 Guinzagli americani
 
                    Guinzagli americani 
                    Di guinzagli e collari se ne vedono tanti in giro per il mondo, 
                    ne vedevamo anche nei diari Internet dei marines, dove foto 
                    porno e maiali anti-musulmano abbondavano. 
                    Il morale della truppa si tiene alto anche con lazzi, frizzi 
                    e cazzi che incitino, eccitino, e sfregino i conquistati. 
                    
                    E la riconquista economica e politica dell’Iraq da parte 
                    degli Stati Uniti doveva implicare anche il soggiogamento 
                    simbolico e psicologico dei “nemici”, era chiaro: 
                    in questo triste gioco sessualità ed aggressività 
                    sono sempre legate. Ma noi attoniti-analitici spettatori eravamo 
                    distratti dall’omicidio, dalla morte che appariva onnipresente 
                    e normale nelle città distrutte, tra le sabbie, nelle 
                    rappresaglie. Abbiamo accantonato i pensieri angoscianti e 
                    inaccettabili delle donne stuprate, dei prigionieri torturati, 
                    di ciò che succede al buio o tra le mura delle prigioni, 
                    anche se la mente ogni tanto, in questa hit parade del male 
                    maggiore, ci presentava inquietanti flash dei prigionieri 
                    delle truppe USA col sacco nero in testa, o tornavano i ricordi 
                    dei racconti di violenza in Somalia, in Jugoslavia, ovunque 
                    un esercito sia stato mai mandato. Le immagini affastellate 
                    nella nostra mente serbavano sotto due o tre quintali di forbiti 
                    reportage dalle azioni di guerra, la certezza di queste “altre” 
                    azioni. 
                    Poi un ingranaggio è scattato, e le immagini di vittime 
                    di tortura sono saltate fuori sgargianti dal cappello a cilindro 
                    dei mass media. 
                   Il braccio de-mente della legge
 
                    Il braccio de-mente della legge 
                  Immagini frutto della demenza, della abitudine 
                    quotidiana ad armi, guinzagli, soprusi e collari di chi certo 
                    non poteva prevedere che fosse meglio non concedersi quei 
                    click. Altri torturatori più professionali, compresi 
                    i “nostri” a Bolzaneto, le macchine fotografiche 
                    (le nostre) le butterebbero nel cesso. Ma ora nella catena 
                    alimentare della plutocrazia servono anche questi soldati 
                    in affitto, segno di una crisi evidente: da un lato simbolo 
                    di un apparato che non riesce più a iper-finanziarsi 
                    da sé, dall’altro segnale di un aumento vertiginoso 
                    dell’uso di mercenari in guerra e nel controllo sociale. 
                    
                    E questi giovani dementi dallo scatto facile sarebbero i “difensori 
                    della democrazia, i paladini, gli alleati”. Beh, ovviamente 
                    ci dicono che essi sono solo il braccio, e non la mente, e 
                    che queste morti accidentali, queste violenze, sono solo un 
                    caso nel mare nostrano della bontà e dedizione dei 
                    “nostri” militari e soprattutto dei loro mandanti. 
                    Ma di nuovo ci tornano alla mente i racconti delle donne violentate 
                    e molestate dai “nostri” militari in Somalia... 
                    e le immagini dei sacchi neri in testa ai prigionieri. 
                    Il nostro antimilitarismo è in questo frangente la 
                    necessaria critica radicale alle istituzioni ed ai mezzi militari, 
                    in ogni caso. Contro le ambiguità di coloro che vorrebbero 
                    giustificare una morte e biasimarne un’altra, contro 
                    le ipocrisie di sistemi democratici che si avvalgono dell’uso 
                    della Legge del più forte, contro la pratica devastante 
                    della Vittoria, del raggiungimento della Pace attraverso la 
                    guerra, affermiamo che il militare è la struttura che 
                    pianifica sempre un’impunita pratica criminale. Rigettiamo 
                    le strategie e l’incoerenza di coloro che, dall’interno 
                    di gruppi, come la Chiesa cattolica, che vivono dello sfruttamento 
                    delle economie altrui, condannano le bestialità e le 
                    guerre con parole funzionali allo spettacolo dei mass media, 
                    mentre benedicono le parate militari. 
                   “Riaggiorna il sistema”
 
