| Abel Paz (nome di battaglia di Diego Camacho) è 
                  un militante anarchico molto noto anche fra i compagni in Italia. 
                  A quindici anni prese parte alla rivoluzione spagnola del 1936, 
                  trovandosi in un teatro così intenso come la città 
                  di Barcellona dove si trovò quasi per gioco a difendere 
                  la città dal sollevamento dei franchisti. Dopo questa 
                  esperienza fondamentale, che lo ha condizionato per tutta la 
                  vita, andò in esilio e a causa della sua resistenza antifranchista 
                  dovette conoscere le carceri della dittatura spagnola. Si dedica 
                  attivamente alla diffusione delle conoscenze sulla rivoluzione 
                  spagnola attraverso la stesura di numerosi saggi, che hanno 
                  conosciuto traduzione anche in italiano. Tra i suoi libri più 
                  importanti ricordiamo la biografia Durruti e la Rivoluzione 
                  spagnola a cura della Biblioteca Franco Serantini di Pisa, della 
                  Zero in Condotta di Milano e della Fiaccola di Ragusa, che si 
                  spinge molto più in la della semplice storia di vita 
                  di un uomo per arrivare a fare un’ampia ed approfondita 
                  panoramica sulla storia dell’anarchismo e della Rivoluzione 
                  in Spagna.  A. F.   Le donne e l’anarchismo
 Vorrei iniziare questa conferenza ringraziandovi per la vostra 
                  presenza, e soprattutto le donne, che sono molto più 
                  numerose degli uomini. Non so come mai, ma alle donne interessa l’anarchismo 
                  molto più che agli uomini e questo è molto importante 
                  perché alla fine dei conti la donna è il motore 
                  della storia.
 Fino ad oggi la donna non ha contato molto nella storia, si 
                  è arrivati perfino a credere che non avesse l’anima. 
                  Nel Concilio di Trento, che avvenne nel mille cinquecento e 
                  qualcosa, non ricordo più l’anno esatto, alcuni 
                  dei cardinali che si trovavano in quel Concilio dissero: «Ma 
                  come! Com’è possibile? Stiamo discutendo dell’anima 
                  degli animali e ci dimentichiamo che esistono le donne!» 
                  E allora uno di quei cardinali che si trovava lì disse: 
                  «Sì, sì, io ho una governante che è 
                  formidabile! Ma allora che facciamo, diamo anche alle donne 
                  il titolo di essere umano?» «Sì, ma dobbiamo 
                  porre una condizione: non si devono sentire libere. Per questo 
                  dobbiamo fare in modo che il matrimonio debba essere quello 
                  che finora non è stato, durante il Medio Evo. Durante 
                  il Medio Evo infatti l’atto sessuale era un atto di solo 
                  piacere, e questo piacere dal Concilio di Trento in avanti non 
                  si deve neppure nominare. Bisogna stabilire una dipendenza tra 
                  l’uomo e la donna, e che la donna accetti il principio 
                  secondo cui lei non è altro che una macchina per la riproduzione 
                  di esseri umani e l’uomo è il padrone di questa 
                  macchina, ma sempre con la condizione che l’uomo capisca 
                  che non deve trasformare la relazione tra l’uomo e la 
                  sua donna come un atto di piacere, vale piuttosto il contrario».
 «Ma non possiamo neanche dire che l’uomo deve smettere 
                  di provare piacere, concetto chiamato dalla religione cattolica 
                  lussuria». E allora l’altro cardinale disse: «E 
                  allora, come facciamo a risolvere questo problema?». E 
                  questo disse: «Beh, potremmo far nascere delle case con 
                  prostitute, meretrici», ma a questo punto un altro cardinale 
                  disse: «Ma le meretrici saranno solo le produttrici del 
                  piacere dell’uomo! E la Chiesa che beneficio ne può 
                  trarre da tutto questo?»
 «Le tasse, è chiaro. Che ogni prostituta paghi 
                  le tasse sul proprio lavoro».
 Io sono convinto che la situazione della donna, nonostante quanto 
                  si possa dire, continui ad essere la stessa. Il cambiamento 
                  dipende da voi stesse perché non è permettendo 
                  alle donne di andare a lavorare in fabbrica che le si concede 
                  la libertà. Questa è una menzogna, si tratta piuttosto 
                  di una doppia forma di schiavitù, quella della fabbrica, 
                  più quella della casa, più le sfuriate del marito 
                  che arriva tardi a casa, che tira due urli e lei è sempre 
                  pronta a chiedergli scusa.
 Ora mi hanno detto che nel campo della pubblicità qui 
                  in Italia si sta arrivando al massimo della perversione, che 
                  nelle vetrine mettono delle donne, ma delle donne vere, mentre 
                  si stanno provando dei reggiseni. lo non capisco come facciano 
                  le donne a non rompere quelle vetrine, e a bruciare quei centri 
                  di perversione. Non so se tutto questo è vero, ma che 
                  cavolo state facendo, donne! Dovete romperle quelle vetrine, 
                  e non aspettate le manifestazioni per farlo!
