| Bakunin e gli altri 
                   Il linguaggio epistolare, per definizione, è un linguaggio 
                  che avvicina allintimità di chi scrive perché 
                  colui che scrive vuole innanzi tutto avvicinarsi allintimità 
                  di chi legge. Una lettera offre sempre una lettura della realtà 
                  descritta che sfugge allimpersonalità, dal momento 
                  che è la persona ad essere vettore e filtro dellazione 
                  che si vuole comunicare, mettere in comune, con il destinatario 
                  della missiva, laltra persona. Il libro di Arthur Lehning, Bakunin e gli altri. Ritratti 
                  contemporanei di un rivoluzionario (Zero in condotta, Milano 
                  2002, pp. 376, €16,50) recentemente tradotto magno cum 
                  amore da Vincenzo Papa per la casa editrice Zero in condotta 
                  è unopera che  sotto questo profilo  
                  è affascinante e strega, in quanto offre al lettore lopportunità 
                  di entrare in contatto con limmaginario storico-figurativo 
                  del XIX secolo attraverso i ritratti che Mikail Bakunin 
                  dà dei suoi contemporanei e che questi ultimi offrono 
                  della sua persona. Infatti, a volte pare non di sfogliare un 
                  libro, quanto piuttosto un album fotografico in cui si è 
                  sorpresi nel constatare i cambiamenti che il tempo e le situazioni 
                  hanno segnato sui volti familiari dei personaggi storici che 
                  sono tratteggiati nei 211 documenti qui raccolti (in gran parte 
                  lettere, memorie, articoli di Aleksandr Herzen, Vissarion Belinskij, 
                  Ivan Turgenev, Richard Wagner, Von Masoch, Friedrich Engels, 
                  Karl Marx, Arnold Ruge, George Sand, Pierre-Joseph Proudhon, 
                  Elisée Reclus, Jules Michelet, Errico Malatesta).
 In tal modo non è soltanto il ritratto del noto 
                  rivoluzionario russo ad essere via via ricostruito attraverso 
                  le impressioni, le emozioni ed i sentimenti riportati nelle 
                  missive e negli articoli scritti dai suoi contemporanei, ma 
                  ugualmente sono i ritratti degli stessi coevi che appaiono 
                  delinearsi specularmente dalle loro osservazioni e dai loro 
                  commenti su Bakunin. Quasi che limpatto con la sua figura 
                  imponente ed imperiosa (sia per la stazza fisica, sia per la 
                  linfa vitale che da essa sprigionava e che uno scrittore 
                  russo ha chiamato una perpetua primavera  p. 341) 
                  fosse così travolgente da segnare e condizionare il comportamento 
                  di chi gli stava attorno anche solo per breve tempo.
 Più volte si è affermato quanto lopinione 
                  dei contemporanei e unaurea leggendaria costruita attorno 
                  alla figura di Bakunin abbiano lasciato un segno indelebile 
                  nella storia; tanto è vero che nella «rappresentazione 
                  iconografica della rivoluzione  come osserva Comidad nella 
                  nota introduttiva alledizione italiana  Bakunin 
                  ha assunto il ruolo di una figura antagonista ma complementare 
                  rispetto a Marx». Sennonché, è proprio quella 
                  sua parte di rivoluzionario scapestrato e arruffone 
                  che lo ha salvato dal divenire unimmagine sacra e santificata 
                  dal movimento rivoluzionario. Non perché  e forse 
                  più di altri, sicuramente più di Marx  non 
                  avesse la stoffa delleroe, ma perché delleroe 
                  non ha avuto necessità di apparire, in quanto che il 
                  suo ascendente «emanava, vorrei dire, da tutto 
                  il suo essere» (Bauler, p. 327).
 Un aspetto leonino, una barricata in movimento, 
                  una aurora boreale un dio del tuono 
                  un vecchio abete gigante sono soltanto alcuni degli 
                  epiteti che si possono frequentemente annotare fra la corrispondenza 
                  dei suoi contemporanei; e anche quando si passa alle calunnie, 
                  come quella  orchestrata ad arte dai seguaci di Marx  
                  dessere agente segreto al servizio dellimpero 
                  russo, o quella di essere un demagogo di professione 
                   come recita latto della sua condanna a morte  
                  ugualmente si può intuire la forza che la sua possente 
                  figura emanava. Una forza contagiosa e straripante che assicurava 
                  al suo pensiero, alle sue idee, di poter contare su di una personalità 
                  naif  per usare a prestito le parole del naturalista 
                  tedesco Carl Vogt  «incapace di una vigliaccata, 
                  fremente dindignazione di fronte a delle ignominie sociali, 
                  che adora, allo stesso modo, la rivoluzione e le donne, che 
                  ama poco gli uomini di spada e disprezza gli uomini avidi di 
                  denaro.» (p. 95)
 Che poi, in quanto a disprezzare il denaro, «Il senso 
                  olfattivo nei cani da caccia che scoprono le tracce della selvaggina 
                  è un senso grossolano e del tutto embrionale, se paragonato 
                  al fiuto di Bakunin quando si trattava di scovare denaro.» 
                  (Arnould, p. 307), la dice assai lunga a proposito di una vita 
                  spesa interamente per la rivoluzione. Infatti, sebbene fosse 
                  nato da una ricca famiglia nobile russa, e il padre  racconta 
                  Bakunin nelle sue memorie, scritte negli ultimi anni di vita 
                   fosse «padrone di circa 2000 schiavi maschi e femmine, 
                  con il diritto di venderli, di picchiarli, di farli trasportare 
                  in Siberia, di consegnarli allesercito come reclute e 
                  soprattutto di sfruttarli senza pietà o, più semplicemente, 
                  di depredarli e di vivere del loro lavoro forzato» (p. 
