| C’è una 
                  profonda differenza tra gli anarchici e la sinistra progressista, 
                  liberal. Questa, socialisti inclusi, ama immaginare che cambiamenti 
                  graduali, all’occorrenza anche radicali, possano rendere 
                  più umana la macchina statale. Lo sfruttamento può 
                  essere ridotto e minimizzato per mezzo di una legislazione illuminata, 
                  attuata da partiti politici dotati della necessaria volontà 
                  di realizzare i propri programmi progressisti. L’anarchismo 
                  non è affatto contrario ai valori democratici, ma si 
                  rende conto che per attuarli in misura significativa è 
                  necessario un cambiamento di grande entità, e lavora 
                  in questo senso. Sottopone l’assetto sociale esistente 
                  a un’analisi più approfondita che quella liberal, 
                  identificando i meccanismi e i modelli ideologici attraverso 
                  cui lo sfruttamento e il controllo di classe vengono mantenuti, 
                  a livello non solo politico ed economico ma anche sociale e 
                  psicologico. Nell’ambito delle problematiche che riguardano 
                  autorità, comando e dominazione, l’anarchismo cerca 
                  di capire perché le persone accettino lo sfruttamento 
                  classista senza ribellarsi..  
 Seán M. Sheehan  Gli ingranaggi nella testa
 A volte, in passato, il dissenso radicale degli anarchici è 
                  stato visto come diretto soprattutto contro le istituzioni dello 
                  Stato e l’autorità dei governi, ma la loro opposizione 
                  all’autorità imposta, al potere gerarchico e a 
                  tutte le forme di dominio si è sviluppata in ambiti che 
                  vanno al di là di quello strettamente politico. Gli anarchici 
                  vedono con particolare chiarezza come l’ordine esistente 
                  sia radicato nel controllo della vita sociale, e come l’accettazione 
                  di certi atteggiamenti, rafforzati da strutture di comando e 
                  obbedienza, generi una condizione di prigionia intellettuale 
                  che può assumere la forma di repressione psichica, ciò 
                  che Stirner chiamava “gli ingranaggi nella testa”. 
                  Questo non significa affatto che i gruppi o gli individui contrari 
                  all’autoritarismo siano automaticamente considerabili 
                  come anarchici ad honorem, ma ci sono alcuni movimenti, formazioni 
                  culturali e modi di sentire, anche individuali, che si oppongono 
                  alle forme “non politiche” di autoritarismo e gerarchia 
                  in modo sufficientemente coerente da essere assimilabili all’anarchismo, 
                  se già non si sono consapevolmente situati in tale ambito. 
                  I modi di pensare antitetici a quelli basati sul rapporto comando/obbedienza 
                  per la sinistra libertaria sono altrettanto vitali della più 
                  tradizionale attenzione per le organizzazioni e le istituzioni 
                  politiche. Senza dimenticare la necessità di prendere 
                  in considerazione i problemi del controllo politico, l’interesse 
                  per gli aspetti culturali e sociali collegati alle idee di comando 
                  e obbedienza è basato sulla più ampia comprensione 
                  di come il potere politico si mantenga. La presa del potere 
                  politico non è necessariamente il punto di partenza principale. 
                  Pensare in termini di “presa” o “conquista” 
                  del potere politico, e limitare la teoria a tale ambito, significa 
                  affrontare in modo semplicistico e fuorviante il problema di 
                  come realizzare un cambiamento radicale. Sappiamo benissimo 
                  che le classi dirigenti non cedono volontariamente il potere 
                  e che il motore della rivoluzione non può funzionare 
                  bene con il solo carburante fornito da un entusiasmo a elevato 
                  numero di ottani. Ma bisogna anche capire come mai le persone 
                  non si ribellino in massa e anzi si sottomettano alle strutture 
                  di un’autorità che le rende infelici. Arrivare 
                  a capire questo è altrettanto importante che costruire 
                  la resistenza organizzata. L’anarchismo si occupa in modo 
                  particolare degli effetti dell’alienazione, non soltanto 
                  nel luogo di lavoro ma nell’essenza sociale della vita 
                  quotidiana, e ciò contribuisce a spiegare l’importanza 
                  del situazionismo e dell’interesse che ha suscitato.
 Il situazionismo, legato agli anni Sessanta e in particolare 
                  alla rivolta parigina del maggio 1968, è nato nel contesto 
                  della Guerra Fredda, in un periodo in cui si cercava una re-interpretazione 
                  del marxismo tradizionale. L’emergere della Nuova Sinistra 
                  e la riscoperta delle idee anarchiche nei circoli intellettuali 
                  di sinistra costituiscono il principale background del situazionismo, 
                  che si è presentato come un Giano bifronte, da un lato 
                  rivolto indietro, verso il modernismo, mentre dall’altro 
                  guardava in avanti, forse inconsapevolmente, verso forme di 
                  anarchismo urbano. In mezzo stava la precoce consapevolezza 
                  che la dinamica rivoluzionaria del capitalismo, mirabilmente 
                  espressa da Marx nel Manifesto comunista, era entrata 
                  in una nuova fase. Secondo questo nuovo modo di vedere, l’oppressione 
                  non proveniva da tenebrosi mulini satanici, ma da fattori come 
                  la pubblicità, l’architettura, il turismo, i supermarket 
                  e i divi del cinema. Il capitalismo è tutto fuorché 
                  conservatore, dicevano i situazionisti, può umanizzare 
                  le merci, minare desideri illeciti e subconsci, colonizzare 
                  le avanguardie e intanto consolidare il sistema di classe dietro 
                  la trance del consumo sensuale e apparentemente soddisfatto.
   Consumismo in discussione Marx, descrivendo le conseguenze della transizione dal feudalesimo 
                  al capitalismo, scriveva di come “le estasi celestiali 
                  del fervore religioso, dell’entusiasmo cavalleresco, del 
                  sentimentalismo filisteo” erano state annegate “nell’acqua 
                  gelida del calcolo egoistico” (1). 