  Il Dario Fo dell’anarchia
 Non so se tutto questo può valere come un’introduzione, 
                  ma quello che volevo dire è che molte volte senza rendermene 
                  conto inizio a parlare a ruota libera e poi parlo di tutt’altro 
                  rispetto a ciò che mi ero preposto. Volevo chiedervi 
                  se avete capito il contenuto del video. L’ho fatto interrompere 
                  apposta, perché non sapevo se lo stavate capendo completamente 
                  (1), se vi stancava, anche se in realtà 
                  non mi sembrava. lo credo che tutto quello che avete visto è 
                  il reale dramma della rivoluzione spagnola, si vede soprattutto 
                  nella prima intervista che viene fatta a Durruti, nelle cui 
                  risposte si trovano tutti i problemi della rivoluzione spagnola. 
                  Spero che più o meno lo abbiate capito. Vi voglio dire 
                  una cosa: se di tutto questo ne avete capito il trenta per cento 
                  è già tanto, e se le immagini apportano un altro 
                  dieci per cento, arriviamo al quaranta che è già 
                  una percentuale importante. Partendo da queste premesse e sperando di stancarmi e stancarvi 
                  il meno possibile e di non dover ripetere quello che ha già 
                  detto il video mi sembra quasi che potremmo iniziare, se vi 
                  sembrano sufficienti le conoscenze che avete sulla rivoluzione 
                  spagnola, o quello che avete visto.
 Possiamo allora passare ad una seconda fase, chissà forse 
                  la più produttiva e cercherò di essere il più 
                  esplicito possibile. Vorrei che mi diceste i dubbi o le domande 
                  che volete risolvere e chiarire così potremmo vedere 
                  l’interesse di ognuno di voi sull’argomento, mi 
                  potete fare delle domande, non importa se vi sembrano sciocche, 
                  se posso vi rispondo, solo se posso, perché non sono 
                  mica Dio! A proposito, sto cercando di affittare un vestito 
                  da prete per usarlo nelle conferenze, che ve ne pare? Se lo 
                  facessi i carabinieri pensate che direbbero qualcosa? Non sarebbe 
                  bello fare un po’ di cagnara, vedere un processo giudiziario 
                  ad un anarchico che si maschera da prete per fare una predica 
                  sovversiva tra persone che non vogliono la sovversione, gente 
                  tranquilla di questo mondo, nelle proprie casette, con le loro 
                  macchine, e che né vogliono fare la rivoluzione né 
                  tantomeno gli interessa... Perché se per caso commettessimo 
                  l’errore di fare la rivoluzione sarebbe veramente tragico, 
                  perché c’è gente che non vuole lavorare, 
                  e se facessimo la rivoluzione penserebbero che è finito 
                  il momento di lavorare. Ossia, ci sarà il grande miracolo, 
                  le patate e i pomodori cresceranno da soli. Per questo bisogna 
                  pensare, riflettere se stiamo bene in questo mondo e non dobbiamo 
                  preoccuparci più di cambiarlo, se ci piace questo stato 
                  di cose o se invece siamo ancora così pazzi da credere 
                  che invece sì è possibile cambiarlo, e ci chiediamo 
                  in cosa e come.
 L’altro giorno mi ha detto un professore in una università 
                  dove ero andato a tenere una conferenza, (e a me le università 
                  non piacciono, qui è molto più bello, più 
                  piacevole) (2): «Non capisco, lei 
                  si è rivolto ora ai miei studenti e con lei li vedo ridere, 
                  con me non è mai successo». «Forse succede 
                  perché lei è una specie di rappresentante del 
                  Vaticano, che li sta sempre minacciando con l’inferno. 
                  lo sono una specie di Dario Fo dell’Anarchia che ride 
                  di tutto, e alla fine riesco a contagiare tutti con la mia risata».
  Le domande
 Se c’è qualche compagno o compagna che vuole domandare 
                  qualcosa e prendiamo finalmente l’argomento sul serio. 
                  Là alla fine della stanza c’era una compagna che 
                  mi diceva che aveva vergogna a fare domande di fronte a tutta 
                  questa gente. Guarda bambina, facciamo così, mandiamo 
                  via tutti quanti e rimaniamo tu ed io e facciamo l’amore. 
                  A parte gli scherzi, pensa che non ci sia nessuno e domanda. 
                 Dopo il 1937 quando avete dovuto stare a fianco dei 
                  comunisti sapendo che stavate lottando per qualcosa che in realtà 
                  non era più quello che volevate, che cosa avete provato 
                  dentro di voi?  Io volevo fare la stessa domanda della ragazza. Uno 
                  dei pochi aspetti che ho letto sulla guerra di Spagna è 
                  stata la rivoluzione anarchica e anche io sono stato sorpreso 
                  dal fatto che gli anarchici abbiano accettato di fare parte 
                  di un governo dove c’era anche un partito comunista borghese. 
                  Non capisco come è stato possibile che gente che rischiava 
                  la propria vita al fronte per un ideale di libertà abbia 
                  potuto cambiare tanto. Non riesco proprio a capirlo.  È normale che tu non lo capisca ed allo stesso tempo 
                  è normale che nemmeno io lo capisca. Ci sono altre domande? 
                  Per gli anarchici in generale c’è molta amarezza 
                  per come è finita la guerra civile spagnola e la rivoluzione 
                  perché si sa che alcuni militanti anarchici tra il 1936 
                  e il 1939 parteciparono al governo come ministri (3). 