                  26), condusse la maggior parte della sua esistenza «sprovvisto 
                  di mezzi di sussistenza, [sopravvivendo] grazie alle risorse 
                  che gli fornivano i suoi amici più prossimi; [vivendo] 
                  più che modestamente, utilizzando la maggior parte della 
                  sua magra disponibilità in denaro per pagare laffrancatura 
                  della sua voluminosa corrispondenza.» (Ralli, p. 265).
 Già, la sua voluminosa corrispondenza. Doveva 
                  sembrare fatto tanto ovvio e naturale incontrare Bakunin ai 
                  piedi di una barricata durante una delle tante rivolte scoppiate 
                  a Berlino, Dresda, Lione fra il 1848 e il 1870, che appare davvero 
                  difficile poterlo immaginare tranquillamente seduto a scrivere 
                  quella copiosa corrispondenza spedita ai quattro angoli del 
                  mondo. Pure, a leggere le sue lettere e quelle dei suoi contemporanei, 
                  vien proprio da affermare che se non lo si trovava sulla barricata 
                  è perché era scappato un attimo a casa, giusto 
                  il tempo per rispondere ad alcune lettere, stilare qualche segreto 
                  organigramma ed intrattenersi in allegra compagnia.
 Scriveva, scriveva sempre. Non libri, lettere. I libri  
                  quei pochi libri pubblicati nel corso della sua vita, perché 
                  occasionalmente aveva trovato i soldi per farlo  non erano 
                  altro che la continuazione di lunghe lettere, e di queste possedevano 
                  lo stile volitivo e limpeto battagliero di unesortazione 
                  a fare presto. Racconta Vyrubov, lesecutore 
                  testamentario di Aleksandr Herzen: «Cominciava di solito 
                  con una lettera a uno dei suoi neofiti; a poco a poco la lettera 
                  raggiungeva la lunghezza di un articolo da rivista, il quale 
                  articolo prendeva visibilmente lampiezza di un opuscolo. 
                  Talvolta il suo pensiero errabondo non riusciva a fissarsi e 
                  ne usciva un volume più o meno spesso; i primi fogli 
                  erano composti e corretti da molto tempo quando si scopriva, 
                  a manoscritto concluso, che mancava il denaro per pubblicarlo; 
                  le prove di stampa venivano allora sistemate su di una mensola, 
                  aspettando circostanze più favorevoli.» (p. 243).
 Ma è appunto questestesa corrispondenza destinata 
                  a fortificare i timidi, a destare gli assopiti, a tracciare 
                  piani di propaganda o di rivolta, che può forse aiutarci 
                  a comprendere la prodigiosa azione di Bakunin avuta nellorganizzazione 
                  del movimento rivoluzionario ai tempi della Prima Internazionale 
                  dei Lavoratori. Non sarà allora questo il motivo che 
                  avrà forse spinto la casa editrice Zero in Condotta a 
                  redigere il presente volume (impreziosito dai disegni a china 
                  di Gianna Papa tratti da fotografie dellepoca), nella 
                  speranza che la rilettura delle epistole bakuniane possano ancora 
                  suscitare simili cattivi pensieri?
  Benjamin Atman
 
 Ma DAnnunzio 
                  era no-global? La vivace ricostruzione dellimpresa di DAnnunzio 
                  a Fiume di Claudia Salaris (Alla festa della rivoluzione, 
                  artisti e libertari con DAnnunzio a Fiume. Edizioni 
                  Il Mulino, Bologna, 2002, € 17,00) si apre significativamente 
                  con il telegramma che il Club Dada berlinese inviò al 
                  «Corriere della Sera» per celebrare la «conquista 
                  grandiosa impresa dadaista». I firmatari del messaggio, 
                  Huelsenbeck, Baader e Grosz, dichiarano che latlante mondiale 
                  dadaistico DADAKO (editore Kurt Woff, Lipsia) riconosce Fiume 
                  già come città italiana. È questo il registro che la Salaris sceglie per parlarci 
                  della rivolta fiumana, la chiave di lettura privilegia il binomio 
                  arte-vita, che a Fiume ed altrove si combina con lazione 
                  politica diventando una miscela esplosiva dove la politica viene 
                  fatta con le armi dellironia e dellimmaginazione, 
                  dove lazione provocatoria si combina con i movimenti controculturali 
                  e creativi, dove il memorabile «disobbedisco» dannunziano 
                  precorre il «proibito proibire» sessantottesco, 
                  le azioni dei provos olandesi, lestetica situazionista 
                  che usa il binomio arte-politica per costruire unestetica 
                  della rivoluzione. Luso politico dellironia, ricorrente 
                  nel futurismo, nel dadaismo e nel surrealismo, scrive lautrice, 
                  è uno dei fenomeni destinati a restare nel patrimonio 
                  genetico delle rivolte del XX secolo, fino a riaffiorare nei 
                  movimenti giovanili del dopoguerra.
 Già Hakim Bey, peraltro, nel suo T.A.Z. Zone temporaneamente 
                  autonome, aveva ricostruito una sua storia delle comunità 
                  alternative e libertarie che ponevano al centro della loro azione 
                  la conquista di zone liberate ed egualitarie, partendo dallesempio 
                  dei pirati della Tortuga, protagonisti di una proto TAZ libera 
                  ed illegale dispersa fra isole e nascondigli, ricordando La 
                  Comune di Parigi ed inserendo la repubblica di Fiume come una 
                  delle ultime «utopie pirate» o addirittura prima 
                  TAZ della modernità.