                  Ma nella sua nuova fase il capitalismo ha potuto audacemente 
                  presentare le merci come oggetto di desiderio, ripristinando 
                  quegli aspetti che Marx riteneva ormai distrutti. Il situazionismo 
                  lo ha riconosciuto e ha cercato di contrattaccare. L’alienazione 
                  non poteva essere abolita tanto facilmente, per quanto sottile 
                  fosse la sua mediazione, ma la rivolta poteva essere provocata 
                  attraverso un détournement, l’appropriazione 
                  sovversiva delle immagini, dei simboli e degli artifici che 
                  tanto abilmente nascondono la povertà metafisica di una 
                  società consumistica e classista. L’Internazionale Situazionista, fondata nel 1957 da un 
                  piccolo gruppo di intellettuali e artisti d’avanguardia 
                  europei, intendeva mettere in discussione la cultura del consumismo 
                  passivo, visto come una nuova forma di alienazione. Fin dal 
                  1953, nel terzo numero di “Lettrist International”, 
                  una rivista pubblicata da un gruppo di parigini che avrebbe 
                  co-fondato l’Internazionale Situazionista quattro anni 
                  dopo, si può trovare una nota dissonante per bocca di 
                  Guy Debord, che dichiara: “A nessun prezzo vogliamo partecipare, 
                  accettare di stare tranquilli, accettare. Ma non è per 
                  arroganza che ci dispiace rassomigliare a chiunque altro” 
                  (2). L’Internazionale Situazionista 
                  è andata avanti su questa strada indicando la necessità 
                  di portare alla luce i “desideri dimenticati”, creando 
                  “situazioni” (da qui il nome del gruppo) in cui 
                  le persone potessero diventare partecipanti gioiosi della vita 
                  e non osservatori passivi dello “spettacolo” (3). 
                  Era questo il termine versatile con cui veniva indicata la mercificazione 
                  della società capitalista moderna, vista come uno show, 
                  una rappresentazione in cui il consumatore ha il ruolo (e l’atteggiamento 
                  mentale) del pubblico, cioè di chi sta a guardare. Per 
                  il situazionismo, chiaramente influenzato dal dadaismo, l’arte 
                  stessa è parte di questo show, parte di una discarica 
                  culturale creata da una logica funzionale solo agli interessi 
                  della borghesia dominante. Il culmine della notorietà 
                  è arrivato quando la pubblicazione, nel 1966 all’Università 
                  di Strasburgo, di un articolo intitolato Della miseria nell’ambiente 
                  studentesco ha fatto sì che il sindacato studentesco 
                  venisse chiuso per ordine del tribunale. Quando, un anno e mezzo 
                  dopo, c’è stata l’eruzione parigina, l’Internazionale 
                  Situazionista ha vantato un ruolo nell’insurrezione per 
                  l’influenza esercitata da questo pamphlet.
 Sebbene l’Internazionale Situazionista non si sia mai 
                  allineata con il movimento anarchico (4), 
                  era comunque ben consapevole dell’influenza anarchica 
                  su dadaismo e surrealismo e più in generale dell’anarchismo 
                  politico. La natura e lo scopo dello spettacolo, l’invito 
                  al consumo passivo, erano visti come elementi strettamente intrecciati 
                  all’assetto politico di una società gerarchica 
                  e classista. Debord vedeva lo spettacolo come il progresso del 
                  capitalismo consumistico verso il feticismo e la reificazione, 
                  quindi non un oggetto o un’immagine specifica, bensì 
                  il tipo di relazioni interpersonali costruite dalle immagini 
                  di una società spettacolarizzata. Il che non significa 
                  semplicemente consumismo, ma una crescente alienazione verso 
                  un nuovo livello di oggettificazione.
  Mentalità da “cricca”
 Paradossalmente, pur definendosi esplicitamente come movimento 
                  non-gerarchico, l’Internazionale Situazionista era affetta 
                  da una mentalità da “cricca” e indulgeva 
                  a periodiche espulsioni e dimissioni, come un qualunque gruppuscolo 
                  marx-leninista. Al tempo stesso, però, aveva la capacità 
                  di offrire interpretazioni provocatorie che uscivano totalmente 
                  dagli schemi dei partiti della sinistra tradizionale. Nel 1962, 
                  ad esempio, in un’analisi della Comune di Parigi del 1871, 
                  veniva celebrata la natura carnevalesca e non-gerarchica di 
                  quell’evento, quasi prevedendo la festosa eruzione parigina 
                  del 1968 (5). All’inizio degli 
                  anni Sessanta, quando il gruppo era attivo, a dispetto del gran 
                  sfoggio di aspirazioni e intenzioni ben poco è stato 
                  effettivamente realizzato, a meno che la decapitazione della 
                  statua della Sirenetta, a Copenhagen, non venga considerato 
                  come l’ispirata liberazione di “desideri dimenticati”. 
                  Nonostante il loro atteggiamento elitario, comunque, i situazionisti 
                  sono giustamente ricordati per il loro programma sovversivo 
                  e per l’impeto creativo che hanno fornito agli artisti 
                  della rivolta parigina del 1968. Molti degli slogan più 
                  famosi, come  
                  
                  siate realisti, 
                  chiedete l’impossibilevietato vietare
 realizzate 
                  i vostri desideri
 la merce 
                  è l’oppio dei popoli
 più 
                  consumi, meno vivi
 l’arte 
                  è morta: non consumate il suo cadavere
 non lavorare 
                  mai
 corri compagno, 
                  il vecchio mondo è dietro di te
 sotto il 
                  selciato, la spiaggia
 anche se non ispirati direttamente dai testi anarco-situazionisti, 
                  erano certamente in sintonia con il loro spirito di insubordinazione. 
                  Esistevano legami diretti tra il situazionismo e altri gruppi 
                  più apertamente anarchici degli anni Sessanta. Uno dei 
                  primi attivisti dei Provos olandesi (gruppo anarchico formatosi 
                  ad Amsterdam nel 1965) era un ex-situazionista, e lo era anche 
                  uno dei fondatori del gruppo Kommune 1 di Berlino, più 
                  o meno nello stesso periodo. I Provos avevano raggiunto la notorietà 
                  nell’estate del 1965 quando avevano lanciato un attacco 
                  propagandistico contro la proprietà privata, offrendo 
                  gratis per uso pubblico biciclette dipinte di bianco (poi confiscate 
                  dalle autorità); l’anno seguente avevano tirato 
                  bombe fumogene sul corteo nuziale della famiglia reale olandese 
                  (6). Fedeli alla loro filosofia anarchica, 
                  nel 1967 si auto-dissolvevano quando alcuni di loro decidevano 
                  di partecipare alle elezioni municipali e gli altri intuivano 
                  il pericolo di essere risucchiati nell’establishment politico 
                  democratico.
