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                 Da quando esiste Naga-Har ?  
                Il centro Naga-Har per Richiedenti asilo-Rifugiati-Vittime 
                  della tortura è nato ufficialmente nel febbraio 2001. 
                 
                Che tipo di servizio svolge il Naga-Har per i richiedenti 
                  asilo?  
                Una funzione importante dellHar è la consulenza 
                  legale ai rifugiati e ai richiedenti asilo, la redazione della 
                  documentazione medica per la certificazione delle torture subite, 
                  che servirà loro quando si presenteranno alla Commissione 
                  di Roma. Comunque lobiettivo principale del nostro centro 
                  è la realizzazione di un luogo dove stare, un posto fisico 
                  dal quale ripartire e incontrare altre persone. Se tieni conto 
                  anche che molti rifugiati non hanno casa o alloggiano presso 
                  dormitori nei quali di giorno non si può sostare, qui 
                  possono almeno stare al caldo e in compagnia, bere un caffè, 
                  fare due chiacchiere, navigare in internet... durante la bella 
                  stagione organizziamo tornei di calcio, gite fuori porta, qualche 
                  festa. Abbiamo optato per un approccio assolutamente non medicalizzante, 
                  non viene fatta fisioterapia né psicoterapia, abbiamo 
                  voluto realizzare un centro che da un lato costituisse un tessuto, 
                  un luogo fisico di appoggio e di incontro e dallaltro 
                  si facesse carico di una funzione di denuncia; questo perché 
                  se ti occupi solo del versante medico finisci per studiare il 
                  caso.  
                Che differenza cè fra un rifugiato ed un richiedente 
                  asilo?  
                Il rifugiato è una persona che per un fondato 
                  timore di persecuzione, per motivi di razza, religione, cittadinanza 
                  appartenenza ad un determinato gruppo sociale, od opinione politica 
                  si trova fuori del paese in cui ha la cittadinanza e non può 
                  oppure, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione 
                  di tale paese.  
                  Un richiedente asilo è la persona che fa richiesta per 
                  ottenere lo status di rifugiato e che deve sottostare a tutta 
                  una serie di pratiche.  
                  La maggioranza dei richiedenti asilo che vengono da noi al Naga-Har 
                  hanno subito torture.  
                Avevate già avuto esperienze con i rifugiati? 
                 
                Dal 1987 come Naga. Bisogna ricordare che in quegli anni lItalia 
                  era priva di una legge organica sui rifugiati e richiedenti 
                  asilo, quindi non riconosceva ancora lo status di rifugiato. 
                  Nel 1989 con la legge Martelli lItalia diventa un paese 
                  in cui è possibile presentare richiesta dasilo. 
                  Le persone che abbiamo incontrato a partire dal 1987 in genere 
                  erano di passaggio, la loro meta erano altri stati dove richiedere 
                  asilo.  
                Questo corrisponde allimmagine consueta dellItalia 
                  come paese interessato solo dal transito dei migranti verso 
                  altri paesi...  
                Alla luce della nostra esperienza oggi possiamo dire che lItalia 
                  era un paese di passaggio. Ad esempio se prendiamo in 
                  considerazione i dati italiani e quelli tedeschi notiamo unenorme 
                  disparità, nonostante negli anni le richieste dasilo 
                  siano aumentate anche in Italia. Il motivo di questa differenza 
                  dipende soprattutto dalle sanatorie che si sono avute nel nostro 
                  paese: di fronte alla possibilità di scegliere fra la 
                  possibilità di diventare immigrato grazie alla sanatoria 
                  a casa o la richiesta dasilo, il potenziale rifugiato 
                  tendeva ad utilizzare la prima e non la seconda. Questo per 
                  una serie di motivi: innanzitutto per la possibilità 
                  di rientro nel proprio paese, infatti se viene riconosciuto 
                  lo status di rifugiato è impossibile fare ritorno nel 
                  paese dorigine, mentre con il permesso di soggiorno per 
                  lavoro questo è sempre fattibile.  
                  La situazione italiana comincia ad allinearsi a quella europea 
                  solo a partire dal 1999 quando non vengono più riconosciute 
                  possibilità di sanatoria, per cui chi intende chiedere 
                  asilo deve riferirsi alla procedura apposita, così accade 
                  qualcosa di insolito: mentre i dati europei cominciano ad assestarsi 
                  su livelli costanti, quelli italiani cominciano a crescere. 
                   
