| Decisamente si intuisce 
                  che la stesura si è avvalsa di due orientamenti, fra 
                  loro nettamente contrapposti, l’orientamento proibizionista 
                  e quello regolamentista. Il relatore (1), non volendo scontentare 
                  nessuno, ha soddisfatto i proibizionisti comminando svariati 
                  anni di galera alle prostitute, ma naturalmente senza vietare 
                  la prostituzione.
 A tal proposito sottolineiamo che in nessun paese dell’Unione 
                  Europea si manda in galera chi lavora fuori dai luoghi consentiti. 
                  Tale violazione viene sanzionata con multe, come qui si vorrebbe 
                  fare con i clienti, infatti. Nella proposta non si trattano 
                  in maniera paritaria le prostitute e i loro clienti. (Immagino 
                  che in commissione come in parlamento i maschi “potenziali 
                  clienti” siano in maggioranza).
 Gli articoli 2, 3, 5 (che prevedono la registrazione di polizia 
                  e sanitaria, gli obblighi fiscali) sono fortemente regolamentisti. 
                  Ma non s’ispirano al neoregolamentarismo che alcuni paesi 
                  dell’Unione stanno applicando nell’intento di riconoscere 
                  i diritti delle sex worker, bensì al modello che ispirava 
                  le leggi negli anni a cavallo fra il XVIII e XIX secolo. Per 
                  dirla in breve lo Stato garantiva che “il vizio” 
                  si potesse esercitare ma in maniera controllata, soprattutto 
                  per evitare la diffusione delle malattie sessuali di cui le 
                  prostitute venivano considerate il veicolo principale.
 Cosa si può dire di una simile regolamentazione oltre 
                  a notare che sembra ispirata dal Regolamento Cavour (1860) che 
                  a sua volta riproponeva i regolamenti napoleonici. Già 
                  nella legge del 27 luglio 1905 si separava il regime di polizia 
                  da quello sanitario nel rispetto della libertà personale 
                  delle meretrici. Tale Regolamento iscritto nel TU delle leggi 
                  sanitarie prevedeva oltre alle cure gratuite l’abolizione 
                  delle misure coatte (2).
 Si dovranno veramente ampliare le carceri femminili se faranno 
                  una simile legge, se poi si sommassero più infrazioni, 
                  art. 1 comma 5 con art.2 comma 5 e/o 7 (ognuna di queste violazioni 
                  prevede tre anni di carcere) che si farà? Una vita in 
                  galera?
 Dobbiamo appellarci alla OMS per quanto concerne i controlli 
                  sanitari obbligatori, ci sono delle direttive che li biasimano. 
                  Inoltre svariati studi ne dimostrano l’inefficacia.
 Art.1 comma 3 (di fatto autorizzano piccole strutture/bordelli 
                  privati, salvo poi considerarli pubblici per le norme igienico/sanitarie). 
                  Cosa intendono “fuori dei casi di agevolazione, favoreggiamento…” 
                  il favoreggiamento non deve essere punito, già nella 
                  legge attuale ciò si è dimostrato un errore che 
                  favorisce l’isolamento e lo sfruttamento.
 
  Solo ammende, non galera
 Se proprio ci tengono a colpire lo sfruttamento dicano qualcosa 
                  sui profitti di chi affitta i locali che devono essere equi. 
                  E poi cosa ci diranno dei luoghi dove si troveranno le private 
                  abitazioni? Si sono dimenticati questo particolare! Commi 5.6.7 
                  (divieto di prostituirsi in strada e in luoghi pubblici pena 
                  tre anni di carcere per le prostitute e solo ammenda per i clienti) 
                  dovrebbero essere reati solo amministrativi e le punizioni dovrebbero 
                  essere solo ammende. Tenete conto che chi andrà per strada 
                  saranno in gran parte le più sfigate che non hanno mezzi 
                  e possibilità di avere un alloggio per esercitare. (Perfino 
                  nella Svezia proibizionista non arrestano e non multano le prostitute 
                  ma solo i clienti) Nel merito dell’art. 2.2b non mi pare che si possa ammettere 
                  che la prostituzione si può fare in locali privati e 
                  poi si debba certificarne l’idoneità, inoltre se 
                  le prostitute volessero andare a fare la prestazione a casa 
                  dei clienti? Una potrebbe farlo sempre senza avere un proprio 
                  locale.
 Art. 5, se intendono imporre un onere previdenziale di fatto 
                  in base ai principi dell’ordinamento giuridico trattano 
                  il fatto alla stregua di una professione. Allora la questione 
                  cambia, si deve parlare di lavoro e di diritti.
 Art. 6 (divieto di pubblicità), dover pagare le tasse 
                  (come prevede l’art. 5) come si concilia con il fatto 
                  che per guadagnare bisogna farsi conoscere? Per pubblicità 
                  si intendono anche le pagine gialle e gli elenchi telefonici? 
                  Questi non sono interdetti neppure ai notai!
 Art. 7 , eccoci arrivati, tutto quello che non dice questa legge 
                  lo diranno loro!!! I 4 Ministri: lavoro e affari sociali, interno 
                  e salute.
 Non si deve consentire che liquidino la questione demandando 
                  ai Ministri di fare le regole, dentro questo schema potrebbero 
                  fare qualunque cosa. Anche demandare alle Regioni di decidere 
                  quello che vogliono. Forse non sanno come venir fuori da tanta 
                  complicazione e lasciano ad altri di decidere.
 La proposta non ha nemmeno un comma che garantisca la persona 
                  prostituta nella sua dignità e nel rispetto dei diritti 
                  civili, dovremmo credere che chi è disposto a varare 
                  una simile legge dà per scontato tale rispetto?
 Cosa è una legge quadro? Delega al Governo? Se è 
                  così sarà un metodo poco democratico di fare.
 Predisporremo una strategia per opporci a un simile disegno!
  Pia Covre per il Comitato per i diritti delle Prostitute
 
                  
                    |  Note: 
                         1. 
                        Disposizioni in materia di prostituzione, proposta di 
                        legge del relatore in Commissione Giustizia della Camera. 
                        2. In Emilio Franzina, Casini di guerra. Paolo 
                        Gaspari Editore, 1999 Udine, p. 166 e p. 167.
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