   La proletarizzazione del mondo Il situazionismo è stato presentato come l’antenato 
                  culturale del dirompente movimento punk, soprattutto in Tracce 
                  di rossetto (1989) di Greil Marcus. Tale genealogia è 
                  rafforzata dalla forte probabilità che qualcuno di quei 
                  gruppi, ad esempio i Clash e gli Adam and the Ants, fosse stato 
                  influenzato, in qualche scuola d’arte, dalle tradizioni 
                  culturali del dissenso attraverso il dadaismo. Ciò trascura 
                  ovviamente il fatto che il punk ha origine nel proletariato 
                  inglese, ma è indubbio che il movimento abbia interpretato 
                  idee chiave del situazionismo. Le superstar alla moda su cui 
                  il punk sputava erano un esempio evidente di spettacolo, anche 
                  se l’energia esplosiva e la velocità punk erano 
                  qualcosa di più che un fenomeno musicale. Il punk era 
                  un movimento insurrezionale che prendeva d’assalto la 
                  vita alienata che stava dietro la società dello spettacolo, 
                  mentre la conclamata mancanza di potere spingeva insieme i disoccupati, 
                  i sotto-pagati, gli impiegati di basso livello, ma anche taluni 
                  “professionisti”, in un maledetto pozzo comune di 
                  negazione e isolamento: la proletarizzazione del mondo, come 
                  diceva Debord. Tracce di rossetto si scontra con la 
                  difficoltà di mettere insieme momenti culturali di epoche 
                  diverse, legando Johnny Rotten a un Guy Debord di cui il cantante 
                  non aveva mai sentito parlare, ma Greil Marcus coglie la fecondità 
                  offerta da quell’approccio scombinato e così facendo 
                  introduce entrambi i movimenti nella tradizione anarchica (7). 
                  In un’arena tutta diversa, l’idea situazionista 
                  di “psicogeografia” era in anticipo sui tempi con 
                  il suo tentativo di mettere in discussione e riformare la relazione 
                  psicologica tra gli individui e il loro ambiente urbano. Bisognava 
                  dunque fare un’opera di détournement attraverso 
                  giochi e burle da mettere in atto in vari punti delle città. 
                  Uno dei gruppi che aveva fondato l’Internazionale Situazionista 
                  nel 1955 aveva pubblicato un Piano per migliorare la razionalità 
                  della città di Parigi che invitava a tenere aperti i 
                  giardini pubblici anche la notte e a costruire ascensori che 
                  arrivassero fino ai tetti per creare marciapiedi aerei. Un altro 
                  situazionista, Ivan Chtcheglov, era un entusiasta assertore 
                  del potere liberatorio di edifici che interagissero con la gente 
                  in strada e ne liberassero le emozioni, un’architettura 
                  psichica, di fantasia, in cui la progettazione degli ambienti 
                  e delle costruzioni si sarebbe connessa con la gamma di desideri 
                  trivializzati e reificati dall’eccesso di soddisfazione 
                  materiale. La rielaborazione situazionista dello spazio urbano 
                  guardava avanti, verso i movimenti di ispirazione anarchica 
                  tipo Critical Mass (Massa critica) e Reclaim the Streets (Riprendiamoci 
                  le strade), che mirano a riconquistare gli spazi pubblici super-controllati. 
                  Critical Mass si è diffusa in tutto il mondo, dopo la 
                  sua nascita in USA nel 1992, e ciò che era iniziato come 
                  un tentativo locale di opporsi ai drogati dell’auto e 
                  ai fuoristrada nella Bay Area di San Francisco è cresciuto 
                  fino a diventare una delle strategie principali del movimento 
                  anticapitalista: il concetto di massa critica, tratto dalla 
                  fisica, si è trasformato in metafora politica per indicare 
                  la possibilità di un intervento di massa, senza leadership, 
                  capace di mettere in atto una dinamica di azione diretta dall’esplosiva 
                  potenza sociale. Con una traiettoria simile, Reclaim the Streets 
                  è venuta alla luce a Londra all’inizio degli anni 
                  Novanta e si è successivamente diffusa in Europa, Australia 
                  e nelle Americhe. La sua discendenza dall’anarchismo è 
                  risultata evidente nel 1997, durante le elezioni generali inglesi, 
                  quando i Sex Pistols, l’azione diretta e la dichiarata 
                  futilità del voto si sono fusi nello slogan “Chi 
                  se ne frega delle elezioni, riprendiamoci le strade”. 
                  Jeff Ferrell, nel suo incalzante Tearing Down the Streets 
                  Adventures in Urban Anarchy (8), 
                  riconduce queste e altre forme di attività decentrate 
                  e non-gerarchiche, come lo skateboarding, il base jumping (paracadutarsi 
                  da edifici, antenne, ponti), il graffitismo, le radio illegali 
                  di strada, o anche semplicemente l’andare a spasso, allo 
                  stesso generico impulso anarchico di sovvertire le gerarchie 
                  espresse attraverso forme sterilizzate di potere urbano.
 Le attività di ispirazione anarchica descritte da Ferrell 
                  offrono fruizioni alternative degli spazi culturali pubblici 
                  e contrastano la gentrification (trasformazione di 
                  un quartiere popolare in quartiere di lusso) dell’ambiente 
                  urbano, che è parte del controllo di classe. In nome 
                  della salute pubblica, una kafkiana proliferazione di sistemi 
                  di sorveglianza urbana nasconde la necessità di prendere 
                  in considerazione le cause dei reati sociali. Allo stesso modo, 
                  il riferimento a concetti come “tolleranza zero” 
                  o reati contro la “qualità della vita” nasconde 
                  la propria natura di classe dietro ideali, falsi ma attraenti, 
                  di comportamento civile e soddisfacimento urbano.