 Il 12 settembre 1919, il poeta Gabriele DAnnunzio, parte 
                  da Ronchi alla testa di un manipolo di arditi e di disertori 
                  per occupare Fiume e annetterla al Regno di Italia: erano in 
                  molti a pensare che, negli accordi che si andavano facendo dopo 
                  la fine della Grande Guerra, la città dovesse comparire 
                  nellelenco delle città redente. Lazione di 
                  DAnnunzio sfrutta limpeto e ladrenalina che 
                  la guerra aveva acceso in molti combattenti e arriva a sorpresa 
                  con un effetto altamente mediatico: quella che ci si appresta 
                  a recitare, per ben sedici mesi, nella città occupata 
                  è veramente la festa spettacolare della rivoluzione cui 
                  si allude nel titolo. Fra i documenti trattati per la ricostruzione 
                  ci sono i testi scritti da poeti, letterati e artisti che a 
                  fianco del poeta vissero questa breve ed esaltante avventura: 
                  le memorie di Giovanni Comisso, Léon Kochnitzky, Mario 
                  Carli ma anche le trasposizioni narrative che a quellevento 
                  si ispirarono come gli Arabeschi fiumani e il romanzo 
                  Trillirì sempre di Carli, Il Porto dellamore 
                  di Comisso. Il risultato è una ricostruzione che intreccia 
                  personale e politico in un affresco molto vivace anche dal punto 
                  di vista espositivo.
 Fra gli argomenti trattati il difficile e conflittuale rapporto 
                  con Marinetti e i futuristi, fra i primi a rispondere allappello 
                  in un momento in cui il Futurismo è attraversato dal 
                  dibattito sugli sbocchi politici che molti artisti sentono di 
                  dover dare alla loro esperienza estetica; la frattura che si 
                  viene a creare fra futuristi e fascisti dopo il secondo congresso 
                  fascista che porta alle dimissioni di Marinetti e di Carli; 
                  i legami che intercorrono con altre forze insurrezionaliste: 
                  Randolfo Vella di «Umanità Nova» è 
                  il primo dei giornalisti sovversivi ad arrivare a Fiume per 
                  studiare il fenomeno fiumano. In novembre Marinetti, Carli, 
                  Somenzi e Cerati invieranno due telegrammi a nome della direzione 
                  del movimento futurista e di un Club futurista milanese al ministero 
                  degli Interni per protestare contro lincarcerazione di 
                  Errico Malatesta e in segno di protesta per la reclusione di 
                  tutti i detenuti politici. I tormentati rapporti fra futuristi 
                  e anarchici, analizzati in un bel libro di Alberto Ciampi dell89 
                   Futuristi e Anarchici, quali rapporti?  
                  e di recente in una tesi di laurea da Laura Iotti  Futuristi 
                  e anarchici, dal primo manifesto di Marinetti allentrata 
                  in guerra dellItalia (1909-1915) , naufragarono 
                  comè ovvio sulle posizioni militariste e nazionaliste 
                  di quella parte del movimento futurista che poi convergerà 
                  nel partito fascista, ma anche su una visione della violenza 
                  che per gli anarchici aveva valore di necessità e di 
                  progettualità politica mentre per i futuristi rivestiva 
                  un valore soprattutto estetico.
 In realtà a Fiume convivono con notevoli difficoltà 
                  due anime una fortemente tradizionalista e nazionalista e una 
                  giovane trasgressiva e immaginifica che solo lautorevolezza 
                  e il carisma di DAnnunzio riescono a tenere insieme.
 La città occupata diventa un laboratorio per sperimentare 
                  nuove forme di governo, di vita, militari.
 La sopravvivenza economica dei rivoltosi, persa la speranza 
                  in un aiuto istituzionale, si avvale di donazioni di ricchi 
                  mecenati e ammiratori del poeta; finanziamenti sostanziosi, 
                  nei primi tempi, arrivano anche dalla massoneria, ma soprattutto 
                  leconomia fiumana è una «economia pirata» 
                  che vive di spettacolari espropri ai danni di navi 
                  e piroscafi che vengono dirottate a Fiume e i cui carichi vanno 
                  a far parte del bottino di una guerra che si combatte in difesa 
                  di tutti i popoli che combattono contro nazionalismi, capitalismo, 
                  militarismo. Nellottobre del 1919 sul piroscafo Persia, 
                  appartenente ai Lloyd di Trieste, carico di munizioni e di viveri 
                  destinate a Vladivostok si imbarcano, clandestinamente, tre 
                  «fiduciari» fiumani, e convincono lequipaggio 
                  della nave a sbarcare «volontariamente» a Fiume. 
                  «I mezzi che dovevano servire a combattere la libertà 
                  e la redenzione del popolo russo serviranno per la libertà 
                  e per la redenzione del popolo fiumano» si legge nel comunicato 
                  che il capitano Giulietti fa stampare per far luce sullepisodio 
                  e smentire le versioni tendenziose e inesatte della stampa ufficiale.