                  È che per rispondere a questo tipo di domanda bisognerebbe 
                  spiegare la storia di dieci anni prima. Ma andiamo avanti con 
                  ordine. Ci sono alcune domande che io pensavo si potessero riunire 
                  ma non è così. La prima questione è quella 
                  che mi proponeva la compagna, come ci siamo sentiti quando abbiamo 
                  dovuto lottare per qualcosa che già sapevamo non essere 
                  quello che in realtà volevamo. Poi, in un secondo tempo, 
                  quando i comunisti fecero chiudere le formazioni degli anarchici 
                  e noi andammo a lottare con loro e sapevamo che non andavamo 
                  a lottare per la rivoluzione ma per la controrivoluzione, i 
                  nostri sentimenti, quali sono stati. Perché abbiamo continuato? 
                  E sentendo cosa? Guarda, compagna, io credo che della rivoluzione in generale 
                  ci sia un’idea molto falsa e allo stesso tempo molto idilliaca. 
                  La gente crede che la rivoluzione bisogna farla per vincerla.
 Senza dubbio nella storia, con un po’ di conoscenze, si 
                  sa che la rivoluzione, quello che si intende per rivoluzione, 
                  non è altro che una serie di scazzottate in momenti determinati, 
                  in cui non puoi fare altro che affrontare di petto quella determinata 
                  situazione.
  L’esempio della rivoluzione francese
 Questo fu quello che avvenne in Francia nel 1789, quando scoppiò 
                  la rivoluzione francese. La rivoluzione francese ebbe le sue 
                  proprie caratteristiche in condizioni storiche determinate. 
                  Si può notare che in tutte le rivoluzioni che sono avvenute 
                  che c’è un primo periodo, che è il periodo 
                  di tripudio, di festa, che è quando si rompono le catene, 
                  e questo è un momento molto significativo. Ma quando 
                  si scatena questo movimento rivoluzionario, immediatamente si 
                  pone una questione: chi mette in moto questo movimento rivoluzionario? 
                  È la classe lavoratrice o quella contadina in un determinato 
                  momento, o bisogna invece considerare che all’interno 
                  di questa rivoluzione c’è anche l’influenza 
                  della classe che potremmo definire più o meno «illuminata»?
 È in realtà questa la classe che si assume la 
                  responsabilità di come indirizzare questo determinato 
                  movimento. E in questo momento, se questa rivoluzione non ha 
                  saputo o non è riuscita a contagiare le altre classi 
                  o gli altri paesi, allora, tutto quello che hai ottenuto, (perché 
                  si ottiene tutto nei primi quindici giorni), non vale molto, 
                  è fine a se stesso. Se non riesci a contagiare il resto 
                  dei paesi circostanti, le classi o le partì «illuminate» 
                  di questa rivoluzione che si considerano la classe dirigente 
                  non rompono con la rivoluzione ma capiscono che bisogna difenderne 
                  le conquiste. C’è quindi un periodo di flusso che 
                  è quello che dà il primo impulso a questa rivoluzione 
                  e un periodo di riflusso che è il momento in cui questa 
                  rivoluzione cerca di conservare le conquiste ottenute.
 E senza neanche volerlo, siccome si è già trasformata 
                  in una rivoluzione conservatrice, devono iniziare a ricostruire 
                  la società che si è appena cercato di abbattere 
                  e si ricostruirà, entra in funzione quello che potremmo 
                  chiamare la controrivoluzione, la lotta tra i rivoluzionari, 
                  quelli che non sono disposti a rinunciare e che all’interno 
                  del proprio concetto rivoluzionario vogliono portare questa 
                  rivoluzione più lontano, e quelli che allo stesso tempo 
                  inciampano nelle difficoltà, che credono che la rivoluzione 
                  si sia esaurita, e bisogna difendere allora quello che si è 
                  ottenuto.
 Per questo, durante tutto il processo della rivoluzione francese, 
                  in cui potevamo considerare Robespierre come il rappresentante 
                  della dittatura di segno proletario è quello che finisce 
                  per essere una vittima di quello stesso movimento e lascia libero 
                  il campo (come in realtà è già) a Bonaparte 
                  che è quello che finirà per instaurare la vera 
                  dittatura, perché vuole espandere la rivoluzione francese 
                  a tutta l’Europa, ma in un modo ormai diverso,. come impero, 
                  è la Francia che vuole dominare l’Europa in nome 
                  dei principi della Rivoluzione Francese, che ormai però 
                  non ha più nulla di rivoluzionario.
 Questo concetto che sto sviluppando può essere perfettamente 
                  applicato alla Rivoluzione Russa, e ne sono le caratteristiche 
                  dominanti. Alla fine infatti risultano trionfare i rivoluzioni, 
                  ma hanno successo solo per la classe dominante, ma è 
                  la classe operaia la vera perdente. In Russia furono i bolscevichi 
                  quelli che vinsero la Rivoluzione e i lavoratori russi quelli 
                  che la persero.
 In pratica ci sono vittorie che sono sconfitte e sconfitte che 
                  sono vittorie, come ad esempio nella Comune di Parigi e la rivoluzione 
                  spagnola, che almeno non finiscono in una dittatura nelle mani 
                  dei gruppi che intervengono in prima persona nella difesa della 
                  rivoluzione.