   La politica del desiderio Il situazionismo si è anche occupato della sessualità, 
                  argomento che nel pensiero anarchico riceve maggiore attenzione 
                  che nei testi del comunismo e socialismo tradizionali. Nel 1967, 
                  Raoul Vaneigem, figura chiave dell’Internazionale Situazionista, 
                  ha pubblicato La rivoluzione nella vita quotidiana, 
                  un libro dove si trovano molti degli slogan che hanno coperto 
                  i muri di Parigi nel 1968, tra cui il più lungo di tutti: 
                 chi 
                  parla di rivoluzione e lotta di classe con esplicito riferimento 
                  alla vita quotidiana, senza capire il potere sovversivo dell’amore 
                  e quanto sia positivo il rifiuto delle costrizioni, ha un cadavere 
                  in bocca.  L’eco blakeiana del sentimento rimanda alla convinzione 
                  anarchica che la relazione tra libertà politica e sessuale 
                  è importante, che le strutture repressive interiorizzate 
                  sono legate alla volontà di alcuni di accettare il controllo 
                  politico al punto di desiderare l’autorità. Da 
                  tale punto di vista, e non per la prima volta, gli anarchici 
                  vedono nella storia del regime comunista in Russia dopo il 1917 
                  la chiara indicazione di cosa possa accadere a un movimento 
                  rivoluzionario privo di anima libertaria. Nei primi tumultuosi 
                  mesi del governo bolscevico, la legislazione reazionaria in 
                  materia di sessualità e rapporti tra i sessi è 
                  spazzata via da una nuova normativa matrimoniale. Divorziare 
                  diventa facile, le coppie non sposate sono pienamente riconosciute 
                  sul piano legale ed è nell’aria la legalizzazione 
                  dell’aborto e dell’omosessualità. Ma con 
                  il consolidarsi dell’autoritarismo politico, in un processo 
                  parallelo al collasso culturale anche in altri settori, la legislazione 
                  radicale viene revocata e l’atteggiamento ufficiale verso 
                  la sessualità diventa non dissimile da quello presente 
                  negli Stati europei occidentali. Agli “ingranaggi nella testa” di Stirner e ai “ceppi 
                  mentali” di Blake è difficile sfuggire tanto quanto 
                  alle costrizioni materiali, ma il socialismo libertario vede 
                  nella psicologia sociale di Wilhelm Reich, alleata allo spirito 
                  anarchico ribelle di Blake, uno strumento di liberazione. Reich 
                  fornisce una via di fuga da certe implicazioni reazionarie della 
                  psicoanalisi classica, secondo la quale la sessualità 
                  istintiva e non disciplinata deve essere necessariamente sublimata 
                  affinché possa esistere la civiltà. Al tono della 
                  controproposta anarchica la poesia di Blake fornisce ricchezza 
                  espressiva. La dialettica metafisica di Blake, in opere come 
                  The Marriage of Heaven and Hell, si costruisce sui 
                  contrasti (“Le tigri dell’ira sono più sagge 
                  dei destrieri dell’istruzione... Il progresso traccia 
                  strade dritte; ma le vie irrimediabilmente tortuose sono le 
                  vie del Genio... La cisterna contiene; la fontana trabocca”), 
                  asserendo che “l’energia è eterna delizia” 
                  e che
 chi 
                  limita il proprio desiderio, lo fa perché esso è 
                  debole abbastanza da poter essere limitato; e il limitante, 
                  o la sua ragione, ne usurpa il posto e governa la mancanza di 
                  volontà. Ed essendo limitato, esso a poco a poco diventa 
                  passivo, fino a essere solo l’ombra del desiderio 
                  (9).    Segugio assassino Dando voce al ruolo della cultura nella repressione sessuale, 
                  Blake indica l’esistenza di un legame tra aggressività 
                  e forme di repressione (“Per la guerra l’energia 
                  è Schiavizzata”) (10), che 
                  in seguito sarebbe stato esplorato da Reich nel contesto del 
                  fascismo europeo del ventesimo secolo. Nell’opera di Reich 
                  Psicologia di massa del fascismo, scritta durante la 
                  seconda guerra mondiale, è riportato un articolo del 
                  “New York Times”, citato come esempio di militarismo 
                  assassino:  Gli 
                  Afrika Corps tedeschi hanno sconfitto l’Ottava Armata 
                  perché avevano velocità, rabbia, vitalità 
                  e cattiveria. Come soldati nel senso tradizionale, i tedeschi 
                  sono scadenti, assolutamente scadenti... Ma i generali tedeschi 
                  sono scienziati, che sperimentano e migliorano continuamente 
                  la dura formula matematica dell’omicidio... La guerra 
                  è solo una questione di fisica, per loro... E il soldato 
                  tedesco viene addestrato ad assumere una psicologia da segugio 
                  assassino (11).  Reich vuole capire cosa porti una persona a trasformarsi in 
                  un simile sadico, capace di uccidere in modo meccanico. Egli 
                  considera l’umanità come dicotomica, divisa in 
                  una parte animale, apparentata con la natura e spinta biologicamente 
                  a ricercare gratificazione sessuale e cibo, e un’altra 
                  che tende invece a negare questo livello animale sviluppandosi 
                  attraverso strutture meccaniche di organizzazione e pensiero. 
                  Le macchine aprono la via a un’immensa espansione della 
                  “organizzazione biologica umana”, ma questo processo 
                  ha prodotto una “civiltà della macchina” 
                  che induce alla creazione di gerarchie rigide e incoraggia una 
                  visione meccanicistica della biologia umana. In tal modo, il 
                  cervello diventa il comandante-in-capo degli organi corporei 
                  e si afferma una pedagogia statalista:  I 
                  neonati devono assumere una precisa quantità di latte 
                  a intervalli stabiliti e dormire un numero ben preciso di ore. 
                  La loro dieta deve contenere esattamente un x per cento di grasso, 
                  y per cento di proteine e z per cento di carboidrati ... I ragazzi 
                  devono studiare matematica x ore, chimica y ore, zoologia z 
                  ore, tutti esattamente uguali, e tutti devono acquisire la stessa 
                  quantità di sapere. Cento punti significano intelligenza 
                  superiore, ottanta punti intelligenza media, quaranta punti 
                  stupidità (12).  
                  
                  Terrore per ciò che vive
 Un simile processo meccanicistico va di pari passo con lo sviluppo 
                  economico, e agli individui viene insegnato a corazzarsi contro 
                  il naturale e lo spontaneo, finché “non nutrono 
                  un terrore mortale per ciò che vive ed è libero”. 