                  A questo proposito i dati italiani sono estremamente allarmanti, 
                  prendiamo ad esempio lanno 1999: su 33.000 domande di 
                  richiesta dasilo, ne vengono esaminate 8.000, quindi abbiamo 
                  perso 25.000 persone. Tra quelle esaminate 800 sono state accolte. 
                 
                Una volta inoltrata la richiesta di asilo politico cosa 
                  accade?  
                Dopo la presentazione della domanda il richiedente asilo verrà 
                  invitato a presentarsi nuovamente in questura con la documentazione 
                  relativa alla propria storia (che deve quindi essere raccontata 
                  e redatta per essere presentata), nel frattempo otterrà 
                  un permesso di soggiorno temporaneo (quindi entra nellalveo 
                  della legalità) valido fino al riconoscimento dello status 
                  di rifugiato. Dopodiché passano parecchi mesi fino al 
                  momento in cui il richiedente asilo non viene convocato a Roma, 
                  presso la commissione incaricata di riconoscere e concedere 
                  lo status di rifugiato. Durante tutto questo percorso non viene 
                  riconosciuta alcuna tutela, se non quella sanitaria, che siamo 
                  riusciti ad inserire nella legge attuale; altri diritti non 
                  sono riconosciuti, se non una minima somma di denaro per 45 
                  giorni, il richiedente asilo non può nemmeno lavorare. 
                 
                  
                 
                    
                  Può capitare che...  
                Da chi è costituita la commissione esaminatrice? 
                 
                È composta da un responsabile del ministero degli esteri, 
                  uno del ministero degli interni, un responsabile del consiglio 
                  dei ministri, come consulente cè anche un responsabile 
                  dellACNHUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per 
                  i rifugiati). Una volta ascoltata la storia del rifugiato la 
                  commissione ha tre possibilità: il conferimento di un 
                  permesso umanitario, che si differenzia dallo status di rifugiato 
                  in quanto temporaneo, il riconoscimento dello status di rifugiato, 
                  oppure il rigetto della domanda, in questultimo caso si 
                  aprono altre due possibilità, lespulsione o la 
                  possibilità di fare ricorso.  
                  Nel caso invece in cui sia riconosciuto lo status di rifugiato 
                  vengono riconosciuti anche una serie di diritti: innanzitutto 
                  il permesso di soggiorno illimitato, laccesso allassistenza 
                  sanitaria, la richiesta di ricongiungimento familiare, la possibilità 
                  di richiedere contributi economici, la possibilità di 
                  lavorare.  
                  Il permesso umanitario è temporaneo e legato al persistere 
                  delle condizioni che hanno costretto il richiedente asilo alla 
                  fuga, ad esempio la guerra, nel momento in cui una guerra finisce, 
                  il permesso scade e segue lespulsione; in questultimo 
                  caso non si tiene conto del fatto che chi rientra nel proprio 
                  paese non troverà nulla.  
                  Entro il 31/12/2002 listituto del permesso umanitario 
                  verrà unificato in tutta Europa, in modo da uniformare 
                  i criteri dei vari paesi, sia nel conferimento che nel riconoscimento 
                  di diritti che questo istituto comporta; mentre per quanto riguarda 
                  il riconoscimento dello status di rifugiato permane una grande 
                  disparità tra i vari paesi europei.  
                Come opera la commissione ministeriale che supervisiona 
                  le domande dei richiedenti asilo?  
                I dati in nostro possesso per lItalia sono riferiti al 
                  2000 (del 2001 abbiamo solo il numero delle domande: 9.000). 
                   
