| Esiste ancora la democrazia nel 
                  nostro paese? E altrove? A questa domanda non è poi così semplice rispondere. 
                  La difficoltà principale sta nel non lasciarsi trasportare 
                  dalla sloganistica più superficiale o peggio strumentale. 
                  Di volta in volta che le situazioni di equilibrio di potere 
                  mutano, assistiamo a un ridicolo, ma tragico, dibattito tra 
                  sordi, nel quale sono quasi sempre prevalse affermazioni ed 
                  accuse tra schieramenti diversi, e poche analisi approfondite.
 Certamente per chi ha la preoccupazione rivolta nel consolidare 
                  ed eventualmente attirare votanti, le frasi e gli slogan ad 
                  effetto sono molto utili a tal fine. Ragionare senza paraocchi 
                  sembra stia diventando sempre più difficile. Rientrano 
                  in questo schema ambedue gli schieramenti politici italiani, 
                  sia il centrodestra che il centrosinistra. Cambiano solo le 
                  accuse: neofascismo o illiberalismo.
 Tutto ciò mi interessa veramente poco e quindi non mi 
                  soffermo oltre (purtroppo anche tra movimenti cosi detti antagonisti 
                  sembra talvolta prevalere questa tendenza e questa stupidità).
 Allora proviamo ad articolare un ragionamento un po diverso.
 La democrazia si è sviluppata in occidente con alcune 
                  caratteristiche particolari che però sono talvolta diverse 
                  nelle proprie manifestazioni.
  Tentativi fallimentari 
 Le libertà che la caratterizzano e che provengono dalle 
                  rivoluzioni del sei-settecento (inglese, americana, francese), 
                  sono diventate ormai patrimonio culturale acquisito e assimilato 
                  anche se, sistematicamente e periodicamente, compaiono tentativi 
                  più o meno espliciti di riduzione o di soppressione di 
                  queste con diverse giustificazioni. Tentativi che alla lunga 
                  si dimostrano sostanzialmente fallimentari perché la 
                  cultura democratica diffusa è in grado di limitare quantomeno 
                  i danni e di arginare le reazioni più o meno mascherate. 
                  Fatta questa premessa, per chiarire subito che certe teorie 
                  allarmistiche sono quantomeno improprie, occorre però 
                  considerare che le cose sono comunque in fase di cambiamento, 
                  e che le forme di democrazia non sono tutte uguali.
 Che cosa sta veramente mutando e quali sono i connotati del 
                  cambiamento cercherò ora di spiegare con lo scopo principale 
                  di comprendere anche le strategie che naturalmente poi dovranno 
                  essere pensate e discusse per allargare sempre più gli 
                  spazi di libertà e autonomia individuale e sociale.
 Tutto questo (forse troppo) in uno spazio ridotto e con facile 
                  comprensione per tutti.
 Vediamo con ordine alcune questioni.
 La democrazia parlamentare, come storicamente affermatasi, è 
                  ormai di fatto in via di ridimensionamento a favore della concentrazione 
                  di poteri nelle mani dellesecutivo (che diventa sempre 
                  più deliberativo) e le elezioni che diventano sempre 
                  meno centrali nella determinazione delle scelte politiche ed 
                  economiche.
 Questo accade in modo trasversale agli schieramenti e quindi 
                  in modo sostanziale e non sporadico. Risponde alla logica della 
                  globalizzazione delle decisioni (G8  WTO  UE  
                  ecc.) da un lato, dallaltro alla scelta strategica del 
                  decisionismo e del protagonismo dilagante.
 Questo modello di democrazia inoltre assume sempre più 
                  i connotati di un tipo di formazione del consenso legato pochissimo 
                  allesercizio della partecipazione attiva dei cittadini 
                  alla vita politica (partecipazione che invece trova soddisfazione 
                  ampia nella vita sociale), e promuove altre forme di coinvolgimento 
                  però assolutamente strumentali.
 Da segnalare anche la presenza e la potenza aumentata delle 
                  varie lobby che sono molto più garantite ed ammesse, 
                  persino teorizzate e ricercate, che determinano in modo forte 
                  le decisioni del governo nazionale ed internazionale.
 La democrazia rappresentativa è in forte declino in tutti 
                  i paesi industrializzati e una fase nuova è ormai evidente. 
                  A determinare le decisioni contano molto di più delle 
                  elezioni, lazione strutturale delle varie lobby, il ruolo 
                  carismatico e populista dei vari leader che hanno personalizzato 
                  interamente il confronto politico, e i sondaggi di opinione.
 Tutto questo, credo evidente a tutti gli osservatori disincantati, 
                  non significa però che non si viva più in un sistema 
                  democratico tout-court, ma semplicemente che le democrazie moderne 
                  sono più indirizzate a creare il consenso che preoccupate 
                  di garantire il dissenso.