                  Reich prosegue mettendo questo in relazione con l’assetto 
                  gerarchico dello Stato, la paura della responsabilità 
                  e con “l’ardente desiderio di un führer 
                  e la voglia di autorità”. Reich non è anarchico, ma le sue prime riflessioni sulla 
                  sessualità umana, se pure di impostazione marxiana, nella 
                  convinzione che l’ideologia possa essere una forza materiale, 
                  sono fatte proprie dall’anarchismo, che vi vede la via 
                  per capire come mai le persone non rifiutino forme di autorità 
                  che tanto evidentemente ostacolano la loro capacità di 
                  condurre un’esistenza felice. È facile sorridere 
                  del concetto reichiano di “potenza orgastica”, riducendolo 
                  all’idea che l’energia sessuale e la sua liberazione 
                  attraverso l’orgasmo stiano alla base dello stato di buona 
                  o cattiva salute individuale, e certo negli ultimi anni Reich 
                  ha attirato l’ironia per il modo in cui esprimeva le proprie 
                  teorie. Queste, però, devono essere considerate nel contesto 
                  delle concezioni sviluppate nella sua Analisi del carattere, 
                  che differiscono da quelle freudiane per quanto riguarda la 
                  descrizione dell’Es. Per Reich, la natura umana ha tre 
                  componenti, due delle quali si manifestano nell’intrinseca 
                  capacità di apprezzare spontaneamente il lavoro e le 
                  relazioni sociali. Tale attitudine naturale viene immotivatamente 
                  repressa dalla cultura, da cui deriva l’inconscio visto 
                  come una malsana miscela molto vicina a quella descritta da 
                  Freud. Questo porta a un terzo livello, la maschera sociale 
                  dell’inautenticità, che Reich chiama “carattere” 
                  e che è equivalente all’Ego freudiano, ma visto 
                  come qualcosa di insano. Invece che difesa necessaria contro 
                  ciò che Freud definisce il “calderone” dell’Es, 
                  l’Ego reichiano è la risposta spiacevole e malsana 
                  all’inconscio. Scopo della terapia, dunque, deve essere 
                  la rimozione del carattere e la liberazione della “potenza 
                  orgastica”, e a tal fine è necessario svelare dove 
                  l’individuo abbia racchiuso la sua energia psichica, cioè 
                  il suo carattere. Lasciando da parte descrizioni di sogni, lapsus, 
                  battute, Reich guarda soprattutto al modo in cui una persona 
                  parla, più che al contenuto verbale vero e proprio, ritenendo 
                  che come una persona usa il linguaggio sia più rivelatore 
                  di ciò che effettivamente dice.
 Come è necessario essere aperti a molte delle accuse 
                  che è diventato di moda rivolgere a Freud, così 
                  l’adozione di questa o quella delle idee reichiane richiede 
                  sempre un approfondimento, stante la loro semplicità 
                  e naïveté. Se il lato utopico e rousseauiano 
                  di Reich è continuamente sul punto di scivolare in una 
                  versione psicoanalitica del primitivismo, l’anarchismo 
                  sa invece apprezzare quanto c’è di valido nel tentativo 
                  di fondere Marx e Freud e nel suo contributo a smantellare uno 
                  dei paradigmi dominanti della nostra cultura. Reich collega 
                  le proprie teorie alla natura repressiva della società 
                  sostenendo che la liberazione non sta nel divano dello psicoanalista 
                  ma in una modificazione delle relazioni sociali e sessuali, 
                  che a sua volta dipende da un cambiamento politico. Verso la 
                  fine degli anni Venti è membro del partito comunista 
                  austriaco, e come tale ha organizzato nei pressi di Vienna cliniche 
                  di partito per la sessuoterapia. In seguito i burocrati comunisti 
                  le faranno chiudere con l’accusa di rappresentare una 
                  distrazione dalla causa principale, sordi alla considerazione 
                  che gli individui interiorizzano l’ideologia repressiva 
                  del capitalismo e che, secondo il materialismo marxista, la 
                  repressione dell’individuo diventa parte della sua natura. 
                  Per Reich, la Rivoluzione russa del 1917 è finita male 
                  per la sua incapacità di mettere in discussione la sessualità 
                  e la famiglia patriarcali, lasciando che le persone rimangano 
                  sottomesse e represse. Il suo elogio della sessualità 
                  e della masturbazione adolescenziali come attività salutari 
                  contribuisce a spiegare la sua espulsione dal partito comunista 
                  all’inizio degli anni Trenta, inducendolo ad abbandonare 
                  tanto il marxismo che la politica. Da allora, la sua terapia 
                  diventa fisica, sostituendo la “cura parlata” con 
                  programmi volti al riequilibrio fisiologico della libido, fino 
                  alla “scoperta” di una forza vitale, l’energia 
                  orgonica, misurabile con un cosiddetto Misuratore del Campo 
                  Energetico Orgonico. Nel 1939 Reich si trasferisce negli Stati 
                  Uniti, dopo un soggiorno a Oslo dove modifica leggermente le 
                  proprie idee, e muore quasi paranoico in prigione, incarcerato 
                  in seguito a una disputa ridicola sul suo Accumulatore Orgonico.
   Licenziosi e amorali Nonostante Freud venga oggi re-interpretato come un fantasioso 
                  e metafisico narratore di storie, la lettura reazionaria della 
                  sua opera continua a tenere il campo. Questa postula gli umani 
                  come fondamentalmente licenziosi e amorali, bisognosi di controllo 
                  repressivo al fine di tenere a freno gli impulsi irrazionali 
                  che si nascondono minacciosi nella loro mente. In tale contesto, 
                  Reich resta importante per la sua interpretazione di Freud da 
                  un punto di vista politico e libertario che ha messo in evidenza 
                  la possibilità di un’esistenza umana felice, dove 
                  l’aspetto erotico venga celebrato invece che represso. 