                    “Riaggiorna il sistema”  
                  Dunque, chi succhia dagli USA il nettare obnubilante 
                    di Hollywood, coi suoi volti liftati e gli improbabili conquistatori 
                    di Troy... è costretto anche a cuccarsi la faccia della 
                    soldatessa Lynndie su tutti gli schermi. Del resto, nel mondo 
                    porno le “padrone” che mettono al guinzaglio sono 
                    molto richieste, anche in abiti maschili. Preziosa in questo 
                    caso è giunta, unica tra le tante, l’analisi 
                    di due compagne di “Alternativa Libertaria” che 
                    hanno fatto notare come la messa in orbita di Lynndie sia 
                    stata molto utile, con lo scandalo dell’inedita torturatrice-donna, 
                    a coprire tutte le malefatte dei colleghi (1). 
                    La lettura femminista è utile a non farsi fregare come 
                    allodole. 
                    Inoltre, che dire della tortura inflitta a noi, 
                    donne e uomini, dalla visione di una donna soldato/torturatrice? 
                    Esposizione sadica di un grande risultato da parte del sistema 
                    militare americano: “ecco, a voi, femministe, pacifisti, 
                    antimilitaristi, non-violenti, ecco quali armi riusciamo anche 
                    a produrre: vere ragazzine torturatrici, alla faccia degli 
                    stereotipi sessuali, ecco un nuovo genere di donna! Per di 
                    più incinta.” Che grande omaggio a tutti coloro 
                    che, nel corso dei secoli, hanno fantasticato di donne sadiche, 
                    ovviamente a loro sottomesse e loro complici. E che inedita 
                    martellante tortura per tutti noi. 
                    C’è anche chi, come Bia Sarasini (2), 
                    ha decretato di conseguenza la fine dell’essenzialismo, 
                    leggi di una teoria femminista (ora demodé, appunto) 
                    che suppone una basale differenza tra i sessi che impedirebbe 
                    alle donne, in definitiva, di poter assumere ruoli maschili. 
                    È forse un altro effetto perverso della tortura, che 
                    induce la vittima a credere nella definitiva sconfitta e a 
                    perdere ogni speranza, a volte anche a passare dalla parte 
                    del... nemico. 
                    Il bombardamento mediatico vuole che noi si riaggiorni il 
                    sistema: noi donne siamo arruolabili. Siamo tutti uguali – 
                    tutti soldati. noi solo emule di loro maschi “tosti”, 
                    e niente di più. Lynndie è come una piccola 
                    crudele eroina. Perché odiarla se non può essere 
                    buona come Legs Weaver? 
                  
                    
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                  Legs 
                    Weaver, personaggio dei fumetti della Sergio Bonelli Editore. 
                    disegnata da Luca Enoch
                   Tele-visione per noi dei dell’Olimpo
 