                  Nel 2000 su 24.000 domande inoltrate, 22.000 sono state respinte 
                  e solo 2.000 sono state riconosciute. Se guardiamo la situazione 
                  dei richiedenti asilo suddivisi per paese di provenienza la 
                  situazione appare ancora più drammatica: delle 12.000 
                  domande provenienti dalla ex Yugoslavia, solo 500 sono state 
                  riconosciute; delle 3.200 provenienti dalla Turchia (e sono 
                  in prevalenza curdi), solo 200 sono state accettate. La media 
                  è comunque in linea con quella europea, attorno al 5-6% 
                  di domande accettate.  
                  Di solito la commissione spiega caso per caso i motivi del respingimento 
                  della domanda, le motivazioni più ricorrenti sono la 
                  non veridicità della testimonianza riportata o la non 
                  sussistenza di fondati motivi per la concessione dellasilo 
                  politico; soprattutto in questultimo caso si pensa che 
                  per il richiedente asilo sia sufficiente cambiare città 
                  per sottrarsi alla persecuzione.  
                  È naturalmente un discorso molto restrittivo, anche perché 
                  non tiene conto della situazione politica generale di una nazione, 
                  ma si pensa solo alla dimensione locale.  
                Per chiarire... cosa succede alla frontiera quando giungono 
                  dei potenziali richiedenti asilo?  
                Ad esempio moltissimi sono curdi, una volta arrivati alla frontiera 
                  fanno richiesta dasilo ma non si fermano in Italia perché 
                  desiderano spostarsi in Germania o in altri paesi.  
                  In ogni caso alla frontiera la domanda per richiesta dasilo 
                  può essere accettata o respinta immediatamente sul posto 
                  dalla questura, naturalmente in questa fase sorgono tantissimi 
                  problemi; può capitare che un poliziotto non abbia la 
                  minima intenzione di accettare in frontiera i migranti e respinga 
                  immediatamente queste persone che non sanno nemmeno di poter 
                  accedere alla domanda per richiesta dasilo. Analogamente 
                  le associazioni che si trovano a lavorare con i richiedenti 
                  asilo, i rifugiati o i migranti in generale non possono intervenire 
                  perché sono alloscuro di tutto, come fanno le associazioni 
                  a sapere... che so... che allaeroporto di Malpensa la 
                  polizia nel giorno x ha respinto un certo numero di immigrati 
                  senza permettere loro di inoltrare la domanda di asilo?  
                  Possiamo venire a saperlo se ci sono una serie di condizioni: 
                  innanzitutto i migranti devono sapere di avere diritto allinoltro 
                  della domanda di richiesta dasilo, in secondo luogo, se 
                  la domanda viene respinta o non viene nemmeno presa in considerazione, 
                  i migranti devono avere già un contatto in Italia cui 
                  affidarsi per segnalare questo fatto, però per farlo 
                  devono parlare litaliano... è ovvio che queste 
                  caratteristiche si verificano solo in un numero ristrettissimo 
                  di persone.  
                  Per questo è importante che alle frontiere ci siano delle 
                  associazioni o delle istituzioni che forniscano supporto o valutino 
                  adeguatamente il diritto e i requisiti di queste persone per 
                  accedere alla richiesta di domanda dasilo.  
                In genere come si comporta un potenziale richiedente asilo 
                  quando arriva in Italia? Chiede aiuto alla comunità di 
                  appartenenza? A chi si rivolge?  
                Qui bisogna fare una serie di distinzioni fondamentali tra 
                  migranti e rifugiati. Innanzitutto il rifugiato non ha un progetto 
                  migratorio che vada oltre la mera necessità di salvarsi. 
                  Ad esempio il primo rifugiato di cui ci occupammo nel 1987 era 
                  scappato precipitosamente da casa di notte senza avvisare la 
                  moglie (cosa che poi gli è costata la separazione), lintenzione 
                  di fuggire già stava prendendo forma ma questa persona 
                  ha saputo nel pomeriggio che i suoi persecutori lo stavano cercando 
                  ed è scappato la notte stessa. Chiaramente la situazione 
                  del migrante è diversa, innanzitutto perché cè 
                  la pianificazione del viaggio, della data dello stesso, dei 
                  mezzi, cè la scelta del paese in cui trasferirsi. 
                 
                 
                    
