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                 Potere e Contropotere 
                    
                
                Si intitola Contropotere (pagg. 128, euro 9,00) il 
                  libro di Elèuthera  uscita prevista: settembre 
                  2002  scritto da Miguel Benasayag (filosofo e psicoanalista 
                  argentino, residente a Parigi) e Diego Sztulwark (docente di 
                  filosofia nella Universidad Nacional di Buenos Aires, è 
                  uno degli animatori del movimento argentino El mate 
                  in difesa dei diritti civili). Al centro, i nuovi movimenti 
                  sociali: secondo gli autori, questi movimenti, ignorando volutamente 
                  la questione del potere e della sua conquista, inventano una 
                  politica del contropotere, i cui effetti sulla società 
                  esistente sono più importanti di quanto si possa credere. 
                   
                  Eccone lintroduzione.  
                La rottura nei confronti degli anni ottanta, il decennio «postrivoluzionario» 
                  che aveva sancito la disfatta annunciata di ogni impresa emancipatrice, 
                  di tutti i progetti di trasformazione sociale in nome di un 
                  conformismo rassegnato, oggi è completamente esaurita. 
                  Da qualche anno, un po dappertutto nel mondo, assistiamo 
                  allo schiudersi, in molteplici forme, di un vasto movimento 
                  che si rifiuta di vedere nel neoliberismo un «orizzonte 
                  invalicabile». Per noi la data simbolica e costituente 
                  di questa controffensiva è il 1° gennaio 1994, il 
                  giorno in cui le forze zapatiste avevano occupato la città 
                  di San Cristobal de Las Casas, nello Stato messicano del Chiapas. 
                  Da quel momento, da quel movimento, si rinnovano un discorso 
                  e una pratica alternativi che non si accontentano più 
                  di lottare «contro gli eccessi», mettendo al centro 
                  la filosofia dei «diritti delluomo», né 
                  per la tolleranza, perché la tolleranza altro non è 
                  che il privilegio dei padroni.  
                  Si tratta di unautentica sensibilità rivoluzionaria, 
                  per la quale il neoliberismo e la società del denaro 
                  e del profitto, non soltanto non sono «invalicabili», 
                  ma devono anzi essere superati. Il nucleo centrale di questo 
                  superamento è quella che noi chiamiamo la «nuova 
                  radicalità» che fa si che esso non sia legittimato 
                  in nome di un modello precostituito ma in nome della vita stessa. 
                  La controffensiva nasce prima di tutto come rottura rispetto 
                  ai metodi tradizionali dei gruppetti politici, che tentano disperatamente 
                  di recuperare un fenomeno senza fare il minimo sforzo per capirlo 
                  o per affiancarlo.  
                  Da noi non si tratta più di un «Touche pas à 
                  mon pote» (1) ma della lotta qui e subito per chi non 
                  ha casa, non ha lavoro, non ha documenti
 È un impegno 
                  giorno per giorno per costruire alternative alla mercificazione 
                  del mondo, alternative di cui la manifestazione gioiosa di Millau, 
                  nel giugno 2000, è stata una vetrina effimera. Una miriade 
                  di associazioni e di gruppi che sbocciano qua e là e 
                  sviluppano una vera e propria rete, un «rizoma di contropotere» 
                  allinterno di una nuova soggettività sovversiva 
                  che non mette più al centro la questione del potere, 
                  senza per questo escluderla.  
                  Una delle novità più importanti di questa nuova 
                  radicalità sta nellabbandono della pura militanza 
                  «contro»: nelle molteplici pratiche di ogni situazione, 
                  essa sviluppa luoghi (case, officine, università popolari, 
                  occupazioni di terre...) e modi di vita che superano concretamente 
                  negli atti lindividualismo del sistema. Una casa nel quartiere 
