| Adesso non sanno come 
                  rivoltare la ciambella senza scottarsi le dita. Certo, Tanzi 
                  è un malversatore, le sue operazioni sono state vere 
                  e proprie truffe e finirà col pagarne il conto. Ma il 
                  nocciolo della questione è di ben altra natura e riguarda 
                  il quesito che tutti ci siamo posti: come unimpresa che 
                  fattura migliaia di miliardi lanno possa impunemente raggirare 
                  i propri investitori, gli azionisti e i mercati nazionali ed 
                  esteri senza trovare sulla propria strada un ostacolo qualsiasi, 
                  un incidente di percorso che potesse allertare gli organi di 
                  controllo interno, in prima istanza, e poi i successivi. Nella realtà delle cose, lipotesi della truffa 
                  pura e semplice non regge e non regge perché nel bilancio 
                  societario vi era unanomalia visibilissima, che perdurava 
                  negli anni e di cui persino il più ingenuo e sprovveduto 
                  revisore dei conti avrebbe dovuto accorgersi, per non parlare 
                  della Consob che controlla le società quotate in borsa: 
                  ed è, questa anomalia, leccesso di liquidità 
                  a fronte di un indebitamento di proporzioni allarmanti. Non 
                  ci vengano, quindi, a raccontare storie: lampiezza delle 
                  collusioni che hanno reso possibile il crac finisce di essere 
                  episodico e assume i contorni di un vero e proprio sistema, 
                  in virtù del quale il «prodotto Italia» riesce 
                  a barcamenarsi e senza il quale lintera baracca crollerebbe.
 Qui non si tratta di dire che non bisogna fare di ogni erba 
                  un fascio, che vi sono imprenditori buoni e imprenditori cattivi. 
                  Vi è un tessuto economico-finanziario che consente solo 
                  operazioni truccate e che, alla prova dei fatti, quando i tempi 
                  si fanno duri e non si può più contare sulla svalutazione 
                  monetaria o sugli indebiti, clientelari sostegni dello stato, 
                  mostra il suo volto vero di sistema malato, incapace di elaborare 
                  strategie di sviluppo che siano basate su letture corrette della 
                  realtà e su interventi non truccati per operare riconversioni 
                  vere, basate sulla ricerca e non solamente sullespulsione 
                  di forza lavoro.
  Fibrillazioni di mercato
 La riprova di quanto diciamo sta nelle fibrillazioni che caratterizzano 
                  il mercato, oggi che sembra più difficile far finta di 
                  niente, che revisori, collegi sindacali e agenzie di controllo 
                  sanno di essere nel mirino degli inquirenti. Le banche, intanto, 
                  con in testa Capitalia, la banca daffari Morgan Stanley, 
                  Banca Intesa  nel cui gruppo figura Nextra, la società 
                  di gestione del risparmio  la Deutsche Bank e lagenzia 
                  di rating Standard & Poors. E la lista pare debba 
                  allungarsi di molto. Poi ci sono le imprese quotate in borsa: si sa già quasi 
                  tutto della Finmatica. Anche qui occultamento di perdite nel 
                  bilancio societario e indebitamento massiccio nei confronti 
                  del mondo bancario, al quale era affidato il posizionamento 
                  di bond per 55 milioni di euro, poi ritirato. Ma la Consob si 
                  è allertata (meglio tardi che mai), allarmata dai bilanci 
                  di molte altre imprese, tra le quali Arcuati, Tecnodiffusione, 
                  Necchi, Stayer, Olcese, Opengate e così via.
 In questo quadro sconsolante, patetico appare il conflitto tra 
                  il Tesoro e Bankitalia. Nessuno dimentica che, allinizio 
                  di questa legislatura, il governatore Fazio fu prodigo di lodi 
                  e di incitamenti nei riguardi della conduzione creativa delleconomia 
                  italiana da parte del ministro Tremonti, anche se era palese 
                  che il demenziale ricorso al rastrellamento delle risorse, reperite 
                  con misure daccattonaggio e finalizzato a tappare i buchi 
                  delle spese correnti, avrebbe fatto sentire i propri effetti 
                  nel medio periodo, quando cioè si sarebbe dovuto affrontare 
                  il problema dei finanziamenti, sia pure di mero mantenimento, 
                  ai vari comparti della sanità, della scuola, degli enti 
                  locali e della gestione ordinaria dei principali servizi pubblici. 
                  Oggi che quasi tutti i comparti della vita pubblica del paese 
                  sono in agitazione, perché non si riesce a tener fede 
                  neppure a quel minimo che era stato contrattualizzato (vedi 
                  la situazione degli autoferrotranvieri), lineffabile Fazio 
                  si ritira nel suo angolo dorato di Palazzo Koch dove, in solitudine, 
                  alimenta i propri rancori per non aver ottenuto da Berlusconi 
                  quanto probabilmente gli era stato assicurato: un posto di rilievo 
                  nella compagine di governo.