                  Situazioni paradossali  
                A proposito delle differenze tra immigrati e rifugiati, 
                  di solito per i primi il progetto migratorio è legato 
                  ad una prospettiva di miglioramento delle condizioni di vita, 
                  possiamo dire lo stesso per il caso dei rifugiati?  
                In questo caso la differenza tra immigrato e rifugiato è 
                  rilevante: tra i rifugiati il tasso di scolarizzazione è 
                  altissimo, sono quasi sempre persone che nel paese di origine 
                  avevano una posizione e che da un giorno allaltro hanno 
                  perso tutto. Da professore universitario, come è accaduto 
                  per un richiedente asilo del quale ci siamo occupati, ci si 
                  ritrova a fare il barbone in Italia. Chiaramente gli ostacoli 
                  e le difficoltà che questa persone incontrerà 
                  saranno diversi da quelli dellimmigrato che parte con 
                  lintenzione di migliorare le proprie condizioni di vita 
                  e magari nei primi tempi è disposto a rimboccarsi le 
                  maniche svolgendo lavori faticosi e mal pagati. Nel caso di 
                  un professore universitario, ad esempio, la situazione è 
                  più difficile: non solo deve cominciare tutto da capo, 
                  ma parte da una condizione alla quale non è abituato 
                  e che per lui è del tutto inattesa, se aggiungi a tutto 
                  questo che è stato torturato... la depressione è 
                  inevitabile e accompagna tutto il suo percorso fin dai primi 
                  giorni. Sembrerebbe paradossale ma la depressione aumenta proprio 
                  nel momento in cui viene riconosciuto lo status di rifugiato, 
                  quando lobiettivo è stato raggiunto si assiste 
                  ad un crollo totale; nella fase che precede il riconoscimento 
                  oltre alla depressione vi è uno stato di tensione, di 
                  angoscia... ma quando viene sancito lo status di rifugiato politico 
                  lindividuo crolla perché una fase della sua vita 
                  si è conclusa, è come se un cancello si chiudesse 
                  alle sue spalle definitivamente, aprendo una nuova fase di incertezza: 
                  cosa faccio adesso?  
                Nel caso del migrante un ruolo molto importante lo gioca 
                  anche la comunità di appartenenza, che spesso fornisce 
                  appoggio nei primi giorni, si occupa di trovare un lavoro o 
                  un alloggio...  
                Limmigrato può far riferimento alla catena migratoria 
                  non solo nei primi periodi ma anche in seguito perché 
                  mantiene un legame molto forte con i suoi connazionali in Italia 
                  (basti pensare alla comunità senegalese o marocchina) 
                  dovuto al fatto che alcuni nuclei consistenti di migranti provengono 
                  dalla stessa regione o dallo stesso paese. Per il rifugiato 
                  la situazione è completamente differente, non può 
                  fare affidamento su nessuno, anzi i connazionali rappresentano 
                  spesso per lui un elemento di rischio e di pericolo, spesso 
                  non appartengono alla sua stessa parte politica, potrebbero 
                  denunciarlo o segnalarlo. Queste persone sono dunque isolate 
                  e per noi è anche difficile individuarle.  
                  Nascono anche delle situazioni paradossali come quella di un 
                  rifugiato che è riuscito a scappare dal proprio paese 
                  con il passaporto di un suo amico e, una volta arrivato in Italia, 
                  è stato registrato con lidentità del proprietario 
                  del documento. Dopo aver rispedito il passaporto allamico, 
                  ha inoltrato le pratiche per ottenere lo status di rifugiato 
                  e tutta la faccenda è saltata fuori, con le inevitabili 
                  complicazioni burocratiche in questura. È chiaro che 
                  tutto questo ha generato una situazione di stress spropositata, 
                  alla quale si aggiunge anche il terrore di veder invalidata 
                  tutta la procedura per lottenimento dello status di rifugiato. 
                   
                  Questo è solo un esempio di cosa accade a queste persone 
                  che non solo si trovano isolate, ma a causa delle esperienze 
                  che hanno vissuto basano tutti i propri rapporti sulla diffidenza 
                  e sulla paura, paura di dire la verità di avvicinare 
                  i connazionali.  
                  I rifugiati si differenziano dagli immigrati per molti aspetti: 
                  limpossibilità di fare ritorno in patria una volta 
                  riconosciuto lo status di rifugiato, nella difficoltà 
                  ad avere contatti con parenti ed amici (per evitare di metterli 
                  in pericolo) con le immaginabili angosce e sofferenze che da 
                  questo derivano; lobbligatorietà della partenza 
                  che non può essere pianificata con la famiglia o con 
                  gli amici che forniscono aiuto e appoggio, ma che è improvvisa, 
                  traumatica e sancisce la fine della vita precedente aprendo 
                  un periodo di incertezza.  
                  Anche il corpo reca i segni di questa differenziazione: quello 
                  dellimmigrato è sano, giovane e produttivo, quello 
                  del rifugiato è passivo, reca i segni delle 
                  torture che costituiscono un ricordo costante della violenza 
                  subita, è un corpo trascinato via a forza, strappato 
                  dalla comunità e dagli affetti.  
                  