                  che intesse nel quotidiano i legami sociali, articolando le 
                  proprie pratiche con quelle di altre esperienze non ha niente 
                  a che vedere con la lotta di individui isolati che allelenco 
                  delle proprie attività «normali» di ogni 
                  giorno aggiungono qualche momento di solidarietà. In 
                  altre parole, si può distinguere da un lato la lotta 
                  da «agenda», quella di individui che tentano di 
                  trovare, tra le proprie occupazioni, unoccasione per essere 
                  solidali e dallaltro la nuova radicalità, che significa 
                  lo sviluppo concreto nella vita di tutti i giorni, di modi di 
                  vita e di rapporti diversi.  
                  La nostra società sta attraversando unautentica 
                  crisi culturale. Per riprendere le categorie proposte da Françoise 
                  Héritier, ogni cultura deve essere in grado di operare 
                  una chiara distinzione tra il «pensabile» e il «possibile», 
                  perché non tutto il possibile è per forza pensabile. 
                  Ora, il neoliberismo, cioè la società dellindividuo, 
                  pretende che in nome del profitto economico tutto ciò 
                  che è possibile sia pensabile. Ecco perché la 
                  nostra è una lotta per la difesa di certi principi, di 
                  certi fondamenti che la postmodernità a cercato di sradicare 
                  e senza i quali la vita sul nostro pianeta è sotto la 
                  minaccia della barbarie economica.  
                  Si sente dire che se non ci si ribella più contro lorrore 
                  economico, contro lutilitarismo dominante che considera 
                  il mondo, gli uomini, la vita come prodotti «a perdere», 
                  la ragione consiste nel fatto che la gente avverte di avere 
                  molto da perdere. Questa affermazione è più vera 
                  di quanto si possa immaginare. È vero non solo perché 
                  cè chi approfitta più o meno del sistema, 
                  ma soprattutto e sostanzialmente perché questa rivolta 
                  implica addirittura la perdita della nostra vita di individui 
                  serializzati. Da questo punto di vista anche il meno ricco di 
                  noi ha molto da perdere, perché si tratta di abbandonare 
                  un modo dessere che ha forgiato la nostra esistenza, una 
                  maniera di sentire, di pensare, di amare, un rapporto con il 
                  mondo e con noi stessi strutturato dallindividualismo: 
                  questa credenza secondo cui noi, ognuno di noi sarebbe unentità 
                  isolata da tutte le altre e che intrattiene con il mondo una 
                  relazione contrattuale. Lemancipazione è allora 
                  prima di tutto «esistenziale» e non semplicemente 
                  economica o politica. Non emerge in nome di un ipotetico «dover 
                  essere» ma, come oggi dimostrano migliaia di pratiche 
                  sparse per il mondo, in nome di un autentica gioia che sia capace 
                  di battere la nostra società della tristezza.  
                  Questo libro è parte di questo impegno comune, che non 
                  è di fatica ma di creazione, di gioia condivisa, di vita 
                  che vince la logica di sopravvivenza cui il sistema vuole asservirci. 
                  Cerchiamo di avanzare nel lavoro teorico, nella comprensione 
                  di ciò che «potrebbe» o «dovrebbe» 
                  essere, pur sapendo che, come ha scritto Marx, è lesistenza 
                  che determina la coscienza, provando ad aprire e a elaborare 
                  quale percorso a partire dai movimenti esistenti.  
                  Nelle pagine che seguono, quindi, il lettore troverà 
                  lillustrazione di un insieme di ipotesi o di chiavi di 
                  lettura di quello che chiamiamo pensiero radicale (o politica 
                  radicale). Parliamo di chiavi nel senso che aprono un diaframma, 
                  che rendono possibile il dispiegarsi di unopera, di uno 
                  spazio nuovo.  
                  