                  Potrebbe apparire che la diffusione, almeno in alcune parti 
                  del mondo, di un atteggiamento aperto e progressista nei confronti 
                  della sessualità, con l’abbandono di molti tabù, 
                  riveli un’intrinseca difficoltà a porre in relazione 
                  la repressione sessuale con il controllo politico. Ma questo 
                  significa avere un’idea limitata della liberazione sessuale, 
                  che esclude comodamente l’alienante mondo del lavoro e 
                  delle classi che determina le relazioni sessuali. Inoltre, significa 
                  sottostimare il ruolo che la famiglia patriarcale continua a 
                  svolgere nella creazione di strutture psichiche conformiste, 
                  ignorando al contempo la grande capacità del capitalismo 
                  consumistico di mercificare i comportamenti sessuali moderni 
                  diminuendone il valore progressista. In un certo senso, all’interno 
                  di luoghi geograficamente e culturalmente ben definiti, una 
                  rivoluzione sessuale c’è stata, ma accompagnata 
                  da nuove forme di sessualità alienante e reificante. 
                  Come ha assorbito e imparato ad adattare a sé le richieste 
                  politiche provenienti dalla classe operaia, il capitalismo moderno 
                  sta imparando a venire a patti (i suoi patti) con l’omosessualità 
                  maschile e femminile, con la sessualità giovanile e gli 
                  altri aspetti di un più aperto atteggiamento sessuale. 
                  In ultima analisi, l’anarchismo non sta tentando di dire 
                  che affrontare i problemi sessuali sia un sostituto della lotta 
                  politica, che l’orgasmo perfetto conduca verso una migliore 
                  lotta di classe. Ciò su cui gli anarchici insistono sono 
                  le composite e complesse conseguenze delle relazioni di classe: 
                  i temi della sessualità e del desiderio sono intimamente 
                  legati con l’esercizio del potere politico e con i problemi 
                  dell’autorità e dell’obbedienza.
   Lavoro alienato Sono appunto le idee che informano il film di Elio Petri La 
                  classe operaia va in paradiso, girato nel 1971. Il protagonista, 
                  Ludovico Massa, è un operaio metalmeccanico la cui cupa 
                  routine di lavoro alienato è incisa sul suo volto affaticato, 
                  mostrato in primo piano all’inizio del film, e sulla sua 
                  meccanica vita sessuale. Prima che un incidente sul lavoro gli 
                  provochi la perdita di un dito, questo stakhanovista incarna 
                  in modo formidabile il concetto reichiano sviluppato nel libro 
                  La funzione dell’orgasmo, secondo cui l’uomo non 
                  solo crede di essere una macchina, ma “funziona realmente 
                  in modo automatico, meccanicistico e meccanico” (13). 
                  Sono temi, questi, raramente affrontati nel pensiero della sinistra 
                  tradizionale, anche se riguardano problemi che interessano alla 
                  maggior parte delle persone, quale che sia il livello della 
                  loro coscienza politica. Sono temi trattati da artisti non anarchici 
                  in opere letterarie come Misura per misura (1604) di 
                  Shakespeare, dove hanno una trattazione che supera lo spettro 
                  consueto dell’arte e dell’estetica politica. Il 
                  testo shakespeariano disseziona la dialettica della sessualità, 
                  rappresentando un governatore repressivo, Angelo (le cui prime 
                  parole sono “Sempre obbedienti...”), torturato dal 
                  desiderio per Isabella, una giovane donna che sta per entrare 
                  in convento. Proprio costei gli rivolge una supplica perché 
                  venga risparmiata la vita a suo fratello, che Angelo ha condannato 
                  a morte per una trasgressione sessuale. Una compassione priva 
                  di sentimento si accumula in Angelo man mano che la sua profonda 
                  infelicità si manifesta crudamente ed egli si rende conto 
                  di come la propria gioia sia stata confiscata da ciò 
                  che chiama “i ceppi della legge che tutti lega”. 
                  Il tema della legge e del desiderio viene affrontato evitando 
                  di ritirarsi nel conservatorismo che Freud avrebbe poi espresso 
                  in Il disagio della civiltà, e la profondità 
                  dell’opera è persino eccessiva per un genere letterario 
                  che di norma si conclude con il semplice elogio del matrimonio 
                  e dell’ordine sociale. L’atto sessuale tra il condannato 
                  e il suo amante emerge come l’unica relazione non viziata 
                  della storia, e Lucio, il personaggio che rifiuta il conformismo 
                  sessuale, è la sola persona che riesce a conquistare 
                  la simpatia del pubblico.
 Le tensioni e le ambiguità sovversive di Misura per 
                  misura, certamente una delle opere più “problematiche” 
                  di Shakespeare, sono particolarmente significative perché 
                  non provengono da una dichiarata posizione libertaria. Quando 
                  l’arte coscientemente anarchica si concentra sulla sessualità, 
                  un film come Bof di Claude Faraldo (1971) riesce a 
                  celebrare sediziosamente la liberazione per mezzo di una tranquilla 
                  rottura del conformismo sessuale. Il film è stato fatto 
                  quattro anni dopo che Faraldo aveva lasciato il proprio lavoro 
                  di fattorino, e comincia proprio descrivendo la noia mortale 
                  di tale lavoro. Il giovane fattorino, che lavora per una ditta 
                  parigina di vini, è tanto fortunato da cogliere lo sguardo 
                  di una ragazza, Germaine, attraverso la vetrina di un negozio. 
                  Così mettono su casa e il padre di lui, persona perfettamente 
                  qualificata per ribellarsi a un’esistenza di lavoro alienante 
                  (“Venticinque anni, vacanze escluse, sapete dirmi quante 
                  volte ho messo la sveglia?”), abbandona il lavoro e si 
                  trasferisce da loro. Germaine accetta il suggerimento del suocero 
                  di fare l’amore, e un felice ménage si instaura 
                  tra i tre. Anche il giovanotto lascia il lavoro e tutti partono 
                  insieme per il sud della Francia. Bof è stato 
                  criticato perché offrirebbe poco più di un immaturo 
                  invito all’evasione (14), ma si 
                  dimentica lo spirito anarchico di Zeitgeist contenuto 
                  nel titolo e la sua allegra concezione di festa sessuale, oltre 
                  al contributo a un’estetica provocatoria. L’elogio 
                  che il film fa della licenza sessuale non è affatto adolescenziale 
                  o sessista. Più che un discorso sulle alternative alle 
                  strutture familiari repressive è una metafora dell’opportunità 
                  e necessità della ribellione. Il dialogo è deliberatamente 
                  semplice fino alla banalità, poiché Faraldo non 
                  è tanto interessato a sviluppare una polemica come tale, 
                  quanto a infondere nella narrazione un senso di sovversione, 
                  senza sollevare quel tipo di questioni che il cinema convenzionale 
                  tratterebbe in una storia come quella. Bof esprime 
                  efficacemente ciò che emana dallo spirito bohémien 
                  dei suoi personaggi, e l’idilliaca immagine finale di 
                  questi che vanno a spasso per la campagna fa da contrasto visivo 
                  e retorico a quelle iniziali del luogo di lavoro alienato. I 
                  congressi carnali di Bof indicano l’inizio di 
                  una rottura di gruppo con la società di classe e sono 
                  all’estremo opposto di quelli rappresentati in Y Tu 
                  Mamá También di Alfonso Cuaron (2001). Qui 
                  le buffonate sessuali, liberatorie ed egualitarie, di Tenoch 
                  e Julio rappresentano invece una chiusura, perché i due 
                  sono all’apice della loro posizione da adulti in seno 
                  alla gerarchia di classe della società messicana contemporanea.
