempio, senza citare nomi. Esiste una bellissima 
                  novella il cui eroe, con ogni evidenza, doveva essere un uomo 
                  che scriveva poco in russo ma che aveva la più forte 
                  e benefica influenza sullevoluzione delle nostre concezioni 
                  letterarie, e che eclissava i più grandi oratori con 
                  la sua brillante eloquenza; un uomo che con atti non privi di 
                  gloria, ha iscritto il suo nome nella storia e che è 
                  divenuto il protagonista di racconti popolari ed epici. Un uomo 
                  del genere poteva essere descritto come un ingegno serio. In 
                  apparenza, lautore della novella voleva proprio dipingerlo 
                  così, ma a un tratto, dopo aver riflettuto, pensò: 
                  Che cosa mi diranno i miei consiglieri letterari, menti 
                  così assennate, che sanno garantirsi la loro fortuna 
                  così bene, se lhanno ricevuta in eredità 
                  o perlomeno restare con tanta dignità nel giro delle 
                  persone fortunate, se loro stessi non hanno ricevuto grosse 
                  eredità? Un uomo che ha sconnesso fino a questo punto 
                  le sue relazioni familiari, che è rimasto senza il becco 
                  di un quattrino, nonostante lesistenza di una grande proprietà 
                  appartenente ai suoi genitori, che prende in prestito denaro 
                  dai suoi amici ricchi per distribuirlo a quelli poveri; no, 
                  un uomo simile non potrà essere considerato come un ingegno 
                  serio dai miei prudenti consiglieri che daranno il parere su 
                  di lui. Ed ecco il nostro autore allopera per rifare 
                  la figura tipica che aveva scelto e abbozzare, invece del ritratto 
                  delluomo vivo, una caricatura, come se di un leone si 
                  potesse fare la caricatura. Beninteso questa strana mutilazione 
                  è fallita, lautore stesso pare, si sia fatto di 
                  tanto in tanto scrupolo di presentare come un essere insignificante 
                  questo personaggio storico. La novella avrebbe dovuto avere 
                  un carattere altamente tragico, più importante del Don 
                  Carlos di Schiller, invece ne è venuta fuori una 
                  macedonia di pagine agrodolci, beffarde ed entusiaste, ricucite 
                  in qualche modo da due novelle diverse.  Tratto da: Arthur Lehning, Bakunin e gli altri, Milano, 
                  2002. Rudin sorriselievemente e tacque
 di Ivan Turgenev
 (
).  Ma come discutete male, Africano Simeonowitch!  
                  interruppe Daria Michailowna, molto soddisfatta, intimamente, 
                  della calma e della squisita garbatezza del suo nuovo conoscente. 
                   È un uomo come si deve  pensò, guardando 
                  Rudin con espressione di benevolenza;  bisogna addomesticarlo.
  Non voglio difendere la civiltà  continuò 
                  Rudin dopo un momento di silenzio.  Non ha alcun bisogno 
                  della mia difesa. Voi non lamate... ciascuno ha i suoi 
                  gusti. E poi, questo potrebbe portarci troppo lontano. Permettetemi 
                  soltanto di rammentarvi il vecchio motto:  Tu ti inquieti, 
                  Giove, dunque hai torto. Voglio dire che tutti questi 
                  attacchi contro i sistemi, contro le idee universali, ecc., 
                  sono soprattutto spiacevoli perché negando i sistemi 
                  si è generalmente portati a negare quasi sempre il sapere, 
                  la scienza, e a perdere la fede che essi ispirano, cioè 
                  la fede in sé medesimi, nella propria forza. Questa fiducia 
                  è necessaria agli uomini. Non si può vivere di 
                  sole impressioni. È male temere il pensiero e non credere 
                  in esso. Lo scetticismo non conduce che alla sterilità 
                  e alla debolezza
  Parole, parole !  mormorò Pigassoff.
  Può darsi; ma mi permetterete di farvi osservare 
                  che dicendo parole, nientaltro che parole!, 
                  noi cerchiamo spesso di sfuggire alla necessità assoluta 
                  di dire qualche cosa di più sensato che quelle stesse 
                  parole.
  Come sarebbe a dire?  fece Pigassoff aggrottando 
                  le sopracciglia.
  Voi capite che cosa voglio dire  rispose Rudin 
                  con un moto involontario dimpazienza, subito represso. 
                   Lo ripeto: se un uomo non ha principi solidi nei quali 
                  credere, e non ha un terreno su cui appoggiarsi saldamente, 
                  come potrà rendersi conto dei bisogni, dei destini, dellavvenire 
                  del proprio paese? Come potrebbe sapere che cosa deve fare egli 
                  stesso, se...
  Vi cedo il campo!  disse bruscamente Pigassoff 
                  salutando e ritirandosi in un canto senza guardare nessuno.
 Rudin gli gettò uno sguardo, sorrise lievemente e tacque.
 (
). Daria porse il libro francese a Rudin. Questi lo prese, 
                  ne voltò qualche pagina e lo ripose sul tavolo rispondendo 
                  che non aveva letto quel particolare libro ma aveva spesso riflettuto 
                  sulle questioni che Tocqueville trattava. La conversazione era 
                  avviata. Da principio, Rudin pareva esitare, non trovando le 
                  parole capaci di rendere il suo pensiero; ma infine si animò 
                  e parlò con abbondanza. In capo ad unora, la sua 
                  voce era la sola che si udisse nella sala. Tutti gli si erano 
                  stretti attorno. Solo Pigassoff rimaneva in un canto presso 
                  il camino. Rudin parlava con spirito, con fuoco, con buon senso; 
                  sapeva molto e aveva letto molto. Nessuno si sarebbe aspettato 
                  di trovare in lui un uomo fuori del comune. Era così 
                  mal vestito, si parlava così poco di lui! Riusciva strano 
                  a tutti, e perfino incomprensibile, che un uomo dotato di tanto 
                  ingegno potesse comparire così improvvisamente in campagna. 