                  Miguel Benasayag  
                  Diego Sztulwark  
                Note:  
                  1. È il nome di unorganizzazione francese di solidarietà 
                  con gli immigrati. Letteralmente: «Giù le mani 
                  dal mio amico» [N.d.T.]  
                
                
                Mussolini e 
                  le Baleari 
                Il 18 novembre 1936 Mussolini, durante una seduta del Gran 
                  Consiglio del Fascismo proclamò che Le Baleari 
                  sono in nostro possesso. Il giorno prima il Duce aveva 
                  riconosciuto come legittimo il governo del generale Francisco 
                  Franco, mentre, sempre nello stesso giorno, gli antifascisti 
                  italiani riuscivano a far evacuare ed in seguito occupare il 
                  Consolato Italiano di Barcellona, istituzione diplomatica del 
                  Governo Fascista.  
                Il console aveva già provveduto a far evacuare parte 
                  dellarchivio in Italia, ma molti documenti, forse ritenuti 
                  meno compromettenti, vennero lasciati nella sede consolare. 
                   
                  Camillo Berneri è uno degli intellettuali anarchici antifascisti 
                  che prende parte alloccupazione del consolato e con un 
                  grande intuito investigativo e profonde doti di 
                  intellettuale meticoloso e scrupoloso non si lascia sfuggire 
                  limportanza di quelle carte, documenti riservati e lettere, 
                  materiale che assume in quel momento un ruolo nuovo, di denuncia 
                  internazionale. Quello che scopre Berneri è in realtà 
                  solo la conferma della frase che Mussolini avrebbe pronunciato 
                  il giorno dopo levacuazione del consolato, ossia, il suo 
                  millantato possesso dellarcipelago spagnolo.  
                  Lespansione nel Mediterraneo occidentale era in realtà 
                  un progetto che durava da molti anni; nella politica di conquista 
                  e di colonialismo di Mussolini le Baleari erano considerate 
                  uno strategico obiettivo nel suo disegno di impero, che in una 
                  ipotetica spartizione fra le potenze, sarebbero dovute toccare 
                  a lui, mentre alla Germania sarebbe invece andato il Marocco. 
                   
                  Berneri sente lurgenza e limportanza della denuncia 
                  a livello internazionale di questa invasione programmata negli 
                  anni e trova con molto lavoro e molti sforzi, tenuto conto anche 
                  del contesto di guerra e rivoluzione in cui sta vivendo nella 
                  Barcellona del 1936 e 1937, molte prove documentate che attestano 
                  lintenzione di Mussolini di fare delle Baleari un protettorato 
                  in Spagna, trampolino di lancio per la vicina Barcellona.  
                  Mussolini alla conquista delle Baleari (Galzerano Editore/Atti 
                  e memorie del popolo, Casalvelino Scalo (Sa) 2002, pag. 172, 
                  euro 10,00), più che un libro può essere definito 
                  un dossier, in quanto lautore si limita a scrivere una 
                  breve introduzione, e poi lascia che siano i documenti a parlare: 
                  corrispondenze diplomatiche, lettere, articoli di riviste e 
                  di giornali, resoconti, da cui risultano con straordinaria evidenza 
                  i progetti di conquista del Governo Fascista. Lo stesso Berneri 
                  dice: Qui sillustra soltanto come Mussolini mirasse 
                  alle Baleari come ad una testa di ponte della conquista del 
                  Mediterraneo. Qui, a parlare, è il documento, soltanto 
                  il documento, e più avanti, sempre nella sua 
                  prefazione: Non scriviamo con lillusione di commuovere 
                  lopinione pubblica, bensì con il proposito dilluminarla. 
                   
                  Già dal 1926 infatti, le Baleari avevano attirato lattenzione 
                  per la loro importanza geografica e logistica nel mar Mediterraneo. 
                  Quello che in un primo tempo venne sfruttato fu lincantevole 
                  paesaggio naturalistico, che diventò quindi la scusa 
                  per numerose crociere di avanscoperta e per dare inizio ad un 
                  piano preciso di conquista lenta e capillare. In pochi anni 
                  nelle isole si assistette ad una processione ininterrotta di 
                  navi, flotte, sottomarini, corazzate, incrociatori, sommergibili 
                  e crociere aeree che portavano in mostra giovani Camicie Nere, 
                  turisti che, immancabilmente, per la gioia del duce ossessionato 
                  dal prestigio, sfilavano implotonati.  
                  Il dossier non ha fini propagandistici, ma solo di documentazione, 
                  Berneri vuole che il mondo sappia gli orrori del fascismo, vuole 
                  che la vecchia e sorda Europa apra finalmente 
                  gli occhi di fronte alla disperata situazione del continente. 
                   