 Sotto il governo di un poeta-guerriero la città diventa 
                  il crocevia di sperimentazioni trasgressive come l«economia 
                  pirata» per la sopravvivenza comunitaria, si fissano nuove 
                  regole che definiscano il rapporto fra lesercito e il 
                  suo comandante che è di tipo fiduciario, le divise stesse 
                  diventano oggetti da reinventare: si vedono donne vestire «alla 
                  maschietta» con casacche grigioverdi e pantaloni militari, 
                  gli uomini de «La disperata», una delle compagnie 
                  più colorate e originali, reclutati dallaviatore 
                  Guido Keller fra i legionari più giovani e trasgressivi, 
                  marciano per la città a torso nudo e in pantaloncini 
                  corti; Guido Keller, uno dei personaggi più stravaganti 
                  dellimpresa fiumana è un cultore del naturismo 
                  e si distingue per alcune imprese pittoresche e beffarde fra 
                  queste famosa quella in cui in unescursione aerea getta 
                  su Montecitorio un pitale pieno di carote e di rape e progetta, 
                  ad un certo punto, di rapire il presidente del consiglio Giolitti, 
                  idea abbandonata perché troppo rischiosa. A Fiume viene 
                  praticato il libero amore e le donne stesse ottengono il diritto 
                  a manifestare col voto il loro parere, partecipano alle manifestazione 
                  collettive e alle parate anche se il mondo fiumano rimane comunque 
                  essenzialmente maschile ed è diffuso il rapporto omosessuale 
                  che Marinetti stesso aveva definito «gusto rispettabilissimo» 
                  e che viene considerato un modo per opporsi alla morale bigotta 
                  e «passatista». Nella città occupata si incontrano 
                  nazionalisti e internazionalisti, monarchici e repubblicani, 
                  conservatori e sindacalisti, clericali e anarchici, imperialisti 
                  e comunisti.
 La Costituzione dello Stato Libero del Carnaro, redatta da DAnnunzio 
                  e dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, riconosce 
                  «la sovranità di tutti i cittadini senza divario 
                  di sesso, di stirpe, di lingua, di classe, di religione», 
                  viene sottolineata luguaglianza fra i sessi e laffrancamento 
                  della donna rispetto allautorità «maritale», 
                  viene introdotta la pratica del divorzio e il diritto di voto 
                  e di lavoro per la donna. Nella Carta del Carnaro si sottolinea 
                  limportanza delle libertà di stampa, di riunione 
                  e associazione e della garanzia di un «salario minimo» 
                  per tutti i cittadini.
 Regole e convenzioni vengono stravolte, comizi e cortei si formano 
                  istantaneamente, composti da donne e da uomini, mulinello di 
                  gioventù, di patriottismo, che grida, che salta, che 
                  turbina, ricorda Carli, trascinando con sé i pochi tiepidi 
                  o i vecchi che vorrebbero far da spettatori, bambini di quattro 
                  cinque anni tengono comizi sulla scalinata di casa che si chiudono 
                  con il fatidico «Eja, eja, eja! Alalà». Il 
                  Comandante stesso comizia quotidianamente la popolazione fiumana, 
                  dando il via a quella spettacolarizzazione della politica che 
                  poi il regime fascista metterà a punto di lì a 
                  qualche anno, riprendendone i riti, le parate, la pulsione a 
                  capovolgere lordine costituito, gli slogan come i famosi 
                  «me ne frego!», «Chi non è con me è 
                  contro di me!», lAlalà di saluto persino 
                  «Giovinezza!Giovinezza!» canzone nata ai tempi della 
                  guerra del Piave diventa oggetto di riappropriazione e viene 
                  riproposta nella kermesse fascista.
 Linterminabile festa fiumana finisce dopo sedici lunghi 
                  e indimenticabili mesi nel «Natale di sangue» del 
                  1920 quando lesercito governativo sconfigge rapidamente 
                  lesercito di ribelli.
 Lavvento del fascismo getterà sulla lettura di 
                  quellepisodio, che preannuncia indiscutibilmente la marcia 
                  su Roma e lavvento del regime fascista, una luce torbida 
                  e nera.
 Con la condanna del regime negli anni successivi alla Liberazione 
                  si cancellerà con un colpo di spugna il ricordo imbarazzante 
                  dellepisodio fiumano, buttando così con lacqua 
                  sporca del regime fascista tutto quello che aveva avuto legami 
                  ideali o formali con la dittatura, senza porsi il problema di 
                  analizzare le varie componenti che caratterizzarono quellevento. 
                  La stessa sorte toccò al movimento futurista, uno dei 
                  più vivaci movimenti di avanguardia del Novecento, che 
                  non a caso ebbe molta più risonanza allestero che 
                  non Italia, dove solo di recente è stato rivalutato dal 
                  punto di vista della notevole spinta trasgressiva e rivoluzionaria 
                  che ebbe nellelaborazione di un pensiero estetico autenticamente 
                  innovativo e di portata internazionale.
 La lettura di Claudia Salaris della provocazione fiumana tende 
                  a porsi essa stessa come atto provocatorio, come un détournement 
                  di marca situazionista, o uno spiazzamento recuperato dalla 
                  pedagogia buddista, proprio per la caparbietà e la sottigliezza 
                  con cui lautrice cerca di mettere in contraddizione e 
                  aprire nuovi spiragli interpretativi su un episodio per lungo 
                  tempo travisato e interpretato strumentalmente da una certa 
                  critica del Novecento.
 Come in altri testi della Salaris anche qui si cerca di ricondurre 
                  il futurismo allinterno di una interpretazione più 
                  ampia ricostruendo una sorta di fil rouge della trasgressione 
                  e della rivolta che si può rintracciare, ad esempio, 
                  nella contestazione sessantottina e a maggior ragione nel movimento 
                  del Settantasette, anche in questo caso linterpretazione 
                  di un periodo, quello passato alla storia come «gli anni 
                  di piombo», creò il paradigma di lettura di quellevento 
                  che fu cancellato dal diritto di memoria: vae victis.