 Né il partito comunista, né il partito socialista 
                  nel caso spagnolo riuscirono a massacrare completamente gli 
                  anarchici, né gli anarchici ebbero la pretesa di eliminare 
                  i comunisti e i socialisti in vista di instaurare una fantomatica 
                  dittatura anarchica. Potremmo dire che le forze dominanti all’interno 
                  di quel processo rivoluzionario sono più o meno equilibrate 
                  e hanno creato una situazione in cui la Spagna non può 
                  essere più la Spagna di prima, perché i lavoratori 
                  hanno in mano le fabbriche, hanno i fucili e non sono disposti 
                  a rinunciare a tutto questo.
 Lo Stato cerca di ricostruirsi, ma non può farlo, nonostante 
                  tutti gli sforzi che vengono fatti non ci si riesce più, 
                  perché queste forze sono ormai in una lotta costante 
                  e questo è visto dal punto di vista interiore della Spagna. 
                  Ma non c’è nessun conflitto rivoluzionario che 
                  può essere considerato come una cosa autonoma dal resto 
                  del processo internazionale, come nel caso del Cile. Se Allende 
                  avesse armato i lavoratori il destino del Cile non sarebbe stato 
                  quello che gli è toccato. Io non voglio dire che avrebbe 
                  trionfato la rivoluzione, ma forse quello che noi non siamo 
                  riusciti ad ottenere in Spagna...
 (Parte della registrazione è andata persa. Ritengo 
                  che Abel Paz dopo aver parlato per poco della condizione del 
                  Cile, abbia iniziato a spiegare il sollevamento dei militari 
                  nel luglio del ’36 a Barcellona)
  La rivoluzione spagnola
 Quando nel luglio del 1936 iniziò il sollevamento, a 
                  Barcellona ci comportammo in un modo molto determinato. Lasciavamo 
                  avanzare i ribelli, e quando erano già avanzati abbastanza 
                  e dietro di loro c’erano i lavoratori, si tiravano su 
                  le barricate e con le quattro armi che avevamo li provocavamo. 
                  Tra di loro c’erano i militari, che non potevano né 
                  avanzare né retrocedere. Quando finivano tutta la polvere 
                  da sparo che avevano, non potevano fare altro che arrendersi 
                  e inoltre man mano che i soldati si rendevano conto che li stavano 
                  ingannando se ne andavano volontariamente. Era un esercito di trenta o quaranta mila persone, (in realtà 
                  non si è mai riusciti a capire quanti fossero), che parti 
                  con i propri cannoni, con le mitragliatrici alle cinque di mattina, 
                  ed alle dieci aveva perso tutto, gli erano stati tolti i camion, 
                  con dentro le mitragliatrici. Alle due del pomeriggio, quell’esercito 
                  non può fare altro che arrendersi.
 Io non conosco un altro caso come questo nella storia, un popolo 
                  che ferma un sollevamento fascista, gli aneddoti che posso raccontarvi 
                  sono moltissimi.
 Quando il popolo catalano, il popolo di Barcellona, che erano 
                  tutti anarchici, e c’era di tutto fra di noi, i ladri, 
                  le prostitute, tutti avevano preso parte alla lotta, all’assalto 
                  delle caserme, i fucili passavano di mano in mano, e ne ho visto 
                  passare fra le nostre mani quaranta o cinquanta mila che non 
                  si potevano più controllare. Inoltre, quando hai preso 
                  parte ad una lotta di questo tipo e con un fucile in mano qualcuno 
                  ti chiede chi sei, tu gli spari, perché la situazione 
                  è calda, è troppo calda, non ti puoi più 
                  fidare. Il sollevamento militare iniziò il diciannove 
                  luglio, alle cinque di mattina.
 Il sabato, io mi trovavo li, avevo quindici anni, ero un ragazzino, 
                  ma ero li, e non ero solo, eravamo in tantissimi. 115 anni di 
                  allora non sono quelli di oggi. 1 ragazzi di quindici anni ora 
                  sono stufi di mangiare cioccolato, e noi non sapevamo neppure 
                  cosa fosse il cioccolato, siamo diventati grandi prima di essere 
                  ragazzi, ci trovavamo dentro ad una lotta sociale come se fosse 
                  tutto un gioco, potremmo dire così, senza esagerare.
 La gente si chiedeva: abbiamo fatto fronte all’esercito 
                  per difendere una Repubblica, ma anche con la Repubblica non 
                  stavamo bene, ma vivevamo meglio che sotto il fascismo, e per 
                  questo bisognava difendere la Repubblica.
 Ma una volta che la gente ha le armi in mano, che ha la forza, 
                  e alle cinque di mattina non l’aveva, ma alle dieci o 
                  alle undici sì, allora lì, in quel momento, la 
                  Repubblica scompare, l’idea della Repubblica scompare.
 Ci si dice che se è da sempre che si lotta per fare la 
                  rivoluzione ora che si hanno le armi in mano bisogna farla, 
                  e la facciamo. Le fabbriche vengono collettivizzate, l’impresa 
                  telefonica, che è della ITT americana, viene confiscata. 
                  Le compagnie ferroviarie che sono di proprietà francese, 
                  subiscono lo stesso destino. (...)
 In Spagna il 45% dell’economia più importante era 
                  straniero, e noi che allora potevamo confiscare, dovevamo prendere 
                  fra le nostre mani le forze essenziali di ricchezza. Ma qui 
                  si trova il vero problema della rivoluzione spagnola, perché 
                  la nostra rivoluzione rimane in questo modo circoscritta ai 
                  soli confini spagnoli.