                 
                    
                  Finora, 220 persone  
                La militanza di un rifugiato in un partito politico può 
                  modificare questa situazione e come?  
                Facciamo ancora lesempio dei curdi, da noi arrivano molti 
                  del PKK, quindi politicizzati e con una lunga storia di militanza 
                  alle spalle, però arrivano anche molti curdi che non 
                  hanno mai militato in un partito politico e sono comunque stati 
                  arrestati, torturati, derubati, ecc., secondo una strategia 
                  che non mira solo ad arrestare i capi dei movimenti politici, 
                  ma a sgretolare il tessuto delle comunità curde, attraverso 
                  un senso diffuso di paura e insicurezza. Queste persone non 
                  politiche sono prevalentemente pastori e analfabeti, vengono 
                  periodicamente arrestate e torturate a caso, derubate di tutto 
                  o perseguitate psicologicamente al punto da essere costrette 
                  ad andarsene. Una volta giunti in Italia, difficilmente riescono 
                  ad avere lappoggio del proprio gruppo etnico perché 
                  il PKK tende a dare la precedenza a quelli che ritiene essere 
                  i veri combattenti, i militanti. Certo non accade sempre così, 
                  molti militanti del PKK riescono ad avere la sensibilità 
                  necessaria per capire che si sta cercando di colpire un popolo 
                  intero ed è quindi importante non ripetere allestero 
                  quella frammentazione e quella disgregazione che si è 
                  realizzata in patria.  
                 
                Che tipo di relazione o comportamento consigliate di assumere 
                  ad un operatore dellHar di fronte a queste persone? Sicuramente 
                  le condizioni variano da un individuo allaltro, ma ci 
                  sono delle regole generali da tener presente?  
                Da quando è stato aperto il centro (febbraio 2001) ad 
                  oggi abbiamo seguito 220 persone. Da questo punto di vista anche 
                  le nostre competenze devono essere affinate, soprattutto per 
                  quanto riguarda la documentazione medica dei casi di tortura, 
                  per questo motivo ci documentiamo continuamente, procediamo 
                  con auto supervisioni e siamo in collegamento con altri centri 
                  europei.  
                  Va sottolineato che il rapporto tra operatore e rifugiato è 
                  estremamente delicato fin dallinizio, dal momento della 
                  raccolta della testimonianza: da una parte i richiedenti asilo 
                  manifestano la voglia di raccontare la propria esperienza, dallaltra 
                  questo significa voltarsi indietro e vedere tutto quello che 
                  ci si è lasciati alle spalle, con il conseguente carico 
                  di nostalgia, angoscia, depressione.  
                  Ad esempio nel momento della raccolta della testimonianza emerge 
                  spesso la vergogna del torturato se partiamo dalla 
                  considerazione elementare che la tortura costituisce un trauma, 
                  dobbiamo anche renderci conto che si tratta di un evento traumatico 
                  diverso da un terremoto, perché legato allintenzionalità 
                  di recare danno e fare del male. Il torturato si fa carico delle 
                  colpe del torturatore, nasce allora per il torturato la vergogna 
                  di raccontare ciò che ha subito. Non è possibile, 
                  in ambito terapeutico, escludere la figura del torturatore, 
                  perché si deve cercare di far capire al torturato quali 
                  sono i motivi che hanno spinto il torturatore ad arrivare a 
                  certi livelli... non per giustificarlo, ma perché altrimenti 
                  questa figura rimane sempre fuori dal campo dazione, come 
                  un fantasma che può intervenire in qualsiasi momento, 
                  perché non lo si riesce a controllare. Da questo punto 
                  di vista sono interessantissimi tutti i libri di Primo Levi, 
                  dove viene esposta la convinzione degli aguzzini nazisti che 
                  anche se un giorno le vittime fossero riuscite a raccontare 
                  ciò che avevano subito, nessuno avrebbe loro creduto 
                  data lenormità delle violenze subite. Il torturatore 
                  sa, e lo dice chiaramente alla sua vittima, che sulle violenze 
                  subite cadrà il silenzio.  
                  Questo rapporto tra silenzio e capacità di raccontare 
                  la verità è un principio fondamentale del volontariato 
                  come noi lo intendiamo e come cerchiamo di praticarlo: il volontariato 
                  è per sua natura un lavoro silenzioso, che non aspira 
                  allautocelebrazione, ma che in determinati momenti deve 
                  avere la forza e il coraggio di urlare in nome degli altri, 
                  al posto di chi non ha la forza e il coraggio per farlo.  
                 