                  Camillo Berneri diede molta importanza a questo libro e sentiva 
                  la fretta e lurgenza del dover terminarlo il più 
                  presto possibile, per poter dedicare le sue attenzioni a quanto 
                  stava accadendo attorno a lui. Purtroppo non ci riuscì, 
                  perché il suo corpo venne trovato, insieme a quello dellantifascista 
                  anarchico Francesco Barbieri, crivellato di colpi di pistola, 
                  ucciso barbaramente nella notte tra il 5 ed il 6 maggio dalla 
                  polizia politica comunista.  
                  Dopo 65 anni finalmente il libro è stato pubblicato in 
                  Italia in seguito ad un tormentato iter editoriale. Nei giorni 
                  successivi la morte dellintellettuale anarchico il testo 
                  venne pubblicato, alla Oficina de Propaganda, Sección 
                  Italiana CNT-FAI con un prologo di Diego Abad de Santillán, 
                  presente anche in questa edizione, arricchita da fotografie 
                  concesse dallArchivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa 
                  della Biblioteca comunale Panizzi di Reggio Emilia. La 
                  prima edizione è però praticamente scomparsa e 
                  quindi il lavoro di Berneri è rimasto sconosciuto in 
                  Italia, dove solo pochissime persone hanno potuto leggere il 
                  suo ultimo lavoro. In lingua spagnola ebbe invece una diffusione 
                  maggiore, a partire dalla prima pubblicazione a Barcellona con 
                  il titolo Mussolini a la conquista de las Baleares, per 
                  arrivare fino in Argentina dove il libro venne pubblicato lanno 
                  successivo.  
                  La prefazione di Claudio Venza contestualizza la figura del 
                  grande studioso anarchico e inquadra storicamente limportanza 
                  dellultimo documento che ha lasciato, mentre la postfazione 
                  curata dalleditore Galzerano analizza scrupolosamente 
                  le recensioni apparse dopo la prima edizione del libro tra cui 
                  è possibile trovare quella appassionata e commossa di 
                  una giovanissima Luce Fabbri, che scrive a Montevideo per la 
                  rivista Studi Sociali.  
                  Questopera è fondamentale per comprendere limpegno, 
                  lentusiasmo, la dedizione assoluta che questo grande anarchico 
                  militante ed intellettuale ha dedicato fino allultimo 
                  momento della sua vita allanalisi, allapprofondimento 
                  ed alla denuncia del fascismo, sia nel contesto italiano che 
                  internazionale. 
                  
                  Arianna Fiore 
                  
                La voce dellanima, 
                  parola damore 
                un detto, dalcun dolce asperso  
                  ben mille volte ripetuto e mille  
                  nel costante pensier,  
                  sostegno e cibo  
                  esser solea dellinfelice amante:  
                  benché nulla damore parola udita  
                  avessella da lui  
                  (Giacomo Leopardi, Consalvo)  
                Si lamentano cinque tori, uccisi per realizzare la scena della 
                  corrida su cui Pedro Almodovar, nel suo ultimo film Parla 
                  con lei, ha imposto il prezzo materiale e insolvibile del 
                  marchio necatorio, dal quale leconomia dell esistenza 
                  simbolico-vitale non prescinde.  
                  Mi è difficile  ahimè!  se non addirittura 
                  impossibile perdonare il sacrificio del vivente: fare sacro 
                  ciò che lo è  in vita  già 
                  di per sé.  
                  Una difficoltà la mia, avvertita come  Clarice 
                  Lispector  dice costrizione in vita, cui riesco 
                  a non sottrarmi, giacché, come ancora lei considera, 
                  la vita di qualsiasi essere vivente vale mille e più 
                  mille volte la produzione di qualsiasi oggetto, libro, film, 
                  quadro, farmaco o monumento esso sia. Larte, alla scuola 
                  oziosa della scrittrice brasiliana, non coincide con lopera 
                  darte e la fiction scenica, che sostituisce la verità 
                  dellesistente, inappaga larte del vivere in fedeltà 
                  al sentire.  
                  Come chiamare questa cosa che si sottrae? come richiamarla a 
                  sé e non perderla? 
                  Alla sua casa di produzione cinematografica Almodovar ha dato 
                  nome el deseo, si apprende dalle intestazioni ai 
                  suoi film. La forza di un nome (appropriato?) rivela il potere 
                  di appropriazione  e quindi anche di espropriazione  
                  di un dire impersonale: ossia la trama intessuta da crune simboliche 
                  dove il discorso persuasivo si perde in un sentire visionario. 
                   