  Carla Pagliero
   Il grande orecchio È appena uscito in libreria Il mondo sotto 
                  sorveglianza di Duncan Campbell (Elèuthera). Ecco 
                  alcuni brani tratti dal libro. 
 Questo libro intende dimostrare come le organizzazioni addette 
                  allo spionaggio elettronico (sigint  Signals Intelligence) 
                  da oltre ottantanni si siano attivate per avere accesso 
                  a gran parte delle comunicazioni internazionali. Le loro attività 
                  comprendono lintercettazione illegale dei satelliti commerciali, 
                  delle telecomunicazioni attraverso lo spazio, di quelle attraverso 
                  i cavi sottomarini e di quelle su Internet. Oggi oltre duecento 
                  sistemi spaziali o satellitari sono contemporaneamente in funzione 
                  e raccolgono dati per lintelligence. Lo spionaggio elettronico è unattività che 
                  implica lintercettazione su larga scala e lelaborazione 
                  di ogni tipo di telecomunicazioni con un volume che raggiunge 
                  i miliardi di messaggi ogni giorno. Il lavoro svolto dalle organizzazioni 
                  di questo genere è stato rappresentato in modo oleografico 
                  dal cinema hollywoodiano e raccontato nei memoriali degli specialisti 
                  che in tempo di guerra si sono adoperati per decrittare i cifrari 
                  in codice giapponesi, tedeschi e sovietici. Ma in nessuno dei 
                  due casi è stata offerta unimmagine precisa delle 
                  attuali organizzazioni di intelligence che, a causa della sempre 
                  maggiore dipendenza della società dalle informazioni 
                  elettroniche, sembrano possedere più che mai «la 
                  capacità [...] di creare una tirannia totalitaria».
 Echelon è un sistema utilizzato dalla National Security 
                  Agency americana (nsa) per intercettare ed elaborare le comunicazioni 
                  internazionali che passano attraverso i satelliti delle telecomunicazioni. 
                  Esso fa parte di un sistema globale di sorveglianza che prevede 
                  anche sistemi finalizzati a intercettare i messaggi provenienti 
                  da Internet, dai cavi sottomarini, dalle trasmissioni radio, 
                  dalle apparecchiature segrete installate allinterno delle 
                  ambasciate, e che utilizza i satelliti in orbita per attuare 
                  un controllo continuo di tutti i segnali lanciati sullintera 
                  superficie terrestre. Lapparato comprende stazioni operative 
                  in Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, oltre a 
                  quelle operanti negli Stati Uniti.
 Il sistema di sorveglianza elettronica più segreto del 
                  mondo è prima di tutto un frutto della seconda guerra 
                  mondiale. In senso più lato, però, possiamo rintracciarne 
                  le origini nellinvenzione stessa della radio e nelle caratteristiche 
                  intrinseche delle telecomunicazioni. La radio ha fatto sì 
                  che tanto gli Stati quanto altri soggetti potessero inviare 
                  messaggi da un continente allaltro. Laltra faccia 
                  della medaglia, però, era che chiunque sarebbe stato 
                  in grado di riceverli e ascoltarli. Prima i messaggi scritti 
                  erano fisicamente protetti (a meno che il corriere che li trasmetteva 
                  non cadesse in unimboscata o una spia non ne rivelasse 
                  il contenuto). Linvenzione della radio ridiede così 
                  importanza alla crittografia, ovvero allarte e alla scienza 
                  di creare codici segreti, e fece nascere un nuovo business e 
                  unarte nuova: lo spionaggio elettronico, che ormai è 
                  unattività su scala industriale.
 Nel corso del ventesimo secolo i governi si sono sempre più 
                  resi conto dellimportanza di codici segreti efficaci, 
                  che invece spesso erano tuttaltro che sicuri. Durante 
                  la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna 
                  esistevano gigantesche strutture di decrittazione dei codici, 
                  che analizzavano e leggevano centinaia di segnali provenienti 
                  dalla Germania e dal Giappone. Quello che facevano e come lo 
                  facevano è rimasto un segreto gelosamente custodito nei 
                  decenni successivi. Nel frattempo, le organizzazioni sigint 
                  americana e inglese, la nsa e la gchq (Government Communications 
                  Headquarters) hanno costruito una rete dascolto mondiale.
 Nel dopoguerra, in base a un accordo segreto, i principali Paesi 
                  anglofoni decisero di esercitare insieme unopera di controllo 
                  e sorveglianza in diverse parti del mondo. Negli anni immediatamente 
                  successivi alla fine della guerra e poi per un quarto di secolo 
                  ci sono stati pochi indizi visibili dei raffinati sistemi messi 
                  in atto. Gran parte delle telecomunicazioni (civili, militari 
                  e diplomatiche) erano effettuate via radio su canali ad alta 
                  frequenza. La nsa e i suoi collaboratori tenevano in funzione 
                  centinaia di centri di intercettazione a distanza intorno allUnione 
                  Sovietica e alla Cina, ma anche sparsi in ogni zona del mondo. 
                  Dentro edifici senza finestre, le squadre di intercettazione 
                  passavano a turno ore e ore ascoltando il silenzio, inframmezzato 
                  da periodi di attività frenetica. Per le basi di ascolto, 
                  in prima linea nella Guerra Fredda, il monitoraggio delle radiotrasmissioni 
                  militari comportava un notevole stress. Gli operatori ricordano 
                  come molti colleghi avessero spesso dei crolli nervosi dovuti 
                  alla tensione, magari con corse al gabinetto dopo aver creduto 
                  di avere intercettato un messaggio che segnava linizio 
                  di una guerra globale termonucleare.
