|  Medaglie d’oro, ricchi premi e cotillons
 Il 14 maggio è caduto il 152° anniversario della 
                  fondazione della polizia di stato. Nel corso delle celebrazioni, 
                  il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha insignito 
                  della medaglia d’oro al valor civile dieci poliziotti 
                  caduti nella lotta contro il terrorismo (medaglie alla memoria, 
                  ovviamente). Fin qui, niente di strano, a parte il fatto che 
                  qualcuno dovrebbe spiegarmi che razza di ricorrenza sia il 152° 
                  anniversario perché, da che mondo è mondo, gli 
                  anniversari in pompa magna si fanno solo quando la cifra è 
                  tonda, non fosse altro perché abbiamo il sistema metrico 
                  decimale. Del resto, però, se Silvio Berlusconi è 
                  in campagna elettorale adesso e non due anni fa, qualcosa doveva 
                  pure inventarsi. Così, con il beneplacito del Quirinale, 
                  anche il numero 152 viene buono. Punto, a capo e viva il parroco. 
                  Lo strano, per così dire, è che tra i premiati 
                  ci sia anche il commissario Luigi Calabresi. Anzi, Calabresi 
                  è addirittura il simbolo di questa ridda di premiazioni 
                  post mortem, il che è anche naturale, essendo di gran 
                  lunga il più famoso tra tutti.
 Per l’omicidio di Calabresi, come è noto, sono 
                  stati condannati i tre ex di Lotta Continua Adriano Sofri, Ovidio 
                  Bompressi e Giorgio Pietrostefani sulla base delle dichiarazioni 
                  di Leonardo Marino, anche lui ex Lc e ora imprenditore nel ramo 
                  dei bomboloni e crepes, professione che esercita presso la via 
                  Variante Aurelia di Sarzana (La Spezia). Secondo la ricostruzione 
                  giudiziaria, Sofri avrebbe commissionato a Bompressi, Pietrostefani 
                  e allo stesso Marino l’omicidio di Calabresi (Milano, 
                  7 maggio 1972) per far giustizia della morte dell’anarchico 
                  Giuseppe Pinelli, della quale Calabresi era ritenuto diretto 
                  responsabile. Pinelli, lo sappiamo tutti, morì cadendo 
                  dal quarto piano della questura di Milano la sera del 15 dicembre 
                  1969 mentre era sottoposto a un interrogatorio per accertare 
                  un suo preteso coinvolgimento nella strage di piazza Fontana 
                  (ipotesi rivelatasi, in seguito, del tutto infondata). Nel 1975 
                  un’inchiesta della magistratura (Gerardo D’Ambrosio) 
                  cercò di salvare capra e cavoli: Pinelli non si era suicidato, 
                  ma non erano responsabili nemmeno i poliziotti che lo interrogavano. 
                  Che cosa successe quella notte nella stanza al quarto piano? 
                  Semplice, Pinelli sarebbe stato vittima di un “malore 
                  attivo”. In pratica lo stress degli interrogatori, le 
                  troppe sigarette a stomaco vuoto unito al freddo che proveniva 
                  dalla finestra aperta avrebbero causato un malore, ma Pinelli 
                  invece di accasciarsi, come avviene sempre, avrebbe spiccato 
                  un balzo in avanti, da qui la definizione di “malore attivo”. 
                  In questa inchiesta, sia detto per dovere di cronaca, il compito 
                  più arduo per gli inquirenti fu senz’altro quello 
                  di scegliere quale versione della questura privilegiare, dato 
                  che per eccesso di zelo i poliziotti ne avevano fornite addirittura 
                  tre (in una di queste, Pinelli si buttava dalla finestra al 
                  grido di “Viva l’anarchia!”).