 La situazione internazionale è quello che determina il 
                  destino della Spagna. C’è qualche matto trotzkista 
                  che parlava per parlare, chiedendosi perché gli anarchici 
                  che erano i padroni della situazione non ne abbiano approfittato 
                  per prendere il potere. Il motivo è facile, perché 
                  non ne avevamo voglia, perché non volevamo! Noi il diciannove 
                  ed il venti luglio potevamo prendere il potere, avevamo la forza 
                  per farlo. Ma se avessimo preso il potere, instaurando la nostra 
                  dittatura, saremmo stati davvero migliori dittatori degli altri?
 Avremmo dovuto eliminare quei pochi comunisti che c’erano, 
                  ma questo non era un problema per l’anarchismo. Il problema 
                  è nella democrazia diretta, rispettare le minoranze, 
                  e rendere tollerante una società di maggioranze e minoranze, 
                  quindi si organizzarono organismi rivoluzionari secondo il potenziale 
                  delle assemblee, e le assemblee nominavano un comunista, nominavano 
                  un socialista, nominavano un anarchico, ma c’era alla 
                  base un programma pratico. Se quello di cui si aveva bisogno 
                  era fare scuole bisognava fare scuole, lì non c’era 
                  un programma del fronte popolare, c’erano necessità 
                  perentorie che bisognava risolvere e se questo voleva dire che 
                  tu ed una persona di un partito diverso dal tuo vi trovavate 
                  di fronte ad una situazione reale, le idee sparivano e rimanevano 
                  le necessità.
 Questo è come noi intendevamo il problema e così 
                  è come lo abbiamo considerato fino al settembre del ’36, 
                  quindi nei tre mesi di luglio, agosto e settembre. Cosa c’era 
                  intanto attorno alla Spagna?
 C’era la Francia, la Francia che temeva la Germania, la 
                  Germania, l’Italia, il Portogallo e un po’ più 
                  in là, la Russia. Poi, a nord, nel mare, l’Inghilterra. 
                  Gli interessi del capitalismo francese, della borghesia francese, 
                  come quelli della borghesia inglese, stavano intanto facendo 
                  pressioni sui propri governi. Quando viene posto il problema 
                  della Repubblica si propone una questione fra gli anarchici: 
                  se facciamo sparire il governo repubblicano, il governo che 
                  ha intanto costituito Franco, diventerà di fronte alla 
                  Società delle Nazioni, tanto illegittimo quanto questo 
                  nuovo governo che noi dovremmo costituire, mentre il governo 
                  repubblicano è un organo legale ed è legittimamente 
                  rappresentato alla Società delle Nazioni. Per questo 
                  si decide di appoggiare ufficialmente quel governo, per questo 
                  lo si sostiene.
  Organismi popolari
 Ma ci sono una serie di organismi rivoluzionari all’interno 
                  del paese in cui sono scomparsi i municipi, sono scomparse le 
                  deputazioni, sono scomparsi una serie di organismi ufficiali 
                  che sono stati sostituiti da organismi popolari, e l’unica 
                  cosa che rimane alla vista dell’opinione internazionale 
                  è il governo come istituzione. Molti si chiedono perché non abbiamo eliminato il governo. 
                  La risposta è proprio in quello che vi sto ora spiegando, 
                  perché se avessimo fatto scomparire il governo repubblicano 
                  il poco carattere legale che ci rimaneva lo avremmo cancellato. 
                  Il governo repubblicano il diciannove luglio aveva già 
                  posto il problema della vendita delle armi da parte della Francia 
                  alla Repubblica spagnola, commercio legittimo tra i due governi.
 Ma il governo francese inizia a subire le forti pressioni della 
                  borghesia francese che lo porta a rifiutare di vendere queste 
                  armi con la scusa della presenza dei comunisti in Spagna. Stavano 
                  speculando con il comunismo quando non c’era in realtà 
                  nessun pericolo comunista, ma nelle condizioni del ’36 
                  la rivoluzione russa era ancora molto vicina, e isolata. La 
                  paura della borghesia inglese e francese era che in qualunque 
                  momento si potesse verificare in qualsiasi paese qualcosa di 
                  simile a quello che avevano fatto i comunisti in Russia, e la 
                  vicinanza della Spagna costituiva quindi per loro un rischio 
                  molto concreto.
 Gli anarchici sono un qualcosa difficile da classificare, l’idea 
                  che la borghesia ha degli anarchici è che sono quattro 
                  matti, che non fanno altro che rapine. Non viene attribuita 
                  al movimento anarchico una forza organizzativa perché 
                  ignorano perfino quello che è la Spagna, sono talmente 
                  ignoranti da non sapere che in Spagna non c’è il 
                  comunismo, c’è l’anarchismo.
 Sotto le pressioni di Leon Blum, che è un socialista, 
                  socialdemocratico, che in quel momento dirige il Fronte Popolare, 
                  il capo di quel governo, si decide che si vuole aiutare la Repubblica. 
                  Io voglio credere che fosse sincero nel volerlo, ma la borghesia 
                  francese gli risponde che se appoggia quella repubblica comunista 
                  avrebbe aperto le porte a Hitler, perché preferivano 
                  Hitler a Stalin, l’idea dello stalinismo era un’altra 
                  cosa, la borghesia vedeva Stalin con un coltello fra i denti.