                    
                  Prassi dal basso  
                Passano molte donne per il centro?  
                No, non ne passano molte, in genere nel caso dei rifugiati 
                  capita spesso che accompagnino i mariti in fuga o li seguano 
                  in un secondo momento per via del ricongiungimento familiare. 
                   
                  Le poche donne delle quali ci siamo occupati sono arrivate da 
                  noi assolutamente massacrate, sia dal punto di vista psicologico 
                  che fisico, spesso la tortura nei confronti di una donna si 
                  concretizza nella violenza sessuale.  
                Come si attua la funzione di denuncia del centro Har? 
                 
                I volontari che lavorano al centro insieme ai rifugiati, organizzano 
                  serate pubbliche con interventi degli stessi rifugiati su tematiche 
                  specifiche, parlando dei loro paesi, portando testimonianze, 
                  parlando delle torture subite. Il 26 giugno, nella giornata 
                  internazionale a favore delle vittime di tortura, organizziamo 
                  sempre una serata dal titolo dar voce a chi si vuol far 
                  tacere in cui si denunciano i paesi in cui esistono ancora 
                  situazioni di violenza su chi si oppone.  
                Questo rientra sempre nel discorso del ruolo che deve giocare 
                  il volontariato...  
                Certo perché il volontariato pone domande alternative 
                  pratiche ai bisogni a cui le istituzioni volutamente non danno 
                  risposta, questo significa, ad esempio per il Naga, lavorare 
                  con i clandestini per scelta, perché chi ha il permesso 
                  di soggiorno può accedere ad altri servizi pubblici che 
                  è suo diritto utilizzare. In questi anni come Naga abbiamo 
                  visitato 73.000 persone, questo dimostra che il diritto alla 
                  salute non è garantito a tutti e quindi con questi numeri 
                  puoi fare pressione sulle istituzioni perché vengano 
                  garantiti uguali diritti a tutti, al di là del permesso 
                  di soggiorno, della razza, della religione, del sesso, dellappartenenza 
                  al gruppo politico, ecc., e su questo si innesta tutta la battaglia 
                  politica; naturalmente la rivendicazione di questi diritti comporta 
                  anche la ricerca delle alleanze per farli valere.  
                  Un altro elemento importante è la prassi dal basso, 
                  questo significa che non vogliamo fare discorsi politici che 
                  poi non hanno nulla a che fare con la realtà, noi vogliamo 
                  partire dalle esigenze, dalle richieste delle persone con le 
                  quali lavoriamo e cominciare a fare le cose con queste persone, 
                  la rivendicazione è un momento successivo; a noi interessa 
                  cambiare il sociale. È importante anche lassenza 
                  della delega, questo significa portare avanti in prima persona 
                  le lotte per i diritti e dare voce a questi diritti (anche con 
                  convegni, come abbiamo fatto in questi anni che hanno valore 
                  a livello scientifico e cercano di esercitare una pressione 
                  sulle istituzioni) in modo tale che il volontariato non si trasformi 
                  in un ammortizzatore sociale.  
                  Quando, ad esempio, un rom ha una prospettiva di vita di 33 
                  anni in Italia, nel 2001, è inevitabile porsi delle domande, 
                  trarre delle conclusioni e sperimentare, ciò comporta 
                  non solo un tentativo di progettazione del sociale, ma anche 
                  un tentativo di uscire dalla logica dellemergenza-intervento-recupero 
                  per passare a quella della prevenzione.  
                  
                  Laura Di Martino 
                
                   
                    |  
                      
                       NAGA 
                         
                         
                      Il 
                        NAGA, Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria 
                        e per i Diritti di Stranieri e Nomadi  Onlus, 
                        è unassociazione laica e apartitica, senza 
                        fini di lucro.  
                        Si è costituita nel 1987 allo scopo di promuovere 
                        limpegno umano e sociale dei cittadini democratici 
                        senza alcuna discriminazione di razza, religione, partito, 
                        al fine di stimolare attività di carattere socio-assistenziale 
                        nei confronti di popoli stranieri e nomadi bisognevoli. 
                         
