| Credo sia opportuno ricordare 
                  che il modo stesso di porre una domanda prefiguri la risposta. 
                  Se, ad esempio, accettassimo di misurarci sulla questione delle 
                  pensioni nei termini che ci sono proposti dal governo e dai 
                  settori riformisti dellopposizione  
                  invecchiamento medio della popolazione, riduzione del numero 
                  dei lavoratori attivi in rapporto ai pensionati, deficit della 
                  previdenza, necessità di garantire alle future generazioni 
                  un trattamento previdenziale adeguato et similia  potremmo 
                  facilmente dimostrare che questi signori mentono su diverse 
                  questioni e che il loro fine reale è un taglio secco 
                  delle retribuzioni e il rilancio della previdenza integrativa 
                  privata ma assumeremmo unattitudine, inevitabilmente, 
                  difensiva ed eluderemmo quello che, a mio avviso, è la 
                  questione centrale.
 Di conseguenza, proverò a porre quelli che mi sembrano.
 Nellarco degli ultimi trentanni la quota della ricchezza 
                  nazionale che va alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti 
                  si è ridotta di circa il 20%. è vero che nel 1973 
                  si era nel pieno di un ciclo di lotte che aveva spostato i rapporti 
                  di forza fra le classi a favore dei salariati ma è altrettanto 
                  vero che questa riduzione, acceleratasi negli anni 90 
                  e ulteriormente aggravatasi nel terzo millennio, prova come 
                  il modello concertativo di governo dei salari non garantisce 
                  in alcun modo la tenuta delle retribuzioni.
 Nellultimo decennio, inoltre, si sono ridotte le retribuzioni 
                  medie anche in assoluto a fronte di un aumento rilevante della 
                  produttività del lavoro sia nellindustria che nei 
                  servizi ed è cresciuta in maniera rilevantissima la quota 
                  della classe lavoratrice che svolge lavori precari di vario 
                  genere.
  Indicatore sociale 
 A mio avviso, e non credo di affermare nulla doriginale, 
                  landamento dei salari è un indicatore sociale dinnegabile 
                  rilevanza. I lavoratori italiani hanno retto la compressione delle retribuzioni 
                  grazie alla crescita del lavoro femminile ed alla riduzione 
                  della natalità ma è assolutamente evidente che, 
                  a fonte degli attuali standard sociali di consumo, la compressione 
                  salariale ha, ormai da anni, cominciato ad incidere non solo 
                  sui consumi voluttuari ma anche su quelli essenziali 
                  come dimostra la crescita dei cosiddetti lavoratori poveri che 
                  si aggiungono ai pensionati al minimo per non parlare degli 
                  immigrati.
 La riduzione dei salari è stata realizzata certamente 
                  a livello aziendale attraverso il decentramento produttivo, 
                  le esternalizzazioni di segmenti della produzione e dei servizi, 
                  la crescita del lavoro nero, lutilizzo degli immigrati 
                  come esercito industriale di riserva ma non va sottovalutata 
                  lazione dei diversi governi, di centro, sinistra e destra 
                  che hanno operato direttamente sulla massa delle retribuzioni. 
                  Basta pensare, a questo proposito, allabolizione della 
                  scala mobile nei lontani anni 80, alle finanziarie di 
                  guerra realizzate dalla sinistra nei primi anni 90, alle 
                  leggi sul mercato del lavoro, alla riforma delle pensioni realizzata 
                  da Dini, ecc.
 Ne consegue che lo scontro sul salario ha immediate implicazioni 
                  politiche generali.
 Da questo punto di vista, il governo di destra prosegue ed aggrava 
                  una politica che ha una storia decennale ed è in linea 
                  con quanto avviene nelle altre democrazie industriali.
 Gli avversari politici della destra hanno, nei primi due anni 
                  di governo del cavalier Berlusconi posto laccento sul 
                  fatto che il governo si è impegnato principalmente nella 
                  risoluzione dei problemi del premier e dei suoi amici (una sorta 
                  di applicazione del sessantottino il personale è 
                  politico) e che non si è occupato a sufficienza 
                  del paese. Non avevano, per la verità, tutti i torti 
                  ma, per lessenziale, avevano, ed hanno, torto, il governo 
                  della destra, nonostante la sua natura di vero e proprio campo 
                  di Agramante, trova il tempo di occuparsi anche del buon popolo 
                  su pressione dei suoi principali azionisti di riferimento come 
                  la Confindustria ed i tecnoburocrati europei.