 Per salvare la situazione si creò quello che venne chiamato 
                  il Comitato del Non Intervento, nasce in Francia, tra il governo 
                  francese e quello inglese. Il loro proposito era quello di dover 
                  convincere ad entrare nel Patto anche i capi della Germania 
                  e dell’Italia, Hitler e Mussolini. Ma Mussolini già 
                  dal 19 luglio stava mandando aerei, stava attivamente intervenendo, 
                  e Hitler anche stava appoggiando Franco. I francesi e gli inglesi, 
                  a questo punto, per paura che scoppiasse una guerra europea, 
                  (e il timore era reale, una guerra europea avrebbe potuto verificarsi), 
                  cercano di muoversi in un modo che avrebbe potuto tutelarli. 
                  Gli inglesi cercano di fare un accordo con Mussolini, perché 
                  non bisogna dimenticare che nel novembre del `35 Mussolini aveva 
                  invaso l’Abissinia, e gli inglesi avevano fatto finta 
                  di niente. Mussolini stava prendendo forza, in quel momento 
                  era quello che dominava il Mediterraneo.
 Nel Mediterraneo in quei momenti era la rotta inglese del petrolio 
                  che passava attraverso il canale di Suez fino a Gibilterra ma 
                  che prima doveva passare per Maiorca, per le Baleari, cosa che 
                  le era già stata concessa da Franco.
 Le Baleari in un certo modo annullavano l’isola di Malta 
                  e Alessandria, basi inglesi.
 In quel momento il padrone del Mediterraneo era Mussolini, ma 
                  dall’altro lato ci sono le isole Canarie. Vi sto parlando 
                  di tematiche internazionali perché la Spagna è 
                  una questione globale e questo ci può far capire l’isolamento 
                  che abbiamo sofferto. In queste condizioni Hitler e Mussolini 
                  si impegnano ad intervenire, a prendere formalmente parte al 
                  Comitato del Non Intervento, e alla fine anche Stalin accetta 
                  di farne parte.
 L’accordo che venne preso consisteva nel cercare di isolare 
                  il conflitto spagnolo perché non avesse nessuna ripercussione 
                  europea e che tutto venisse circoscritto agli spagnoli, anche 
                  se il prezzo sarebbe stato sgozzarci l’uno con l’altro. 
                  Eppure Mussolini continuava a mandare uomini ed armamenti, Hitler 
                  continuava a mandare aerei e tecnici, e se noi chiedevamo ai 
                  francesi di poter comprare delle armi loro non ce le davano, 
                  e gli inglesi facevano la stessa cosa, tutelati dal Patto del 
                  Non Intervento. Però gli inglesi stavano intanto mandando 
                  il petrolio a Franco. Noi spagnoli abbiamo commesso un grave 
                  errore: volevamo una rivoluzione libertaria e questo è 
                  terribile.
 Durruti lo dice nell’intervista che abbiamo appena visto: 
                  Chi può aiutare una rivoluzione libertaria? Solo il proletariato. 
                  E ora vediamo in quali situazione si trovava il proletariato.
 Tutto questo succedeva nell’agosto del ’36. Avevamo 
                  fatto molti sforzi per mandare i migliori militanti in Francia, 
                  i migliori oratori affinché venisse illustrato ai lavoratori 
                  francesi e a quelli inglesi il progetto della rivoluzione; ma 
                  ormai la maggior parte di loro era d’accordo che non si 
                  poteva più aiutare la Spagna perché altrimenti 
                  si sarebbe verificato un conflitto internazionale.
 E quindi il conflitto spagnolo lo dovevano risolvere gli spagnoli 
                  fra di loro, ma noi lo risolvemmo difendendoci come ci difendevamo, 
                  con le armi in mano, ed anche senza armi, mentre gli altri si 
                  stavano tutti armando fin a denti. Ci trovavamo fra l’incudine 
                  e il martello. E così arrivammo al mese di settembre.
 Quasi tutti gli storici stanno cercando di ingannarci con quello 
                  che scrivono, perché di tutto quello che sto raccontando 
                  non ne parlano, non parlano di quello che successe durante i 
                  primi sei mesi della nostra guerra. Parlano del dopo, per questo 
                  i professori universitari sono contenti che gente come me, con 
                  la lucidità per difendere la nostra causa ancora sessant’anni 
                  dopo, ne rimanga poca.
 Fino a settembre Stalin non intervenne. Aveva paura di Hitler 
                  e gli interessava di più venire a un’intesa con 
                  Hitler che a difendere la Repubblica, perché lui sapeva 
                  che in Spagna il partito Comunista non aveva nessuna forza, 
                  ma in settembre avvenne un evento di rilevante importanza.
 Le collettività operaie, le milizie operaie, i sindacati, 
                  tutta quella situazione rivoluzionaria convulsiva internazionale 
                  aveva assunto delle dimensioni ormai imponenti. Inoltre i disperati 
                  della storia, quegli operai tedeschi sconfitti, traditi dalla 
                  socialdemocrazia, o gli italiani esiliati che si trovano nelle 
                  stesse condizioni, che non hanno rinunciato alle loro idee socialiste 
                  o anarchiche, tutta questa gente divisa in diversi paesi all’interno 
                  dei partiti comunisti dell’area borghese iniziarono a 
                  protestare. Si chiedevano come poteva essere possibile che la 
                  patria del proletariato stesse letteralmente abbandonando una 
                  rivoluzione come quella spagnola. Non riuscivano a crederci. 