                  Poteva essere evitato il sacrificio dei cinque tori? In tutta 
                  evidenza, no. Cinque le dita della mano umana, cinque i sensi 
                  nominabili, il sesto senso del giudizio incede sul luogo del 
                  desiderio. Nel mistero che agita il mondo, il geniale 
                  irrora una vena struggente.  
                  Parla con lei tocca, con la leggerezza di una mano invisibile 
                  anche quando gli oggetti del suo tastare imprimono tutta la 
                  loro cruenta concretezza, la realtà sbilenca di vita, 
                  amore e morte.  
                  Daltra parte, la parola divina guarisce nella modalità 
                  di un miracolo continuo e non nell attesa di esso. Né 
                  messianico né escatologico, il senso del tempo è 
                  fissato, con incursioni a macchia, da un racconto svolto al 
                  presente assoluto. Lora evoca il passato con la rammemorazione 
                  illineare, secondo un movimento di significazione a ritroso 
                  e a salti illuminanti; per cui capita soltanto ciò che 
                  si sente di capire e si capisce soltanto ciò che ci capita 
                  di sentire.  
                  Questa simmetria realizza, a condizione però di un 
                  estetica non dogmatica, limpalpabile spirito delle relazioni 
                  intrecciate, per pura gratuità, dai personaggi del film. 
                   
                  La storia si dispiega allora tra la più lieve delle strutture 
                  possibili e su tale leggerezza si articolano le sequenze di 
                  un discorso tra amore e morte. La prima delle quali vede  
                  film dentro il film  una sala cinematografica dove un 
                  uomo distoglie lo sguardo dalla scena virtuale e lo dirige su 
                  un altro uomo che, seduto accanto a lui, piange per essa.  
                  Scena muta è quella che commuove, da una parte come dallaltra. 
                   
                  La scena proiettata da due sonnamboliche danzatrici, in una 
                  stanza ingombrata da sedie, vede un accorto scenografo, affannarsi 
                   servizievole  a toglierle affinché la regia 
                  della danza si svolga liberamente. Nulla potendo però 
                  all infrangersi del trasognato movimento sul limite fisico 
                  delle insormontabili pareti.  
                  La scena rifratta rifrange, a sua volta, un pubblico inscenato 
                  sullo scarto tra simbolico e reale. Essa restituisce allimmaginario 
                  la verità del visibile: si vede ciò da cui si 
                  è guardati. Lo spettacolo dentro lo spettacolo coinvolge 
                  il pubblico spettatore esterno, senza ingabbiarlo con linvadente 
                  monotonia di un riflesso narcisistico. Linterpretante 
                  è anche linterpretato da ciò che interpreta 
                  e linterpretazione finisce in una comica farsa.  
                  Lallegoria del cinema  sembra dire Almodovar  
                  è la non metafora della vita.  
                  Parla con lei dice altro. A cominciare dal titolo che 
                  non è unetichetta a sintesi conclusiva di una dimostrazione, 
                  bensì un pezzo di intercalato frastico, espresso da Benigno, 
                  quale benevolo invito a dar voce allamore indicibile e 
                  fisicamente interdetto.  
                  Benigno daltronde è colpito da Alicia prima ancora 
                  di esserne linfermiere, amante amorevole, durante il suo 
                  coma profondo.  
                  Marco, il duro che piange, vive unanaloga 
                  per quanto differente situazione con la donna torera, anche 
                  lei caduta in coma, a seguito e per la sfida fallica con la 
                  forza mortale della corrida. Ma Marco è incapace a toccare 
                  con mano e con parole il corpo dellamata. Lo sorveglia 
                  ma non lo anima, giacché le cure materiali al corpo lo 
                  mantengono in vita, ma le parole damore, che a lui mancano, 
                  lo resuscitano. Così si spiega la misura vivente di un 
                  corpo fisico che immediatamente è corpo spirituale.  
                  La trama della relazione materna e lordine di quella paterna 
                  si intrecciano senza omologarsi. In una matassa di storia dove 
                  luno e laltra fanno della loro mancanza leccedenza 
                  che muove il desiderio, il mistero della vita e della morte 
                  appare piuttosto la narrazione della magia.  
                  Sorto da una visione evocata da un cinema muto, tanto simile 
                  al sogno di un uomo piccolo piccolo abbandonato si all 
                  enormità di una vagina di cartapesta, il desiderio di 
                  Benigno fa del mostro allegorico lironia scherzosa della 
                  verità: un atto di verità sessuale che si compie 
                  inevidente, e che in tutta evidenza nasconde il suo fragile 
                  potere violatore, stùpido e stupìto.  
                  Vicino alla relazione materna più di quanto lo psichiatra, 
                  padre di Alicia, sia disposto a considerare normale, ancora 
                  Benigno fa del suo meno leccellenza del suo essere: distratto 
                  dispensi ere di un crimine vivificante laddove lobbedienza, 
                  necessaria alla costrizione damore, lo libera senza 
                  colpa e senza peccato  in un incanto ebete e stupefacente. 
                   