 Echelon è la componente principale del sistema globale 
                  di sorveglianza gestito dallalleanza dei Paesi anglofoni. 
                  Il compito delle sue stazioni è di intercettare e di 
                  elaborare le comunicazioni che passano attraverso la rete dei 
                  satelliti commerciali. Altre componenti del sistema si occupano 
                  dellintercettazione dei messaggi che provengono da Internet, 
                  dai cavi sottomarini, dalle trasmissioni radio, dalle apparecchiature 
                  segrete installate nelle ambasciate, oppure si servono di satelliti 
                  in orbita per monitorare i segnali su tutta la superficie terrestre. 
                  Echelon comprende stazioni al suolo gestite dalla Gran Bretagna, 
                  dal Canada, dallAustralia e dalla Nuova Zelanda, oltre 
                  a quelle degli Stati Uniti. Alcune delle stazioni australiane 
                  e britanniche fanno lo stesso lavoro dei siti Echelon americani, 
                  ma non sono necessariamente denominate stazioni Echelon. Comunque 
                  fanno tutte parte della stessa rete globale integrata che utilizza 
                  le stesse apparecchiature e gli stessi metodi per estrapolare 
                  in modo illecito, ogni giorno e in tutto il mondo, informazioni 
                  e dati dai messaggi privati.
 Fin dallinizio degli anni Novanta si sono sviluppati sistemi 
                  comint rapidi e sofisticati per raccogliere, filtrare e analizzare 
                  i tipi di comunicazione digitale utilizzati su Internet. Poiché 
                  gran parte del potenziale della rete si trova negli Stati Uniti 
                  o è collegato con gli Stati Uniti, molte comunicazioni 
                  del «cyberspazio» passano attraverso siti intermedi 
                  che si trovano in territorio americano. In genere le comunicazioni 
                  tra Europa, Asia, Oceania, Africa o Sud America passano dagli 
                  Stati Uniti.
 I messaggi Internet standard sono composti da «pacchetti» 
                  digitali chiamati datagram. Questi contengono numeri che si 
                  riferiscono alla loro origine e destinazione chiamati «indirizzi 
                  ip». Ogni computer collegato a Internet ne ha uno proprio. 
                  Per questo sono sostanzialmente facili da individuare come siti 
                  di origine o di destinazione. La gestione, la selezione e linoltro 
                  di milioni di questi pacchetti al secondo è unattività 
                  fondamentale per qualsiasi centro Internet. In parte è 
                  lo stesso processo a rendere facile lestrazione di dati 
                  ai fini dello spionaggio informatico.
 Il percorso che segue ogni pacchetto o datagram su Internet 
                  dipende dallorigine e dalla destinazione dei dati, dai 
                  sistemi che servono per entrare e uscire da Internet e da una 
                  miriade di altri fattori, non escluso lorario dinvio. 
                  Per questo i routers che operano sulla costa occidentale degli 
                  Stati Uniti sono al minimo di attività quando il traffico 
                  in Europa centrale è più congestionato. È 
                  così possibile (e ragionevole) che alcuni messaggi, i 
                  quali dovrebbero percorrere una breve distanza geografica su 
                  una rete europea sovraccarica, seguano invece una strada che 
                  li porta prima, per esempio, in California. Ne deriva che una 
                  grossa percentuale delle comunicazioni internazionali su Internet, 
                  per le caratteristiche del sistema, transiti dagli Stati Uniti 
                  e sia così accessibile al monitoraggio della nsa.
 Invece lo spionaggio microeconomico e lintelligence competitiva 
                  si occupano di informazioni sui particolari delle gare dappalto 
                  e/o delle aziende e possono far sì che alcune società 
                  si avvantaggino in un particolare mercato grazie a maggiori 
                  conoscenze sulle transazioni e sugli acquirenti. Queste attività 
                  possono anche ottenere informazioni specifiche e utilizzabili 
                  sulle attività di marketing e, soprattutto, sulle offerte 
                  della concorrenza. Lo spionaggio microeconomico è particolarmente 
                  utile in due casi:
  reperire informazioni preliminari su appalti o gare 
                  che stanno per essere lanciate, come le richieste di offerte 
                  nella fase iniziale di una trattativa commerciale;  reperire informazioni specifiche sulle offerte della 
                  concorrenza alla chiusura di una gara, nella fase di «offerta 
                  migliore e definitiva».
 I due tipi di spionaggio microeconomico sono possibili con 
                  il ricorso sistematico alle intercettazioni comsat. Lo spionaggio sia macroeconomico sia microeconomico può 
                  facilmente venire a sovrapporsi ad altre forme di raccolta occulta 
                  di informazioni. Carpire notizie sulle posizioni che in una 
                  trattativa multilaterale assumeranno i governi stranieri è 
                  utile tanto per la diplomazia quanto per gli interessi commerciali. 
