| Anche se San Valentino 
                  è passato da un pezzo, permettetemi di occuparmi di due 
                  innamorati, i cui casi, peraltro, la stampa ha già avuto 
                  occasione di trattare. Si tratta, non ve ne stupiate, di Roy 
                  e Silo, due pinguini ospiti dello zoo del Central Park, a New 
                  York. Sono, sotto tutti gli aspetti, due amanti modello: inseparabili 
                  da sei anni, esibiscono, stando almeno a «Repubblica» 
                  (8 febbraio u.s.), che riporta un servizio del «New York 
                  Times», quello che «nel gergo dei pinguini», 
                  o, più probabilmente, degli studiosi che se ne occupano, 
                  «si chiama comunemente ‘comportamento estatico’», 
                  vale a dire che «se ne stanno appoggiati l’uno sulla 
                  spalla dell’altro, si lanciano richiami e fanno sesso». 
                  Niente da giustificare, in realtà, l’interessamento 
                  dei media, perché sono tutte cose che gli innamorati, 
                  potendo, fanno da sempre, a qualsiasi specie animale appartengano, 
                  ma sapete anche voi quanto siano pettegoli e conformisti gli 
                  operatori dell’informazione. Roy e Silo sono ambedue maschi 
                  e sembra che anche negli Stati Uniti basti questo per fare della 
                  loro storia un fatto di cronaca.   Leggi bigotte e intolleranti
 Secondo la giornalista del NYT che si è occupata della 
                  faccenda, i due pennuti, «dovendo antropomorfizzare un 
                  po’, sono pinguini gay». In effetti, si direbbe 
                  che, una volta tanto, l’antropomorfizzazione non sia del 
                  tutto arbitraria: «quando è stata presentata loro 
                  una pinguina entrambi si sono categoricamente tirati indietro 
                  e anche le femmine della loro specie non paiono interessate 
                  a loro». Tuttavia, più fortunati dei loro omologhi 
                  umani vessati in buona parte del mondo da leggi bigotte e intolleranti, 
                  i due hanno potuto accedere all’esperienza dell’adozione: 
                  Rob Gramzay, il loro custode, ha provato a consegnargli un uovo 
                  fecondato e quelli se lo sono covato per i trentaquattro giorni 
                  regolamentari, fino alla nascita di una pulcina che hanno poi 
                  accudito con cura e perizia finché non ha raggiunto l’età 
                  per cavarsela da sola. Una bella storia, tutto sommato, sulla 
                  cui morale si dovrebbe meditare, non diversamente di quanto 
                  si fa con tanti altri racconti che hanno per protagonisti degli 
                  animali. Quella di Roy e Silo, tuttavia, non è una favola. Il 
                  loro caso, che non è, tra parentesi, affatto unico, nemmeno 
                  negli ambienti ristretti dello zoo del Central Park e dell’acquario 
                  di Coney Island, è finito sotto i riflettori della stampa 
                  per via del dibattito, vivace in America in fase preelettorale, 
                  sui risvolti legali dell’omosessualità umana, risvolti 
                  che vanno dal matrimonio dei gay alle vecchie leggi contro la 
                  sodomia che molti stati si ostinano a mantenere in vigore. Anche 
                  se gli scienziati, in questi casi, sono comprensibilmente restii 
                  a generalizzare e a estrapolare, c’è chi lo fa 
                  per loro: così i gruppi gay sostengono che se il comportamento 
                  omosessuale è presente tra gli animali, non può 
                  certo definirsi, secondo la nota formula, «contro natura», 
                  per cui non dovrebbe essere censurato sul piano morale e legale. 
                  Meno legati all’ideologia roussoviana, i loro avversari, 
                  specie se appartenenti a gruppi religiosi di stampo fondamentalista, 
                  ribattono che quei comportamenti vanno perseguiti e preclusi 
                  proprio in quanto «animali».