                    Tele-visione per noi dei dell’Olimpo 
                  Ma che diritto abbiamo noi di sentenziare, noi 
                    assisi sul nostro tronetto mediatico, che vagliamo con sufficienza 
                    il mare di sollecitazioni video e di informazioni che passano 
                    oltre il... filtro? Non possiamo giudicare ciò che 
                    vediamo se siamo separati dal tempo e dal contesto. Non conosciamo 
                    i reali effetti di quello scempio se non per sentito dire. 
                    Possiamo solo immaginare. Ci affidiamo, certo, non solo alla 
                    nostra coscienza ma anche agli strumenti di analisi politica, 
                    che ridicoli: gareggiamo in sapienza a seconda dei dati che 
                    riusciamo a disseppellire dalla massa di informazioni. Ed 
                    in questo esercizio indolore, che ci vede alle prese con la 
                    globalizzazione, le scelte politiche internazionali, le alternative, 
                    anche noi scordiamo che stiamo trattando di persone reali, 
                    di destini umani, di individui. Alcuni, nel loro delirio d’onnipotenza, 
                    giungono a credersi dei dell’Olimpo, ai quali bastava 
                    una parola per incidere sul... destino. E scordano che sono 
                    ben altri gli “dei”, coloro che hanno accesso 
                    a tutte le informazioni, che possono consultare un breve rapporto 
                    in dieci cartelle delle nostre vite, ed usarlo per com-muoverci. 
                  
                   La giustizia è una dea, bendata
 
                    La giustizia è una dea, bendata  
                  Ma è proprio alla parola che dovremmo 
                    affidarci, invece, per salvare dall’insulto e dall’abuso 
                    le vittime di violenza. Per tutelare dalle violenze compiute 
                    in nome della “informazione”. Chi ha fornito il 
                    consenso per l’uso della propria immagine di prigioniero 
                    con la testa sotto uno scarpone? Quale bambino moribondo ha 
                    fornito il consenso per l’uso della sua immagine nei 
                    pieghevoli di una chiesa, o per la copertina di un giornale? 
                    Quale albanese affogata nell’italico mare aveva firmato 
                    un contratto per vendere ad una rivista le foto dei suoi cari 
                    rinvenute nella sua borsa? Frugando con l’obiettivo 
                    nelle viscere, tra le cose di chi crepa, è senza con-senso 
                    che la stampa e la tv ci propongono in continuazione immagini 
                    di “denuncia” che non sono tali, perché 
                    la didascalia dice cose che già sappiamo. E perché 
                    l’immagine non è stata pagata al soggetto, ma 
                    al fotografo, ed il soggetto è “cosa”, 
                    oggetto. 
                    Meglio raccontare, meglio descrivere, meglio la parola. 
                    Meglio iniziare da subito la disintossicazione dal potere 
                    della tele-visione. 
                    Meglio finirla con quel detto, come diceva? Dopo l’abuso, 
                    la derisione. Dopo l’urlo, lo sghignazzo. “Dopo 
                    il danno, la beffa”. Meglio smetterla con quel “pudore” 
                    descritto così bene da Vauro: “nelle foto delle 
                    torture i genitali sono stati coperti” “così 
                    possono guardarle anche i bambini!”. 
                   Una tantum per gli oppositori
 
                    Una tantum per gli oppositori 
                  È appunto in “cose”, oggetti, 
                    corpi da abusare, che trasforma la tortura. E proprio la definizione 
                    di “tortura” ha causato un problema al governo 
                    Berlusconi, a causa della votazione di un emendamento alla 
                    proposta di introduzione del reato di tortura nel codice penale. 
                    