   L’arcivescovo fuori dalla finestra L’elogio del desiderio come forza anti-gerarchica, tanto 
                  evidente sia in un film anarchico come Bof sia in uno 
                  non anarchico come Y Tu Mamá También, 
                  ha una genealogia cinematografica che risale al surrealismo 
                  e a L’età dell’oro di Buñuel 
                  (1930). Questo film celebra la rivolta, in una contrapposizione 
                  blakeiana tra ragione e desiderio: una manifestazione di Stato, 
                  popolata da militari, preti, monaci, suore, poliziotti e borghesi 
                  in cilindro (15), viene messa in crisi 
                  dal vigoroso rapporto sessuale di una coppia, interrotto prematuramente 
                  quando la donna è allontanata dagli sconvolti apostoli 
                  della religione e dello Stato. Altrove, il conflitto è 
                  all’interno della psiche individuale, come nella scena 
                  in cui l’eroe adirato lancia fuori dalla finestra un abete, 
                  e poi un aratro, una giraffa, un arcivescovo e mucchi di piume, 
                  che sono stati interpretati come simboli, rispettivamente, della 
                  famiglia, del lavoro, dell’onore, della religione e dei 
                  beni materiali (16). L’anticlericalismo 
                  e l’antiautoritarismo di Buñuel sono rimasti una 
                  forza altrettanto potente quando, decenni dopo, ha girato Viridiana 
                  (1961). Il personaggio principale del film sta per farsi suora, 
                  come l’Isabella di Shakespeare, ma c’è una 
                  nota di sensualità repressa nella sua fredda cristianità 
                  (una croce di legno, chiodi e una corona di spine sono messi 
                  in valigia quando parte per andare a trovare lo zio, prima di 
                  prendere i voti). Come Isabella, anche lei attrae le lascive 
                  attenzioni di un uomo, suo zio appunto, che angosciato dal senso 
                  di colpa finisce per impiccarsi. Il film diventa quindi deliziosamente 
                  blasfemo. La giovane donna, turbata, raccoglie un gruppo di 
                  grotteschi mendicanti e li invita in casa per un confuso tentativo 
                  di redenzione. Quelli approfittano in pieno dell’opportunità 
                  offerta e l’orgia che ne segue raggiunge il culmine in 
                  un’inversione rabelaisiana dell’Ultima cena 
                  leonardesca, durante la quale Viridiana viene molestata. Oltre 
                  a essere la trionfante risposta di Buñuel a Franco e 
                  al cattolicesimo (mostrando cinematograficamente il medio all’invito 
                  del dittatore a lasciare l’esilio messicano e tornare 
                  in Spagna a fare un film di sua scelta), Viridiana 
                  ci delizia mostrando come la liberazione non venga dall’alto 
                  e meno ancora da una morale ascetica negatrice della vita.    Sotto la veste della razionalità Anarchismo e surrealismo non sono sinonimi, ma negli atteggiamenti 
                  culturali, nello spirito, hanno rassomiglianze di famiglia. 
                  Condividono l’intenzione provocatoria di screditare i 
                  presupposti convenzionali circa le nostre possibilità 
                  esistenziali, dichiarando che la nostra coscienza rimane incompleta 
                  se, confondendo la realtà che è con quella che 
                  potrebbe essere, il desiderio viene scoraggiato e represso. 
                  La capacità di cambiare la realtà è parte 
                  dell’essere, e l’ontologia marxiana riceve una torsione 
                  surrealista: “L’uomo propone e dispone. È 
                  in suo potere appartenere solo a se stesso, cioè mantenere 
                  in condizione di anarchia la banda dei suoi desideri che ogni 
                  giorno diventa così più formidabile” (17). 
                  Prima che l’Olocausto li dimostrasse profeti, artisti 
                  anarchici e surrealisti come Blake, Shelley e Wilde hanno visto 
                  cosa poteva nascondersi sotto la veste della razionalità, 
                  e questo spiega perché lo spirito di rivolta che sta 
                  nel cuore del surrealismo sia ugualmente importante per l’anarchismo 
                  culturale. Blasfemia, rivolta e disordine (in una sequenza che 
                  li distanzia nettamente dalla licenza irrazionale) sono valutate 
                  positivamente per ciò che intendono negare. André 
                  Breton, come molti surrealisti, si è reso conto che l’impegno 
                  nel terrorizzare la sensibilità borghese poteva equivalere 
                  a solleticarla, e la consapevolezza di questa possibilità 
                  sta alla base del suo allontanamento da Salvador Dalí. 
                  Breton sapeva che l’arte non è la scorciatoia per 
                  la rivoluzione sociale, e si è volto al comunismo nella 
                  speranza di costruire un ponte tra la liberazione mentale dell’individuo 
                  e la più ampia trasformazione della società. Comprendeva 
                  la posizione marxiana che la verità è un’entità 
                  non indipendente ma legata alla conoscenza, e la sua infelice 
                  esperienza con un partito comunista incapace di accogliere lo 
                  spirito libertario non gli ha impedito di tentare di forgiare 
                  una prassi dove il surrealismo si alleava all’azione diretta. 
                  La prima presa di posizione politica del surrealismo è 
                  stata infatti contro la guerra coloniale francese in Marocco, 
                  e surrealisti politicamente impegnati hanno partecipato a vari 
                  picchettaggi e hanno combattuto contro Franco nella guerra civile 
                  spagnola. 