                  Per quanto riguarda la Difesa, si possono raccogliere informazioni 
                  sul commercio internazionale di armi per ragioni militari, ma 
                  è probabile che, per loro natura, le stesse informazioni 
                  siano di grande valore sul piano macroeconomico nei principali 
                  Paesi produttori di armamenti. Daltro canto, spesso il 
                  principale obiettivo delle attività comint riguarda il 
                  commercio di certe materie prime come loro o il petrolio, 
                  ma si tratta di informazioni che difficilmente servono a sostenere 
                  il commercio estero. Quando gli obiettivi dello spionaggio sono 
                  i cosiddetti «Stati canaglia», come la Corea del 
                  Nord o lIraq, sono molti i dati microeconomici che vengono 
                  raccolti e analizzati: lo si fa per avere un quadro particolareggiato 
                  delle condizioni economiche, per valutare quanto sia stabile 
                  la situazione politica interna, e non per avere un qualche vantaggio 
                  commerciale. Ne deriva che non ci sono e non ci possono essere 
                  nette linee di demarcazione tra lo spionaggio diplomatico e 
                  quello militare, politico ed economico.
  Duncan Campbell
 
 
                      
                       
                        | 
 elèuthera
 Duncan 
                            Campbell 
 Il 
                            mondo sotto sorveglianzae lo spionaggio elettronico globale
 192 pp. / € 13,50
 LAUTORE 
                            
   Duncan 
                            Campbell, scozzese, è giornalista, scrittore 
                            e produttore televisivo. Specializzato sui temi delle 
                            libertà civili, da più di ventanni 
                            si occupa dei moderni sistemi di intercettazione e 
                            sorveglianza. È stato lui a rendere pubblica, 
                            nel 1988, con un articolo sul "New Statesman", 
                            l'esistenza del progetto Echelon. |      Lecologia 
                  nellanarchismo iberico Lanarchismo iberico ha, almeno nella vulgata militante, 
                  il suo principale punto di forza nellattuazione pratica 
                  della critica allo Stato attraverso lesperienza delle 
                  collettività comuniste libertarie del periodo della guerra 
                  civile. Questo volume (Eduard Masjuan, La ecología 
                  humana en el anarquismo ibérico. Urbanismo organico 
                  o ecológico, neo malthusianismo y naturismo social, 
                  prologo de Joan Martinez Alier, Barcelona, Icaria Antrazyt, 
                  2000, pp. 504) invece si ripropone di indagare le idee degli 
                  anarchici in merito ai problemi demografici e a quelli delluso 
                  del territorio. Anche alla luce dellattuale dibattito 
                  ecologista la ricerca rappresenta un inedito ed interessante 
                  supporto di documentazione storica incentrato sugli aspetti 
                  del neomalthusianismo e dellurbanismo organico. Una prima 
                  conclusione dello studio è che su ambedue le questioni 
                  gli anarchici hanno profuso idee di grande rilevanza rispetto 
                  ai successivi sviluppi di mentalità ed alle acquisizioni 
                  scientifiche degli ultimi due secoli. Questo nonostante il perdurante 
                  silenzio delle culture dominanti o di quelle che hanno fatto 
                  man bassa, certo reinterpretandole, di quelle istanze. In seconda 
                  battuta si può constatare come, nella pratica, le idee 
                  di urbanismo ecologico siano state sonoramente sconfitte, ma 
                  che, al contrario, i principi di limitazione delle nascite, 
                  di autodeterminazione della donna si siano fatti strada. Manca 
                  la certezza che il neomalthusianismo anarchico militante abbia 
                  influito praticamente nella transizione demografica. In ogni 
                  caso sarebbe assurdo considerare questultimo fenomeno 
                  come una sorta di meccanismo avulso dallambiente socioculturale 
                  circostante. Da questo punto di vista si deve sottolineare la 
                  dimensione internazionale del movimento e, insieme, la sua specificità 
                  iberica, anzi catalana. Il libro non si occupa soltanto di riferire 
                  sulla diffusione delle pratiche di limitazione delle nascite 
                  in quellambito, bensì analizza idee e mentalità 
                  che si formano in loco con il contributo di quelle venute da 
                  fuori. Una società aperta e pervasa da fermenti 
                  e inquietudini, da forti tensioni ideali e da una grande sensibilità 
                  sociale verso il nuovo, è capace sia di adottare contraccettivi 
                  dimportazione sia dinventarne di nuovi. Allo stesso modo nascono in Barcellona il cosiddetto urbanismo 
                  organico e le proposte di Città Giardino scollegate dalle 
                  metropoli. Ciò per far fronte a ciò che Patrick 
                  Geddes ha chiamato conurbazioni e che, cinquantanni dopo 
                  a Los Angeles, William Whyte definirà urban sprawl, 
                  qui tradotto in mancha de aceite. Al contrario, quello 
                  che si era inventato nella capitale catalana era 
                  lurbanismo illimitato con la cuadrícula de Cerdá. 
                  Ma già nel 1897 le aggregazioni forzate dei municipi 
                  minori del circondario barcellonese avevano trovato una ferma 
                  opposizione da parte dei gruppi anarchici. Ebbene lautore 
                  individua una coerente ed omogenea linea di rifiuto a quel progetto, 
                  un filone teorico robusto che potrà essere considerato 
                  definitivamente sconfitto soltanto nel 1937, ossia in concomitanza 
                  delle note tragiche vicende politiche che si consumano nello 
                  scenario cittadino. Allaccusa infamante di borghesi 
                  rivolta a suo tempo da Francesc Roca, la replica è che, 
                  piuttosto, le connotazioni del progetto libertario, de-centralizzatore 
                  ed ecologico, sono rivoluzionarie mentre è la sinistra 
                  marxista a confermare la sua vocazione per lurbanismo 
                  illimitato. Nella Mosca degli anni Trenta si verifica la sconfitta 
                  strepitosa delle velleitarie proposte di disurbanizzazione, 
                  ridicolizzate da Le Corbusier, affossate da Stalin. Il disprezzo 
                  della natura da parte dei ceti dirigenti industriali, seguaci 
                  dello sviluppo senza regole e senza ostacoli, le esortazioni 
                  a crescere e a moltiplicarsi delle autorità ecclesiastiche 
                  fanno del neomalthusianismo come dellurbanismo organico 
                  due autentici movimenti di resistenza contro chi teorizza, e 
                  pratica, la selvaggia violazione dei limiti per fini propri. 