  Postdemocrazia 
 Colin Crouch ipotizza, in un suo recente lavoro, che si viva 
                  in un sistema postdemocratico (C. Crouch, Postdemocrazia, 
                  Bari, Laterza, 2003). Questa definizione mi pare molto azzeccata 
                  per diverse ragioni. Innanzitutto perché quel «post» 
                  significa essenzialmente che tutto ciò di cui la democrazia 
                  è stata portatrice, le varie espressioni della libertà 
                  e le forme delle partecipazione, sono patrimonio sostanzialmente 
                  acquisito e però i poteri politici stanno, in parte lo 
                  hanno già fatto,modificando i meccanismi per la formazione 
                  del consenso. Le recenti crisi di credibilità dellintera classe 
                  politica (tangentopoli, scandali, ecc.) pareva, ai più 
                  sprovveduti, significare un sussulto di dignità collettiva 
                  (ed in parte sicuramente lo è stato), ma la Politica 
                  ha saputo trasformare la propria sostanza e apparenza, creando, 
                  più in sintonia con i tempi internazionali e con i meccanismi 
                  dello sviluppo del capitalismo globalizzato, nuove forme di 
                  esercizio del potere e di formazione del consenso.
 È interessante notare che la deferenza verso il politico 
                  di professione, propria degli anni passati, si è oggi 
                  trasformata in un atteggiamento molto più compromissorio 
                  tra i due poli della relazione. Da una parte possiamo dire infatti 
                  che i politici manipolano sistematicamente lopinione pubblica 
                  attraverso mezzi ben più potenti di quelli usati in un 
                  recente passato, da unaltra prospettiva di osservazione 
                  possiamo invece notare come sia sempre più importante 
                  e presente la preoccupazione di capire le opinioni dellelettorato 
                  sempre più coinvolto mediaticamente.
 La democrazia dei sondaggi, la partecipazione emotiva e simbolica 
                  propria della moderna politica, manifesta ambedue queste tendenze 
                  e trasforma sistematicamente il rapporto evidentemente delegante 
                  in un rapporto di coinvolgimento totale attraverso soprattutto 
                  una forte ed incisiva iniezione di immaginario teleguidato.
 Tutti si sentono, a seconda dei casi, o imprenditori di se stessi, 
                  o comunque partecipi, se il proprio schieramento è al 
                  governo, delle scelte da esso compiute in nome dell»interesse 
                  generale» che diventa spesso il senso più alto 
                  dietro al quale si costruiscono le scelte (in realtà 
                  non poi così diverse) tra i vari schieramenti concorrenti.
 In contrapposizione a questa istituzionalizzazione della compromissione, 
                  per cui nessuno si sente più suddito ma tutti si sentono 
                  padroni, vi è solo (ma non è poco) la vitalità 
                  dellassociazionismo spontaneo, dei gruppi di self-help, 
                  che dimostrano in modo incontrovertibile che esiste una controsocietà 
                  potenziale, fondata su valori assolutamente opposti a quelli 
                  dominanti.
 Dietro alla rinuncia da parte dello Stato di intervenire sempre 
                  più nella vita dei cittadini, non vi è in realtà 
                  che il tentativo sempre più chiaro di rendere sempre 
                  più indifferenti i cittadini alla vita della democrazia 
                  partecipata e la consapevolezza di coinvolgere i cittadini stessi 
                  in un modello di nuova e più subdola delega autoritaria.
 Ma si tratta comunque di unespressione della democrazia, 
                  che piaccia o non piaccia a chi preferisce parlare di nuovo 
                  fascismo o altre amenità simili. Il rapporto politico-cittadino 
                  non è più univoco ma simbiotico e quindi ben più 
                  difficile da interrompere.
  Programmi elettorali vaghi e insulsi 
 Naturalmente da tutto ciò emergono i principali paradossi 
                  della politica contemporanea. Le tecniche di manipolazione dellopinione 
                  pubblica diventano sempre più sofisticate, il controllo 
                  sui cittadini sempre più preciso ed efficace grazie anche 
                  alle nuove tecnologie, i contenuti dei programmi elettorali 
                  e le caratteristiche dei vari partiti sempre più simili, 
                  più vaghi e confusi oltre che insulsi. E tutto questo 
                  non si può definire come politica antidemocratica o non 
                  democratica perché emana dalla preoccupazione dei politici 
                  (naturalmente strumentale) di avere una relazione con i cittadini. 
                  Allo stesso tempo è ormai insufficiente definirla democratica 
                  visto la partecipazione manipolata, passiva e rarefatta. Siamo in unepoca di transizione continua nella quale le 
                  tecniche del potere si stanno modificando e nella quale però 
                  «il seme sotto la neve» della libertà continua 
                  ad esistere.
 È anche per questo che siamo anarchici e non democratici.
  Francesco Codello
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