  Seán M. Sheehan (brano tratto da Ripartire dall’anarchia)
 Note 
                  Marx 
                  K., The Communist Manifesto, Londra 1998, p. 37.  
                  Citato 
                    in Bracken L., Guy Debord, Revolutionary, Los Angeles 
                    1997, p. 27. 
                  Questi 
                    termini situazionisti sono presi da Home S., The Assault 
                    on Culture, Edimburgo 1991, pp. 18, 29, 30 [trad. it.: 
                    Assalto alla cultura, AAA Edizioni, Bertiolo 1996]. 
                    
                  Debord 
                    ha rigettato l’anarchismo individualista come “risibile” 
                    e l’anarchismo in generale perché centrato a 
                    suo avviso più sull’obiettivo della lotta rivoluzionaria 
                    che sul metodo, accusandolo di essere l’ideologia della 
                    “libertà pura” che rende tutto uguale. 
                    Le citazioni sono tratte da Debord G., Society of the 
                    Spectacle, Detroit 1970, edizione riveduta 1983, sezioni 
                    92-94 del cap. 4 [trad. it.: La società dello spettacolo, 
                    Baldini e Castoldi, Milano 1997]. Bakunin è stato accusato 
                    di sostenere le proprie opinioni in modo autoritario, esattamente 
                    come Marx. Al tempo stesso, però, Debord ha riconosciuto 
                    che la rivoluzione sociale spagnola del 1936 è stata 
                    una delle realizzazioni più avanzate della classe operaia 
                    in tutta la storia. 
                  Si 
                    veda Bracken L., op. cit., pp. 114-19. 
                  Per 
                    saperne di più sui Provos olandesi e Kommune 1, così 
                    come su altri movimenti degli anni Sessanta, ad esempio i 
                    Motherfuckers, gli Yppies e le White Panthers, si veda Home 
                    S., op. cit., cap. 12. 
                  Si 
                    veda anche Savage J., England’s Dreaming: Anarchy, 
                    Sex Pistols, Punk Rock and Beyond, New York 1991 [trad. 
                    it.: I Sex Pistols e il rock inglese in rivolta, 
                    Arcana, Roma 1994], e Nehring N., Flowers in the Dustbin: 
                    Culture, Anarchy, and Postwar England, Ann Arbor 1993. 
                    
                  Ferrell 
                    J., Tearing Down the Streets Adventures in Urban Anarchy, 
                    New York 2001, cap. 6. 
                  Blake 
                    W., The Marriage of Heaven and Hell, in Collected 
                    Poems, Oxford 1968, pp. 149-50 [trad. it.: Selected poems, 
                    Einaudi, Torino 1996]. 
                  Blake 
                    W., riga 152 di Night the Ninth in The Four Zoas, 
                    in Collected Poems, cit., p. 361. 
                  Reich 
                    W., The Mass Psychology of Fascism, Londra 1997, 
                    p. 332 [trad. it.: Psicologia di massa del fascismo, 
                    Esedra, Milano 1994]. 
                  Reich 
                    W., op. cit., p. 337. 
                  Reich 
                    W., op. cit., p. 342. 
                  Porton 
                    R., Film and the Anarchist Imagination, Londra 1999, 
                    pp. 162-64. 
                  Aranda 
                    F., Luis Buñuel: A Critical Biography, p. 
                    76, citato in Porton R., op. cit., p. 238. 
                  Cardinal 
                    R. e Short R. S., Surrealism, Londra 1937, p. 123. 
                    
                  Citato 
                    in Cardinal R. e Short R. S., op. cit., p. 36. Tratto dal 
                    Secondo Manifesto Surrealista.  
                  
                    |  Elèuthera
 Seán 
                        M. Sheehan  Ripartire 
                        dall’anarchia attualità delle idee e delle pratiche libertarie
 176 
                        pp. / euro 13,00  l’autore 
                        Seán M. Sheehan, nato nel 1951, dopo avere insegnato 
                        per vent’anni Inglese nelle università di 
                        Swansea e Oxford, è da cinque anni scrittore a 
                        tempo pieno. È autore di libri di storia e di viaggi, 
                        oltre che di una “guida” a Wittgenstein. Divide 
                        il suo tempo fra Londra e West Cork (Irlanda).
 l’opera 
                        Il viaggio di Sheehan alla riscoperta dell’anarchia 
                        parte da Seattle, dove nel 1999 “nasce” il 
                        variegato movimento no-global. Non solo e non tanto perché 
                        gli anarchici in senso stretto, in una riemersione storica 
                        pari a quella del ‘68, vi condivisero l’invasione 
                        delle strade con ambientalisti, pacifisti e una quantità 
                        di altri gruppi, ma anche e soprattutto perché 
                        con voce d’an-archia parlava una parte rilevante 
                        del nuovo movimento: nella sua natura non gerarchica, 
                        nel suo rifiuto della politica partitica tradizionale, 
                        nella sua contestazione globale allo status quo post Guerra 
                        fredda, post bipolarismo capitalismo/comunismo di Stato.
 Il viaggio di Sheehan si sposta poi a monte, nella multiforme 
                        storia dell’anarchismo, di cui racconta aneddoti, 
                        grandi eventi e personaggi, esplorando il ricco corpus 
                        di pensiero che cerca continuamente di coniugare l’individuo 
                        e la comunità tra i poli estremi del nichilismo 
                        e del comunismo. L’autore vi legge un fecondo sforzo 
                        di coerenza tra mezzi e fini, in cui il mezzo è 
                        il messaggio e l’anarchia non è un vangelo 
                        millenaristico ma una sensibilità libertaria ed 
                        egualitaria che si fa tensione del presente. Una tensione 
                        tra le cose così come sono e come dovrebbero e 
                        potrebbero essere, tra disperazione e speranza, tra solitudine 
                        e solidarietà...
 Una mappa del mondo senza un luogo per l’anarchia 
                        non vale la pena d’essere usata, conclude l’autore 
                        parafrasando Oscar Wilde. E nel percorso in process che 
                        si va aprendo, nella nuova mappa che va emergendo, la 
                        A cerchiata segna anche, secondo Sheehan, il luogo di 
                        un nuovo appuntamento con Marx. E con Nietzsche.
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