                  Stalin si vide allora obbligato a inventare una maniera per 
                  eliminare tutte queste proteste: le Brigate Internazionali, 
                  composte da tutti questi sinceri rivoluzionari furono una risposta 
                  alle proteste internazionali. Molti di loro si sacrificheranno 
                  per la Spagna, e andarono incoscienti a morire per Togliatti 
                  e per altri comunisti come Vidali, che si erano incaricati in 
                  realtà di eliminare la parte più sovversiva di 
                  questi proletari.
 Inoltre rimane da risolvere il grande problema delle armi, e 
                  Stalin arrivò ad una decisione verso la fine del mese 
                  di settembre. Pensò che avrebbe potuto essere un buon 
                  affare riuscire a mandare alla Repubblica tutte le armi che 
                  non valevano più a nulla, ma facendogliele pagare in 
                  anticipo.
 Si stabilì quindi un accordo tra il governo repubblicano 
                  e la Russia secondo cui i russi si impegnavano a mandare carri 
                  armati, aerei, a condizione che il governo repubblicano avesse 
                  loro anticipato il costo di tutto questo materiale. Il costo 
                  era più della metà del tesoro in oro, 5.400 tonnellate 
                  di oro, che partirono il 25 di ottobre del 1936 e che arrivarono 
                  indisturbate ad Odessa.
 Ma pensate ad una cosa: queste barche partirono da Cartagena, 
                  dovevano risalire tutto il Mediterraneo, passare di fronte alle 
                  isole Baleari, passare davanti all’Italia per entrare 
                  nel Bosforo ed arrivare ad Odessa e nessuna di quelle barche 
                  italiane che i servizi segreti italiani avevano, nessuna di 
                  queste barche intervenne per fermarli.
 Quindi è più che esplicita la complicità, 
                  il gioco fra la Russia, Hitler, Mussolini ed il resto, e noi, 
                  popolo spagnolo, eravamo solamente delle vittime all’interno 
                  di questo gioco.
 Quando arrivò il tesoro ad Odessa la Russia iniziò 
                  a mandare le armi, che per noi erano necessarie, importanti 
                  soprattutto perché in quel momento Madrid era circondata 
                  dai fascisti, ma stava iniziando la grande campagna del partito 
                  comunista. Nelle conferenze dicevano: «Vedete, gli anarchici 
                  vi stanno promettendo l’utopia, la collettivizzazione 
                  delle fabbriche, della terra, ma le armi siamo noi, è 
                  grazie alle armi della Russia che noi tutti possiamo difenderci!» 
                  «L’importante è vincere la guerra e lasciare 
                  la rivoluzione da parte!», e quindi come conseguenza di 
                  questo, la gente iniziava a riflettere in una determinata maniera 
                  pensava che questo poteva essere vero, ed inoltre il bisogno 
                  delle armi era davvero molto forte. In quel momento non venne 
                  mai detto che il governo repubblicano aveva pagato le armi con 
                  l’oro, questo venne presentato come un atto di generosità 
                  della grande Russia che ci aveva regalato le armi per difenderci.
  Il partito dell’ordine
 In quel momento tutte le persone che non avevano ancora assunto 
                  una posizione ben precisa, siccome in Spagna il Partito Comunista 
                  si presentava come il partito dell’ordine, iniziarono 
                  a pensare che le collettività erano state un errore economico, 
                  che la proprietà doveva continuare a restare nelle mani 
                  degli antichi proprietari. Pensavano che non volevano la rivoluzione, 
                  che quello che volevano era in realtà l’ordine 
                  repubblicano, in quanto stavano difendendo la Repubblica, e 
                  la Russia era con loro. I proprietari a cui era stata tolta la terra diventarono subito, 
                  evidentemente, comunisti, e anche quelli a cui erano state tolte 
                  le fabbriche, perché per il partito dell’ordine 
                  i rivoluzionari sembravano degli squilibrati senza controllo. 
                  Sembrava volessero dimenticare in quel momento che gli anarchici 
                  erano stati quelli che avevano messo in piedi una Spagna unita 
                  e che i miliziani che erano partiti nel luglio per l’Aragona, 
                  per far fronte ai franchisti, ora venivano chiamati banditi, 
                  si diceva che avevano tolto la terra ai contadini, che non avevano 
                  fatto la guerra, che non avevano fatto assolutamente nulla.
 Si creò pertanto una situazione kafkiana, i comunisti 
                  si stavano mettendo nell’esercito da ogni parte, noi anarchici 
                  volevamo mantenere le nostre milizie, ma le milizie non ricevevano 
                  nessuna arma, tutte le armi erano destinate agli elementi del 
                  partito comunista.
 II dilemma che nasce fra gli anarchici è scegliere tra 
                  un colpo di forza che avrebbe fatto finire la guerra (chissà, 
                  forse sarebbe stato meglio) e Franco, vittorioso sarebbe andato 
                  subito al potere o cercare politicamente di neutralizzare tutto 
                  questo. Questa fu la linea che venne approvata nel novembre 
                  dei 1936.