                  Così lanarchismo iberico è stato un movimento 
                  sociale anticipatore della sensibilità naturalista, di 
                  un ecologismo inteso non come lusso per i ricchi ma come necessità 
                  per lumanità. Correnti politiche opposte fra di 
                  loro hanno condiviso ladesione di massima, salvo piccole 
                  divergenze, alla troika modernizzatrice del XX secolo: Ford 
                  - Taylor - Le Corbusier, ciò disprezzando ogni preoccupazione 
                  per la salvaguardia per lambiente e le fondate critiche 
                  del neomalthusianismo popolare. Queste forze sociali egemoniche 
                  con le loro idee di dominio sulla natura e di un urbanismo industriale 
                  espansivo hanno messo la mordacchia alla dissidenza. A Barcellona, 
                  capitale anarchica, dopo la repressione stalinista del 1937, 
                  dopo quarantanni di franchismo e oltre venti anni di transizione 
                  politica le idee libertarie su questi temi così pregnanti 
                  (ecologia e trasformazione sociale) sembrano riprendere quota 
                  nel milieu scientifico. Nella prospettiva storica qui analizzata, 
                  le classi popolari si dimostrano capaci di elaborare proprie 
                  strategie in modo originale ed autonomo dai governi e dai poteri 
                  economici.
  Giorgio Sacchetti
   La cuoca di 
                  Durruti Siamo andati allassalto, cantando, tra i fiori 
                  e i venti profumati dellestate, adesso, stiamo assistendo, 
                  impotenti, alla fine
 Natale è alle porte, abbiamo 
                  deciso di preparare un po di frittelle. È lultima 
                  volta che cuciniamo, e molte di noi le impastano di lacrime. 
                  Domani si parte per una missione di sangue e di speranza, stanotte, 
                  invece, ci sporcheremo le mani di farina, di zucchero, di cannella 
                  e damore. 26 gennaio 1939, Barcellona è caduta
 
                  Nadine è la cuoca di Durruti, giovane studentessa 
                  di medicina e guerrigliera della CNT-FAI negli anni dellultima 
                  resistenza campale al franchismo. Il libro (Anonimo, La cuoca 
                  di Buenaventura Durruti. La cucina spagnola al tempo della guerra 
                  civile. Ricette e ricordi, prefazione di Luigi Veronelli, 
                  Roma, Derive Approdi 2002, pp. 208, € 16,00) trae origine 
                  dal ritrovamento casuale di un manoscritto, nel 1970, allinterno 
                  di un lotto di pubblicazioni sulla guerra di Spagna in vendita 
                  alla mitica libreria Pinkus di Zurigo. Il corpus eterogeneo 
                  del materiale si compone di un brogliaccio di cucina accompagnato 
                  da racconti sintetici di episodi, oltre un centinaio di fogli 
                  dattiloscritti non ordinati, foto e ritagli di giornali.
 Luigi Veronelli, maestro di anarchia applicata, ci fa rivivere 
                  le passioni di una donna travolta dalla tragedia e dalla sconfitta 
                  del progetto rivoluzionario, e che pure sa inventare ogni volta 
                  nuove resistenze. Le speranze di Nadine e gli spaccati 
                  di vita quotidiana sono, nelle intenzioni del curatore, la risposta 
                  esaustiva ad una domanda che le giovani generazioni da 
                  sempre si pongono: come si vive quando il negativo scende nelle 
                  strade?. Il volume, alla stregua di un menu, si divide 
                  in entrate, piatti di mezzo e dessert. Dietro al nome accattivante 
                  di ogni portata (ne abbiamo contate 86!) cè la 
                  concretezza di chi ha deciso di fondere la propria vita con 
                  gli ideali in cui crede. Luguaglianza e la libertà 
                  sono i canoni di una sovversione che è sempre costruttiva. 
                  Così la socialità intima di un convivio può 
                  essere anche lincipit per la rinascita e per nuovi sogni. 
                  E per un brindisi, nonostante tutto.
 
Infine, preparammo una sangria, se ne incaricò 
                  Estrella che, da ragazzina, ha lavorato in una bodega 
                  di Maiorca. Per un litro di vino rosso, callet, tempranillo 
                  o manto negro, sono i migliori, perché sono fruttati, 
                  ci spiegò Estrella, ci vogliono unarancia, un limone, 
                  due pesche bianche e mezzo melone. Separate le scorze dagli 
                  agrumi, tagliandole a spirale. Mettetele nel vino, aggiungeteci 
                  questi tagliati a fettine per il largo, le pesche, senza il 
                  nocciolo, tagliate a spicchi, il melone tagliato a fettine sottili. 
                  Versate nel vino due o tre cucchiai di zucchero, un bicchierino 
                  di brandy, un chiodo di garofano. Aggiungete un bicchiere di 
                  acqua e ghiaccio, agitate con cura e servite
 Interessante anche il corredo fotografico. Cè un 
                  primo piano di un pneumatico militare sovietico più 
                  pericoloso dei commissari politici russi. E in copertina 
                  Nadjeta, detta Nadine mentre innesca un ordigno incendiario.
  Giorgio Sacchetti
 
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