  Letica è un optional
 Ma fermiamoci per un momento sulla deposizione del governatore 
                  di Bankitalia alla commissione Finanze e attività produttive 
                  di Camera e Senato, nel corso della quale Fazio ha difeso il 
                  suo operato, che, a suo dire, non avrebbe potuto legalmente 
                  andare al di là della salvaguardia dellequilibrio 
                  complessivo del sistema monetario e creditizio. È vero, 
                  queste sono le sue prerogative. Dove sbaglia è quando 
                  sostiene che, in fondo, per i risparmiatori italiani che hanno 
                  investito in Parmalat, il danno medio è di 10 mila euro 
                  pro capite, il che non è certo la fine del mondo. Laffermazione 
                  è sbagliata per un duplice ordine di motivi. Il primo 
                  è che, in presenza di una truffa dalla quale nessuno, 
                  imprenditori e controllori di ogni livello, può chiamarsi 
                  fuori, non è lecito minimizzare il danno per le vittime, 
                  fossero pure danneggiate di un euro per ciascuna: ma letica 
                  è un optional raramente montato nella macchina degli 
                  affari e della politica. Il secondo motivo è che vi sono 
                  angoli oscuri nella politica delle banche che il governatore 
                  avrebbe dovuto denunciare, insieme alla carenza di una normativa 
                  che dovrebbe rischiararli: ed è, questo secondo motivo, 
                  la discrezionalità con la quale il sistema bancario gestisce 
                  il mercato dei titoli finanziari ad esso affidato. In un regime 
                  di normalità, i titoli azionari, le obbligazioni, i bond 
                  sono emessi dalle imprese per rastrellare sul mercato i mezzi 
                  finanziari per alimentare la loro operatività. Le banche 
                  si pongono come intermediarie delloperazione, trattenendo 
                  una commissione e versando il ricavato rimanente allimpresa 
                  titolare del titolo. Lanomalia  perfettamente legale 
                   inizia nel momento in cui lo stesso istituto bancario 
                  finanzia in proprio limpresa, e poi della stessa impresa 
                  cura la collocazione sul mercato dei titoli azionari. Può 
                  capitare, così come è capitato per il caso Cirio, 
                  che la banca, sovraesposta di suo, utilizzi i titoli per rientrare 
                  di un credito che appaia di difficile recupero. Spinge così 
                  i suoi clienti meno provveduti ad acquistarli e contabilizza 
                  il ricavato a riduzione della propria esposizione. A questo 
                  punto appare chiaro che tutti fanno il loro mestiere, per truffaldino 
                  che sia, tranne gli allocchi che hanno acquistato i titoli. 
                  Ebbene, non esiste sistema di controllo che possa mettere al 
                  riparo da questi trucchi il povero investitore. Tutto legale. 
                  Tutto normale per il governatore di Bankitalia, il quale non 
                  trova di meglio che ironizzare su quei poveri coglioni  
                  ma sono statisticamente pochi!  che ci hanno rimesso tutti 
                  i risparmi. Brutte storie, che concorrono tutte a tracciare un profilo preciso 
                  del capitalismo in generale e di quello italiano in particolare, 
                  ed a rilevare come non è con qualche leggina che si può 
                  normalizzare un regime così sbilanciato a favore dei 
                  ricchi e dei potenti. E così feroce da seppellire vivi, 
                  sotto montagne di cartaccia acquistata a caro prezzo, i poveri 
                  e gli indifesi.
 Così è in Italia, così è nellintero 
                  contesto dellOccidente industrializzato.
 Io resto quel pessimista che pensa che senza una robusta spallata 
                   ma, allo stato attuale delle cose, non si vede chi possa 
                  darla  il capitalismo, nelle sue molteplici articolazioni, 
                  è destinato a vivacchiare ancora per parecchio. Insisto 
                  nel termine «vivacchiare» perché non si può 
                  allinfinito rappezzare un tessuto già corroso dalle 
                  tarme.
  Paesaggio da giungla
 Non sono solo io che mi consolo con questo vaticinio infausto. 
                  Molto più autorevolmente di me lo sostengono studiosi 
                  illustri e alcuni di questi già molto vicini alla stessa 
                  amministrazione americana attualmente sugli scudi. È 
                  appena uscito un libro, The Price Loyalty, scritto 
                  in collaborazione con Ron Suskind dallex ministro del 
                  Tesoro americano Paul ONeill, licenziato su due piedi 
                  dallaccoppiata Bush-Cheney per essersi opposto alla politica 
                  fiscale dellattuale amministrazione USA. In questo libro, 
                  a parte i veleni che sono tipici di compari che spattano, leconomista 
                  americano descrive il paesaggio da giungla che caratterizza 
                  la lotta politica americana, allinterno stesso del blocco 
                  conservatore, nella quale le grandi concentrazioni economiche 
                  finiscono con leludere non solo i buoni propositi di una 
                  dinamica economica meno squilibrata, ma le stesse norme che 
                  renderebbero possibile la loro sopravvivenza nel tempo. Così 
                  nessuno si cura di spiegare a se stesso e alla gente come una 
                  nazione che ha un deficit federale, che nel 2003 ha superato 
                  i 500 miliardi di dollari e un saldo commerciale altrettanto 
                  disastroso, possa impunemente azzerare, o quasi, le tasse a 
                  carico di cittadini e imprese, mentre restano insoluti i problemi 
                  della disoccupazione della sanità e dellimpoverimento 
                  progressivo delle fasce meno protette di popolazione. La risposta 
                  al quesito da parte della sullodata accoppiata, secondo ONeill, 
                  fu soltanto che quel che più contava era vincere le elezioni 
                  di medio termine: tutto il resto contava poco. Il che, in parole 
                  povere, valeva a dire che, pur di conseguire un immediato risultato 
                  elettorale, era lecito far terra bruciata e lasciare che i cocci 
                  fossero poi raccolti dalle generazioni future. È chiaro che una logica simile non può reggere 
                  a lungo.
 Resta da vedere quanto sangue costerà allumanità 
                  intera il percorrerne la parabola discendente.
  Antonio Cardella
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