                  La scena del presunto stupro  Alicia in coma 
                   è invisibile; mentre quella del toro agonizzante 
                   iterata per ben cinque volte nelle prove sceniche al 
                  prezzo di cinque vere morti di tori vivi  è presente 
                  in tutta la sua indelebile cruenza.  
                  Stupro necrofilo per i sospetti del normalizzatore giudizio 
                  penale, giudizio sospeso per la mancanza di prove a carico sconfessano 
                  il peccato di un atto damore con gesti di cura amorevole. 
                   
                  Certo, amore sesso e morte trovano misura soltanto nel cuore 
                  puro. Ma quando, mio Dio, il cuore può dirsi puro? 
                  Mi sovviene allora, con la domanda che Clarice Lispector annota 
                  perplessa nel suo diario di scrittrice, anche la sua risposta: 
                  A volte nellamore illecito è contenuto tutto 
                  lamore di anima e corpo.*  
                  Dunque, Parla con lei assolve non tanto e soltanto un 
                  imperativo in forma di consiglio; né è un abito 
                  consolatorio per chi non trova risposta nel cuore dell 
                  altra.  
                  «Parla con lei» suona unesclamazione piuttosto, 
                  in virtù di un soggetto inespresso o sottinteso privo, 
                  in entrambi i casi, di una forte identità 
                  soggettiva. Il mostruoso infatti turba le rassicuranti certezze 
                  dellopinione dominante e risveglia al contempo lincanto 
                  di vedere: lui che parla con lei. Senza cancellarla.  
                  La parola vivifica e la lettera uccide, si legge nel Vangelo. 
                  Nella penultima scena Benigno si lascia andare con uno scritto. 
                  La sua lettera commuove Marco fino al pianto disperato in quel 
                  corpo rude che è.  
                  Rende infine continuo il gioco del desiderio rilanciato con 
                  il sottotitolo Alicia e Marco.  
                  Su cui si arresta limmagine. 
                  
                  Monica 
                  Giorgi 
                Note:  
                  *Clarice Lispector, La scoperta del mondo, La tartaruga, 
                  Milano 2001. La citazione è presa alla data 5 aprile 
                  1969, pag. 176.  
                  
                Il vento dalla 
                  Liguria  
                Ecco un nuovo racconto appena pubblicato dal giovane scrittore 
                  ligure Marco Sommariva: si tratta di Fischia il vento 
                  (Caroggio Editore, Genova 2002, prezzo 8,00 euro).  
                  Con questa nuova uscita Marco non solo conferma tutte le promesse 
                  fatte con i suoi lavori precedenti (comunque puntualmente mantenute), 
                  ma dimostra che le belle cose che si sono dette in giro e scritte 
                  a suo proposito non erano esagerazioni di giornalisti recensori 
                  irretiti da un qualche ufficio stampa intenzionato a spingerlo 
                  nel mondo delleditoria. Erano complimenti del tutto meritati: 
                  il ragazzo, insomma, gioca bene e ha talento.  
                  Il suo primo lavoro Il cristallo di quarzo (pubblicato 
                  nellottobre 1999 dalle edizioni Sicilia Punto L, ed allora 
                  segnalato su queste pagine da Marco Casamonti), era un misto 
                  curioso di noir e spy story costruito attorno ad una soluzione 
                  immaginaria ed al tempo stesso assai verosimile dei fatti di 
                  Ustica del giugno 1980, a tuttoggi non ancora risolti 
                  ufficialmente dai nostri organi governativi.  
                  Lo stile in questo scritto desordio è veloce, il 
                  ritmo della scrittura paragonabile al respiro urgente del rock. 
                   