 È una questione, naturalmente, di punti di vista. Se 
                  volete un’opinione personale, il dibattito sembra singolarmente 
                  mal posto. Non crederò mai che qualsiasi discorso sul 
                  comportamento «naturale» dei nostri confratelli 
                  animali possa influire sulla realtà repressiva di quelle, 
                  o altre, leggi. La difesa dei diritti dei gay è sacrosanta, 
                  ma va ovviamente affidata, più che a un’analogia 
                  che lascia il tempo che trova, anche perché non si vede 
                  che cosa ci sia di «naturale» nella vita di due 
                  creature costrette loro malgrado in uno zoo, a una seria riflessione 
                  sulla libertà umana, che è appunto quello da cui 
                  certi ambienti più che da ogni altra cosa rifuggono.
  
  Eredi di Galileo
 Però è curioso, lo ammetterete, che ci si continui 
                  ad accanire, oggi, sul vecchio concetto tomistico e aristotelico 
                  del «secondo natura», quello che già metteva 
                  in tanto imbarazzo Dante nel XV canto dell’Inferno. 
                  E Dante e i suoi contemporanei, se non altro, avevano della 
                  natura una concezione piuttosto vaga, a metà tra il paradigma 
                  scientifico e l’ipostasi religiosa, e potevano tranquillamente 
                  inserirvi o escluderne tutto ciò che volevano o non volevano. 
                  Noi, figli più o meno devoti della rivoluzione scientifica 
                  ed eredi, in un modo o nell’altro, di quel Galileo cui 
                  persino papa Wojtyla ha sentito il bisogno di fare le sue scuse, 
                  abbiamo molto meno libertà di movimento. Dovremmo sapere, 
                  come minimo, che, salve le convinzioni morali e religiose di 
                  ognuno, non si può dare natura fuori dal regno della 
                  necessità, qual è definito dalle leggi scientifiche 
                  che di volta in volta poniamo. Che può sembrare un’affermazione 
                  complicata, ma vuol dire semplicemente che qualcosa «contro 
                  natura» non è né punibile né deprecabile, 
                  ma, semplicemente, impossibile. Come non ci sogniamo di stabilire 
                  una pena per chi dovesse violare la legge di gravità, 
                  non dovremmo avere bisogno di precludere per via legale dei 
                  comportamenti che, se la natura non li prevedesse, non si darebbero 
                  affatto. Attenendoci alle categorizzazioni correnti, insomma, 
                  dovremmo riconoscere alle «leggi di natura» e ai 
                  comportamenti naturali quel tanto di ineluttabilità che 
                  impedisce di farne oggetto di legislazione positiva, a meno 
                  di assumerci la responsabilità, tutt’altro che 
                  indifferente, di cambiare tutte le carte categoriali in tavola 
                  e rinunciare, oltre che alla scienza, alla tecnologia che su 
                  di essa si fonda. Il problema – in altre parole – dovrebbe essere 
                  tutto di coerenza teorica. Dovrebbe, ahimè, perché 
                  quando qualcuno ha voglia (o interesse) di vietare qualcosa 
                  a qualcun altro, non si fa certo impressionare dalle contraddizioni 
                  della teoria dello stato di natura o da quelle della cultura 
                  corrente. Quando si tratta di imporre agli altri la propria 
                  volontà e i propri modelli, o di salvaguardare le istituzioni 
                  da cui dipende il proprio potere (la famiglia tradizionale, 
                  per dirne una), non c’è coerenza che tenga. Se 
                  il richiamo alla natura non basta, si può sempre ricorrere 
                  a qualcosa d’altro: una tradizione, un libro sacro o una 
                  esplicita dichiarazione dello Spirito Santo o di chi per Lui. 
                  Lo si è già fatto tante volte, d’altronde… 
                  Roy e Silo non lo sanno, perché i pinguini, fortunati 
                  loro, di certe cose non si occupano, ma tra noi umani i dadi 
                  del gioco del potere sono sempre truccati.
  Carlo Oliva
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