 La vicenda, per usare un eufemismo, convince poco, ma questo 
                  adesso non c’entra. In tutto ciò, vi sono dei fatti 
                  accertati e mai posti in discussione. E precisamente:
 
                  Mettendo da parte tutto quello che si può pensare delle 
                  medaglie d’oro, soprattutto se alla memoria, mi pare che 
                  queste semplici constatazioni possano sollevare almeno qualche 
                  dubbio che il comportamento di Calabresi sia quello buono per 
                  chi voglia meritarsene una. A meno che, si capisce, il presidente 
                  Ciampi non intenda indicare come modello per i poliziotti un 
                  commissario che arresta arbitrariamente, interroga senza avvocati 
                  e dice di farsi i fatti suoi mentre i sospetti cadono dalle 
                  finestre.Giuseppe Pinelli fu condotto in questura personalmente dal 
                    commissario Luigi Calabresi, senza che questi lo avesse posto 
                    in stato di fermo (anzi Pinelli seguì con il suo motorino 
                    la macchina su cui viaggiava Calabresi). Tradotto: Calabresi 
                    ha compiuto un arresto illegale; 
                  il commissario Calabresi interrogò Pinelli senza 
                    la presenza di un avvocato, commettendo così un reato 
                    di estrema gravità; 
                  Pinelli è morto mentre era interrogato da Calabresi. 
                    O meglio, Calabresi sostenne e il suo capo Antonino Allegra 
                    confermò che in quel momento si trovava in un’altra 
                    stanza della questura. Ma comunque sia il responsabile dell’interrogatorio 
                    era Calabresi. Ora, dato che non si può certo affermare 
                    che uno che cade dalla finestra muoia di morte naturale, il 
                    fatto deve certo essere imputato al responsabile della procedura 
                    che, come minimo, ha vigilato male. 
                 Ma cerchiamo di non essere precipitosi. Magari quando ci spiegheranno 
                  perché il 152° anniversario è una ricorrenza 
                  ci verrà usata la cortesia di spiegarci anche questo.
   Persio Tincani    L’altra Trieste Incontro con l’ecologia sociale lontano dalle 
                  fanfare degli alpini
 In una Trieste in preda al furore nazionalista e quasi occupata 
                  da decine di migliaia di alpini, riunitisi nel capoluogo giuliano 
                  per la loro 77ma adunata nazionale, in concomitanza con questa 
                  tre giorni di tripudio militarista e di celebrazioni che culmineranno 
                  nel 50mo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia, 
                  nell’Aula Magna della scuola per interpreti e traduttori, 
                  il professore Daniel Chodorkoff, direttore esecutivo dell’Institute 
                  for Social Ecology del Vermont, ha dato il via ad un ciclo di 
                  conferenze organizzate dal Centro Universitario per gli Studi 
                  e le Ricerche sulla Pace, presieduto da Andrea Licata. Il professore Chodorkoff, attivo fin dal 1960 nei movimenti 
                  contro la guerra, per la giustizia sociale e l’ecologia, 
                  è anche autore di diversi libri e di numerosi articoli 
                  sui temi dell’ecologia politica ed ha tenuto conferenze 
                  in tutto il mondo. Chodorkoff, antropologo di formazione, è 
                  il cofondatore dell’Istituto per l’Ecologia sociale 
                  insieme al più noto Murray Bookchin, che dal prestigioso 
                  “The Scientist” è stato definito uno dei 
                  maggiori filosofi politici americani.
 I due pensatori hanno avuto delle vicende molto simili: nati 
                  entrambi da immigrati russi socialisti esuli dall’URSS, 
                  hanno attraversato il marxismo e poi,disillusi dalla deriva 
                  autoritaria dei regimi di socialismo reale, nonché dalla 
                  gerarchia centralizzatrice dei partiti occidentali, sono approdati 
                  all’anarchismo e alla New Left, movimento leader nella 
                  lotta alla globalizzazione, alla guerra, contro la pericolosa 
                  diffusione di organismi geneticamente modificati. Senza poi 
                  contare che le rispettive compagne – in particolare Janeth 
                  Biehl, compagna di Bookchin – si sono occupate di temi 
                  quali l’ecofemminismo e l’emancipazione femminile 
                  in tempi in cui simili argomenti erano guardati con sospetto.
 La conferenza odierna – dal titolo Ecologia sociale ed 
                  educazione: una risposta alla guerra e alla distruzione della 
                  natura – di cui in città vi erano scarse notizie, 
                  dato che l’attenzione era ovviamente monopolizzata dall’”invasione” 
                  dei chiassosi alpini – solo Eva Ciuk de “il Piccolo” 
                  ha dedicato un trafiletto all’evento – si è 
                  tenuto alla presenza di pochi intimi, ma il dibattito che ne 
                  è scaturito è stato molto vivace, in quanto i 
                  temi sul tavolo erano molti.