                  Il cristallo di quarzo è un racconto gonfio di 
                  suoni (CSI, telefonate, treni, televisori, autobus, Pink Floyd, 
                  altoparlanti, Radiohead, clacson, etc.), non una colonna sonora 
                  tradizionale, badate: sembra proprio che sia il racconto a fare 
                  rumore.  
                  Trovo che Marco, sin dallinizio, abbia mostrato una certa 
                  abilità nel caratterizzare i personaggi dei suoi racconti 
                  con tratti essenziali e precisi: le parole sono studiate una 
                  ad una nel colore e nel peso, lautore ci dà per 
                  indicazione pochi elementi e lascia fare il grosso del lavoro 
                  alla fantasia di chi legge. Non è avarizia, questa, ma 
                  un grande regalo che ci viene fatto.  
                  Bene, questo primo passo editoriale sembra gli abbia portato 
                  fortuna: lo scorso anno labbiamo ritrovato vincitore del 
                  web-concorso La staffetta degli scrittori promosso 
                  dalla libreria online bol.com, poi sè letta la 
                  sua storia damore e danarchia Ho ucciso Capossela 
                  (Edizioni Cr.Es.Pi., Genova 2001, prezzo 1,55 euro).  
                  Marco in questo lavoro sperimenta, si spinge un po più 
                  avanti senza accontentarsi delle etichettature semplici (
assomiglia 
                  quasi a Pino Cacucci, sè spesso letto e detto). 
                  È questa una storia assai strana, anzi una non-storia, 
                  tutta fatta di frasi corte appiccicate tra loro e tenute assieme 
                  come per un miracolo cinematografico (oppure per bravura, dipende 
                  dai punti di vista). Parole tenute assieme con una colla fatta 
                  dimmaginazione che stridono e fanno scintille, cibo buono 
                  per limmaginazione.  
                  Un po sullo stile di Ho ucciso Capossela è 
                  Non ci lasceremo mai, il cut-up che Marco ha scritto 
                  per la raccolta Mille papaveri rossi, un cd di prossima 
                  pubblicazione che raccoglie alcune canzoni di Fabrizio De André 
                  interpretate da musicisti estranei e/o marginali rispetto alla 
                  scena musicale discografica. Beh, insomma: io lho letto. 
                  Voi per favore abbiate ancora un po di pazienza
 
                   
                  Veniamo finalmente al nuovo libro. In Fischia il vento 
                  Marco sè messo a fare tuttaltra cosa rispetto 
                  al passato. Il genere stavolta è storico contemporaneo: 
                  queste pagine raccontano di un gruppo di partigiani impegnati 
                  in unazione di guerriglia nella zona dellentroterra 
                  genovese, e della rappresaglia terribile che ne seguì. 
                  Disgraziatamente, questa è una storia vera. Anzi, sono 
                  tanti pezzi di storie tutte vere, anche quelle inventate. Cicatrici 
                  della memoria, così le chiama Marco, che ha iniziato 
                  a lavorare a questo progetto raccogliendo i racconti dei suoi 
                  genitori: storie di miseria, lotta, fame, rabbia, impotenza, 
                  così le chiama.  
                  In questo libro cè anche un poco delle storie che 
                  i miei genitori raccontavano a me quandero piccolo: non 
                  riuscivo a capire che cosa poteva significare vivere in 
                  tempo de guera, ma dagli occhi grandi di mia madre che 
                  si velavano improvvisamente e dal nervosismo delle parole spezzate 
                  di mio nonno capivo che era una cosa brutta che cera stata 
                  e che bisognava impedirne il ritorno.  
                  Anche questo libro, al pari delle altre cose scritte da Marco, 
                  ha un suono proprio: un rumore assordante.  
                  Fischia il vento è, senza mezzi termini, un pugno 
                  forte sullo stomaco. Gronda (letteralmente) sangue, passione, 
                  morte, rabbia, violenza. Eppure, conficcate in mezzo alle parole, 
                  troviamo schegge di speranza che nonostante una distanza lunga 
                  sessantanni che ci separa dalla Resistenza sono così 
                  taglienti da far male. Taglienti e assordanti, più del 
                  silenzio pesante con cui si vuol seppellire la storia recente 
                  del nostro paese. Ordigni del cuore che scoppiano a distanza 
                  di una vita, di molte vite anzi, liberando oggi intatto e terribile 
                  il fragore osceno delle granate e degli spari che rimbombava 
                  nella testa di chi allora, a neanche ventanni, non sera 
                  rassegnato e aveva trovato il coraggio oppure la disperazione 
                  di scappare di casa e fuggire in montagna.  
                  La storia non è inchiodata al 1945 ma ha una coda lunga 
                  fino ad oggi: ancora, un misto di passione e speranza 
che 
                  non vi racconterò.  
                  
                  Marco Pandin 
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