                  Rudin li meravigliava tanto più per questo; si può 
                  dire addirittura che li stregava tutti, cominciando da Daria 
                  Michailowna. Essa era orgogliosa del suo nuovo conoscente e 
                  pensava al modo in cui lo avrebbe protetto in società, 
                  perché, ad onta della sua età, era molto facile 
                  allentusiasmo nei suoi primi impulsi. Alessandra Pawlowna, 
                  a dir vero, non aveva capito gran che dei discorsi di Rudin, 
                  ma non per questo ne era meno sorpresa e incantata. Suo fratello 
                  provava i medesimi sentimenti. Pandalewski osservava Daria ed 
                  era geloso. Pigassoff diceva tra sé: Per cinquanta 
                  rubli potrei comprare un usignolo che canterebbe anche meglio. 
                  Ma Bassistoff e Natalia erano i più fortemente colpiti. 
                  A Bassistoff si era quasi fermata la respirazione; egli restava 
                  seduto, a bocca aperta, spalancando gli occhi ed ascoltando, 
                  come non aveva mai ascoltato alcuno in vita sua. In quanto a 
                  Natalia, il suo viso si copriva dun debole rossore, e 
                  il suo sguardo, divenuto più profondo e più chiaro 
                  ad un tempo, si fissava immobile su Rudin. (
).
  Lo conosco bene  proseguì Lejnieff  
                  e conosco anche troppo tutti i suoi difetti. Sono tanto più 
                  grandi, in lui, in quanto egli non è certo un uomo da 
                  poco.
  Oh!  esclamò Bassistoff  è 
                  un temperamento pieno di genio.
  Potrà avere del genio, io non ci ho nulla in contrario; 
                  ma in quanto al temperamento, proprio qui è il suo difetto. 
                  Ciò che gli manca è la volontà, il nerbo, 
                  la forza. Ma non si tratta di questo. Voglio parlarvi, in questo 
                  momento, di ciò che vi è in Rudin di buono e di 
                  raro. Ha dellentusiasmo, e potete credere a me, che sono 
                  uomo flemmatico, quando vi dico che quella è una delle 
                  qualità più preziose in un tempo come il nostro. 
                  Noi siamo tutti insopportabilmente riflessivi, indifferenti 
                  ed apatici, addormentati, ghiacciati; ecco il perché 
                  bisogna render grazie a chi ci riscalda e ci anima, fosse pure 
                  per un solo istante, perché abbiamo tanto bisogno di 
                  questa feconda sovreccitazione. Ti rammenti, Sandrina, che una 
                  volta ti ho parlato di Rudin accusandolo di freddezza? Ero giusto 
                  ed ingiusto contemporaneamente. La sua freddezza egli lha 
                  nel sangue  non può farci nulla  e non nella 
                  testa. Ho avuto torto di giudicarlo un attore; non è 
                  né abile né furfante, e se vive a spese degli 
                  altri, lo fa da ragazzo, non da intrigante. Sì, è 
                  possibilissimo che egli muoia nellisolamento e nella miseria; 
                  ma è forse il caso di scagliargli la pietra? Non farà 
                  mai nulla da solo, appunto perché non vi è in 
                  lui né sangue né volontà potente; ma chi 
                  mai ha il diritto di affermare che le parole di lui non abbiano 
                  fatto germinare dei nobili pensieri in più dunanima 
                  giovanile, a cui la natura non aveva rifiutato, come a lui, 
                  la sorgente feconda dellattività necessaria allesecuzione 
                  dei progetti concepiti da una fantasia esaltata per quanto impotente? 
                  Io che vi parlo, io per il primo ho subito accanto a lui questo 
                  prezioso influsso. Sandrina sa bene che cosa è stato 
                  per me Rudin durante la mia giovinezza. Ho sostenuto, e me ne 
                  sovvengo, che le parole di Rudin non potevano agire sui suoi 
                  simili; ma allora parlavo duomini arrivati come me ad 
                  unetà in cui la vita ha già smussato la 
                  sensibilità e la ragione è più difficile 
                  a soddisfare. Viene un tempo in cui una sola nota falsa è 
                  sufficiente per annullare al nostro orecchio tutta larmonia 
                  del più bel brano di musica; ma, per sua fortuna, la 
                  gioventù ha ludito meno delicato e sopra tutto 
                  meno viziato. Se lidea che le vien presentata le sembra 
                  nobile, poco le importa il tono. La gioventù trova in 
                  sé stessa il tono.
  Bravo! Bravo!  esclamò Bassistoff.  
                  Questo si chiama parlare con giustizia. In quanto allinflusso 
                  di Rudin, questuomo, ve lo giuro, non ha soltanto la capacita 
                  di commuovervi; vi sospinge avanti, vi impedisce di fermarvi, 
                  vi sconvolge da capo a fondo, vi incendia. (
).
 Tratto da: Ivan Turgenev, Demetrio Rudin, Milano, 1925. 
                 
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