 Il recente discorso di Berlusconi a reti unificate è 
                  stato un buon esempio di capacità di comunicazione e 
                  manipolazione ed è servito, in prima istanza, a rimettere 
                  in riga i riottosi alleati democristiani e fascisti che si erano 
                  ritagliato il ruolo di componente sociale della destra. In estrema 
                  sintesi, loperazione è chiara, con il suo intervento, 
                  il conducator pone ai suoi una scelta netta e dolorosa: 
                  o sostenerlo fino in fondo o determinare una crisi di governo 
                  ed il suicidio in diretta nel caso di elezioni anticipate.
 Che la destra non sia assolutamente pacificata è sin 
                  troppo noto, basta pensare agli insulti fra fascisti e democristiani, 
                  da una parte, e leghisti, dallaltra, e ad alcuni agguati 
                  al governo nelle votazioni sulla Legge Gasparri. Ma questo è 
                  un problema nostro in misura assai limitata.
 
  Gli attacchi di Pezzotta 
 La scelta del governo di andare allo scontro sulle pensioni 
                  ha un altro evidente effetto, mette in crisi il rapporto privilegiato 
                  fra governo e CISL e UIL, per un verso, e ricompone il fronte 
                  del sindacato istituzionale per laltro. La manifestazione 
                  romana del 4 ottobre è stata, sotto questo profilo, suggestiva. 
                  Lineffabile Pezzotta ed il volpino Angeletti hanno marciato 
                  al fianco dellex nemico Epifani e chi, sbarcando da Marte, 
                  leggesse gli attacchi di Pezzotta al governo e ai riformisti 
                  dellUlivo, che, per parte loro, si sono affrettati a dichiarare 
                  che la sinistra deve fare proposte e non proteste per quanto 
                  riguarda il taglio delle pensioni, avrebbe limpressione 
                  di trovarsi di fronte ad un gigante del sindacalismo di classe. 
                  Naturalmente la crisi del blocco sociale che ha sinora sostenuto 
                  il governo è un fatto politicamente rilevante, se la 
                  destra sociale verrà effettivamente relegata 
                  in un angolo a favore di politiche più hard e se verrà 
                  definitivamente abbandonata la strategia sindacale del governo 
                  consistente nellincunearsi fra CISL e UIL, da un lato, 
                  e CGIL, dallaltro, vi saranno importanti ricadute sul 
                  terreno sindacale e sociale.
 È altrettanto chiaro, però, che il fronte del 
                  sindacato istituzionale si compatta su di un preciso obiettivo: 
                  restaurare un meccanismo concertativo messo a repentaglio dalla 
                  destra liberale e proseguire sulla via del corporativismo democratico 
                  che ci ha deliziato nei passati decenni.
 In questa situazione, la scelta della CUB, dello SLAI Cobas 
                  e dellUSI di indire, prima della sortita televisiva del 
                  conducator e della scelta di CGIL-CISL-UIL di indire 
                  uno sciopero di quattro ore il 24 ottobre,uno sciopero generale 
                  il 7 novembre coglie la necessità di rilanciare uniniziativa 
                  chiara negli obiettivi e nella prospettiva di fondo.
 Il 7 novembre si sciopera per le pensioni, per i salari europei, 
                  per la difesa dei servizi sociali, per le libertà sindacali, 
                  sempre più limitate dallintervento della commissione 
                  di garanzia e contro la concertazione, per lautonomia 
                  e lindipendenza, sul terreno sindacale, dei lavoratori.
 Insomma, si sciopera su di una piattaforma profondamente diversa 
                  rispetto a quella di CGIL-CISL-UIL e contro gli accordi che 
                  questi sindacati hanno continuato a firmare negli anni passati. 
                  Una scelta difficile, indubbiamente, una scelta che sarà 
                  necessario spiegare e discutere nelle assemblee dei lavoratori, 
                  dove potremo farle visto la legislazione liberticida imposta 
                  dai sindacati di stato, ma anche una scelta di coerenza che 
                  riteniamo sia, nel medio periodo, quella che potrà far 
                  crescere un movimento sindacale al livello delle questioni che 
                  oggi sono poste ai lavoratori.
  Cosimo Scarinzi
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