 Per questo la CNT ebbe 4 ministri, solo per questo motivo, non 
                  perché noi rinunciammo all’anarchismo, ma perché 
                  fu la situazione politica ad imporlo.
 Io in quell’epoca avevo quindici anni, ero contrario a 
                  questa scelta e mi chiedevo come poteva essere possibile avere 
                  dei ministri anarchici, lo consideravo un tradimento! Ma allora 
                  avevo quindici anni, ora ne ho 78, è diverso. Ora ho 
                  letto moltissime cose, e so molto di più di quello che 
                  sapevo allora, ho visto tutti gli errori che abbiamo commesso, 
                  e per essere sinceri siamo stati obbligati a commetterli perché 
                  sono state le circostanze a portarci in questa condizione.
 Nonostante tutto, i comunisti non ci massacrarono come in Russia, 
                  non ci massacrarono come in Germania, o in Bulgaria o in qualsiasi 
                  paese in cui il partito comunista è andato al potere, 
                  perché dovunque questo si è verificato il primo 
                  pensiero che ha avuto è stato quello di massacrare gli 
                  anarchici e non i borghesi.
 Ma noi in Spagna siamo riusciti ad essere forti di fronte agli 
                  uni e agli altri, e a mantenerci anarchici.
 È evidente che Franco ha vinto la guerra. E alla fine 
                  dei conti fu normale che succedesse perché in quel momento 
                  la borghesia spagnola quelli che metteva in carcere e che fucilava 
                  erano gli anarchici. Franco invece fu più «imparziale». 
                  Disse che aveva intenzione di fare il fronte popolare della 
                  morte: socialisti, comunisti, anarchici, repubblicani, fucilati 
                  tutti insieme senza distinzione.
 E in un certo modo penso che sia stato giusto così perché 
                  sarebbe stato tragico se avesse ammazzato solo gli anarchici, 
                  anche se ne ammazzò molti, perché bisogna ricordarlo, 
                  ma naturalmente caddero anche i comunisti, i socialisti, caddero 
                  tutti.
 In linea generale è un processo molto difficile e importante 
                  in cui sessant’anni dopo bisogna riflettere molto e bisogna 
                  sapere quello che si chiede perché la riflessione ci 
                  può portare per lo meno e prepararci in modo che la prossima 
                  volta non si rischi di commettere gli stessi errori.
 Bisogna sempre tenere presente quanto è accaduto nel 
                  1936: il proletariato era drogato dalla socialdemocrazia e cloroformizzato 
                  dallo stalinismo, dall’altra parte era invece oppresso 
                  da Mussolini, e dall’altro ancora da Hitler. Quale proletariato 
                  poteva accorrere in nostro aiuto? Ma il capitalismo internazionale 
                  sì poteva venire a fotterci, e in effetti non perse l’occasione 
                  di farlo.
 Se si tiene in considerazione che sulla rivoluzione spagnola 
                  sono stati scritti un sacco di libri più che sulla seconda 
                  guerra mondiale questo già dice molte cose. E per quale 
                  motivo? Ce n’è uno solo: perché almeno per 
                  una volta nella storia gli anarchici intervennero in un conflitto 
                  di carattere nazionale e internazionale, e misero in pratica 
                  le loro idee, e contro il vento e la tempesta dimostrarono che 
                  il collettivismo e la società senza classe possono esistere, 
                  e che non è più l’idea di quattro matti 
                  che non sanno dove andare, ma di militanti che hanno una capacità 
                  politica e creativa che si dimostra attraverso il loro intervento 
                  nella rivoluzione spagnola. E che non sono quattro comunità 
                  di tre matti, che stiamo parlando di tutta l’Aragona, 
                  con un milione di abitanti, con 450 comunità che si reggono 
                  con l’autonomismo ed il federalismo che viene poi portato 
                  a Valenza e in Catalogna e per più di un anno la gente 
                  non muore di fame, e tutto funziona bene, e ogni cosa migliora, 
                  e inoltre migliora l’insegnamento, la sanità, le 
                  relazioni umane.
 Non è la società perfetta, perché la società 
                  perfetta non si realizzerà mai, perché dietro 
                  all’idea ci sono sempre altre idee e l’utopia è 
                  inaccessibile perché è eterna, è la rivoluzione 
                  permanente. Ma noi abbiamo contribuito a dimostrare che il capitalismo 
                  nonostante sembra si mantenga ben saldo con tutte le forze, 
                  che ha e che ha avuto, stava e sta in realtà sprofondando.
  Arianna Fiore
 
                  
                    | Note: 1. Il video era in lingua spagnola senza sottotitoli, per 
                      questo Abel Paz non era sicuro che il pubblico lo stesse 
                      capendo.
 2. Abel Paz si sta riferendo alla biblioteca libertaria 
                      Francisco Ferrer, sita in piazza Embriaci a Genova.
 3. Durante la guerra civile spagnola furono ben quattro 
                      gli anarchici che accettarono un ministero al governo. Nella 
                      Generalitat Catalana García Birlán venne nominato 
                      responsabile della Sanità e dell’Assistenza 
                      Sociale, Juan Fábregas passò ad occuparsi 
                      del Ministero dell’Economia. Federica Montseny fu 
                      ministro della Sanità nella Repubblica Spagnola fino 
                      al 1937, e García Oliver era il ministro della Giustizia.
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