                        Riconoscendo nella salute un diritto inalienabile 
                        dellindividuo indipendentemente da ogni 
                        differenza di razza, religione, cultura, ideologia, posizione 
                        giuridica vuole essere una proposta concreta ai bisogni 
                        socio-sanitari di tutti i cittadini immigrati extracomunitari 
                        e nomadi ai quali per motivi giuridici, economici, culturali 
                        viene tuttora negato in Italia tale diritto.  
                        Lobiettivo non è certo quello, sicuramente 
                        sproporzionato alle risorse disponibili, di fornire una 
                        risposta completa ed esauriente, nè quello di coprire 
                        con un intervento di volontariato un vuoto legislativo. 
                        Neppure si pensa di fare un intervento di solidarietà 
                        nei confronti di persone più deboli. Al contrario 
                        lobbiettivo è quello di utilizzare questo 
                        servizio, con tutti i limiti, le lacune, la frammentarietà 
                        delle risposte, come cassa di risonanza per dare voce 
                        e dignità politica ai bisogni di chi risulta ancora 
                        trasparente per lo Stato e le sue istituzioni.  
                        Lattività dellassociazione si articola 
                        in diversi settori: servizio di assistenza socio-sanitaria, 
                        ricerca, formazione e denuncia.  
                      Gruppi 
                        del NAGA  
                        Il NAGA è articolato operativamente in più 
                        gruppi che si occupano dei vari aspetti della propria 
                        attività.  
                        Il NAGA si occupa dei problemi degli immigrati carcerati 
                        offrendo informazione, colloqui e segretariato sociale. 
                        Molto sinteticamente ecco una panoramica dei gruppi.  
                      Salute: 
                        Si occupa dei problemi legati al diritto alla salute per 
                        tutti.  
                        Centro di documentazione: Gestisce larchivio 
                        documentazione, organizza dibattiti, fornisce informazioni 
                        e supporto tecnico agli altri gruppi.  
                        Donne: Si occupa dei problemi della salute delle 
                        donne immigrate.  
                        Ricerca: Ha svolto lavoro di ricerca scientifica 
                        (in passato) e attualmente svolge ricerca interna.  
                        Medici: Fornisce lassistenza medica ambulatoriale. 
                         
                        Rifugiati: Fornisce assistenza medica, psicologica 
                        e sociale a persone rifugiate o torturate.  
                        Nomadi: Si occupa dei problemi sociali e sanitari 
                        dei nomadi.  
                        Corelli: Si occupa del problema del centro di detenzione 
                        temporanea di via Corelli.  
                        Ufficio legale: Offre consulenza legale a stranieri 
                        e nomadi prevalentemente non appartenenti allUnione 
                        Europea.  
                        Accoglienza: Organizza lambulatorio e si 
                        occupa dei problemi inerenti alle pratiche sanitarie dei 
                        pazienti.  
                        Etnopsichiatria: Si occupa delle relazioni tra 
                        medicina ufficiale e medicine tradizionali soprattutto 
                        per limpatto che hanno nel rapporto tra paziente 
                        immigrato e strutture sanitarie locali.   
                       | 
                   
                 
                  
                
                  
                     
                      |  
                        
                         Chi 
                          è Italo Siena  
                           
                        Nato 
                          a Lecce nel 1949. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 
                          1974. È stato tra i fondatori del nucleo libertario 
                          di Quarto Oggiaro F. Serantini e, nel 1978, 
                          tra gli occupanti della cascina Torchiera (detta Cascina 
                          Libera) dove si pubblicava il giornale Terra libera. 
                          Dal 1980 pratica la professione di medico di base. È 
                          docente di psicosomatica alla Scuola di Psicomotricità 
                          di B. Acouturier. Nel 1987 ha fondato il Naga, prima 
                          associazione socio-sanitaria specifica per lassistenza 
                          agli stranieri e nomadi. È stato docente di corsi 
                          di formazione per operatori socio-sanitari sulla problematica 
                          dellimmigrazione in molte città dItalia 
                          (Bologna, Parma, Firenze, Bolzano, Como, Varese).  
                          Ha organizzato numerosi convegni a carattere internazionale 
                          Il colore della salute, La salute 
                          senza colore. Da tre anni organizza le giornate 
                          a favore delle Vittime della Tortura. Nel 
                          2001 ha fondato in Italia il primo Centro per le vittime 
                          della tortura HAR. È attualmente 
                          responsabile del Centro.   
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