 Il professore Chodorkoff – che si vanta di essere stato 
                  l’unico a portare una delegazione di scuole medie al social 
                  forum di Mumbay – ha introdotto i concetti che costituiscono 
                  il nucleo fondamentale della dottrina fondata da Bookchin – 
                  l’ecologia sociale – e ha dato anche delle direttive 
                  di attuazione pratica dei principi stessi, in quanto ama definirsi 
                  un attivista convinto.
 L’obiettivo dell’ecologia sociale è quello 
                  di trovare una alternativa alla guerra e alla distruzione della 
                  natura, e la chiave di volta risulta essere l’educazione 
                  di individui liberi da qualsiasi forma di sapere che sia acriticamente 
                  imposta dall’alto.
 Chodorkoff critica l’attuale società capitalistica, 
                  che considera eccessivamente competitiva e volta allo sfruttamento 
                  dissennato delle risorse tanto umane quanto ambientali. Di contro, 
                  afferma che la natura umana, come è stata capace di raggiungere 
                  questi eccessi, così è e deve essere in grado 
                  di ritornare sui propri passi, oppure il futuro del nostro pianeta 
                  è segnato. La guerra in Iraq, afferma il professore, 
                  è una vergognosa menzogna, è una squallida lotta 
                  per il petrolio, e stiamo organizzando una grande manifestazione 
                  per richiedere il ritiro immediato delle truppe e per dire di 
                  no alla reintroduzione della leva militare negli USA. Per avviarsi 
                  verso un futuro di cooperazione è necessario puntare 
                  sulle potenzialità positive della natura umana, che possono 
                  essere messe in luce solo attraverso un buon sistema educativo, 
                  basato su principi di pedagogia libertaria. Insomma, le basi 
                  della futura società ecologica si costruiscono a partire 
                  da individui in grado di pensare con la propria testa e senza 
                  né imposizioni né condizionamenti di alcun genere.
 Un altro tema scottante e oggetto delle sue critiche più 
                  feroci è quello di gerarchia, che non è da considerare 
                  come uno stato di cose immanente ed immutabile, ma come un semplice 
                  riflesso della mente umana. Infatti – e in questo discorso 
                  grande importanza hanno discipline marcatamente scientifiche 
                  come l’ecologia – l’ecosistema, e dunque il 
                  mondo naturale, si basa su principi quali l’unità 
                  nella diversità e la complessità degli organismi. 
                  Il che significa che ogni elemento, anche quello apparentemente 
                  più insignificante, concorre alla stabilità del 
                  sistema e maggiore è la diversità, maggiori possibilità 
                  ha il sistema di conservarsi.
 Il professore è poi passato alla descrizione delle attività 
                  dell’istituto che ospita studenti di tutto il mondo e 
                  che cerca di attuare i principi dell’ecologia sociale 
                  attraverso l’insegnamento. Chodorkoff ha chiuso l’incontro 
                  con una frase ad effetto: – Non dubitate mai della capacità 
                  di un piccolo gruppo di persone di cambiare il mondo; infatti 
                  è ciò che è sempre accaduto – .
   Pasquale De Vita (studente di Lettere Moderne presso l’Università 
                  Federico II di Napoli)
    Bikini ad impatto sociale
 In seguito alle aggressioni contro concittadini stranieri è 
                  nata l’agenzia “no_milk///no_honey”, un progetto 
                  d’arte partecipativa degli austriaci Social Impact. Attualmente 
                  sta distribuendo una collezione estiva per turisti, a prezzo 
                  di costo per coloro che desiderano autofinanziare progetti. 
                  Tutti coloro che dalle vacanze inviano una foto di se stessi 
                  nell’atto di utilizzare asciugamano, frisbee, maglietta, 
                  costume, materassino o cappello della collezione, partecipano 
                  all’estrazione di un volo per Barcellona.
 
 Le immagini serigrafate illustrano quelle uccisioni di concittadini 
                  stranieri alle quali ha partecipato la polizia negli anni recenti 
                  in Austria, le confezioni sono accompagnate da un testo esplicativo.
 
  Concittadini stranieri è la traduzione letterale usata 
                  abitualmente “negli ambienti impegnati” per indicare 
                  stranieri o extracomunitari in Austria e Germania.  e-mail: nomilk@social-impact.at; 
                  sito: www.social-impact.at.
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