                    È certo che il governo ha deciso di contraddire decisioni 
                    già prese in Commissione, inserendo invece nell’articolo 
                    una parola chiave (“reiterate”) in modo da non 
                    permettere la punibilità di pubblici ufficiali accusati 
                    di aver minacciato durante arresti ed interrogatori. Introducendo 
                    il termine “reiterate”, infatti, si permette l’esercizio 
                    della minaccia grave. Basterà dire che si era fatto 
                    solo una volta, ovviamente per sbaglio. Del resto, per esercitare 
                    pressioni psicologiche e tortura, non è normale che 
                    più persone si avvicendino attorno al prigioniero? 
                    (3) 
                    Della Seduta alla Camera dei deputati del 22 aprile 2004, 
                    notiamo la assoluta assenza di motivazioni chiare da parte 
                    dell’on. della Lega, Carolina Lussana, incaricata di 
                    relazionare sui motivi di questa variazione all’articolo 
                    da introdurre nel codice penale sulle torture. La Lussana 
                    giustifica l’introduzione della parola “reiterate” 
                    col fatto che altrimenti l’articolo potrebbe dare adito 
                    a “interpretazioni che potrebbero creare problemi”. 
                    Di qui l’intervento di vari esponenti della sinistra 
                    parlamentare che insistono non solo sul fatto che tale modifica 
                    non era stata prevista durante gli altri incontri, ma introdotta 
                    a sorpresa, ... le proteste di Anna Finocchiaro, Paolo Cento, 
                    G. Russo Spena ed altri si susseguono sino a sottolineare 
                    con forza la certezza, più che il sospetto, che la 
                    maggioranza stia proteggendo la propria intenzione di usare 
                    senza problemi la minaccia e la violenza sui soggetti politici 
                    e sociali che ostacolino i progetti del governo. Ciò 
                    causa una baraonda tra i seggi e le grida, non molto argomentate, 
                    dei leghisti che urlano “siete voi i torturatori” 
                    (?) ai banchi della sinistra, forse riferendosi come al solito 
                    al passato sovietico. È interessante notare come in 
                    questo caso si sfoghi nelle aule del Parlamento la rabbia 
                    e l’incredulità di quei rappresentanti delle 
                    sinistra parlamentare ancora forniti di ideali e non inclini 
                    a dover mettere in discussione a suon di voti anche i più 
                    elementari diritti della persona. 
                   Un sorriso che ringhia
 
                    Un sorriso che ringhia 
                  Così è la faccia della democrazia 
                    attuale, il sorriso pronto a farsi fotografare. Un sorriso 
                    atavico, con denti sui quali sono già state sicuramente 
                    applicate le white stripes della Colgate, ma un sorriso che 
                    ringhia: se sei un cliente, un utente, un contribuente, un 
                    residente... può sembrarti che sia solo un sorriso. 
                    Se non fai parte dell’insieme dei “rispettabili”, 
                    dovrai stare più attento. Il ringhio può sempre 
                    diventare un morso, così come la Festa della Repubblica 
                    un rombo di frecce tricolori, così come Roma diviene 
                    una città assediata per l’arrivo del vampiro-bush 
                    col suo pipistrello, a mezzanotte, mentre il sorriso del premier 
                    fa capolino da tutti i muri e promette pace e prosperità. 
                    
                    La faccia dei diritti civili violati è quella dei diritti 
                    della persona violati, ma non per chi non considera tutte 
                    le persone “cives”, e parteggia per la definitiva 
                    mutazione dei “diritti” in norme pattuite secondo 
                    contratto seguendo gli interessi delle multinazionali e delle 
                    lobby (4). Chi decide attualmente 
                    in Parlamento, è gente disposta a svendere il concetto 
                    stesso di tortura solo per proteggere il braccio violento 
                    della legge da inopportuni fastidi legali... Queste persone 
                    sono il frutto di una Italia opportunista ed ignorante, che 
                    ancora coltiva le parole d’ordine del fascismo, sempre 
                    utili a chi ha paura di perdere i propri privilegi e cerca 
                    masse da sfruttare. In questo panorama la presenza malvagia 
                    dei leghisti cementa con la xenofobia l’opinione della 
                    liceità della tortura: a persone viste come minacciose 
                    e aliene non è concessa protezione dalla tortura. 
                    Tanto più noi donne dobbiamo darci da fare: carne da 
                    macello in tutte le alleanze politiche e in tutte guerre, 
                    sempre le prime ad essere punite, accusate. Ciampi, in pompa 
                    magna per l’otto marzo, ci ha invitato a far figli per 
                    fare uscire il Paese dalla congiuntura economica (?!). Impegniamoci 
                    invece ad essere amanti, compagne, figlie, sorelle, amiche, 
                    streghe, ribelli, madri cospiratrici contro la mutazione in 
                    Barbie-Lynndie.